Quest' anno come lettera di auguri per Natale abbiamo scelto di inviare a tutti la lettera del Patriarca di Gerusalemme, una lettera di auguri ma anche di aspra e dura condanna per l' ipocrisia che regna in questi giorni, specie intorno alla questione Palestinese. Cercano di sanare le ferite del mio popolo con leggerezza dicendo "Pace, Pace" ma non c'e' nessuna pace (Geremia 6.14) Questa frase di Geremia ben si adatta alla situazione in Palestina che il Patriarca di Gerusalemme descrive nella sua lettera di auguri per Natale. Auguri a tutti dunque ma senza buonismi e senza dimenticare che dopo Natale, purtroppo, sara' un altro giorno come gli altri. Giulio Larosa
Natale 2007 gli auguri vengono da lontano
Buona e santa festa di Natale !
1. ”Si sono manifestati la bontà di Dio e il suo amore per gli uomini” (Tt 3,4). Celebriamo il Natale nella gioia, fondata sulla nostra speranza di vedere con l’aiuto di Dio dei giorni migliori,dando il nostro contributo in tutti i campi della vita pubblica nella condivisione di tutti i sacrifici che esso comporta. Così per Natale rinnoviamo la nostra fede in Colui nel quale abbiamo creduto, il Verbo di Dio fatto uomo, Gesù nato a Betlemme, Principe della pace e Salvatore dell’umanità. Egli si è fatto uomo per riportarci a Dio nostro creatore, per farci sapere che non siamo soli, che non siamo abbandonati a noi stessi di fronte alle molteplici sfide di questa Terra Santa. Dio è con noi: per questo la nostra speranza resta viva in noi, pur in mezzo alle molteplici difficoltà di ogni giorno, sotto l’occupazione, nell’ insicurezza e tra le privazioni che ne conseguono. Dio è con noi per ricordarci che il comandamento dell’amore, che ci fu donato da Gesù nato a Betlemme, resta valido ancor oggi , nei giorni nostri difficili: un amore vicendevole che è per tutti e per tutte. Un amore che consiste nel vedere il volto di Dio in ogni creatura umana, quale che sia la sua religione e nazionalità; un amore che è capace di perdonare e nello stesso tempo di chiedere il rispetto di tutti i nostri diritti, soprattutto di quelli dati da Dio alla persona e ad ogni comunità, quali il dono della vita, della dignità, della libertà e della terra. Un amore che consiste nel condividere le preoccupazioni di tutti e dunque di lavorare con tutti alla costruzione della pace. Un amore che è dono e condivisione con tutti coloro che soffrono privazioni e povertà, affinché la vita, dono di Dio parimenti per tutti, sia pienamente vissuta, sia la “vita in abbondanza” che Gesù è venuto a donarci.
2. Celebriamo Natale quest’anno quando siamo ancora, come sempre, alla ricerca di una pace che sembra impossibile. Palestinesi e israeliani sono capaci di vivere insieme in pace, ciascuno nel suo territorio, ciascuno godendo della sua sicurezza, della sua dignità e dei suoi diritti. Ma per arrivare alla pace occorre credere pure che israeliani e palestinesi sono in tutto eguali, con i medesimi diritti e gli stessi doveri e che occorre infine intraprendere le vie di Dio, che non sono quelle della violenza, sia essa di Stato o generata dall’estremismo.
Tutta la regione è in scompiglio a causa del conflitto in Terra Santa. In Libano e in Iraq, come qui, sembra che le forze del male si siano scatenate, decise a proseguire la marcia sulle vie della morte, della esclusione e della dominazione. Nonostante ciò, crediamo che Dio non ci ha abbandonati alle forze del male: tutto questo è anzi un appello a ogni uomo e donna di buona volontà per tornare sulle strade di Dio al fine di instaurare il regno del bene fra gli uomini, il senso e il rispetto per ogni persona. Crediamo che Dio è buono. E’ il nostro Creatore e il nostro Salvatore, egli ha messo la sua bontà nel cuore di ogni essere umano. Siamo dunque capaci tutti di operare per il bene e per la pace nella terra.
Un nuovo sforzo di pace è stato intrapreso nelle ultime settimane. Perché riesca occorre che ci sia una decisa volontà di fare la pace. Finora non c’è stata pace semplicemente per la mancanza di volontà a farla: “Parlano di pace mentre non ce n’è affatto” ( Ger 6,14 ?) Chi è forte, chi ha tutto nelle mani, chi impone l’occupazione all’altra parte, ha l’obbligo di vedere quel che è giusto per tutti e di avere il coraggio di compierlo. “Dio, da’ al re il tuo giudizio”, concedi la tua giustizia ai nostri uomini di governo perché governino il tuo popolo con rettitudine. (cf: Sal 71)
3. In questi giorni taluni hanno parlato della creazione di stati religiosi in questa terra. Ora nella terra, che è santa per le tre religioni e per i due popoli, non possono essere stabiliti degli stati religiosi perché uno escluderebbe l’altro o metterebbe in condizioni di inferiorità i credenti delle altre religioni Ogni stato che esclude l’altro o discrimina chi è contro di esso non si addice alla terra fatta da Dio santa per tutta l’umanità.
I capi religiosi e politici devono cominciare a comprendere la vocazione universale di questa terra nella quale Dio ci ha riuniti nel corso della storia. Devono sapere che la santità di questa terra consiste non nella esclusione dell’una o dell’altra religione, ma nella capacità di ogni religione, con tutte le differenze, di accogliere, rispettare e amare tutti coloro che abitano questa terra.
La sua santità e la sua vocazione universale comportano pure il dovere di accogliervi i pellegrini provenienti da ogni parte del mondo, coloro che vengono per una breve vista e coloro che vengono per risiedervi, per pregarvi, per studiare o per esercitare il ministero religioso che è dovuto a ogni fedele, di ogni religione. Da anni poi continuiamo a penare per un problema mai risolto, quello dei visti di ingresso nel paese per i preti, per i religiosi e le religiose che a causa della loro fede hanno in questa terra degli obblighi e dei diritti. Uno stato in questo paese non è uno stato come gli altri, ha dei doveri particolari che scaturiscono dalla santità di questa terra e dalla sua vocazione universale. Uno stato in questo paese deve capire che la terra gli è affidata per rispettarla e promuoverne la vocazione universale; deve quindi avere un’ adeguata capacità di accoglienza.
4. Chiedo a Dio che la grazia del Natale, del Dio presente con noi, possa illuminare tutti i governanti di questa terra..Per tutti i nostri fedeli, in ogni parte della diocesi, sia un Natale di grazia che rinnovi la loro fede e li aiuti a meglio viverla, come a vivere meglio tutte le loro obbligazioni nelle loro società.
Gioiosa e santa festa di Natale, per tutti.
+ Michel Sabbah, Patriarca Gerusalemme, 19 dicembre 2007
PALESTINA, SARA' VERA PACE?
Oggi non sappiamo bene da chi e' stato proclamato il giorno della Palestina. Noi dell'Associazione Duesicilie ci sentiamo da sempre coinvolti dalla tragica storia di occupazione e diaspora del popolo palestinese e quindi non possiamo resistere dal partecipare a questa giornata. Lo facciamo pubblicando un appello di denuncia inviato da personalita' israeliane ed ebraiche che testimoniano la tragica realta' quotidiana di questo povero popolo. Non potranno cosi' darci la solita accusa di antisemitismo che ormai colpisce chiunque denunci i crimini che lo stato di Israele continua a perpetrare ai danni di un popolo sempre piu' disperato ed esasperato. Leggete attentamente e poi chiedetevi se la conferenza di Annapolis puo' realmente far sperare in una nuova era in cui saranno riconosciuti i diritti negati del popolo palestinese o se sara' soltanto l' ennesima occasione dove i potenti pretenderanno l' ennesima resa. Noi vorremmo sperare nel miracolo e di essere smentiti ma per ora siamo convinti che solo quando in Israele prevarranno persone come i firmatari dell' appello ci potra' essere una vera onorevole pace.
Il procuratore generale israeliano Menachem Mazuz ha per ora bloccato il taglio della fornitura elettrica a Gaza, come minacciava il Ministero della difesa israeliano, grazie alla mobilitazione di decine di associazioni per la difesa dei diritti umani, israeliane e internazionali. Però la situazione nella Striscia resta disastrosa perché, nel frattempo, è comunque stato ridotto il flusso di carburante necessario in particolare alle attività ospedaliere. Negli ultimi giorni, dei palestinesi probabilmente rifugiati in Egitto e in Iraq hanno cercato di raggiungere l'Italia su un barcone: decine risultano "dispersi", almeno 17 sono annegati. John Dugard, relatore speciale dell'ONU, ha riferito all'Assemblea Generale, il 24 ottobre, che l'80% della popolazione di Gaza vive sotto la soglia di povertà. In un'intervista rilasciata a Umberto De Giovannangeli sull'Unità del 29 ottobre, John Holmes, segretario generale Onu per gli affari umanitari, dichiara che: · tra i beni bloccati ai valichi di frontiera ci sono prodotti di prima necessità come il latte in polvere per i bambini, i formaggi, lo zucchero; · dall'estate scorsa, il numero dei convogli umanitari che hanno potuto raggiungere Gaza sono diminuiti dai 3000 di luglio a 663 della scorsa settimana; · dal giugno scorso il principale punto di passaggio delle merci, il valico di Karni, è chiuso come quello di Rafah per il passaggio delle persone e sempre meno malati gravi possono lasciare Gaza per farsi curare in Israele; · secondo gli ultimi dati dell'Unrwa (l'Agenzia delle Nazioni Unite per l'assistenza ai rifugiati palestinesi), il 90% degli stabilimenti produttivi è fermo; da mesi non si può né importare né esportare; · i primi a fare le spese di questa situazione sono i soggetti più deboli, i bambini, poiché non bisogna dimenticare che bambini e adolescenti costituiscono oltre la metà della popolazione palestinese. Proprio delle morti di bambini palestinesi parla Gideon Levy in un bell'articolo su Ha'aretz, poi ripreso da Internazionale n. 713 di ottobre: "L'anno appena trascorso [per il calendario ebraico] è stato piuttosto tranquillo. Secondo l'organizzazione per i diritti umani B'Tselem sono stati uccisi 'solo' 457 palestinesi e dieci israeliani, comprese le vittime dei razzi Qassam. Ma è stato comunque un anno terribile: tra le vittime ci sono infatti 92 bambini palestinesi. Per fortuna, invece, nessun bambino israeliano è stato ucciso dai palestinesi". Non indica il dato una sproporzione evidente tra l'insicurezza in cui si trovano gli abitanti israeliani di Sderot e l'insicurezza ben più profonda in cui si trovano costantemente i cittadini palestinesi? E questo senza peraltro risolvere la questione di Sderot! È infatti del 1.11.2007 la notizia che altri Qassam si sono abbattuti sulla cittadina israeliana; i missili non hanno provocato vittime ma il ministro della difesa Barak ha minacciato "una vasta operazione militare su Gaza". La dichiarazione è allarmante, poiché sappiamo che cosa potrebbe volere dire questa "vasta operazione": forse l'eliminazione definitiva della questione "Gaza" con distruzioni e morti fra civili, il rischio della discesa in campo dei militanti di Al Qaeda e ulteriori molto più gravi minacce a Israele. Ci chiediamo: · In che cosa consistono le misure di sicurezza che dovrebbero essere insite in simili operazioni militari? Inoltre e paradossalmente, l'emergenza di Gaza "oscura" quello che avviene quotidianamente in Cisgiordania dove, malgrado i "buoni rapporti" fra Abu Mazen e Olmert, non solo negli ultimi mesi i posti di blocco sono aumentati ma si susseguono raid e incursioni militari nelle strade e nelle case palestinesi con arresti e devastazioni; i coloni quasi quotidianamente aggrediscono - feriscono e a volte uccidono - i vicini palestinesi, distruggono coltivazioni e raccolti, sradicano alberi nella totale impunità. Ci chiediamo ancora: · Se il problema a Gaza sono i missili su Sderot, qual è il problema nei Territori occupati? Tutta questa violenza messa in atto dal governo israeliano e dall'esercito mentre si sta preparando la conferenza di "pace" ad Annapolis, è quantomeno inquietante ma forse è anche il segno di una situazione sociale, in Israele, ormai gestibile solo attraverso i riverberi di un'occupazione territoriale sempre più feroce; di una società composta da settori profondamente indeboliti e attraversati da fratture e ferite mai rimarginate, ripiegati su se stessi e incapaci di reagire a politiche governative prone al neocolonialismo imperante che sta trasformando tutto il Medioriente in un'enorme emergenza umanitaria. Come dice Gideon Levy nell'articolo sopra citato: "Israele è l'occupazione. L'occupazione è Israele". Perciò, come ebrei, ci rivolgiamo: · A tutti i gruppi e gli individui dell'area pacifista perché si uniscano a noi in questo appello o si mobilitino con altri appelli e pressioni per prevenire l'invasione di Gaza da parte dell'esercito israeliano, oltre che per il ritorno a condizioni civili di vita delle popolazioni palestinesi e la fine dell'occupazione. · Al nostro governo e al ministro degli esteri perché faccia tutti gli sforzi diplomatici necessari per impedire al governo israeliano questa ulteriore follia. · Agli esponenti del mondo ebraico perché escano dal riserbo e condannino le politiche delle leadership israeliane che, apertamente lesive dei diritti umani dei palestinesi, corrodono anche come un tumore maligno le basi di una reale sicurezza (che nasce, in primis, da benessere e solidarietà) per la società civile israeliana, continuamente ricattata dallo spauracchio della propria estinzione.
Irene Albert, Dunia Astrologo, Marina Astrologo, Andrea Billau, Angelo Camerini, Giorgio Canarutto, Paola Canarutto, Giovanni Cipani, Ilan Cohen, Beppe Damascelli, Lucio Damascelli, Marina Del Monte, Ester Fano, Carla Forti, Giorgio Forti, Daniel Galliani, Ivan Gottlieb, Joan Haim, Stefano Levi Della Torre, Dino Levi, Patrizia Mancini, Miriam Marino, Marina Morpurgo, Ernesto Muggia, Celeste Nicoletti, Carla Ortona, Sergio Ottolenghi, Valeria Ottolenghi, Marina Piperno, Brenda Porster, Paola Sacerdoti, Renata Sarfati, Stefania Sinigaglia, Susanna Sinigaglia, Jardena Tedeschi, Ornella Terracini, Claudio Treves
da A S S O C I A Z I O N E
D U E S I C I L I E
A B R U Z Z O
«Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo imparato l'arte di vivere come fratelli.» Martin Luther King «L'umanità deve mettere fine alla guerra, o la guerra metterà fine all'umanità.» John F. Kennedy
"Lasciatemi essere un uomo libero, libero di viaggiare, libero di fermarmi, libero di lavorare, libero di commerciare come mi pare libero di scegliermi i miei maestri, libero di seguire la religione dei miei padri, libero di pensare, e di parlare e di agire"; Capo Giuseppe -Hein-mot Too-ya-la-kekt =Tuono che Rotola dalla Montagna
Carri armati israeliano entrano a Zeitoun. Furiosi gli scontri Nel Neghev ucciso un agricoltore da un cecchino A Gaza incursione israeliana, 15 morti Ucciso figlio di un ex ministro
GAZA - Quindici palestinesi, tra cui il figlio di un esponente di alto livello di Hamas, hanno perso la vita durante una incursione delle truppe israeliane nella Striscia di Gaza, a Zaitun e a Beit Lahya. E, stamattina, nel Neghev israeliano, un giovane volontario di nazionalità ecuadoriana è stato ucciso da colpi di arma da fuoco sparati dalla Striscia di Gaza, probabilmente da un cecchino palestinese.
I 15 palestinesi sono stati uccisi dalle cannonate sparate da un carro armato degli occupanti a al-Zeitoun, un sobborgo orientale del capoluogo dell'enclave. Uno dei mezzi corazzati avrebbe aperto il fuoco contro una casa nella quale si erano asserragliate tre delle vittime. Numerosi anche i feriti, tanto tra i civili quanto tra i miliziani locali. Fra le vittime palestinesi c'è anche Hussam al-Zahar, 24 anni, figlio di Mahmud al-Zahar, numero due di Hamas nella Striscia ed ex ministro degli esteri. Mahmud al-Zahar aveva perso un altro figlio, Khaled, alcuni anni fa durante un bombardamento israeliano contro la sua abitazione nella quale lui e la moglie erano rimasti feriti.
In Israele una portavoce dell'Esercito ha confermato l'accaduto, precisando che i commilitoni hanno effettuato una serie di rastrellamenti per eliminare "infrastrutture terroristiche", sparando in particolare contro un gruppo di individui armati che si stavano avvicinando a loro in atteggiamento minaccioso. Combattimenti anche a Beit Hanoun, a nord di Gaza città, dove al momento non risulta peraltro nessuno sia stato ucciso o ferito.
(15 gennaio 2008)La Repubblica
«Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo imparato l'arte di vivere come fratelli.» Martin Luther King «L'umanità deve mettere fine alla guerra, o la guerra metterà fine all'umanità.» John F. Kennedy
"Lasciatemi essere un uomo libero, libero di viaggiare, libero di fermarmi, libero di lavorare, libero di commerciare come mi pare libero di scegliermi i miei maestri, libero di seguire la religione dei miei padri, libero di pensare, e di parlare e di agire"; Capo Giuseppe -Hein-mot Too-ya-la-kekt =Tuono che Rotola dalla Montagna
«Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo imparato l'arte di vivere come fratelli.» Martin Luther King «L'umanità deve mettere fine alla guerra, o la guerra metterà fine all'umanità.» John F. Kennedy
"Lasciatemi essere un uomo libero, libero di viaggiare, libero di fermarmi, libero di lavorare, libero di commerciare come mi pare libero di scegliermi i miei maestri, libero di seguire la religione dei miei padri, libero di pensare, e di parlare e di agire"; Capo Giuseppe -Hein-mot Too-ya-la-kekt =Tuono che Rotola dalla Montagna
La ferita è nelle palme la paura è negli occhi ben chiara torno al mio sangue sparso sul muro dell'universo al limitare dell' oscurità nostra a scrivere in nome tuo la storia ai confini della terra nostra non voglio censura dettata da paura in passi e tracce nostri.
Sono figlia delle armi per te combatto l'uragano sono figlia di verdi ferite. venuta al mondo all' ombra tua a te ritorno dal fondo della gioia a te torno bandiera di rivolta.
Costruirò una barca al sole per navigare verso queste nozze metterò fine alla storia così bella del passato e sognerò ritorno.
io sono cielo ferito oceano dissanguato lacrima del deserto spuma del sangue pozzo di segreti e soltanto per i tuoi occhi piango.
Il mio sangue tradito m'è tortura il carcere m'insegue mi schiacciano le ossa della tomba la vena perde sangue tu sei di questa terra niente mi colma l'occhio come te e l'universo solo mi riempie ti amo uomo e partigiano che va nella mia terra ti amo corpo e partigiano che se ne va senza sudario io ti amo vessillo che s'innalza sulle cime di questo mio paese.
Vessillo di Palestina io ti amo bandiera di ogni altra più alta t'amo uomo che porti la bandiera più alta t'amo speranza che i desideri riporti alla vita t'amo tempo di questo paese vita di attimi lucenti io ti amo miracolo più di ogni miracolo bello.
io ti amo miracolo più di ogni miracolo bello.
Hanan Awwad - Poetessa Palestinese
Nata e sempre vissuta in Palestina. Appartiene alla generazione dei poeti palestinesi più recenti. Le sue poesie acquistano fama con la prima intifada, alla fine del 1987. Alcuni suoi scritti, in versi o prosa, circolavano sui volantini negli anni dell'insurrezione popolare. Ha pubblicato raccolte di poesie, oltre a diversi testi in prosa, su riviste e opere collettive
«Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo imparato l'arte di vivere come fratelli.» Martin Luther King «L'umanità deve mettere fine alla guerra, o la guerra metterà fine all'umanità.» John F. Kennedy
"Lasciatemi essere un uomo libero, libero di viaggiare, libero di fermarmi, libero di lavorare, libero di commerciare come mi pare libero di scegliermi i miei maestri, libero di seguire la religione dei miei padri, libero di pensare, e di parlare e di agire"; Capo Giuseppe -Hein-mot Too-ya-la-kekt =Tuono che Rotola dalla Montagna
» 22/02/2008 11:51 ISRAELE In Cisgiordania per ogni casa di palestinesi costruita, 18 vengono abbattute Il rapporto di febbraio di Peace Now afferma che in sette anni nella zona a totale controllo israeliano i palestinesi hanno presentato 1.624 domande di costruzione, ottenendo 91 risposte positive. Negli anni e nello stesso territorio, i coloni israeliani hanno costruito 18.472 case.
Gerusalemme (AsiaNews) - Tra il 2000 ed il 2007, nella parte della Cisgiordania che è a totale controllo israeliano per ogni casa che i palestinesi hanno avuto il permesso di costruire, 18 sono state abbattute. Peace now, organizzazione pacifista israeliana, afferma che negli anni presi in esame i palestinesi hanno presentato 1.624 domande per costruire edifici, ottenendo 91 risposte positive. Nello stesso periodo nei loro confronti sono stati emessi 4.993 ordini di demolizione, 1.663 dei quali eseguiti. Sempre negli anni in esame e nello stesso territorio, i coloni israeliani hanno costruito 18.472 unità immobiliari e hanno ricevuto 2.900 ordini di demolizione, 199 dei quali sono stati eseguiti.
Sono significative le cifre – in parte contestate da un portavoce dell’esercito israeliano - contenute nel rapporto di febbraio di Peace now per dimostrare il diffondersi della presenza dei coloni ebrei nella zona C della Cisgiordania che gli accordi di Oslo affidano in gestione esclusiva ad Israele. In base a dati ufficiali, in tale zona, dunque, per ogni edificazione concessa ai palestinesi ci sono stati 55 ordini di demolizione e 18 abbattimenti; più del 94% delle richieste viene respinto; il 33% degli ordini di demolizione nei confronti dei palestinesi viene eseguito, a fronte di un 7% di esecuzioni nei confronti dei coloni ebrei.
Il rifiuto in così larga scala dei permessi di costruzione, sostiene Peace now, mostra che la politica delle autorità mira ad un silenzioso trasferimento di palestinesi fuori dall’area C. Ai palestinesi infatti, sostiene il rapporto, viene impedito non solo si costruire nuove case o ampliare quelle esistenti, ma anche di edificare infrastrutture, come acquedotti o condotte elettriche. Il rapporto cita come esemplare il caso del villaggio di Qaryut, vicino Nablus. L’autorità israeliana ha rifiutato le richieste del consiglio comunale di riparare la strada, così che la gente è costretta a percorrere 23 chilometri per arrivare all’autostrada, che dista un chilometro e mezzo; rifiuto anche per l’allaccio all’acquedotto e lo sfruttamento di una delle sorgenti esistenti nel territorio comunale, tanto che l’acqua viene portata con le autobotti. Con costi e disagi ben maggiori.
A fronte del rapporto di Peace Now, una fonte militare israeliana ha in parte contestato i dati sostenendo che i palestinesi di rado avanza richieste e spesso costruiscono abusivamente e che inoltre le cifre comprendono le autodemolizioni di strutture illegali compiute dai palestinesi, ma non quelle fatte dai coloni. da asianews
NOTA BENE= Per la legge internazionale le colonie ebraiche sorte in Cisgiordania dopo il 1967 sono illegali e rappresentano una violazione dei diritti palestinesi.
«Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo imparato l'arte di vivere come fratelli.» Martin Luther King «L'umanità deve mettere fine alla guerra, o la guerra metterà fine all'umanità.» John F. Kennedy
"Lasciatemi essere un uomo libero, libero di viaggiare, libero di fermarmi, libero di lavorare, libero di commerciare come mi pare libero di scegliermi i miei maestri, libero di seguire la religione dei miei padri, libero di pensare, e di parlare e di agire"; Capo Giuseppe -Hein-mot Too-ya-la-kekt =Tuono che Rotola dalla Montagna
Continuano i raid israeliani in rappresaglia ai continui lanci di missili Qassam da parte dei militanti di Hamas contro Sderot, dove ieri è stato ucciso un civile. Tra le vittime anche tre bambini e un neonato di 5 mesi
Gaza, 28 feb. - (Adnkronos) - E' di 17 palestinesi uccisi, tra i quali tre bambini e un neonato di 5 mesi, il bilancio della nuova offensiva lanciata dagli israeliani a Gaza ed in Cisgiordania, secondo quanto riportano fonti palestinesi.
A Gaza salgono sono 14 le persone rimaste uccise . Un portavoce militare di Tel Aviv ha confermato che sono stati colpiti diversi obiettibi di Hamas durante la notte scorsa, ma nega che vi siano state vittime. Bombardato dagli elicotteri da guerra Apache israeliani anche un edificio appartenente al ministero degli Interni di Hamas. Il palazzo è stato distrutto con tre missili e nelle esplosioni è rimasto ucciso il neonato e tre civili sono stati feriti.
Il nuovo raid israeliano è scattato per rappresaglia ai continui lanci di missili Qassam da parte dei militanti palestinesi contro la città israeliana di confine Sderot, dove ieri è morto un civile israeliano, prima vittima di un simile incidente negli ultimi nove mesi.
Vittime anche nella città di Nablus, in Cisgiordania. Qui due militanti palestinesi sono stati uccisi oggi all'alba durante un raid di militari israeliani nel campo profughi di Balata. Si tratta di due membri delle Brigate dei martiri al-Aqsa, ala militare di Fatah, che si erano opposti con le armi all'arresto da parte degli israeliani. Un terzo palestinese è stato ferito ed è stato arrestato. In tutto sono tre i membri delle Brigate al Aqsa rimasti uccisi a Nablus nelle ultime 24 ore in operazioni che l'Autorità palestinese ha condannato come un ostacolo al processo di pace ed ai negoziati.
«Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo imparato l'arte di vivere come fratelli.» Martin Luther King «L'umanità deve mettere fine alla guerra, o la guerra metterà fine all'umanità.» John F. Kennedy
"Lasciatemi essere un uomo libero, libero di viaggiare, libero di fermarmi, libero di lavorare, libero di commerciare come mi pare libero di scegliermi i miei maestri, libero di seguire la religione dei miei padri, libero di pensare, e di parlare e di agire"; Capo Giuseppe -Hein-mot Too-ya-la-kekt =Tuono che Rotola dalla Montagna
«Questa operazione è finita, ma ce ne sono molte altre in arrivo», ha detto una fonte militare israeliana d’alto livello all’agenzia ebraica YnetNews. Certo, naturalmente. E’questa la vita normale di uno Stato normale: spargere morte e distruzione su i vicini, periodicamente. Con armamento e volume di fuoco da terza guerra mondiale, caccia-bombardieri, artiglieria pesante aeronavale e missili contro «nemici» selezionati fra i peggio armati, o preferibilmente inermi. Ebrei e israeliani dovrebbero fare un breve conto sugli ultimi anni di quello Stato normale.
Gli ultimi atti: luglio 2006, Israele attacca il Libano per dare una lezione ad Hezbollah, che crede impreparato. L’attacco, scatenato col pretesto dei quattro soldati «rapiti» dagli sciiti, è in realtà stato pianificato dal marzo precedente, come ammetterà Olmert alla Commissione Winograd. Errore di valutazione: Hezbollah infligge gravi perdite a Tsahal. Per rappresaglia, Israele bombarda il Libano intero, Beirut compresa, distruggendone interamente le infrastrutture: è normale, è così che si protegge lo Stato d’Israele. Nessuno oserà chiedere i danni per la centrale del latte devastata, per la centrale elettrica, le strade e i ponti distrutti, per il petrolio finito a mare dai serbatoi sventrati.
Oltre mille libanesi, che nulla hanno a che vedere con Hezbollah, vengono massacrati. E dopo il cessate il fuoco che mette fine momentanea ai 34 giorni di fuoco, Israele lancia sul territorio sud-Libanese bombe a frammentazione, che spargono oltre un milione di shrapnel esplosivi negli orti e nei campi libanesi. Questi ordigni, che scoppiano al minimo tocco, stanno ancora uccidendo civili: almeno 40 da allora, per lo più donne e bambini. Passa poco più di un anno.
Settembre 2007: aerei israeliani violano lo spazio aereo siriano - non è affatto la prima volta, queste intrusioni sono continue, caccia israeliani amano sorvolare a bassa quota i palazzi del governo di Damasco - ma stavolta attaccano una installazione che indicherà poi (improbabilmente) come nucleare. Non c’è reazione, se non verbale: la Siria non è nemmeno lontanamente armata come Israele.
E adesso Gaza, febbraio 2008. Quei Kassam, quelle kathiusce che partono da Gaza autorizzano a bombardare un milione e mezzo di civili. Un attacco che secondo Amnesty International ha sferrato «con sconsiderato disprezzo per la vita dei civili». In pochi giorni, Israele massacra 113 palestinesi, «di cui almeno dieci bambini, ed altri civili disarmati non attivi nel conflitto». Anche gli osservatori dell’ONU protestano per la «sproporzione» della reazione israeliana. Ma non è questo che fa uno Stato normale?
Contro un kalashnikov, due carri armati Merkava; contro un Kassam, un bombardamento con F-16 da grande guerra globale. Su gente che lo Stato normale ha previamente affamato da un anno, bloccando ogni merce, strangolando ogni possibilità di vita. Un «nemico» che non è uno Stato, e a cui non riconosce alcuna dignità.
La nostra memoria labile, sforacchiata dalla propaganda, non ricorda che Hamas ha più volte offerto un cessate il fuoco; ignorata dal regime israeliano, che non vuole avviare alcuna trattativa con «i terroristi». Sicchè l’unica opzione resta lo strangolamento di un milione e mezzo di persone (sono colpevoli, hanno votato Hamas), e il bastone bellico, le bombe, le esecuzioni di «militanti di Hamas» eseguite dal cielo con missili che ammazzano ogni volta anche una mezza dozzina di passanti. E’ così che fa uno Stato normale: ad ogni proposta, risponde col ferro e col fuoco. Libano 2006, Siria 2007, Gaza 2008, una «guerra» asimmetrica (super-armati contro inermi) almeno una volta l’anno.
Ma nelle pause, nessuna tregua: continue violazioni dello spazio aereo in Libano, provocazioni contro la Siria, assassinii al missile in Gaza; e stringere ancora un po’ l’anello di ferro della fame e della penuria, ancora un po’ di punizione collettiva contro bambini denutriti e ridotti a mangiare pane e thè; ancora un po’ di disprezzo per gente a cui distruggi gli oliveti di tanto in tanto, giusto per tenerti in esercizio; o a cui fai mancare la luce, o i medicinali agli ospedali; a cui togli ogni speranza di vita economica, bloccando le povere merci in uscita, bloccando le povere cose in entrata. Uno Stato normale si circonda di un muro di 700 chilometri. Si arma di 500 bombe atomiche e missili intercontinentali. Progetta e studia come bombardare le installazioni nucleari dell’Iran, a duemila chilometri di distanza. E non si sente mai abbastanza sicuro, e vuole sempre più armi dal suo colossale servo, dal Golem americano.
Uno Stato che pretende ossequio dall’Europa con l’intimidazione e la pressione, uno Stato che pretende azzittita ogni critica, che esige di imporre leggi agli Stati altrui. Uno Stato perennemente ostile, che non vuole né amici né alleati, ma solo strumenti e servi. Uno Stato che vive così da decenni, rubando terra ad inermi, e minacciando, e creando attorno a sé instabilità e rovina, per sentirsi tranquillo… senza mai riuscirci. Uno Stato aguzzino, che commette atrocità e crimini contro i civili, ma che si dichiara vittima; che attacca e si dice attaccato. Uno Stato che manda dovunque le sue squadre d’assassinio, i suoi kidon, ad ammazzare nel mondo; sempre impunemente, perché tutti i governi del mondo ammutoliscono di fronte a questa «vittima», hanno paura dei suoi mezzi palesi ed occulti di nuocere.
Riusciamo a pensare per un momento: quale altro Stato, quale altro regime si è mai comportato così? Ci pensino gli ebrei: uno Stato in guerra perpetua, che affida la sua durata alla guerra perpetua contro tutti i circostanti, quanto può durare? E’ poi così strano che tra i perseguitati e gli affamati, tra i minacciati da questo Stato, se ne sogni e se ne voglia la fine? Gli Stati sogliono durare secoli, magari millenni; ma sinceramente, potete immaginare Israele esistente fra un secolo? Con la sua guerra perpetua, la sua ostilità e disprezzo di ogni altro Stato e di ogni negoziato?
No, per quanto i servi intimiditi lo ripetano, lo adulino, non è uno Stato normale. E’ uno Stato malato. E’ uno Stato suicida.
Maurizio Blondet 04 marzo 2008 effedieffe.com
«Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo imparato l'arte di vivere come fratelli.» Martin Luther King «L'umanità deve mettere fine alla guerra, o la guerra metterà fine all'umanità.» John F. Kennedy
"Lasciatemi essere un uomo libero, libero di viaggiare, libero di fermarmi, libero di lavorare, libero di commerciare come mi pare libero di scegliermi i miei maestri, libero di seguire la religione dei miei padri, libero di pensare, e di parlare e di agire"; Capo Giuseppe -Hein-mot Too-ya-la-kekt =Tuono che Rotola dalla Montagna