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 Un angolo di cielo 2 poesie nel mondo
 PALESTINA.
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janet
Utente Master

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Posted - 15 March 2007 :  00:50:01  Vedi Profilo Send janet a Private Message  Rispondi quotando



Il 29 ottobre 1956, alcune unita' delle Guardie di Frontiera israeliane, in giro per il Triangolo di villaggi, giunti a Kafr Qasem, ingiunsero alla popolazione di restare in casa avendo ordinato che il coprifuoco cominciasse un'ora prima del solito. Piu' di 40 lavoratori che coltivavano i campi dei dintorni, giunti in ritardo in citta', furono fatti allineare e sparati alla schiena a bruciapelo. Il governo israeliano, aiutato dalla stampa, fece tutto quanto era possibile affinche' la verita' sulla strage restasse nascosta. Si parlo' di errore e si cercarono i colpevoli, che furono identificati in Lt.Daham e nel Maggiore Melindi: questi, colpevoli dell'omicidio di 43 persone, furono condannati a pene miti, poi ridotte di un terzo, e, alla fine, nel settembre 1960, Daham ebbe l'incarico di Ufficiale per gli Affari Arabi al municipio di Ramle.

“Kufr Qassem”

un villaggio che sogna

il grano, i fiori della violetta

e lo sposalizio delle colombe.

Mieteteli in un solo colpo

mieteteli … mieteteli.

Un bosco d’ulivi

era sempre verde

era, amore mio.

Certo, cinquanta vittime

fecero di essa al tramonto

un stagno rosso,

cinquanta vittime.

Amore mio, non rimproverarmi

mi hanno assassinato

mi hanno assassinato.

Ti dedico ogni cosa

l’ombra e la luce

l’anello dello sposalizio

e tutto cio' che desideri

ti dedico un giardino

di fichi e ulivi.

Verro' da te come tutte le notti

introducendomi dalla finestra

e nel sogno

ti lancero' un gelsomino.

Non rimproverarmi

se tardero' un poco

loro, mi hanno fermato

o amore mio, non rimproverarmi

mi hanno assassinato

mi hanno assassinato.

“Kufr Qassem”

Sono tornato dalla morte

per vivere … per cantare

lasciami prendere la mia voce

da una ferita incandescente

e aiutami sul rancore, che

semina spine nel mio cuore.

Sono l’inviato di una ferita

sulla quale non si tratta,

il flagello del boia mi insegno'

a camminare sulla mia ferita,

camminare … camminare

e resistere !

Mahmud Darwish





traduzione delle poesie a cura di www.arabcomint.com

www.arabcomint.com







«Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo
imparato l'arte di vivere come fratelli.» Martin Luther King
«L'umanità deve mettere fine alla guerra, o la guerra metterà fine all'umanità.» John F. Kennedy

"Lasciatemi essere un uomo libero, libero di viaggiare, libero di fermarmi, libero di lavorare, libero di commerciare come mi pare libero di scegliermi i miei maestri, libero di seguire la religione dei miei padri, libero di pensare, e di parlare e di agire";
Capo Giuseppe -Hein-mot Too-ya-la-kekt =Tuono che Rotola dalla Montagna
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janet
Utente Master

12135 Posts
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Posted - 25 March 2007 :  03:07:59  Vedi Profilo Send janet a Private Message  Rispondi quotando






L'ALBERO DI DIO



In una foresta presso Sidney, Australia, vi e' un albero che ricorda in maniera
impressionante la postura di un musulmano in preghiera. A ben guardare, si
possono persino distinguere le "braccia" stese lungo il corpo, mani sulle
ginocchia, nella posizione del ruku', inchino che precede la prostrazione.
Ancora piu' stupefacente e' il fatto che l'albero e' piegato in direzione della
Mecca, punto verso il quale tutti i musulmani del mondo si rivolgono durante la
preghiera quotidiana. Un caso? Un fenomeno naturale? Certamente si. Ma noi fedeli,
ferma restando l'assoluta insignificanza dell'albero in se', lo consideriamo uno
degli innumerevoli segni che l'Altissimo ha voluto imprimere nella natura
affinche' il fedele, volgendo il suo sguardo in ogni dove, sempre abbia nel
suo cuore e nella sua mente l'invocazione cara a noi musulmani: "Subhanak,
ya Rabb"! (Tu sia lodato, Signore!)



www.arabcomint.com



«Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo
imparato l'arte di vivere come fratelli.» Martin Luther King
«L'umanità deve mettere fine alla guerra, o la guerra metterà fine all'umanità.» John F. Kennedy

"Lasciatemi essere un uomo libero, libero di viaggiare, libero di fermarmi, libero di lavorare, libero di commerciare come mi pare libero di scegliermi i miei maestri, libero di seguire la religione dei miei padri, libero di pensare, e di parlare e di agire";
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janet
Utente Master

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Posted - 17 April 2007 :  02:03:57  Vedi Profilo Send janet a Private Message  Rispondi quotando


alcuni versi del poeta iracheno 'Abd al-Muhsin al-Kazimi (nominato il poeta degli arabi), tratti da una poesia da lui composta alla fine dello secolo scorso durante un viaggio da Bagdad a Bassora a dorso di cammello. In essa lo stile e il significato non si allontanano dalle caratteristiche della poesia araba preislamica:


“Viaggiamo, nel cuore della notte, nel deserto.

I nostri cammelli procedono lentamente

affondando i loro zoccoli.

Vanno spostandosi ora verso oriente,

ora verso occidente, quasi dovessero

misurare il diserto.

Appesantiti dal sonno

ci pieghiamo sulla sella

come se pregassimo

con la testa prona.






«Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo
imparato l'arte di vivere come fratelli.» Martin Luther King
«L'umanità deve mettere fine alla guerra, o la guerra metterà fine all'umanità.» John F. Kennedy

"Lasciatemi essere un uomo libero, libero di viaggiare, libero di fermarmi, libero di lavorare, libero di commerciare come mi pare libero di scegliermi i miei maestri, libero di seguire la religione dei miei padri, libero di pensare, e di parlare e di agire";
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janet
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Posted - 06 May 2007 :  00:07:37  Vedi Profilo Send janet a Private Message  Rispondi quotando

Mohamed el-Dura, a child of 12 was murdered by Israeli soldiers
in front of the camera, but still reported as "killed in crossfire"



Aharon Shabtai - Poeta Israeliano

Nato nel 1939 è uno dei maggiori poeti israeliani contemporanei
Ha studiato Greco e Filosofia alla Hebrew University, alla Sorbona e a Cambridge.
Insegna letteratura ebraica all'Università di Tel Aviv.
Shabtai, il più accreditato traduttore di drammi greci in ebraico,
ha ricevuto nel 1993 il premio del Primo Ministro per la Traduzione.


"In tempi oscuri, quando uno stato
costringe il suo popolo alla sottomissione, arriva
il momento in cui il poeta non può accettare il silenzio.
I coraggiosi poemi di Shabtai perforano la cupa oscurità
di Israele come un raggio laser. Shabtai scrive in ebraico ,
ma parla in nome di tutti gli oppressi."
Tariq Ali (poeta Palestinese)


J'accuse

Il cecchino che ha sparato a Muhammad, il bambino
protetto dalle braccia del padre,
non agiva da solo,
qualcun altro in divisa,
un dente della ruota che aveva ricevuto istruzioni
a un livello più alto,
lo ha posto lì sul tetto,
un funzionario dello stato,
un cantore
per i Giorni Terribili;
e qualcun altro
ha fabbricato le munizioni,
un altro ancora ha fatto sì che si distribuissero
come barrette di cioccolato.
L'albero non inverdisce
quando una sola foglia spunta,
molte fronti accigliate
hanno osservato i piani.
La storia conosce
fronti come queste,
tecnici del massacro
bastardi ai cui occhi
l'etica è una spina nel culo.
Ma persino i cetrioli
hanno bisogno di letame, di un po’ di concime.
Il verme non nasce dall'aria;
sono necessarie un milione di parole
per ricostruire il modo
in cui il pubblico discorso stesso
si corrompe e si trasforma in rifiuti,
quello che all'interno del corpo politico
è stato creato per proteggere
il cuore della giustizia.

Ma ora
non c’è tempo per niente di tutto questo,
quando proprio davanti alle telecamere,
senza vergogna,
uomini adulti in uniforme
sparano a folle indifese.
Da dietro con le nuche e i didietro
sembrano tipi allo stand dei fucili ad aria compressa
accanto allo schermo al parco dei divertimenti,
che cercano di vincere, per le ragazze,
una bambola o una scatola di caramelle.
In cima ad una collina,
alla distanza dettata
dal manuale degli amministratori,
il primo ministro fa lo spettatore
con la sua compagnia di consiglieri.
Guardano fissamente giù
nella Valle di Lacrime,
verso l'orda che si inerpica,
come sciacalli e conigli,
nipoti
e pronipoti di profughi
spogliati di case e di campi,
pozzi e paesi,
e con mano di ferro spinti
in riserve e in ghetti.
Ognuna di queste autorità
provvede alla sua parte nel piano:
uno è responsabile delle liquidazioni,
un altro delle molestie quotidiane;
il campo di questo sono le pubbliche relazioni,
quello dell'altro i collaborazionisti;
questo si occupa di espulsioni e barriere,
l'altro lì di distruggere le case.
Perché, se è questo il problema, stiamo solo parlando
di una popolazione di una certa grandezza,
che deve essere battuta e schiacciata,
quindi spedita via come polvere umana.
Lo scandalo stesso deve essere impacchettato
come una merce qualunque,
con tutti i clichés
della politica costituita:
gli daranno un nome,
quindi si può preparare un formato
per trattative a tappe,
con “passi avanti” e “concessioni”,
momenti di salita della tensione coperti dalla stampa
completi di un blitz di PR pieno di discorsi:
a questo scopo abbiamo il portavoce
e così pure il giornalista e l'autore,
l'annunciatore televisivo ed il professore,
una lunga fila di Letterati,
tutti che soffiano nelle trombe del Processo.
Perché il cecchino che ha sparato al bambino
è soltanto un singolo maledetto strumento
di un'enorme orchestra
diretta dall'uomo che sa
più di ogni altro
che si possono trovare soluzioni a lungo termine
per ogni problema, per tutti,
quando più non si respira.
Nel momento in cui sorride
la pelle si tende sui crani;
quando, rauco, pronuncia
la parola “Pace”,
le madri si svegliano tremanti;
egli sa che le parole
sono solo le bucce delle patate
con cui s'hanno da ingozzare gli stupidi,
e ora, proprio alla fine,
si tirerà su le maniche
e si metterà al lavoro in cui eccelle:
un altro bagno di sangue.

Aharon Shabtai






«Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo
imparato l'arte di vivere come fratelli.» Martin Luther King
«L'umanità deve mettere fine alla guerra, o la guerra metterà fine all'umanità.» John F. Kennedy

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janet
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Posted - 11 May 2007 :  02:38:21  Vedi Profilo Send janet a Private Message  Rispondi quotando


Scelsi il pericolo

Torturata
violato l'alveo mio
hanno scavato
in calca di rancori la mia tomba
divisi gli abiti miei
crocifissa d'inganno la mia giovinezza.

Torturata
sul muro del silenzio disegnarono
la mia morte spezzarono
le corde della mia voce
assediata non sapevo
più che la morte fosse
la mia morte.

Torturata
m'hanno celato luce e luna
morire o andare scegli.
Scelsi il pericolo e passo
dopo passo cammino
non temo le cadute
dai tuoi occhi la fiamma
del mio incendio dal mare
dei tuoi occhi la stella
di questo mio cammino.

Amato mio soldato
in un esercito grande
che abita il mio cuore
ti chiamo amato mio
tu che alla terra vai
che vai al campo all' aia
nella mia terra nelle valli
e nei deserti ti chiamo
se il mio cavallo inciampa
se il mio cuore s'increspa
a chiamarti continuo
mio amato al patto fedele
senza smettere il nero.

Amato mio che torni
al sole tu vicino al sole
tu che ritorni al cuore
tu l'amore del cuore
sei il soldato che arriva nell' alba
sei il canto sei la fiamma
amato non mi biasimare
se perdo qualche cosa
della mia giovinezza
delle mie nozze se perdo
dei miei abiti un lembo.

Se pur perdo l'età
se il boia mi tortura
io ti incontro scrittura
libro ti vivo dentro il libro mio
ti vivo pena dentro la mia pena.


Hanan Awwad
Poetessa Palestinese
1988





«Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo
imparato l'arte di vivere come fratelli.» Martin Luther King
«L'umanità deve mettere fine alla guerra, o la guerra metterà fine all'umanità.» John F. Kennedy

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janet
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Posted - 06 June 2007 :  02:29:48  Vedi Profilo Send janet a Private Message  Rispondi quotando




Poesia dedicata a
Kamal Nasir nato a Bir Zeit, in Cisgiordania, nel 1929, è stato ucciso la notte
dell'aprile 1973 a Beirut, da un commando dell'esercito israeliano.
Milita nel partito Ba'th prima di partecipare alla fondazione del
gruppo di guerriglia al-Fatah, di cui diventa uno dei principali leader.
Le sue prime poesie risalgono al 1957, pubblicate sul quotidiano
di Gerusalemme «Filastin» (Palestina), con lo pseudonimo Abu Firas.


Il Canto del prigioniero



Fino a noi giunge l'eco del tuo canto,
volando oltre l'angustia con l'amore,
oltre le sbarre, uccello prigioniero,
delle tenebre fonde e della pena.
Canta, sì, ché se il ferro il vasto cielo
a te sottrae, non serra a noi l'orecchio.
Canta, sì, ché la morsa della notte
non chiude mai la via della speranza.

Il canto tuo mi riporta
a tempi piegati dal tempo,
quando, con passo lieve,
libera l'ala, al chiostro,
ombra di gelsomino,
nel grembo conducevi,
e dicevi dei sogni,
e l'orgoglio lodavi
e la forza, e più vicine
facevi le stelle alla terra,
e ascoltavamo i campi
verdi di te, lo splendore
dei clivi, ed il sussurro dei profumi,
il gonfiore del vento
e dei monti, fierezza
che se non vinci non s'erge.

Canta, uccello, per noi, dalla prigione,
oltre l'umiliazione ed oltre il buio,
un orizzonte ancor ricco di sogni,
un sole ancora pronto nell' agguato.
Bianca gloria di luce canta lieto,
canta un domani patria ai nostri sogni,
vividi sogni canta non perduti.

Canta, sì, ché la speranza,
è sempre là, strada ferma e radiosa,
anche se attorno a noi
s'infittisce la rabbia della notte.

canta un domani patria ai nostri sogni,
vividi sogni canta non perduti.

Fadwa Tuqan
Poetessa Palestinese



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imparato l'arte di vivere come fratelli.» Martin Luther King
«L'umanità deve mettere fine alla guerra, o la guerra metterà fine all'umanità.» John F. Kennedy

"Lasciatemi essere un uomo libero, libero di viaggiare, libero di fermarmi, libero di lavorare, libero di commerciare come mi pare libero di scegliermi i miei maestri, libero di seguire la religione dei miei padri, libero di pensare, e di parlare e di agire";
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Posted - 11 June 2007 :  08:45:49  Vedi Profilo Send n/a a Private Message  Rispondi quotando
Quanta sofferenza in questa poesia.

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