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janet
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Posted - 04 December 2006 : 01:13:53
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Le sofferenze palestinesi? Sono le restrizioni di movimento!
Cos'altro puo' fare il violato stato d'Israele di fronte a questi odiosi crimini se non restringere i movimenti dei palestinesi, con la speranza che tali limitazioni di spostamento riducano la frequenza di penetrazioni kamikaze nello sfortunato stato ebraico? Sono fortemente dispiaciuto quando coloro che parlano di pace in Medioriente lo fanno intimando ai palestinesi di mettere fine al "terrorismo" e chiedendo ad Israele di "alleggerire le restrizioni di movimento". Persino Terjie Roed-Larsen, l'ex inviato delle Nazioni Unite nella regione, e' spesso caduto in questa trappola.
Dopo un attacco kamikaze nel nord di Israele, in cui quattro israeliani sono morti, Roed-Larsen ha descritto tali attacchi come "atti insensati, che non hanno giustificazione, ne' politica ne' morale".
Certo, nessuno si aspettava che il Coordinatore Speciale delle N.U. prendesse le distanze dalla linea di pensiero che considera tali atti come originati da un vacuum, che non ha nessuna relazione con la realta' disperata e sanguinosa che i palestinesi sono costretti a vivere. Ma perche' non dovremmo aspettarci che Roed-Larsen, o qualsiasi altro, parli con la stessa chiarezza contro il terrorismo di stato israeliano?
Dopo aver terminato di esporre la sua posizione sugli attacchi in Israele, Roed-Larsen ha dedicato cinque secondi anche ad Israele, ma non di piu'. Ha detto, infatti, che i blocchi stradali ed i checkpoints sono "il maggiore impedimento all'economia palestinese".
Per coloro che ricevono solitamente solo la meta' delle notizie provenienti dal Medioriente, i checkpoints israeliani hanno un senso. Cos'altro puo' fare il violato stato d'Israele di fronte a questi odiosi crimini se non restringere i movimenti dei palestinesi, con la speranza che tali limitazioni di spostamento riducano la frequenza di penetrazioni kamikaze nello sfortunato stato ebraico?
Dall'inizio di maggio 2003 fino all'attacco nel nord di Israele, il 19 maggio, 47 palestinesi sono stati assassinati dall'esercito israeliano, cioe' oltre 10 volte il numero di israeliani vittime dell'attentato kamikaze. Dalle notizie, pochi dei palestinesi uccisi avevano attaccato militari o civili israeliani, tra essi il mio ex vicino del campo profughi di Nuseirat, Gaza, Mahmud Annani, morto l'8 maggio.
Non mi aspetto che nessun "esperto" ci racconti gli anni di sofferenza vissuti da Mahmud, o che studi le ragioni per cui un giovane promettente si faccia esplodere per ferire quattro militari nella striscia di Gaza, proprio mentre entra nell'eta' virile, 21 anni. Ma mi riempie di dolore vedere che coloro che non hanno esitazioni nel condannare il crimine "insensato", "odioso" e "abominevole" di Mahmud, restano in silenzio di fronte al fiume di sangue palestinese, alle dozzine di uccisi, inclusi 8 bambini, nelle sole due prime settimane di maggio.
Kofi Annan, capo dell'ONU, e' il primo esempio di come i funzionari di tutto il mondo si impegnino a minare le sofferenze palestinesi enfatizzando quelle israeliane. I tre mesi di marzo, aprile e maggio, hanno visto lo straordinario impeto assassino dell'esercito israeliano, in prevalenza focalizzato alla striscia di Gaza. Il 7 marzo e' stato il giono in cui otto palestinesi, inclusa una bimba di un anno, Hanan al-Assar, sono stati assassinati nel campo profughi di Nusseirat; il 31 marzo, quattro palestinesi sono stati freddati a Beit Hanun; il 3 aprile, altri quattro a Rafah; l'8 aprile, sette a Gaza; il 9 aprile, cinque nel campo profughi di Jabaliya; il 19 aprile, altri tre a Rafah; il 1 maggio, 13 palestinesi abbattuti in un affollato sobborgo di Gaza City; il 14 maggio, ancora tre uccisi nel campo di Nuseirat; il 15 maggio, cinque assassinati a Gaza ...
In tutto il periodo, dall'inizio di Marzo al 19 maggio, 196 palestinesi furono uccisi nei Territori Occupati, la stragrande maggioranza dei quali erano civili. La patetica reazione mondiale suscitata da quasi 200 morti civili palestinesi mostra come la vita umana sia misurata in termini di politica, non di numeri ne' di principi basilari della santita' della vita umana. Ma, mentre molti riescono a comprendere lo schema dei media principali, che o ignora le perdite palestinesi o confeziona le notizie in maniera cosi' accurata da scagionare Israele da qualsiasi colpa, la maggior parte della gente non riesce a capire quale sia il compito di Annan in tutto cio'.
Annan, la cui credibilita' ha raggiunto il minimo storico dopo il pasticcio dell'investigazione sui crimini di guerra commessi a Jenin e la guerra all'Iraq, si pronuncia raramente quando sono i palestinesi ad essere uccisi. Messo alle strette dall'imbarazzantemente alto numero di vittime del recente massacro a Gaza, ha espresso "profonda preoccupazione" per la violenza in Medioriente, chiedendo semplicemente alle due parti di aderire alla road-map come via d'uscita. Le sue parole sono state generiche e il suo rimprovero includeva "entrambe le parti". Invece, i suoi commoventi sermoni che sempre seguono l'uccisione di israeliani, anche quella di coloni ebraici illegali armati fino ai denti, sono sempre nei titoli di testa delle news delle Nazioni Unite.
Ma la cosa piu' vergognosa di tutte e' il modo che questi presunti politici imparziali scelgono per appellarsi alle due parti: i palestinesi devono mettere fine al "terrorismo" e Israele deve alleggerire le restrizioni di movimento. Dunque in cio' risiede la fine del conflitto in Medioriente: nella rimozione di alcuni checkpoints.
Mi permetto di non essere d'accordo. Israele uccide i palestinesi, giovani, vecchi e bambini, tutti i giorni; i suoi bulldozers hanno distrutto migliaia di case; l'esercito israeliano colpisce deliberatamente moschee, chiese, scuole e servizi civili, inclusi i depositi di cibo delle Nazioni Unite; migliaia di prigionieri palestinesi marciscono in campi di concentramento senza accuse e senza processo; la politica dell'assassinio e' una procedura di routine dell'esercito israeliano, sanzionata dalla Corte Suprema, quella stessa Corte che permette la tortura dei prigionieri; la terra palestinese viene confiscata ed assegnata a coloni americani, interi villaggi vengono spazzati via dal muro israeliano di apartheid e centinaia di migliaia di famiglie hanno perso la loro fonte di reddito; migliaia di palestinesi sono stati dislocati ed un'intera generazione di bambini soffre di malnutrizione cronica e manca di qualsiasi speranza in un futuro migliore.
Non sto chiedendo ai politici di ripetere l'oracolo di sopra ogni volta in cui vogliono rinnovare l'appello per la pace, ma trovo insultante "condannare fortemente" gli attentati kamikaze e rispondere al terrorismo di stato israeliano con la richiesta ad Israele di "dar prova di moderazione" e "alleggerire le restrizioni di movimento". I checkpoints sono davvero frustranti, una spina nel fianco, ma Mahmud Annani del campo profughi di Nuseirat non ha scelto di farsi saltare in aria presso una base militare israeliana a Gaza solo perche' non sopportava le lunghe attese in macchina presso un checkpoint dell'esercito. E' orribile vedere condannare Mahmud, mentre i quattro militari che l'hanno costretto a questo destino ricevono medaglie d'onore ed affettuosi auguri di una pronta guarigione.
Molti problemi, in verita', affliggono il Medioriente. La mancanza di coscienza e' senza dubbio il peggiore.
www.arabcomint.com
«Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo imparato l'arte di vivere come fratelli.» Martin Luther King «L'umanità deve mettere fine alla guerra, o la guerra metterà fine all'umanità.» John F. Kennedy
"Lasciatemi essere un uomo libero, libero di viaggiare, libero di fermarmi, libero di lavorare, libero di commerciare come mi pare libero di scegliermi i miei maestri, libero di seguire la religione dei miei padri, libero di pensare, e di parlare e di agire"; Capo Giuseppe -Hein-mot Too-ya-la-kekt =Tuono che Rotola dalla Montagna |
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janet
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Posted - 04 December 2006 : 01:38:14
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Pellerossa e palestinesi: l'inerente lotta per la liberta' e la giustizia
"... attraversai queste terre da est a ovest e vidi soltanto guerrieri Apache sulle regioni dei miei padri. Le attraversai dopo molte estati e incontrai gente di un'altra razza che era venuta per impadronirsi delle nostre terre. Ora gli Apache si aggirano per le pianure e desiderano che il cielo cada su di loro..." - Cochise, capo Apache
Poche persone possono essere ottuse quanto il 26esimo presidente USA Theodore Roosevelt riguardo l'eredita' degli Stati Uniti verso il popolo nativo di quella terra. Nella sua narrazione, "La conquista del West", Roosevelt racconto' del "propagarsi di popoli anglofoni nei vasti spazi della terra". Egli scrisse: "I coloni europei si spostarono in lande disabitate ... in una terra posseduta da nessuno ... I coloni non scacciarono alcuno. La verita' e' che gli indiani non avevano mai avuto nessun titolo reale su quella terra". In un'intervista al Sunday Times britannico, il 15 giugno 1969, l'ex primo ministro Golda Meir fece asserzioni simili, affermando: "Non vi e' nulla che si possa definire palestinesi. Non vi e' un popolo palestinese in Palestina che si consideri 'popolo palestinese', che noi abbiamo buttato fuori per appropriarci della loro terra. I palestinesi non esistono".
I pellerossa ed i palestinesi sono gli antichi abitanti indigeni delle loro terre, ma, per i coloni stranieri, cio' non aveva rilevanza alcuna. Cio' che importava era il "Destino Manifesto", cio' che importava era il "sionismo". Roosevelt continua: "Probabilmente il mondo non sarebbe mai andato avanti se non fosse stato per la sommersione di popoli selvaggi e barbari in conseguenza della colonizzazione armata in terre straniere da parte di razze che avevano nelle mani il destino dei secoli".
Durante la meta' degli anni '40, Davide Ben Gurion dichiaro' che Israele stava adottando un sistema di "difesa aggressiva. Risponderemo ad ogni attacco arabo con un'esplosione decisiva: la distruzione del luogo e l'espulsione dei residenti insieme alla confisca del luogo".
I miei nonni, mia madre e mio padre, insieme a quasi un milione di altri palestinesi, furono espulsi dalla loro terra dopo la brutale distruzione di 418 villaggi e citta' e l'assassinio di migliaia di palestinesi. Si dispersero in ogni direzione, a piedi, per fare spazio al Popolo Eletto. Ripararono in campi profughi, campi di concentramento, che sono ancora in piedi. I miei nonni, mia madre e mio fratello maggiore sono seppelliti in uno di quei campi. Mio padre ed i miei fratelli ancora ci vivono.
Ben Gurion si ritiro' nel 1963, quattro anni prima che Israele invadesse cio' che restava della Palestina: la Cisgiordania, Gaza, Gerusalemme est. Fu l'inizio di una nuova tragedia, di altro dispossesso, tutto perche' lo stato d'Israele diventasse puramente ebraico. Israele sfido' la legge internazionale che imponeva il ritorno dei profughi palestinesi. Al suo posto, esso istitui' la sua legge, poco dopo la sua creazione nel 1948, che prevedeva il diritto alla Palestina per qualsiasi ebreo, e solo per essi. Chiunque fosse di razza ebraica (sic!), in qualunque parte del mondo fosse nato e vissuto, aveva il permesso di entrare in Palestina, di ottenere la cittadinanza, di vivere senza problemi in una terra che non gli apparteneva, in un luogo a cui non apparteneva.
In tutta questa ferocia, furto di terre e disumanizzazione delle vittime, sia gli Stati Uniti che Israele sono riusciti a convincere se' stessi che il modo in cui trattavano le loro vittime era in realta' umano e civile. "Nessuna altra nazione colonizzatrice ha mai trattato i selvaggi possessori del suolo con tanta generosita'() quanto gli Stati Uniti", disse Roosevelt. Ma il generale Didi, dell'esercito israeliano, chiede di essere diverso. Didi e' l'uomo che sorveglio' la storica invasione di Jenin dello scorso anno.
Il 2 aprile 2002, Israele attacco' il campo profughi per due settimane nel completo silenzio della comunita' internazionale. Per due settimane, centinaia di carriarmati, di elicotteri Apache, di aerei da guerra F-15 ed F-16 e migliaia di soldati brutalizzarono e terrorizzarono i 13.000 abitanti del campo, che si estendeva su appena un chilometro quadrato di terra. Gli abitanti del campo lottarono come poterono con esplosivi fatti in casa, coltelli da cucina e poche pallottole. Essi lottarono e rifiutarono di arrendersi poiche' capirono che quella era la loro ultima lotta. Alla fine dell'invasione, centinaia di corpi palestinesi furono lasciati a decomporsi nelle strade di Jenin poiche' Israele rifiuto' alla Croce Rossa l'accesso al campo per raccogliere i cadaveri. L'intera popolazione fu costretta ad evacuare, mentre circa 2000 case di profughi furono distrutte o seriamente danneggiate dai carriarmati, i bulldozers, i bombardamenti aerei.
Ecco cosa disse Dani il Kurdo, che era alla guida di un bulldozer, in una testimonianza su cio' che avvenne al campo riportata da Yediot Aharonot: "Molta gente era dentro le case che iniziavamo a demolire. Venivano fuori mentre noi ci lavoravamo. Provavo gioia ogni volta che tiravo giu' una casa, perche' sapevo che a loro non interessa morire, ma gli interessa delle loro case. Se butti giu' una casa, seppellisci 40-50 persone per generazioni. Se mi dispiace di qualcosa, e' del fatto di non aver buttato giu' tutto il campo. Ecco quello che pensavo a Jenin. Non me ne importava un c*. Se mi avessero dato tre settimane, mi sarei divertito davvero. Cioe', se mi avessero dato l'opportunita' di buttar giu' tutto il campo. Non ho pieta' ".
Lasciate che vi ripeta cio' che Roosevelt disse sulla condotta dei suoi eserciti: "Nessuna altra nazione colonizzatrice ha mai trattato i selvaggi possessori del suolo con tanta generosita' quanto gli Stati Uniti".Le parole di Roosevelt sono risuonate, qualche mese fa, per bocca del comandante dell'esercito israeliano a Jenin, generale Didi. "L'esercito israeliano si e' comportato come il piu' morale ed il piu' accurato esercito al mondo".
Vorrei spostare i miei pensieri dal loro corso terminando con queste grandi parole tratte dal Grande Concilio degli Indiani d'America del 1927:
"Noi vogliamo la liberta' dall'uomo bianco e non l'integrazione. Non vogliamo essere una parte del sistema, vogliamo essere liberi di crescere i nostri figli secondo la nostra religione e le nostre tradizioni, di cacciare e pescare e vivere in pace. Noi vogliamo essere noi stessi. Vogliamo il nostro retaggio, perche' noi siamo i possessori di questa terra ed apparteniamo ad essa. L'uomo bianco dice che c'e' liberta' e giustizia per tutti. Noi abbiamo gia' assaggiato la sua "liberta' e giustizia" ed ecco perche' siamo stati sterminati quasi tutti. Non potremo dimenticarlo". Simili ad esse, le parole che pronucio' l'amministratore del campo profughi di Jenin, Abdel Razik al-Hayjah, all'indomani del massacro: "Se distruggeranno il campo cento volte, il popolo di Jenin lo ricostruira' sempre, perche' il nostro coraggio e la nostra determinazione aumentano ogni volta. Piu' Israele brutalizza i palestinesi, piu' la loro resistenza si rafforza. Israele non risolvera' i suoi problemi con la forza. La lotta palestinese per la liberta' non puo' essere fermata. Fa parte della natura umana resistere per riconquistare la liberta'. La gente di Jenin non odia gli israeliani perche' il loro nome e' differente, o perche' la loro lingua e' differente, ne' perche' la loro religione e' differente, ma perche' essi sono gli occupanti, e finche' saranno occupanti la resistenza continuera'. La resistenza palestinese vivra' fino a quando vivra' l'occupazione".
E’ giunto il momento che ve ne andiate e dimoriate dove volete, ma non tra noi. E’ giunto il momento che vi ne andiate e moriate dove volete, ma non tra noi. Abbiamo nella nostra terra cio' che fare il passato qui è nostro è nostra la prima voce della vita nostro il presente … il presente e il futuro nostra, qui, la vita …e nostra la vita eterna. Fuori dalla nostra patria … dalla nostra terra … dal nostro mare dal nostro grano … dal nostro sale …dalla nostra ferita -
Mahmud Darwish, poeta palestinese
«Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo imparato l'arte di vivere come fratelli.» Martin Luther King «L'umanità deve mettere fine alla guerra, o la guerra metterà fine all'umanità.» John F. Kennedy
"Lasciatemi essere un uomo libero, libero di viaggiare, libero di fermarmi, libero di lavorare, libero di commerciare come mi pare libero di scegliermi i miei maestri, libero di seguire la religione dei miei padri, libero di pensare, e di parlare e di agire"; Capo Giuseppe -Hein-mot Too-ya-la-kekt =Tuono che Rotola dalla Montagna |
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janet
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Posted - 04 January 2007 : 01:42:43
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Trecentomila terroristi in una scatola di biscottidi Miguel Martinez kelebekler.com
Comprendiamo le iperboli ed usiamo quelle. Se non le usiamo, siamo tipi sospetti. George Orwell parlava di Neolingua. Ce l'abbiamo, è l'Iperbolico.
La Civiltà, l'Occidente sotto attacco, l'Islam che ci ha dichiarato guerra, la Democrazia da salvare o esportare, la Quarta Guerra Mondiale, Loro (tutti), Noi (tutti), e via così.
E l'Iperbolico è entrato nel linguaggio comune fino a sostituirlo, dicevo, ed esprimersi senza usarlo è diventato difficilissimo.” Da Haramlik, il blog di Lia
Nell’Iperbolico, esiste un termine tuttofare e tuttospiegare: “terrorismo”.
Pierferdinando Casini, in visita a Birkenau, ci annuncia che:
"Oggi un nuovo nazismo e stalinismo si affacciano sotto la forma del terrorismo. Il nazismo come lo stalinismo e il nuovo terrorismo di oggi sono due facce della stessa medaglia". La metafora zoppica un po’, visto che mette tre elementi su due facce di una medaglia, comunque il concetto è chiaro: secondo Casini, e chi la pensa come lui, il terrorismo sta lì e attacca la civiltà.
Per Fausto Bertinotti, invece, la questione è più sfumata: la guerra genera il terrorismo in una spirale senza fine.
Quindi, per il primo, lo scontro è tra civiltà e terrorismo. Per il secondo, lo scontro è tra guerra e terrorismo.
Però tutti e due sono d’accordo nel definire quell’altra cosa terrorismo.
Che è un’emerita sciocchezza. Per un banale motivo linguistico. Terrorismo non è una causa per cui si fa qualcosa. È un metodo per fare qualcosa.
Non è complicato. Il comunismo è la causa per cui si battono quelli che vogliono una società di eguali.
Il nazionalsocialismo è la causa per cui si battono quelli che vogliono un socialismo, ma nazionale, insomma solo per noi.
Il liberismo vuole più libertà.
E il terrorismo cosa vuole? Far paura alla gente? Ovviamente esiste gente così, come esistono i serial killer. Non ho presente le statistiche, ma se ci fossero dieci serial killer in Italia, avremmo già un problema molto serio.
Ora, su La Stampa del 15 settembre 2004, Giuseppe Zaccaria a Baghdad intervista il maggiore Adnan Nassar al-Amri, caposezione al Ministero degli Interni del governo di Allawi. Il caposezione gli fa sapere che
"Il nostro Presidente ha appena ripetuto che le elezioni previste a gennaio si faranno e poco male se due o trecentomila terroristi non vi parteciperanno." Due o trecentomila "terroristi"? Facendo le proporzioni con la popolazione, è più o meno come dire che la situazione è sotto controllo, perché in Italia ci sono appena settecentomila serial killer in quotidiana attività.
Il termine terrorista viene quindi usato per descrivere non il carattere di singole azioni, ma per descrivere un’intera causa per la quale solo in Iraq, ci sono – secondo i loro stessi nemici – non meno di due o trecentomila persone pronte a dare la vita.
Ora, o gli arabi sono molto strani, oppure Casini e Bertinotti, che adoperano il termine "terrorismo", sono in evidente malafede. Ma cosa stanno cercando di coprire?
Essenzialmente due cose.
Aggressione e resistenza
Prima di tutto, non hanno l’onestà di Oriana Fallaci o di Umberto Bossi, i quali attribuiscono comunque una causa al nemico: ci dicono che “ci attaccano” perché vogliono “islamizzare il mondo”. Poi ci dicono che lo fanno attraverso il terrorismo: da qui l'idea del "terrorismo islamico". È falso, ma almeno è un po’ più sensato che dire che ci attaccano solo perché godono a far paura alla gente.
Bertinotti non può attaccare "l'islam" perché non sta bene a sinistra demonizzare blocchi interi di umanità, Casini non lo fa, invece, perché quando hai dei soldati che occupano un paese islamico, è sempre meglio dividere i propri nemici che insultare tutti i musulmani in blocco.
La seconda cosa che Casini e Bertinotti cercano di mistificare è se guerra e terrorismo sono solo metodi per condurre una lotta, la lotta tra chi è?. È tra aggressione e resistenza. È questo il vero nodo del conflitto in corso nel mondo.
Su chi compie l’aggressione, ci sono pochi dubbi. Da quando i turchi si ritirarono davanti alle porte di Vienna nel 1683, tutte le aggressioni sono sempre state condotte dai paesi industriali. Non perché i suoi abitanti fossero più cattivi, ma perché avevano mezzi tali da assicurare loro la vittoria sempre.
I cinesi non hanno mai invaso l’Inghilterra, gli inglesi hanno invaso diverse volte la Cina. I Cherokee non hanno mai mandato in esilio gli americani, sono stati gli americani a mandare in esilio loro.
Quindi l’aggressione, da diversi secoli a questa parte, si muove solo dal mondo industrializzato – quello che le persone come Casini chiama “la Civiltà” – verso il resto del mondo. Non potrebbe essere diversamente, e non c’è bisogno di raccontare tutta la per sapere se sono stati i francesi, gli italiani, gli inglesi, i sionisti e gli americani a conquistare il Medio Oriente, o sono stati gli arabi a mettere le loro basi militari nel Kansas.
Ora, l’aggressione genera resistenza. La resistenza può prendere diverse forme. L’esercito dei dervisci nel Sudan cercò di fare quella che Bertinotti chiama “guerra”, sfidando gli inglesi in campo aperto a Omdurman. Cannoniere, fucili a ripetizione, proiettili dum-dum sterminarono l’esercito mahdista in poco tempo. Un orgoglioso Winston Churchill scrisse: “Così si concluse la battaglia di Omdurman, il più eclatante trionfo mai ottenuto dalle armi della scienza sui barbari. Nell’arco di cinque ore, il più forte e meglio armato esercito di selvaggi mai messo insieme contro una moderna potenza europea era stato distrutto e disperso, quasi senza nessuna difficoltà, con un rischio comparativamente limitato e con perdite insignificanti nelle file dei vincitori” (citato in Sven Lindqvist, Sterminate quelle bestie, Milano, TEA, 2003, p. 85). I "trionfi della scienza" pongono ai registi cinematografici lo stesso problema che ponevano ai pittori di allora: non c'è molto suspense a vedere una macelleria tecnologica in funzione. Ecco che gli artisti dell'impero si devono inventare immaginari scontri corpo a corpo. Ecco come un creativo artista inglese reinventò e romanticizzò la carneficina di Omdurman:
“Meglio morire che vivere come morti"
I selvaggi saranno selvaggi, ma non sono necessariamente stupidi. Per questo, dopo Omdurman, nel lontano 1898, la loro resistenza ha quasi sempre preso altre forme, che non sono previste nel galateo dell’esercito europeo.
Il regista israeliano, Giuliano Mer – intervistato alla trasmissione televisiva Report del 10 settembre 2004 - descrive così i ragazzi del campo profughi di Jenin che si facevano esplodere (invano) contro gli immensi caterpillar che abbattevano le case, con i loro abitanti ancora dentro:
Il campo profughi è molto piccolo, controllato dal più potente esercito del mondo con le apparecchiature più sofisticate del mondo. Circondati da elicotteri apache e carri armati, l’unica cosa che possono fare contro a questa enorme macchina è farsi saltare in aria. Dei 23 kamikaze che si sono fatti esplodere a Jenin io ne conoscevo 6: nessuno era religioso, nessuno cercava vergini nel cielo, ciò che li spinge è che preferiscono morire piuttosto che vivere come morti. Io credo che se i palestinesi avessero il Vietnam dietro di loro si comporterebbero come i Vietcong ma invece hanno intorno solo cemento, cemento muri muri, muri, muri, muri e muri una piccola quantità di esplosivo, chiodi, e si fanno saltare in aria, questo è quello che gli è rimasto. Ora, il conflitto tra aggressione e resistenza può assumere forme molto varie. Non può assumere la forma di “guerra” nel senso di gente in divisa che si spara dalle trincee, perché le trincee verrebbero spazzate via in pochi minuti. Come avvenne alla fine della prima guerra del Golfo, quando Saddam Hussein aveva già annunciato il ritiro dal Kuwait e i carri Abrams americani seppellirono vive diverse migliaia di soldati iracheni nelle loro postazioni, passandoci semplicemente sopra con gigantesche lame da escavazione.
Nella guerra tra aggressione e resistenza, avviene di tutto. I resistenti hanno una buona causa, ma nulla garantisce che siano persone più buone degli aggressori. Viceversa, il fatto che gli aggressori provengano da paesi che ci fanno simpatia non vuol dire che siano più buoni degli aggrediti. Sono banalità, ma di quelle cui si pensa poco.
Come abbiamo visto, "terrorismo" si riferisce non a qualche causa, ma allo stile di certe azioni commesse in nome di qualunque causa.
Fu terrorismo in un senso preciso l’attentato alla metropolitana di Madrid, che aveva come scopo - a quanto pare - quello di incutere un grande spavento nella popolazione civile, affinché premesse per uscire da una guerra che non la riguardava.
Troviamo esattamente la stessa strategia dietro le stragi commesse dagli angloamericani durante la seconda guerra mondiale, quando in una notte furono bruciati vivi quarantaduemila abitanti di Amburgo, per non parlare di Dresda o di Nagasaki. Persino Isernia, paese privo di installazioni militari, fu rasa al suolo dai bombardieri, che provocarono quattromila morti, più di quelli delle Torri Gemelle. In entrambi i casi, possiamo dare un giudizio morale, ma possiamo anche dare un giudizio politico: gli attentatori di Madrid e i bombardatori di Isernia hanno entrambi ottenuto lo stesso effetto. Quello di suscitare nella popolazione un grande moto di rabbia, non contro chi li aveva colpiti, ma contro chi li aveva trascinati in quella guerra.
Ora, sappiamo benissimo perché non si può usare il termine resistenza per definire una resistenza: perché esiste in Italia "la Resistenza", che oltre a essere un nobile fatto di sessant'anni fa, è anche una sorta di comoda giustificazione del posto di lavoro di Carlo Azeglio Ciampi e di altri retori di professione.
Da qui, la domanda ricorrente, "la resistenza irachena somiglia a quella italiana?" Si tratta di una domanda teologica: tutta la teologia si basa sull'analogia. Il comportamento di un certo re somiglia a quello di Salomone, o non piuttosto a quello di Erode? Guarda caso, chi è a favore del re, trova sempre analogie con Salomone, chi è contro, con Erode. Allo stesso modo, tra i politici e gli editorialisti italiani, sai già chi troverà analogie e chi differenze tra la resistenza italiana e quella irachena, prima ancora che abbiano aperto bocca.
Ma si tratta di un problema appunto teologico. La resistenza irachena, come quella palestinese, è una resistenza, perché ce lo dice il vocabolario. Fatti di Gaza o Ramadi nel 2004 somigliano a fatti di Voghera nel 1943? Per certi versi sì. Per certi versi no. E allora?
Va da sé che lo stesso ragionamento vale per l'improbabile (e involontaria) coalizione tra neoconservatori, Paolo Mieli e alcune aree neofasciste che sostengono che la resistenza irachena somiglia invece alla Repubblica Sociale di Mussolini.
Italiani brava gente
Sempre su La Stampa del 15 settembre, Giovanni De Luna descrive alcune immagini che si trovano nell’archivio fotografico della Croce Rossa a Ginevra:
“Mi riferisco in particolare alle foto di Angelo Dolfo che ritraggono la testa del deggiac Hailù Chebbedè – che guidava la ribellione contro l’occupazione italiana nei territori del Goggiam – esposta alla folla sulla piazza del mercato di Quorum. Il deggiac fu ucciso in uno scontro il 24 settembre 1937; la sua testa fu infilata in una scatola di latta per biscotti Lazzaroni e portata in giro per volontà del viceré d’Etiopia, Rodolfo Graziani: la sequenza fotografica mostra l’apertura della scatola, poi la testa esibita tra i sorrisi dei soldati italiani, per essere alla fine ingabbiata nel filo di ferro e sospesa a una tavola inchiodata a un palo”. Come le decapitazioni filmate in Iraq, come le torture di Abu Ghraib, anche questo è terrorismo nel senso che il suo scopo è quello di incutere il panico nel nemico. Ma sarebbe ingiusto dire che gli italiani siano andati in Etiopia solo per il gusto di tagliare teste, che gli americani abbiano sodomizzato i detenuti di Abu Ghraib per puro gusto erotico, o che si uccidano i collaborazionisti, o presunti tali, per mero divertimento.
Il vero delitto è l’aggressione
La conclusione non è difficile.
Tacciamo sul penoso dualismo “civiltà-terrorismo” dei Casini e dei Pera, che rientra nel puro Iperbolico.
Ma anche il dualismo “guerra-terrorismo” non è meno assurdo. Prima di tutto perché comunque definisce i buoni e i cattivi: il termine “guerra” ha una tragica dignità che manca alla pura negatività del termine “terrorismo”. In amore e guerra, tutto è lecito, ci insegna il luogo comune. Difficilmente sentirete dire, "in amore e terrorismo..." E siccome "guerra" è un eufemismo per non dire USA, e "terrorismo" un eufemismo per non citare le vittime degli USA, Bertinotti sta dando dei guerrieri ai primi e dei terroristi ai secondi.
Esiste l’aggressione. Che – è vero – genera una “spirale”, nel senso che a volte c’è chi si oppone all’aggressione. E nasce così la resistenza. Questo non è un giudizio morale: può darsi che in Gallia si stesse meglio dopo l’arrivo dei romani, ma non c’è dubbio che Giulio Cesare sia stato l’aggressore e Vercingetorige il resistente.
Per definire gli aggressori e gli aggrediti, non servono complessi sofismi: basta aprire una mappa e vedere chi occupa le terre di chi. Se soldati iracheni si aggirano per il Texas sparando addosso alla gente, gli aggressori sono gli iracheni. Se gli americani si aggirano per l’Iraq, sparando addosso alla gente, gli aggressori sono gli americani.
La lotta tra aggressione e resistenza assume molte forme. Lasciamo stare la “guerra”, che nel senso tradizionale non esiste più. C’è una vasta gamma di azioni, tutte tese in qualche modo a fiaccare l’avversario, se vogliamo a terrorizzarlo. Vanno dai filmati con sgozzamenti ai bombardamenti aerei, dalle distruzioni delle case alle torture e alle umiliazioni sessuali, dagli arresti indiscriminati all'uso di automobili imbottite di esplosivo…
Se vogliamo dare definizioni moralistiche, è tutto terrorismo. Ma proprio per questo, il criterio per decidere da che parte stare è uno solo.
Da una parte, c’è chi aggredisce. E proprio perché aggredisce, avrebbe potuto anche scegliere di starsene a casa sua, e di evitare quindi di commettere gli orrori che sta commettendo. Ogni azione dell’aggressore è un delitto.
Dall’altra parte, c’è chi resiste. E per lui la scelta è molto più complessa. Perché se non accetta di subire passivamente lo stupro, deve agire. E ogni azione che compie è carica di ambiguità: è sacrosanto colpire con una mina un convoglio militare dell’occupante, ma se in quel momento dovesse passare un bambino? È sacrosanto prendere prigionieri i collaborazionisti, ma cosa farne dopo, visto che non si possiede certamente una Guantanamo in cui rinchiuderli?
Però è chiaro che, per quanto esecrabili i delitti-effetto, esiste un delitto-causa. Che non si chiama vagamente “guerra”, ma aggressione. Ed esiste un diritto iniziale. Che si chiama resistenza.
«Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo imparato l'arte di vivere come fratelli.» Martin Luther King «L'umanità deve mettere fine alla guerra, o la guerra metterà fine all'umanità.» John F. Kennedy
"Lasciatemi essere un uomo libero, libero di viaggiare, libero di fermarmi, libero di lavorare, libero di commerciare come mi pare libero di scegliermi i miei maestri, libero di seguire la religione dei miei padri, libero di pensare, e di parlare e di agire"; Capo Giuseppe -Hein-mot Too-ya-la-kekt =Tuono che Rotola dalla Montagna |
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janet
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Posted - 13 January 2007 : 00:21:54
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Un rimedio per tutte le malattie!
LA NIGELLA SATIVA, o GRANO NERO Il Profeta dell'Islam, su di lui la pace, ci ha tramandato, nei suoi detti, che "esiste al mondo un rimedio per ciascuna malattia" e che "il grano nero cura tutte le malattie, eccetto la morte". Molto conosciuta ed apprezzata per le sue virtu' in Medio Oriente ed India, la Nigella sativa, non ha avuto in Occidente la stessa sorte ed e' stata trascurata sino ad alcuni anni fa, quando l'interesse per la medicina naturale ha sollecitato studi e ricerche sulle cosiddette "piante ed erbe terapeutiche".
La Nigella sativa, o grano nero (habbe sauda, come viene chiamata nei paesi arabi) era conosciuta ed apprezzata gia' dagli antichi egizi: il fatto di aver ritrovato nella tomba del faraone Tutankhamon delle anfore colme di olio di grano nero e' illuminante sul valore che tale olio rivestiva presso gli egizi. Sappiamo per certo che esso era usato come medicamento nell'antica Grecia, per la cura di disturbi intestinali e dell'apparato genitale.
In epoca medievale, le proprieta' del grano nero e dell'olio da esso prodotto, furono studiate e catalogate dai famosi ricercatori arabo-islamici, particolarmente dal grande scienziato al-Biruni e dal famoso fisiologo Avicenna (Ibn Sina) che, nel suo "Canone della Medicina", sostiene che I semi del grano nero hanno la proprieta' di stimolare l'energia corporea ed hanno la funzione di ricostituente naturale. Fedeli al detto del Profeta che consigliava di "usare sempre I semi del grano nero poiche' essi curano tutte le malattie, tranne la morte", essi sono stati usati per secoli, e con successo, dalla medicina naturale tradizionale per curare disturbi e malattie vere e proprie, quali l'asma, le bronchiti, I reumatismi, I processi infiammatori e per stimolare il sistema immunitario. Il suo olio e' sempre stato usato per trattare, con successo, dermatiti, scottature ed eczemi. La grande versatilita' della pianta nel trattamento di tante e diverse sintomatologie gli ha procurato, presso I popoli arabi, l'appellativo di "habbatul barakah", e cioe' "semi benedetti".
Ma cosa pensa la moderna ricerca scientifica dei semi del grano nero? Gli studi fatti dai ricercatori americani confermano il valore della pianta, attribuendo ad essa il potere di "regolatore del sistema immunitario": poiche' noi tutti sappiamo che un buon sistema immunitario e' alla base della prevenzione della stragrande maggioranza delle malattie, ne consegue che I semi del grano nero sono utili per contrastare temibili malattie degenerative, quali il cancro. Ricerche condotte dal Cancer Immuno-Biology Laboratory della Carolina del Sud (USA), hanno evidenziato l'importante ruolo svolto dall'olio di grano nero nella produzione e nella stimolazione delle cellule immunitarie e nella generazione dell'interferone. Secondo l'immunologo tedesco Peter Schleicher, le virtu' dell'olio della Nigella sativa sono fornite dagli acidi grassi essenziali, come quello linoleico (stabilizzatore della membrana cellulare), gammalinolenico e prostaglandina, utili alla produzione di anticorpi per contrastare allergie e focolai infiammatori.
La nota dottoressa televisiva Antje Kùhnemannn e' rimasta affascinata dalle informazioni sulla riscoperta di questo olio. Ha riferito che in Cina e in India l'olio di Nigella sativa viene usato come un “antibiotico naturale“ e che durante un congresso internazionale sul cancro a Nuova Delhi si è parlato dell'effetto anti tumorale di tale medicamento naturale.
Indicazioni trad.: acne, allergia, angina, mancanza di appetito, asma, asma bronchiale, aumento dei globuli rossi, rinforza le autodifese, bronchite cronica, candida albicans, colesterolo (regolatore), colibacillosi, colica intestinale, infiammazione del colon, difficolta' di concentrazione, crampi intestinali, crosta lattea, debolezza immunitaria, svogliatezza, depressione (disturbi ormonali), dermatosi, dermatosi squamosa, diabete, diarrea (cronica), foruncoli, gastrite, infezioni, infiammazioni, influenza, disordine intestinale, indolenza intestinale, infiammazioni intestinali, spasmi intestinali, ulcere intestinali, infiammazione dei nodi linfatici, menopausa, crampi mestruali, nevralgie, disturbi ormonali, ossiuri, osteoporosi, orticaria, malattie della pelle, cicatrici, psoriasi, radicali liberi, raffreddore da fieno, iperacidità gastrica, ulcere gastriche, tosse, erpete ...
USO GASTRONOMICO DEI SEMI DI GRANO NERO
I piccoli semi neri della Nigella sativa, dal gusto leggermente amarognolo, sono da sempre usati, nella cucina mediorientale, come spezia: essi trovano posto nelle ricette di dolci tipici e di biscotti tradizionali, nella cui composizione non manca mai un pizzico dei preziosi semi. Spesso, essi vengono usati anche per insaporire e ricoprire particolari tipi di pane, o come decorazione nelle insalate. L'olio di grano nero, usato negli Stati Uniti come integratore dietetico, puo' essere tranquillamente consumato anche sul pane. L'olio ed I semi sono entrambi molto usati nella medicina erboristica, uniti con altri elementi, quali aceto di mele ed erbe medicinali, per contrastare malattie e disturbi, anche a livello dermatologico.
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«Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo imparato l'arte di vivere come fratelli.» Martin Luther King «L'umanità deve mettere fine alla guerra, o la guerra metterà fine all'umanità.» John F. Kennedy
"Lasciatemi essere un uomo libero, libero di viaggiare, libero di fermarmi, libero di lavorare, libero di commerciare come mi pare libero di scegliermi i miei maestri, libero di seguire la religione dei miei padri, libero di pensare, e di parlare e di agire"; Capo Giuseppe -Hein-mot Too-ya-la-kekt =Tuono che Rotola dalla Montagna |
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janet
Utente Master
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Posted - 30 January 2007 : 20:13:36
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Perché ci odiano un libro di Paolo Barnard
Caro amico/a,
sono Paolo Barnard, l'ex giornalista di Report (RAI3) cui tu scrivesti nel Settembre 2003 in occasione della mia inchiesta "L'Altro Terrorismo", dove accusavo gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Russia di essere i veri grandi terroristi, prove documentali alla mano.
Oggi ho pubblicato un libro sullo stesso tema, dal titolo "Perché ci Odiano", di Paolo Barnard, edito da Rizzoli BUR, collana Futuro Passato. Rispetto al pezzo televisivo esso è molto più documentato e soprattutto contiene una critica a Israele forse senza precedenti nell'editoria italiana importante, poiché Israele viene annoverato fra gli Stati terroristi e accusato da fonti ebraiche autorevoli di aver imposto 54 anni di nazismo in Palestina.
Te lo segnalo per alcuni importanti motivi:
E' il libro oggi più censurato nella saggistica italiana. Nessun media, né televisivo né cartaceo, ha voluto recensirlo, né RAI né Mediaset o La7, o alcuna radio pubblica o privata, neppure Unità o Repubblica (che ha letteralmente tolto una recensione dalle pagine sia del quotidiano che del Venerdì). Sappiamo che la censura è politica e viene dall#65533;alto, e credo che la critica a Israele ne sia alla base.
La documentazione che contiene è talmente inattaccabile, e scioccante, da costituire lo strumento definitivo per demolire la Guerra al Terrorismo di Bush/Blair/Putin/Olmert senza possibilità di smentite. E' dunque uno strumento essenziale per controbattere efficacemente alle destre, o semplicemente per ogni cittadino che vuole capire la realtà di questa immane crisi internazionale.
Il libro è scritto per poter essere capito da tutti, e contiene una spiegazione fruibile da chiunque di tutto ciò che è essenziale sapere per comprendere le crisi mediorientali e la criminosità della Guerra al Terrorismo.
Israele viene svelato per ciò che è senza mezzi termini o tentennamenti: il più grande Stato terrorista della Storia mediorientale contemporanea, con prove alla mano che smontano pezzo su pezzo la narrativa che oggi permette a Tel Aviv di agire con impunità assoluta di fronte al mondo intero. Le fonti sono solo ebraiche, proprio per essere 'blindate'.
In ultimo, oggi che la Guerra al Terrorismo ci sta portando sull'orlo di una deflagrazione senza precedenti, ritengo vitale che sia divulgato al pubblico il senso ultimo del libro, che è: quasi tutto ciò che sappiamo sul Terrorismo islamico è falso, e ci può uccidere. Smettiamo di crederci. Se non ci racconteranno la verità sulle radici dell'odio contro di noi, quell'odio non si fermerà mai, perché mai sapremo affrontarlo. Vi offro gli strumenti per capire l'odio, per affrontarlo e per fermarlo. Ne va della nostra vita, come di quella di tanti cittadini del mondo.
Mi affido direttamente a te affinché tu ne prenda visione e, se lo condividi, lo divulghi, perché non mi è concessa altra voce. Vengo zittito dalle censure poiché né la verità, né la libertà di pensiero sono tollerate. Mai. Grazie. Paolo Barnard
Paolo Barnard, Perché ci odiano Edizioni Bur 352 pagine 9.60
«Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo imparato l'arte di vivere come fratelli.» Martin Luther King «L'umanità deve mettere fine alla guerra, o la guerra metterà fine all'umanità.» John F. Kennedy
"Lasciatemi essere un uomo libero, libero di viaggiare, libero di fermarmi, libero di lavorare, libero di commerciare come mi pare libero di scegliermi i miei maestri, libero di seguire la religione dei miei padri, libero di pensare, e di parlare e di agire"; Capo Giuseppe -Hein-mot Too-ya-la-kekt =Tuono che Rotola dalla Montagna |
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Adrenalin
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Posted - 31 January 2007 : 14:49:36
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Aspettando che il Buldozer dei TERRORISTI Israeliani finiscano i "Lavori" nella casa del vicino.... poi... tocchera` anche alla sua....
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janet
Utente Master
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Posted - 01 February 2007 : 00:25:02
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quote: Originalmente inviata da Adrenalin
Aspettando che il Buldozer dei TERRORISTI Israeliani finiscano i "Lavori" nella casa del vicino.... poi... tocchera` anche alla sua....
....nell'indifferenza generale del mondo....come fosse la cosa più naturale e giusta..
"Le persecuzioni non fanno soffrire il giusto, né egli e' distrutto dalle oppressioni, se si trova sul lato giusto della verità. Socrate sorrideva bevendo il veleno, e Stefano faceva lo stesso mentre lo lapidavano. Ciò che fa davvero male e' la nostra coscienza, che soffre se le siamo contro, e muore se la tradiamo" -
Jibran Khalil Jibran
«Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo imparato l'arte di vivere come fratelli.» Martin Luther King «L'umanità deve mettere fine alla guerra, o la guerra metterà fine all'umanità.» John F. Kennedy
"Lasciatemi essere un uomo libero, libero di viaggiare, libero di fermarmi, libero di lavorare, libero di commerciare come mi pare libero di scegliermi i miei maestri, libero di seguire la religione dei miei padri, libero di pensare, e di parlare e di agire"; Capo Giuseppe -Hein-mot Too-ya-la-kekt =Tuono che Rotola dalla Montagna |
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