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Posted - 01 November 2004 : 21:47:09
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Da domani sarò triste, da domani.
Ma oggi sarò contento:
a che serve essere tristi, a che serve?
Perché soffia un vento cattivo?
Perché dovrei dolermi, oggi, del domani?
Forse il domani è buono, forse il domani è chiaro.
Forse domani splenderà ancora il sole.
E non vi sarà ragione di tristezza.
Da domani sarò triste, da domani.
Ma oggi, oggi sarò contento;
e ad ogni amaro giorno dirò:
Da domani sarò triste.
Oggi no.
(Poesia di un ragazzo ebreo trovata in un ghetto nel 1941)
La MENTE è sempre vittima del CUORE...Se non è oggi sarà domani... ma prima o poi conoscerai il vento e le sue parole.. Per quanto lunga sia la veste della tua vita, non supererà la statura della tua speranza. proverbio cinese
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janet
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Posted - 04 November 2004 : 15:59:08
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"Arrivò una famiglia e disse: Abbiamo le carte
dimostrano che la casa e' nostra.
- No, no, disse il vecchio. Il mio popolo ha sempre vissuto qui,
Mio padre, mio nonno ... e guarda in giardino:
un mio avo lo piantò.
- No, no, disse la famiglia, guarda i documenti.
Ve ne era una catasta.
- Da dove comincio? disse l'uomo
- Non c'e' bisogno di leggere l'inizio, gli dissero,
Vai alla pagina su cui e' scritto "Terra Promessa".
- Ma sono legali?, disse l'uomo. Chi li ha scritti?
- Dio, dissero loro. Li ha scritti Dio. Guarda!
Stanno arrivando i Suoi carri armati".
(Promised Land, di Michael Rosen, poeta ed attivista ebreo inglese)
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janet
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Posted - 11 November 2004 : 12:11:27
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Yasser Arafat (1929-2004): un boss di cui non si sentirà la mancanza da Israel.net
11/11/2004 Secondo tv Al-Jazeera, le Brigate Martiri di Al Aqsa si faranno chiamare d’ora in poi Brigate Martiri Yasser Arafat (le Brigate Al Aqsa, responsabili di molti attentati anche suicidi, ricevevano aiuti e stipendi da Arafat). 11/11/2004 L’oltranzista Farouk Kaddoumi nominato a capo del Comitato Centrale di Fatah (fazione maggioritaria dell’Olp, finora presieduta da Arafat). 11/11/2004 Leader laburista Shimon Peres: “E’ finita un’era nella storia dei palestinesi e dei rapporti israelo-palestinesi. Si apre un nuovo capitolo, il che non significa che inizia una luna di miele dove tutto sarà semplice. Ma è un’opportunità storica. Il più grande errore di Arafat fu quello di ricorrere al terrorismo”. 11/11/2004 Fonti governative israeliane: “Sharon pronto a riaprire negoziati se emergerà una dirigenza palestinese capace di adempiere agli impegni della Road Map (fermare terrorismo e istigazione, varare riforme). Intanto Israele andrà avanti col piano di disimpegno unilaterale”. 11/11/2004 Ministro interni israeliano Avraham Poraz: “Non vogliamo provocare in alcun modo i palestinesi né il mondo arabo. Lasceremo che celebrino il lutto per un uomo che loro considerano un eroe”. 11/11/2004 Ministro palestinese Saeb Erekat: “La sepoltura di Arafat a Ramallah è provvisoria: il luogo finale sarà Gerusalemme”. Commento del ministro degli interni israeliano Avraham Poraz: “Tutti hanno diritto di sognare”. 11/11/2004 Pm Sharon: “Israele permetterà I funerali di Arafat a Ramallah, ma ulteriori gesti umanitari sarebbero prematuri prima di conoscere la natura della nuova dirigenza palestinese. In ogni caso, nessuna concessione al terrorismo”. 11/11/2004 Mentre Hamas continua a fomentare voci su avvelenamento di Arafat, il ministro degli esteri palestinese Nabil Shaath chiarisce che i medici hanno escluso qualunque eventualità del genere. 11/11/2004 Hamas: ''La morte di Arafat rafforza la nostra determinazione a continuare il jihad e gli attacchi contro Israele''. 11/11/2004 Fonti governative israeliane: “Speriamo che entri in carica una dirigenza palestinese più pragmatica che possa aprire la strada a rinnovati negoziati o che perlomeno si opponga al terrorismo e a chi lo istiga”. 11/11/2004 Ministro difesa Shaul Mofaz ordina chiusura tra Israele e territori e rafforzamento misure sicurezza. Le truppe israeliane hanno l’ordine di evitare ogni contatto non necessario con i palestinesi per non interferire nelle celebrazioni funebri di Arafat. 11/11/2004 Tayeb Abd Al Rahim, funionario Olp: “I funerali di Arafat si terranno a Ramallah”. Dichiarati 40 giorni di lutto nei territori. 11/11/2004 Comunicato dell’ospedale Percy di Parigi: Il cuore di Yasser Arafat ha cessato di battere alle 3.30 della mattina di giovedì 11 novembre. 11/11/2004 Presidente George W. Bush: “Ho fiducia che vi saranno nuove aperture per la pace. Gli Usa sono pronti ad aiutare la creazione delle istituzioni necessarie perché emerga una società palestinese libera in modo che i palestinesi possano avere il loro stato accanto a Israele”. 11/11/2004 Un centinaio di attivisti di Fatah (alcuni armati) ha manifestato mercoledì alla Muqata di Ramallah contro Abu Mazen e Muhammad Dahlan, accusati di essere “traditori e agenti della Cia”. 11/11/2004 Gli Usa fortemente favorevoli a elezioni nell’Autorità Palestinese entro 60 giorni dalla morte di Arafat (come previsto dalla legge palestinese). 11/11/2004 Portavoce di Arafat, Abu Rudeinah, mercoledì al rientro da Parigi a Ramallah: “I medici si aspettano che Arafat spiri nelle prossime ore”. 11/11/2004 Portavoce dipartimento di stato Usa, Richard Boucher: “Israele deve attuare il piano di disimpegno anche dopo la morte di Arafat”. 11/11/2004 Ministro degli esteri egiziano Ahmed Aboul Gheit e capo dell’intelligence Omar Suleiman saranno in Israele giovedì prossimo per discutere indirizzo e modalità dell’attuazione del piano di disimpegno israeliano dalla striscia di Gaza. 11/11/2004 Colpiti e uccisi da soldati israeliani due terroristi palestinesi che avevano aperto il fuoco contro di loro mercoledì pomeriggio a Beit Hanun (striscia di Gaza). Ferito un cane usato dai militari per rintracciare esplosivi. 11/11/2004 Arrestato in tempo mercoledì a Jenin(Cisgiordania) un palestinese che progettava attentato suicida in Israele. 10/11/2004 Abitazioni israeliane sotto intenso tiro di mortai palestinesi martedì nella striscia di Gaza. Ingenti danni ma no vittime. 10/11/2004 I palestinesi vorrebbero seppellire Arafat nella Muqata a Ramallah. Israele considera la scelta rischiosa per la sicurezza, ma non si opporrebbe. Il Cairo si offre per la cerimonia “internazionale”. 10/11/2004 USA e paesi europei stanno valutando di mandare ai funerali di Arafat diplomatici e ministri, ma non capi di stato. 10/11/2004 I dirigenti palestinesi in delegazione a Parigi dicono che Arafat “è molto grave e in coma, ma ancora vivo”. Altre fonti palestinesi affermano che Arafat è già morto. 10/11/2004 Per la prima volta dal 2000, il ministro israeliano del turismo Gideon Ezra si è incontrato con la sua omologa giordana Alia Boran nel quadro dell’annuale World Travel Market, a Londra, e l’ha invitata in Israele. 09/11/2004 Fonti dell’ospedale Percy di Parigi hanno dichiarato martedì che nella notte le condizioni di Arafat sono peggiorate: il coma in cui si trova da mercoledì è più profondo. 09/11/2004 Yonatan Bassi, capo Authority per il disimpegno, si dice fiducioso che gli israeliani della striscia di Gaza accetteranno di abbandonare le loro case senza scontri, benché contrari sia politicamente che personalmente al ritiro. 09/11/2004 Colpi di mortaio palestinesi martedì mattina su abitazioni israeliane nella striscia di Gaza; un colpo è caduto vicino a un asilo d’infanzia. Una donna incinta e due bambini ricoverati per shock. Gravi danni a un edificio di Gush Katif. 09/11/2004 Missile Qassam palestinese martedì mattina dalla striscia di Gaza sul Negev israeliano. No danni né vittime. 09/11/2004 Sorpresi e uccisi all’alba di martedì dai soldati israeliani due terroristi palestinesi che cercavano di superare la barriera di sicurezza presso il Kibbutz Kfar Aza, poco a est di Gaza. 09/11/2004 Fonti governative israeliane hanno dichiarato domenica che Israele permetterà ai leader stranieri, compresi quelli di stati nemici, di presenziare ai funerali i Arafat se si terranno a Gaza. 09/11/2004 Nuovamente rinviato dalla Knesset il voto in prima lettura sulla legge di bilancio 2005. Si terrà al più presto il 22 novembre, dopo la festa musulmana di Ayd Al-Fitr (fine Ramadan). 09/11/2004 Su proposta della parlamentare laburista Dalia Itzik, la Knesset ha approvato il raddoppio delle pene per reati motivati da odio etnico e razziale. 09/11/2004 Il Consiglio di Sicurezza Nazionale palestinese ha approvato domenica un piano per ripristinare ordine e sicurezza nei territori, ma senza decretare la fine delle ostilità contro Israele. Fonti palestinesi minimizzano: “E’ un vecchio piano rivolto solo contro la criminalità comune e non contro i gruppi che combattono Israele”. Sabato scorso Hamas aveva respinto un appello del pm palestinese Ahmed Qurei per un cessate il fuoco con Israele. 09/11/2004 Secondo il Fondo Monetario Internazionale, Arafat sarebbe il nono più ricco capo di stato del mondo; l’Olp disporrebbe di fondi per 4 miliardi di dollari 09/11/2004 Il Partito Nazionale Religioso ha deciso lunedì di uscire dalla coalizione di governo in disaccordo con il piano di disimpegno da Gaza. Martedì le dimissioni del ministro Zevulun Orlev. 09/11/2004 L’inviato Onu in Libano esprime preoccupazione per le tensioni al confine nord di Israele, chiede a Beirut di aumentare il controllo sul confine. 09/11/2004 Scoperte in tempo e neutralizzate lunedì, a nord del valico di Kissufim tra Israele e striscia di Gaza, una bomba da 40 kg di esplosivo e due granate. 09/11/2004 Netanyahu ritira la minaccia di dimissioni se non verrà indetto referendum sul disimpegno da Gaza. 09/11/2004 Israele ha trasferito all’autorità Palestinese 145 milioni di shekel di gettito fiscale congelato. israel.net
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janet
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Posted - 11 November 2004 : 12:20:42
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02-11-2004 Le incognite del dopo Arafat di Barry Rubin La grave malattia di Yasser Arafat minaccia di rimuovere dalla scena l’uomo che ha dominato – o addirittura forgiato – la causa palestinese, che ha plasmato il conflitto arabo-israeliano e che ha bloccato il raggiungimento di una sua soluzione pacifica per quasi mezzo secolo. La sua uscita di scena avrebbe enormi conseguenze sul Medio Oriente e anche oltre. La politica e le tattiche di Arafat sono sempre state inestricabilmente intrecciate fra loro. Sin dall’esordio nella vita politica, nel 1948, il suo obiettivo è stato quello di cancellare Israele e creare al suo posto uno stato arabo palestinese. Fondamentalmente Arafat non ha mai abbandonato questo obiettivo, anche se per un certo periodo negli anni ’90 è sembrato disposto a posticiparlo un po’. Il suo ricorso costante al terrorismo, metodo di cui è stato uno dei pionieri dagli anni ’60 fino ai nostri giorni, scaturiva dalla convinzione che la violenza terroristica avrebbe provocato il collasso della società israeliana e gli avrebbe guadagnato favori fra la sua gente, senza danneggiare più di tanto il suo sforzo di ottenere sostegno a livello internazionale. Arafat ha avuto successo nell’edificare il suo movimento. Saltando da una capitale araba all’altra, ha saputo garantirsi abbastanza appoggi da sopravvivere. Allo stesso modo, ha saputo tenere assieme una coalizione piuttosto lasca di gruppi e fazioni palestinesi, proponendosi come il simbolo di tutti senza mai cercare veramente di imporre un vero controllo sui rivali minori. Quello che ne è risultato è un mix del tutto particolare. Da un lato Arafat ha ottenuto spettacolari successi nel creare e mantenere in funzione l’Olp. Ha secondato la più duratura campagna terroristica di tutta la storia moderna. Nel 1993, firmando gli accordi di Oslo, ha persino convinto quasi tutti che era pronto a un compromesso di pace. Ed è tornato in patria come capo di quell’Autorità Palestinese che sembrava sul punto di generare il futuro stato palestinese indipendente. Dall’altro lato, nello stesso tempo, Arafat rappresenta un totale fallimento: ha aggravato e aumentato le sofferenze della sua gente, mentre mancava un’occasione dopo l’altra. Come governatore su due milioni di palestinesi nei territori, ha creato una situazione di caos. Nel 2000, a Camp David e col piano Clinton, ha gettato al vento due autentiche opportunità di ottenere uno stato indipendente e di porre fine all’occupazione israeliana. Arafat è invece tornato a fare la guerra, sempre convinto che la violenza gli avrebbe permesso di raggiungere i suoi obiettivi. Il risultato sono stati quattro anni di spargimento di sangue e la morte perfettamente evitabile di diverse migliaia di persone. Mentre molti, in Europa e altrove, continuavano ad essere suggestionati dalla sua indubbia abilità nelle pubbliche relazioni e dalla sua eterna immagine di rivoluzionario, Arafat toccava il fondo un’altra volta. Israele e Stati Uniti si rifiutavano di parlare ancora con lui, frustrati dai rapporti che avevano cercato di costruire col raìs palestinese e dalla sua abitudine di non mantenere impegni e promesse. Persino in Europa le critiche ad Arafat raggiungevano livelli mai visti prima. Nel mondo arabo, poi, pur mancando quasi del tutto critiche pubbliche, in privato non v’era quasi nessuna figura politica o intellettuale che fosse disposta a spendere una buona parola per lui. Anche fra i palestinesi la sua popolarità aveva toccato il punto più basso, sebbene fra loro vigesse una sorta di unanime consenso sul fatto che non vi fosse nessun altro leader possibile al di fuori di Arafat. Qual è dunque il lascito di Arafat? Non avendo voluto creare istituzioni funzionanti né nominare un successore per così tanto tempo, il dopo-Arafat potrebbe essere il caos. Paradossalmente la sua malattia più grave sopraggiunge proprio quando l’imminente ritiro israeliano dalla striscia di Gaza gli offriva un’altra occasione per dimostrare la sua serietà nell’impegno di governare, fermare la violenza e fare la pace. Tutti i segnali lasciano pensare, tuttavia, che Arafat fosse avviato a intrallazzare anche con quest’ultima chance. Il movimento palestinese è e resta un insieme di leader e organizzazioni separate e spesso in lotta fra loro. La sua stessa struttura è una ricetta per la frammentazione. Oltre ai due campi, nazionalista e islamista, altre potenziali linee di frattura dividono i palestinesi sia all’interno che all’esterno dei territori di Cisgiordania e Gaza. Arafat siede su ogni poltrona importante e dovrebbe essere sostituito su ognuna di esse, anche se non necessariamente da una sola persona. Come capo dell’Olp, si pone alla guida dei palestinesi in tutto il mondo. C capo dell’Autorità Palestinese dovrebbe governare i territori. Come capo della fazione più grande, il Fatah, è il leader di un’organizzazione armata rivoluzionaria. La questione principale dunque non è chi, bensì che cosa rimpiazzerà Arafat. Il paradosso è che, mentre Arafat era l’uomo che rifiutava di fare la pace con Israele, il vuoto lasciato da Arafat non è detto che renda le cose più semplici. Qualunque nomina ufficiale sarà fatta per rimpiazzarlo, ci vorrà molto tempo prima che chiunque possa esercitare un reale potere come leader dei palestinesi. Senza nessuno chiaramente al comando, ed anzi con pretendenti rivali che cercheranno di superarsi a vicenda accrescendo la propria legittimazione attraverso operazioni armate, la decisione cruciale di fare la pace verrà verosimilmente rimandata. Allo stesso modo, per molto tempo non emergerà nessuno la cui autorità o i cui comportamenti saranno tali da convincere gli israeliani a fare concessioni o ad assumersi dei rischi, soprattutto alla luce di cosa è scaturito dalle concessioni fatte e dai rischi assunti negli anni ’90. Non basta. Dal momento che vi sono così tanti signori della guerra locali, ciascuno con la sua propria milizia armata, è assai improbabile che possano prevalere disciplina e coordinamento. Questo non significa che vi sarà una guerra civile (i gruppi palestinesi sono tradizionalmente restii dal combattersi l’un l’altro su vasta scala). Ma è assai probabile che l’ordine civile sarà ridotto al minimo. In questo quadro, è improbabile che prevalga il gruppo islamista jihadista Hamas. Tuttavia, dal momento che alcuni gruppi nazionalisti vorranno allearsi con gli islamisti per guadagnare potere, Hamas potrebbe acquisire una sorta di potere di veto che a sua volta renderebbe ancora più ardua la via della moderazione e del compromesso. A rendere le cose peggiori, l’Iran e vari stati arabi si sentiranno liberi di appoggiare il leader locale di loro scelta, nel tentativo di accrescere la propria influenza, non facendo altro che accrescere divisioni e confusione. Già oggi gli Hezbollah libanesi, sostenuti da Siria e Iran, stanno guadagnando il controllo su molte cellule terroriste nei territori. Ecco dunque l’amara ironia della carriera di Arafat. Egli ha condotto il suo popolo alla soglia di uno stato indipendente, e poi gli ha impedito di ottenerlo. La domanda ora è se la sua lunga ombra continuerà a impedirlo anche dopo la sua uscita di scena.
(Barry Rubin, direttore Middle East Review of International Affairs, 28.10.04)
da Israel.net
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janet
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Posted - 11 November 2004 : 12:26:28
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Abu Ammar, la fine
Piove a Ramallah assediata dai tank israeliani; piove sul tuo povero quartier generale, caro Yasser, già dall'alba del venerdì santo; piove sul Medio Oriente e sui massacri di Sharon senza Cristo e senza Dio; piove a Gerusalemme insanguinata dal tuo corpo esploso, piccola Ayat poco più che adolescente, spezzata in due dalla bomba che portavi addosso per gridare col tuo sangue il diritto del tuo popolo alla patria e alla terra, semplicemente, a vivere e ad esistere.
Ora non resta altro che il silenzio e la tua solitudine, Yasser, nella sproporzione senza limiti tra potere dei forti e impotenza dei deboli, tra la violenza inaudita dell'aggressore e il tuo coraggio di resistere.
Ora sei più guerrigliero che mai, senza sparare un solo colpo, senza acqua e senza corrente elettrica, col tuo cellulare scarico e la tua mitraglietta sul tavolo sgangherato dove forse pensi di scrivere il tuo testamento politico, circondato da armi nemiche, dentro la tua stessa casa.
Ma quand'anche ti togliessero il respiro, a te già Nobel per la pace, nessuno mai potrà privarti del tuo popolo e dei tuoi eroi, finchè non ci sarà pace.
Allora sulle case diroccate e per le strade calpestate alle prime piogge cresceranno nuovi fili d'erba e nuove gemme spunteranno laddove sui rami spogli Sembrava non ci fosse più vita. Perché tu sei condottiero dalle mille vite, caro Yasser! Che nessuno osi toccarti!
di Giuseppe Casarrubea
Il suo vero nome è Mohammed Abd al-Rahman Abd al-Raouf Arafat ma è noto anche come Abu Ammar, un appellativo usato in guerra. Esiste una disputa sul giorno e sul luogo di nascita di Yasser Arafat, che sostiene di essere venuto al mondo il 4 agosto 1929 a Gerusalemme, mentre il certificato di nascita ufficiale afferma che è nato in Egitto, a Il Cairo, il 24 agosto 1929.
Il padre era un commerciante di successo, la madre apparteneva a una delle famiglie più importanti di Gerusalemme. Arafat trascorre l'infanzia al Cairo e poi a Gerusalemme presso uno zio (dopo che la madre morì quando lui aveva solo quattro anni). Studia ingegneria civile all'università del Cairo dove, nel 1952, si unisce alla Fratellanza musulmana e alla Lega degli studenti palestinesi di cui diviene anche il presidente. Consegue il diploma di laurea nel 1956. Allo scoppio della guerra per il controllo del canale di Suez è sottotenente dell'esercito egiziano. Da subito diviene un personaggio scomodo del nascente movimento palestinese, ricercato dalle autorità israeliane. Per evitare l'arresto abbandona l'Egitto per il Kuwait, dove nel 1959, fonda, con altri importanti componenti delle fazioni ribelli, "al-Fatah". Questa organizzazione riesce a convogliare nelle sue fila centinaia di giovani palestinesi. Dopo la sconfitta nella guerra dei sei giorni contro Israele nel 1967, al-Fatah converge nell'OLP, "l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina". Nel febbraio '69 Arafat diventa presidente del Comitato Esecutivo del Consiglio Nazionale della Palestina.
Nel settembre del 70 re Hussein di Giordania schiaccia la resistenza palestinese. Arafat si rifugia in Libano e indirizza l'OLP verso la causa palestinese allontanandola dai disegni panarabi. Allo stesso tempo, la crescita del suo ruolo politico corrisponde a maggiori responsabilità militari: nel 1973 diventa Comandante in capo dei gruppi armati palestinesi. Nel luglio 1974, Arafat decide una svolta importante dell'OLP, rivendicando per il popolo palestinese il diritto all'autodeterminazione e alla creazione di uno Stato palestinese; a novembre, in uno storico discorso all'Assemblea delle Nazioni Unite, Arafat chiede una soluzione pacifica, politica, per la Palestina, ammettendo implicitamente l'esistenza di Israele. Il suo matrimonio avvenuto nel 1980, con Suha Tawil, una donna palestinese che ha la metà dei suoi anni, è stato tenuto segreto per 15 mesi. Insieme hanno una figlia Zahwa.
Nel 1983, nel pieno svolgimento della guerra civile libanese, Arafat sposta il quartier gnerale dell'OLP da Beirut a Tunisi. Da Tunisi segue l'emergere dell'Intifada, la rivolta delle pietre, nei Territori occupati che comincerà nel 1987. Nel 1988 fa approvare dall'Olp la coesistenza di due stati, uno arabo e l'altro ebraico in Terrasanta e inizia un dialogo con gli Stati Uniti, ma l'appoggio che darà a Saddam Hussein durante la guerra del golfo renderà vani i suoi sforzi diplomatici, oltre a fargli perdere il sostegno finanziario dei paesi del golfo. Nell'aprile 1989 è eletto dal Parlamento palestinese primo Presidente dello Stato che non c'è, lo Stato di Palestina.
Un primo tentativo per la pace in Medio Oriente si fece con la conferenza a Madrid, poi con trattative segrete portate avanti dal 1992, fino agli accordi di Oslo del 1993. Nel dicembre dello stesso anno, per Arafat arriva un importante riconoscimento dell'Europa: il leader palestinese è ricevuto come capo di Stato dal Parlamento europeo, al quale chiede che l'Unione diventi parte in causa del processo di pace. Un anno più tardi, nel dicembre 1994, riceve il Nobel per la pace "ex aequo" con importanti esponenti dello Stato israeliano, Yitzhac Rabin e Shimon Peres.
Nel frattempo, il leader palestinese si trasferisce a Gaza, e nel 1996 viene eletto con suffragio universale presidente dell'Autorità nazionale palestinese. Nel 1997 Arafat e l'allora premier israeliano Netanyahu firmano il trattato di Hebron in base al quale Israele avrebbe rimosso l'esercito dalla città. In cambio Arafat promette di portare avanti il processo di pace definito a Oslo. Nel 1998 firma a Washington l'accordo di Wye River con Benjamin Netanyahu. Nel 1999 firma con Ehud Barak, succeduto a Natanyahu, gli accordi di Sharm El Sheikh. Dall'11 al 25 luglio 2000 a Camp David Arafat e Barak si incontrano con Clinton. Il fallimento di tutti i negoziati, culminati con l'incancrenirsi dell'occupazione israeliana e con la progressiva colonizzazione da parte di Israele dei territori palestinesi scatenano il 29 settembre dello stesso anno la seconda Intifada, innescata sapientemente dalla visita di Ariel Sharon alla Spianata delle Moschee di Gerusalemme. Dal 16 al 18 ottobre si tiene un altro summit a Sharm El Sheikh. Questa volta sono presenti oltre a Barak e Arafat, Bill Clinton, Hosni Mubarak, Kofi Annan e Javier Solana.
Il 10 agosto del 2001 gli elicotteri israeliani distruggono il quartier generale di Arafat a Ramallah, dove il 29 marzo del 2002 Arafat viene assediato fino al 2 maggio. Sarà prigioniero una seconda volta dal 21 al 30 settembre. Negli ultimi mesi il suo isolamento cresce. All'interno dell'Autorità nazionale palestinese le divisioni sono tangibili.
Il 24 giugno 2002 si apre una nuova fase nel conflitto medio orientale. Il presidente degli Stati Uniti, George Bush anticipa un nuovo piano di pace che prenderà il nome di road map concordato con Russia, Ue, e ONU. Lo Stato palestinese, secondo Bush, dovrà fondarsi sulle risoluzioni 242 e 338 del Consiglio di sicurezza dell' ONU. Ovvero, Israele deve ritirarsi dai territori occupati nel '67. Ma sul resto la Casa Bianca è vaga. L'unica cosa certa è che Arafat è definitivamente estromesso dal processo di pace. Accusato dagli stessi palestinesi di una concezione accentratrice e assolutista della gestione del potere l'8 marzo del 2003 il premier palestinese nomina primo ministro Mahmoud Abbas, anche conosciuto come Abu Mazen. Il suo governo durerà poco più di cento giorni. Abbas sarà costretto a rassegnare le dimissioni proprio a causa dei forti contrasti con Arafat. Abu Ala, molto legato al premier, succede ad Abu Mazen nel settembre 2003.
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janet
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Posted - 11 November 2004 : 12:29:23
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Messaggio del Presidente Arafat al popolo palestinese
Estratto dal discorso televisivo di Yasser Arafat per la commemorazione del giorno della Nakba.
"O risolute masse palestinesi, nostro popolo dalla eccezionale tenacia. In questo giorno, commemoriamo la catastrofe abbattutasi su di noi, su tutto il nostro popolo, il 15 maggio 1948.
Il nostro popolo ha sperimentato 53 anni di tribolazione, dolore e dispersione all'interno ed all'esterno della nostra patria.
Con le radici della fede ben piantate, esso rimane fedele ai suoi principi con una accanita forza di volontà, nonostante la grande cospirazione. Essi non faranno chinare la testa al nostro popolo, non lo faranno arrendere.
Il tentativo di falsificare la storia attraverso I missili, I bombardamenti, gli aeroplani ed I carriarmati non avrà successo. Questo perché il diritto e' dalla nostra parte e noi difendiamo una giusta causa che non può essere eliminata mediante I colpi di artiglieria, I gas velenosi proibiti internazionalmente, o I missili teleguidati.
E' giunta l'ora che la coscienza del mondo si svegli dal suo sonno profondo. E' giunto il momento che la legittimità internazionale dica all'aggressore: basta con l'escalation militare e basta con gli assassini e con la distruzione del popolo palestinese, che non sarà battuto.
Ma fino ad allora, il mondo continuerà ad essere sordo al tributo di sangue pagato dai palestinesi per mano dell'esercito e dei coloni israeliani? Il popolo palestinese non ha forse il diritto di vivere libero nella propria terra, come tutti gli altri popoli del mondo?
La legittimità internazionale, che il mondo ci ha invitati a riconoscere e a sottometterci ad essa, e' violentata continuamente in Palestina dall'esercito di occupazione israeliano, dalla sua escalation militare e dall'assedio imposto sulle nostre città, sui nostri villaggi e sui campi profughi.
In questo giorno, il giorno del dolore e della riflessione, io vi ripeto che il cammino verso la pace e' chiaro come il cristallo, ed e' rappresentato dal pieno e completo ritiro dell'esercito di occupazione israeliano e dei coloni da tutti I territori palestinesi compresi entro le frontiere del 4 giugno 1967. Esso e' anche rappresentato dalle risoluzioni dell'ONU concernenti il diritto al ritorno dei profughi, in particolare dalla Risoluzione 194.
La cieca forza militare che Israele sta riversando contro il popolo palestinese per distruggerlo e cancellarne l'esistenza non fara' raggiungere pace e sicurezza al suo popolo cosi' come non fara' capitolare il nostro.
La fiamma continuera' a bruciare e ad illuminare il difficile cammino che si apre alle generazioni palestinesi, una dopo l'altra, fino a che la bandiera palestinese non sventolera' su Gerusalemme la santa.
Non puo' esserci pace ne' stabilita' fino a che I profughi palestinesi resteranno fuori della loro patria, poiche' il loro diritto e' legittimo e inviolabile. Ed e' responsabilita' della comunita' internazionale fare in modo che questo diritto sia garantito e rispettato. Facciamo in modo che l'iniziativa di pace giordano-egiziana, insieme agli accordi gia' firmati, il rapporto della Commissione Mitchell e le risoluzioni internazionali, specialmente la Risoluzione 242 e 338 siano le basi dei nostri sforzi per una pace giusta, completa e duratura e per fare in modo che il processo di pace torni sui giusti binari.
Questo per il bene del popolo palestinese, israeliano e per tutti I popoli del Medio Oriente. E' il momento che la giustizia ed il diritto internazionale si battano per il diritto in Palestina, come hanno fatto in altre aree del mondo".
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janet
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Posted - 11 November 2004 : 12:42:28
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Alle Nazioni Unite, il celebre discorso col mitra da guerrigliero in una mano ed il ramoscello d'olivo nell'altra.
L'epilogo finale: Israele, che desidera liberarsi di lui e della questione palestinese, lo mura vivo nel suo semidistrutto quartier generale di Ramallah: una detenzione durata oltre tre anni
Un'immagine che impressionò molti: durante il massacro israeliano a Ramallah e Jenin, il leader prigioniero viene lasciato al buio, mentre l'esercito israeliano minaccia di ucciderlo. "Uscirò di qui come martire", dichiara Arafat, il volto illuminato dalla luce di una candela
Sul volto i segni della "malattia": ma non rinuncia a salutare il popolo, mentre viene trasportato verso l'aereo per Parigi
mentre a Parigi, palestinesi, francesi ed ebrei ortodossi anti-sionisti si raccolgono in preghiera Candele e ritratti del leader morto riempiono il marciapiedi antistante l'ingresso dell'ospedale di Piercy
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