Non sei Iscritto? Vuoi vedere tutte le sezioni e partecipare? Iscriviti clikka Qui!
 
Forum Le Perle Del Cuore
Forum Le Perle Del Cuore
[ Home | Profilo | ISCRIZIONE | Discussioni Attive | Msg privati | Utenti | Cerca | FAQ
Nome Utente:
Password:
Salva Password
Password Dimenticata?

 Tutti i Forum
 Forum
 Un angolo di cielo 2 poesie nel mondo
 PALESTINA.
 Nuovo Topic  Rispondi
 Stampa
| More
Pagina Precedente | Pagina Sucessiva
Author Previous Topic Topic Next Topic
Pag: di 34

janet
Utente Master

12135 Posts
Status: offline

Posted - 26 August 2004 :  00:30:44  Vedi Profilo Send janet a Private Message  Rispondi quotando


Città occupate nel 1948 HAIFA e JAFFA
Città occupate nel 1967 JENIN,NABLUS,RAMALLAH,GERICO,BETLEMME,HEBRON,GAZA.




PALESTINA


Diario di Guerra

di Umberto Romano
(Aisir Abadallah)


pag. 140 – Euro 11,00

La Mongolfiera



Il libro di Umberto Romano “ Palestina-Diario di Guerra”, rappresenta una testimonianza
delle atrocità commesse da Israele contro il popolo palestinese, dalla provocazione di
Sharon, con la sua presenza nella spianata delle moschee, del 26 settembre 2000 fino ad oggi.
L’attuale tragedia, costata finora centinaia di vittime e migliaia di feriti, non è un
fatto isolato nell’ambito dell’aggressione israeliana contro il popolo palestinese, che ha
già compiuto decine di massacri con mezzi terroristici per ottenere un obiettivo:
quello di costringere il popolo palestinese o all’emigrazione o ad affrontare uno sterminio.
E’ vero che oggi non siamo nel 1948, quando la catastrofe palestinese, la “makba”, è quasi
passata sotto il silenzio internazionale, ma, dopo le centinaia di risoluzioni delle Nazioni
Unite, mai rispettate da parte di Israele, la domanda dei palestinesi, dei democratici e
anche di Umberto Romano è la seguente: quando la Comunità Internazionale deciderà di dare
giustizia al popolo palestinese, che non ha alcuna responsabilità storica dell’olocausto e
cui la lotta non ha niente a che fare con l’antisemitismo? Il libro di Umberto Romano è un
contributo alla conoscenza della tragica realtà della vita del popolo palestinese, vittima
del peggior terrorismo di stato da parte di Israele, ma che, ironia della sorte, viene accusato
sempre di terrorismo.



Nemer Hammad
(Delegato Generale Palestinese in Italia)
---------------------------------------------------------------------

LE RAGIONI DEL NEMICO

voci ebraiche a favore della causa palestinese

Casagrande Ed., 2002

.....
alcuni estratti a cura di vincenzo tradardi dal libro:




Quel che e' necessario fare , con urgenza , e' ritirarsi dai territori occupati.

E ritirarsi davvero, dando ai palestinesi una continuita' territoriale fra la

Cisgiordania e Gaza , con una apertura verso l´Egitto e la Giordania.



Ami Ayalon, ex capo del servizio di sicurezza israeliano Shin Bet , Le Monde 22 dicembre 2001

***

Quando dei giovani palestinesi disperati, mossi dall´assenza di una qualunque

prospettiva e dall´agitazione politica compiono in un ultimo massacro l´atto estremo

di farsi esplodere insieme a israeliani innocenti , si parla di terrorismo e la

responsabilita' viene addossata a tutto il popolo palestinese. Quando una colonna

di panzer e di bombardieri israeliani bombardano centri cittadini densamente popolati

o campi profughi , cio' e' invece considerato un atto di legittima autodifesa.



Quando Israele per mesi e per anni strangola le localita' palestinesi con posti di blocco

che rendono impossibile ogni attivita' economica , politica e sociale, spingendo

spietatamente un intero popolo nella piu' cruda poverta', la cosa viene accettata

come una normale disposizione di sicurezza. Ma quando invece la comunita'

palestinese si difende con le armi contro i coloni israeliani , l´occidente

considera tutto cio' tutt´altro che un atto di legittima difesa; e gli

estremisti palestinesi che ubbidiscono solo alla legge dell´atrocita',

cementano, a seconda delle proprie forze, questo pregiudizio.



Victor Kocher giornalista svizzero, su Neue Zurcher Zeitung, 30 maggio 2002.

***

Credo che stare a un posto di blocco stradale e selezionare chi ha diritto di andare

all´ospedale o a un reparto di maternita' e chi no, sia una cosa palesemente illegale .

Percio' credo che ogni soldato assegnato a un posto di blocco nei territori occupati

debba rifiutare l´ordine e andare in prigione e' inaccettabile permettere all´esercito

di introdurre posti di blocco a ogni angolo di strada impedendo alla gente di andare

a lavorare , di andare dal medico, di condurre i propri affari quotidiani e tollerare

i posti di blocco come se provenissero da un decreto divino. Questa secondo le

Convenzioni di Ginevra e' una punizione collettiva di civili ed e' quindi illegale.

Credo che sia una vergogna che cosi' pochi soldati rifiutino di prestare servizio

nei territori occupati , ma non posso lamentarmi perche' nemmeno io l´ho fatto

quando avrei dovuto.



Igal Shochat gia' pilota da combattimento; ora medico volontario del gruppo

"Medici per i diritti umani", da un articolo comparso sul quotidiano Ha´aretz, 27 gennaio 2002

***

Soldati e coloni israeliani sono in grado di giustificare perfettamente di fronte a se stessi,

senza un filo di rimorso, l´uccisione continua di bambini palestinesi, la distruzione di

case palestinesi, l´occupazione dei territori palestinesi e il loro disse-zionamento.



Un governo israeliano giustifica esplicitamente il suo comportamento come necessario

per salvare lo stato ebraico e per salvare l´ebraismo nel mondo. Ecco io sono qui

per far sapere a Israele , ad altri ebrei americani che io, come ebreo americano,

non accetto l´uccisione di palestinesi e che cio' non puo' avvenire NEL MIO NOME.



Steven Feuerstein, ingegnere informatico americano, uno dei fondatori del movimento

Not In My Name (dal discorso tenuto il 24 ottobre 2000 all´University of Illinois , Chicago).

***

Secondo i criteri che attualmente si applicano per il Kosovo e per la Serbia,

Ariel Sharon dovrebbe venir portato davanti a un tribunale per crimini di guerra.

Invece e' stato eletto primo ministro. ... Il percorso che Israele sta seguendo

non sorprende nessuno . I paesi che cercano di mantenere sotto occupazione un

altro popolo con la forza , prima o poi finiscono col dotarsi di governi repressivi

o addirittura fascisti. Vie di mezzo non esistono. O Israele pone fine all´occupazione,

smantella le colonie e se ne va dalla Cisgiordania, o scivolera' verso destra fino ad

avere alla sua testa pesone come Ariel Sharom. Ma con Sharom Israele potrebbe dioventare

l´artefice di azioni di pulizia etinica simili a quelle che originariamente crearono

il problema dei profughi palestinesi.



Michael Lerner rabbino della sinagoga di S. Francisco USA , l´articolo e' apparso sul

bimestrale Tikkun nel gennaio 2001.

***

Il ritiro incondizionato dell´esercito israeliano dai territori occupati e lo

smantellamento delle colonie costituirebbe soltanto l´applicazione di un diritto

formalmente riconosciuto da piu' di 35 anni dalle risoluzioni dell´ONU 242 e 337 fino

alla risoluzione 1032 del Consiglio di sicurezza. Invece Bush chiede sempre piu'

concessioni r gaeranzie da parte delle vittime. Sharom mette sotto sequestro i loro

rappresentanti, fa saltare con al dinamite le loro case, il suo esercito blocca le

ambulanze. Questa politica conduce direttamente verso la catastrofe, non solo il

popolo palestinese che rischia un nuovo esodo sotto la minaccia della pulizia etnica,

ma anche il popolo israeliano trascinato in questa spirale suicida dai suoi dirigenti.

Infatti, quale puo' essere l´avvenire di uno stato fondato sull´oppressione,

l´ingiustizia e il crimine?



Articolo comparso su Le Monde il 6 aprile 2002 e firmato da un gruppo di ebrei francesi.

***

Sono un soldato dell´esercito israeliano, imprigionato per essermi rifiutato di

partecipare alla repressione. Sono animato dalla convinzione che e' inammissibile

essere un ebreo , figlio di rifugiati, e nel contempo sopraffare un popolo di rifugiati.

Sono un ebreo timoroso di Dio , e in quanto tale non mi e' permesso prendere parte in

azioni che negano la liberta' agli altri e non posso prestare servizio in territori

sotto occupazione. Sono in prigione ma mi sento molto piu' libero della maggior parte

degli israeliani che conosco, per una semplice ragione: non porto il fardello del

ripudio e della crudelta'.



David Hacham-Herson, lettera scritta il 5 agosto 2001 dalla prigione militare n. 4




Un cuore non può bastare per due.
Go to Top of Page

janet
Utente Master

12135 Posts
Status: offline

Posted - 26 August 2004 :  00:46:44  Vedi Profilo Send janet a Private Message  Rispondi quotando



"I palestinesi non sono gente oscura e misera. Essi hanno creato la stella di Ghassul, hanno scritto la Bibbia, costruito i templi di Gerusalemme e Garitzim, i palazzi di Gerico e Samaria, le chiese del Santo Sepolcro e della Nativita', le moschee di Haram ash-Sharif, i porti di Cesarea e di Akka, i castelli di Monfort e Belvoir. Hanno camminato con Gesu', sconfitto Napoleone e combattuto con coraggio a Karameh. Nelle loro vene scorre il sangue dei guerrieri egei, degli eroi di Davide, dei primi apostoli di Cristo e dei compagni del Profeta, dei cavalieri arabi, dei crociati normanni e dei capi turcomanni filtrato in una composizione unica. La linfa della sua vitalita' non si e' mai prosciugata: la poesia di Mahmud Darwish, la saggezza di Edward Said, un olio d'oliva perfetto, il fervore della preghiera ed il coraggio nobile dell'intifada ne sono la prova. Senza palestinesi, la Palestina muore. I suoi fiumi danno acqua avvelenata, le sue sorgenti si prosciugano, le colline e le valli si sfigurano, i suoi campi sono lavorati da cinesi importati mentre i suoi figli sono imprigionati in un ghetto. L'idea di uno stato ebraico separato e' fallita. Negli ultimi dieci anni la folle politica del governo israeliano ha importato oltre un milione di rumeni, russi, ucraini, thai e lavoratori africani. Alcuni di essi reclamano ascendenti ebrei: tribu' peruviane, indiani di Assam e il flusso interminabile di profughi dell'Unione sovietica continuano ad occupare la Palestina. Adesso la Jewish Agency progetta di far arrivare una tribu' Lembda dall'Africa del sud per rafforzare il carattere ebraico dello stato. Paradossalmente, coloro che ancora conservano un po' di tradizione giudaica sono isolati all'interno dello stato ebraico, come lo scomparso Dott. Yeshayahu Leibovitch, o imprigionati come il Rabbi di origine marocchina Arie Der'i..."


ISRAEL SHAMIR*

*Israel Shamir, scrittore israeliano, pacifista e strenuo oppositore del sionismo politico che, in nome del nulla ha strappato la Palestina ai suoi legittimi proprietari, i palestinesi, per edificarvi uno stato etnico, discriminatorio e violento. Propugna il ritorno dei palestinesi nella loro terra per ristabilire cio' che la creazione di Israele ha distrutto: la convivenza pacifica tra popoli, etnie, religioni, che rese la Palestina "Terra Santa".




www.arabcomint.com




Un cuore non può bastare per due.
Go to Top of Page

janet
Utente Master

12135 Posts
Status: offline

Posted - 11 September 2004 :  00:15:03  Vedi Profilo Send janet a Private Message  Rispondi quotando


Il mio sciopero della fame
di Ramzy Baroud










Oggi digiunerò in segno di solidarietà con 2.800 prigionieri palestinesi che sono in sciopero della fame in 10 galere israeliane. Qui prigionieri non sono "assassini", come i dirigenti israeliani li descrivono, ma individui coraggiosi che hanno resistito per amore della libertà e dell'indipendenza, principi che molti di noi conoscono solo come cliché e slogan insensati.

E' scoraggiante che questi stupefacenti uomini e donne, la cui unica colpa e' stata quella di resistere alla degradata politica dello stato israeliano ed alla sua perpetua occupazione della terra palestinese, siano stati dimenticati tanto a lungo. E' ugualmente doloroso vedere come i prigionieri abbiano abbassato il livello delle rivendicazioni. Nei passati scioperi della fame, chiedevano libertà o, almeno, riconoscimento delle loro sofferenze da parte dei dirigenti palestinesi ed israeliani. Oggi chiedono semplicemente che sia messa fine alle umilianti perquisizioni corporali da parte dei secondini israeliani, visite più lunghe dei familiari e miglioramento delle condizioni igieniche.

Richieste così semplici non richiederebbero l'invocazione della Quarta Convenzione di Ginevra o della Carta delle Nazioni Unite e dei Diritti Umani. Ma, per gli standard di Israele, persino tali richieste sono provocatorie. Il governo israeliano ha difatti dichiarato i suoi ospedali "off-limits" per i digiunanti in pericolo di vita. "Non ho voglia di vedere una situazione in cui le vite dei pazienti e dei medici sono messe in pericolo nei nostri ospedali a causa della presenza di questi assassini", ha dichiarato il 24 agosto il ministro della Sanità Danny Naveh alla radio militare israeliana.

Qualche giorno prima, un altro ministro e membro del Likud, il partito di Sharon, il ministro della Pubblica Sicurezza Tzahi Hanegbi, rispose agli scioperanti ed alle loro "eccessive" richieste dichiarando che non gli importava nulla che i prigionieri digiunassero fino a morirne.

Tuttavia, dal momento che questi uomini e donne (inclusi molti bambini) prigionieri non hanno altra scelta se non quella di mantenere le loro richieste al minimo, non vedo perché io dovrei attenermi alla loro regola. Non sono in custodia israeliana né vivo alla mercé di Naveh ed Hanegbi, che mi lascerebbero digiunare a morte pur di non riparare la fogna nella mia cella d'isolamento. Poiché non sono sotto il tallone del Likud e del suo repressivo regime, ho deciso di portare all'estremo la mia lista di richieste da sciopero della fame.

Chiedo l'immediato rilascio di tutti i prigionieri politici palestinesi, uomini, donne e bambini. Israele deve cessare immediatamente ogni atto di tortura commesso contro i miei fratelli e le mie sorelle nelle camere di tortura in tutta Israele e la Cisgiordania. Chiedo che la loro dignità sia rispettata ed il loro onore preservato, se non per amore dell'umanità, almeno perché lo ordina la Convenzione di Ginevra sul trattamento dei prigionieri di guerra.

Chiedo che la comunità internazionali, guidata dalle Nazioni Unite e dalla Croce Rossa intraprenda ogni strada per assicurarsi che il governo israeliano smetta di utilizzare i prigionieri come merce di scambio nella sua campagna di coercizione politica contro l'Autorità Palestinese, che i trattati internazionali sulla questione dei diritti dei prigionieri siano rispettati e che siano imposte sanzioni ad Israele qualora esso non si faccia carico di queste responsabilità, come previsto dalla legge internazionale.

Chiedo che i gruppi internazionali per i diritti umani continuino a monitorare le violazioni israeliane dei diritti dei prigionieri e che le rendano pubbliche per educare la gente ed influenzare la politica internazionale, così che i popoli del mondo possano fare pressione sui loro governi ed Israele metta fine alle sue pratiche illecite.

Chiedo che il governo degli USA smetta di usare il denaro delle mie tasse per armare le forze d'occupazione israeliane con pallottole, lacrimogeni ed altri mezzi letali con cui sottomettere i prigionieri palestinesi durante le sommosse per la libertà.

Chiedo che i governi arabi e musulmani smettano di appoggiare a parole la causa palestinese e finiscano di organizzare banchetti in onore degli orfani bisognosi e delle vedove sofferenti. Invece li invito ad organizzare una campagna collettiva, perpetua e significativa di supporto per la lotta palestinese, insieme a tutte le forze di pace in tutto il mondo.

Chiedo che l'Autorità Palestinese ed il suo partito Fatah smettano la loro lotta di potere intestina ed insensata, specie dal momento che non hanno acquisito alcuna sovranità, né politica né territoriale, tanto per cominciare. Chiedo che restino devoti all'auto-determinazione collettiva del loro popolo e che stiano dalla parte dei prigionieri privati della libertà.

Chiedo a me stesso di ricordare che, in ogni momento, in qualche luogo in Israele, vi e' un uomo o una donna palestinese, spogliato ed umiliato, picchiato mentre pende da un soffitto rugginoso e umido, legato, bendato e incatenato, eppure risoluto a non arrendersi - tutto ciò perché difendeva o tentava di proteggere un villaggio, un popolo, un passato, un'idea, un sogno fugace. Chiedo di imprimere nel mio stesso cuore il dolore sofferto in quelle celle solitarie e la sofferenza delle migliaia di persone confinate dietro quel grande muro carcerario che sta succhiando la vita della Cisgiordania e di Gaza. Per timore di dimenticare, dichiaro il mio sciopero della fame.




da Palestine Chronicle





Un cuore non può bastare per due.
Go to Top of Page

janet
Utente Master

12135 Posts
Status: offline

Posted - 11 September 2004 :  18:20:33  Vedi Profilo Send janet a Private Message  Rispondi quotando


Sabra e Shatila
una sanguinosa pietra miliare nella memoria collettiva palestinese



Finiti i tempi di "Peace Now", Israele ha votato in massa per il responsabile dell'eccidio, divenuto Primo Ministro con una percentuale di consensi mai raggiunta da altri

I PRELIMINARI

Il 6 giugno 1982, l'esercito israeliano invadeva il Libano come rappresaglia per il tentato assassinio dell'ambasciatore israeliano a Londra, Argov, episodio avvenuto due giorni prima. I servizi segreti israeliani avevano attribuito, quello stesso giorno, il tentativo di assassinio "ad un'organizzazione palestinese dissidente sostenuta dal governo irakeno". L'invasione, che chiaramente era stata gia' progettata in anticipo, fu chiamata "Operazione Pace in Galilea".



Inizialmente, il governo israeliano aveva annunciato che era sua intenzione penetrare solo per 40 km all'interno del territorio libanese. Il comando militare, invece, agli ordini del ministro della difesa Ariel Sharon, nutriva mire ben piu' ambiziose, che lo stesso Sharon aveva progettato mesi prima. Dopo aver occupato il sud del paese, distrutto la resistenza palestinese e libanese nell'area e commesso una serie di violazioni contro la popolazione civile, le truppe israeliane iniziarono la penetrazione fino ad arrivare alle porte di Beirut. Il 18 giugno 1982 circondarono il Quartier Generale dell'OLP nella parte occidentale della capitale libanese. Secondo le statistiche libanesi, l'offensiva israeliana, in particolare il bombardamento intenso su Beirut, causo' oltre 18.000 vittime e 30.000 feriti, quasi tutti civili.

Dopo due mesi di bombardamenti, fu negoziato un cessate il fuoco con la mediazione dell'inviato statunitense Philip Habib. Secondo i termini di questo negoziato, l'OLP doveva evacuare dal Libano sotto la supervisione di una forza multinazionale dispiegata nelle parti strategiche di Beirut. Gli accordi Habib prevedevano che Beirut ovest sarebbe passata sotto l'immediato controllo dell'esercito libanese, mentre la leadership dell'OLP ottenne la garanzia che sarebbe stata protetta la sicurezza dei civili nei campi profughi dopo la partenza dei combattenti palestinesi.

L'evacuazione dell'OLP termino' il 1 settembre 1982.

Il 10 settembre, la forza multinazionale lascio' Beirut. Il giorno dopo, Ariel Sharon annuncio' che "2000 terroristi" erano rimasti all'interno dei campi profughi palestinesi attorno Beirut. Mercoledi 15 settembre, il giorno dopo il misterioso assassinio del presidente libanese Bashir Gemayel, l'esercito israeliano occupo' Beirut, contravvenendo agli accordi Habib ed alle promesse fatte in sede internazionale, ed accerchio' i campi di Sabra e Shatila, abitati da soli civili palestinesi e libanesi, dopo l'evacuazione dei 14.000 guerriglieri che li difendevano.

Gli storici concordano nel ritenere che probabilmente durante un incontro tra Ariel Sharon e Bashir Gemayel a Bikfaya, il 12 settembre, vi fu un accordo che autorizzava le "forze libanesi" a "ripulire" i campi palestinesi. Del resto Sharon aveva gia' annunciato, il 9 luglio 1982, che era sua intenzione inviare le forze falangiste a Beirut ovest e, nella sua autobiografia, conferma di aver negoziato l'operazione con lo stesso Gemayel, durante l'incontro di Bikfaya.

Secondo le dichiarazioni fatte da Sharon alla Knesset il 22 settembre 1982, la decisione di far entrare i falangisti nei campi profughi fu presa mercoledi 15 settembre, intorno alle 15,30. Sempre secondo Sharon, il comando israeliano aveva ricevuto i seguenti ordini: "Le forze di Tsahal non devono entrare nei campi. La "pulizia" verra' fatta dalla Falange dell'esercito libanese".

IL MASSACRO

All'alba del 15 settembre 1982, i bombardieri israeliani sorvolavano bassi Beirut ovest e le truppe israeliane erano gia' posizionate attorno i campi. Dalle 9 del mattino, il generale Sharon era presente a dirigere personalmente la penetrazione israeliana. Sharon si trovava nell'area del comando generale, all'incrocio dell'ambasciata del Kuwait, appena fuori Shatila. Dal tetto di quella costruzione a sei piani era possibile vedere chiaramente la citta' ed entrambi i campi profughi.
A mezzogiorno fu completato l'accerchiamento dei campi di Sabra e Shatila da parte dei carriarmati israeliani e furono installati numerosi checkpoint tutt'attorno per monitorare chiunque entrasse o uscisse dai campi. Nel tardo pomeriggio, sino a sera, i campi furono bombardati. Giovedi 16 settembre, in una conferenza stampa, il portavoce militare israeliano dichiaro': "Il nostro esercito controlla tutti i punti strategici di Beirut. I campi profughi, in cui vi e' un'alta concentrazione di terroristi, sono circondati". Quella stessa mattina, gli alti comandi militari israeliani diedero ordine all'esercito "di farvi entrare i falangisti, che provvederanno alla pulizia".

Approssimativamente a mezzogiorno, i falangisti ottennero da Israele la luce verde per entrare nei campi profughi. Alle 5 del pomeriggio circa, 150 falangisti penetrarono a Shatila dall'entrata sud e sud-ovest.
Per le successive 40 ore i falangisti violentarono, uccisero e fecero a pezzi migliaia di civili disarmati, in grande maggioranza vecchi, donne e bambini, sostenuti dall'esercito israeliano, che impediva la fuga ai pochi che riuscivano a scappare dalla carneficina. Residui di razzi israeliani trovati nelle rovine dei campi dimostrarono che gli elicotteri israeliani avevano illuminato a giorno le due notti di orrore per facilitare il compito dei falangisti.

Il numero delle vittime varia da 700 (dichiarazione ufficiale di Israele) a 3.500 (secondo un'indagine condotta dal giornalista israeliano Kapeliouk). Il numero esatto non sara' mai conosciuto perche', oltre ai 1.000 corpi sepolti in fosse comuni dalla Commissione Internazionale della Croce Rossa, un gran numero di cadaveri furono sepolti sotto le macerie delle case rase al suolo dai bulldozers. Inoltre, centinaia di corpi vennero trasportati via da camion militari verso una destinazione ignota, per non essere piu' ritrovati. Altri orrori vennero fuori alcuni mesi dopo, quando, ingrossate dalle pioggie torrenziali di quei giorni, le fogne di Sabra e Shatila restituirono altri cadaveri.



Elie Hobeika, capo falangista.
Ucciso a Beirut da una provvidenziale
autobomba poco prima che consegnasse
ai giudici belgi le prove del coinvolgimento
personale di Sharon nell'eccidio

DOPO GLI ECCIDI

I sopravvissuti al massacro non furono mai chiamati a testimoniare in un'inchiesta formale sulla tragedia, ne' in Israele ne' in Libano ne' altrove. Solo dopo che le notizie del massacro furono date dalla stampa e dalle televisioni, una folla di 400.000 israeliani scese in piazza per protestare e per chiedere che fosse nominata una commissione d'inchiesta sull'eccidio. La Knesset, nello stesso settembre, nomino' una commissione presieduta da Yitzak Kahane. Nonostante le limitazioni del mandato della commissione (la commissione aveva un mandato politico e non giudiziario ed inoltre furono completamente ignorate le testimonianze delle vittime), la commissione concluse che il ministro della difesa israeliano, il generale Ariel Sharon era personalmente responsabile dei massacri.
A causa di cio', Sharon fu costretto a dimettersi, ma rimase nel governo come ministro senza portafoglio. E' importante sottolineare che, durante le manifestazioni organizzate da "Peace Now" per chiedere le dimissioni di Sharon, i dimostranti furono attaccati con granate, che causarono la morte di un giovane manifestante.


Nonostante il fatto che le N.U. abbiano definito questa tragedia "un massacro criminale", e nonostante il fatto che Sabra e Shatila resti nella memoria collettiva dell'umanita' come uno dei crimini piu' efferati del 20esimo secolo, l'uomo dichiarato "personalmente responsabile" di questo crimine, come pure i suoi colleghi e coloro che condussero materialmente i massacri, non sono mai stati puniti ne' perseguiti legalmente. Nel 1984, i giornalisti Schiff e Ya'ari conclusero il loro capitolo sul massacro con una riflessione amara: "Se c'e' una morale in questo spaventoso episodio, deve essere ancora resa nota". La realta' di questa impunita' resta vera fino ad oggi.

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite condanno' il massacro con la risoluzione 521 del 19 settembre 1982. Questa condanna fu seguita dalla risoluzione dell'Assemblea Generale che, il 16 dicembre 1982, qualifico' il massacro come "atto di genocidio".



www.arabcomint.com





Un cuore non può bastare per due.
Go to Top of Page

janet
Utente Master

12135 Posts
Status: offline

Posted - 11 September 2004 :  18:24:40  Vedi Profilo Send janet a Private Message  Rispondi quotando
Quell'orrore non abbandona la mia mente
di Robert Fisk



Il coraggioso giornalista dell'Independent rievoca l'orrore di quei giorni di settembre




Quello che trovammo all'interno dei campi palestinesi alle 10 di una mattina di meta' settembre 1982 puo' difficilmente essere descritto, anche se e' piu' semplice riparlarne a freddo, in una prosa da esame medico.
C'erano stati "esami medici" da fare in Libano, precedentemente, ma mai a questo livello e mai perpetrati da eserciti, si suppone, regolari e quindi sottoposti a disciplina. Gia' decine di migliaia di persone avevano perso la vita in questo paese a causa dell'invasione, dei bombardamenti sulle citta', ma questa gente di Sabra e Shatila era stata uccisa di proposito, mentre era disarmata. Era un assassinio di massa, un incidente che era anche un'atrocita'. Era un crimine di guerra.
Jenkins e Tveit erano anche loro cosi' scossi da cio' che trovammo a Shatila da non riuscire nemmeno a registrare il nostro shock. Bill Foley dell'Ap era venuto con noi. Tutto cio' che riusciva a dire, mentre vagava tra le cataste di cadaveri era "Gesu' Cristo!", e lo ripete' per centinaia di volte. Avremmo potuto accettare di trovare degli uccisi, anche dozzine, magari morti durante i combattimenti. Invece no. Li' c'erano donne stese in cucina con le gonne arrotolate fino alle anche e le gambe spalancate, bambini con la gola tagliata, file di giovani allineati al muro dell'esecuzione. C'erano neonati - piccoli neonati anneriti, uccisi 24 ore prime ed i cui corpicini si stavano decomponendo in fretta - molti dei quali spuntavano tra i sacchi di spazzatura, scodelle vuote dei pasti per l'esercito USA, cartucce di armi israeliane e bottiglie vuote di whisky.

Dove erano gli assassini? O, per usare il vocabolario israeliano, dov'erano i terroristi? Quando entrammo a Shatila vedemmo gli israeliani in cima agli appartamenti di via Chamoun, ma non fecero alcun tentativo di fermarci. Prima, eravamo stati al campo di Burj al Barajneh perche' qualcuno ci aveva detto che c'era stato un massacro. Tutto cio' che trovammo li' fu un soldato libanese che trascinava un ladro di automobili lungo la strada. Solo quando tornammo all'ingresso di Shatila, Jenkins decise di fermare la macchina. "Non mi piace", disse."Dove sono tutti? E che c***o e' questa puzza?"

Proprio all'ingresso dell'entrata sud del campo, c'erano una serie di case singole, con le mura di cemento armato. Fin dagli anni '70, vi ero stato molte volte, e vi avevo fatto delle interviste. Ora, questa serie di casupole non c'erano piu', tutte fatte saltare in aria con la dinamite. Lungo la strada principale vidi file di cartucce vuote e faretti israeliani, ancora attaccati al loro minuscolo paracadute. Nubi di mosche volavano sui cumuli di rovine.
In un vicoletto alla nostra destra, a non piu' di 50 metri dall'ingresso, giaceva una catasta di cadaveri. Ve n'erano oltre una dozzina, giovani uomini le cui braccia e gambe si erano attorcigliate le une alle altre negli ultimi spasimi dell'agonia. Tutti erano stati sparati alla testa, alla faccia o all'orecchio. Alcuni avevano rivoli di sangue scarlatto o nero rappreso sulla gola. Uno era stato evirato, i pantaloni tirati giu' e nugoli di insetti che si cibavano dei suoi intestini.

Gli occhi di questi giovani erano tutti aperti. Il piu' piccolo di essi poteva avere 12-13 anni. Tutti indossavano jeans e camicie colorate, assurdamente stretti sulla loro carne, ora che i corpi cominciavano a gonfiarsi a causa del calore. Su un polso annerito, un orologio svizzero segnava l'ora esatta, l'altra mano era tesa nell'aria, segno dell'ultima energia spesa dal suo possessore.
Dall'altro lato della strada principale, tra cumuli di detriti, scorgemmo i corpi di cinque donne e di alcuni bambini. Le donne erano di mezza eta' ; sotto la schiena di una faceva capolino la testa di una ragazzina dai capelli ricci e corti, con gli occhi spalancati su di noi e l'espressione aggrottata. Era morta cosi', con un'aria di rimprovero.
Un' altra bambina giaceva in strada come una bambola rotta, il vestitino bianco coperto di fango e polvere. Non aveva piu' di tre anni. Il retro della testolina era stato spappolato da un proiettile sparatole nel cervello. Una donna teneva stretto a se' il corpicino di un neonato. Il proiettile che le aveva trapassato la schiena aveva ucciso anche il suo bambino. Qualcuno le aveva aperto il ventre, forse cercando un bambino non ancora nato. I suoi occhi erano spalancati, il viso gelato nell'orrore.

Mentre eravamo li', impietriti, udimmo gridare in arabo dalle rovine. "Stanno tornando", urlo' un uomo. Spaventati corremmo verso la strada. Penso, in retrospettiva, che fu la rabbia che ci fermo' dall'andarcene, perche' aspettavamo all'ingresso del campo per vedere il volto dei responsabili di tutto cio'. Erano stati mandati nel campo col permesso degli israeliani. Erano stati armati dagli israeliani. Il loro lavoro veniva osservato dagli israeliani - che guardavano ora anche verso di noi con i loro binocoli.

Quando un assassinio diventa un oltraggio? Quando un'atrocita' diventa un massacro? O, per meglio dire, quanti morti ci vogliono per fare un massacro? Trenta? Cento? Trecento? Quando un massacro non e' un massacro? Quando i morti sono troppo pochi o quando il massacro e' perpetrato dagli amici di Israele?
Questo e' il nocciolo del problema. Se le truppe siriane fossero entrate in Israele, avessero circondato un kibbutz e permesso ai loro alleati palestinesi di massacrarne gli abitanti, nessuna agenzia di notizie occidentali avrebbe avuto qualche dubbio su come definire il fatto.

Ma a Beirut le vittime erano palestinesi. Ed i colpevoli non furono solo i falangisti ma anche gli israeliani. Essi avevano inviato i falangisti nei campi. Essi li avevano addestrati, dato le uniformi, distribuito le razioni alimentari americane e l'equipaggiamento bellico israeliano. Avevano osservato il massacro dal tetto del Q.G. dell'esercito, avevano dato ai falangisti assistenza militare - fu l'aeronautica israeliana a gettare nei campi i fari che li illuminavano di notte - e stretto con loro patti ed alleanze politiche e militari.




traduzione a cura di www.arabcomint.com
da Palestinian Chronicle





Un cuore non può bastare per due.
Go to Top of Page

janet
Utente Master

12135 Posts
Status: offline

Posted - 11 September 2004 :  18:28:09  Vedi Profilo Send janet a Private Message  Rispondi quotando




Sabra e Shatila: La testimonianza di Oriana Fallaci

dal romanzo "Inshallah"






“Erano piombati alle nove d’un mercoledi’ sera, i falangisti di papà Gemayel,…E con la complicità degli israeliani, sempre lieti di soddisfare la loro inesauribile sete di vendetta, avevano circondato I due quartieri per bloccarne ogni via d’uscita. Una manovra cosi’ veloce, perfetta, che pochi avevano avuto il tempo di nascondersi o tentare la fuga. Poi, fieri della loro fede in Gesù Cristo e in San Marone e nella Madonna, protetti dai figli d’Abramo che gli illuminavan la strada coi riflettori, erano irrotti nelle case. S’erano messi ad ammazzare I disgraziati che a quell’ora cenavano o guardavano la televisione o dormivano. Avevano continuato tutta la notte. E tutto il giorno seguente. E tutta la notte seguente, fino a venerdi mattina. Trentasei ore filate. Senza stancarsi, senza fermarsi, senza che nessuno gli dicesse basta. Nessuno.Nè gli israeliani, ovvio, nè gli sciiti che abitavano negli edifici attigui e che dalle finestre vedevano bene l’obbrobrio. E fortunati gli uomini uccisi subito a raffiche di mitra o colpi di baionetta , fortunati I vecchi sgozzati nel letto per risparmiare le munizioni. Le donne, prima di fucilarle o sgozzarle, le avevano violentate. Sodomizzate.
I loro corpi, zangole per dieci o venti stupratori per volta. I loro neonati, bersagli per il tirassegno all’arma bianca o da fuoco: intramontabile sport nel quale gli uomini, che si ritengono superiori alle bestie, hanno sempre eccelso e che da qualche secolo viene chiamato strage-di-Erode. Un ragazzo ferito era riuscito a scappare malgrado il blocco delle vie d’uscita e a rifugiarsi nel piccolo ospedale che tre medici svedesi gestivano di fronte a Shatila. Ma I soldati di Erode lo avevan raggiunto e liquidato mentre giaceva sul tavolo operatorio. Spintone al chirurgo che estrae la pallottola, revolverata alla tempia dell’infermiera palestinese che cerca di opporsi e via. All’alba di venerdi, stanchi di dargli la caccia e ammazzarli uno a uno , avevano minato le case nelle cui cantine s’erano nascosti i superstiti. Quasi tutte case di Chatila. Poi avevano lasciato il quartiere cantando spavalde canzoni di guerra e lasciandosi dietro un carnaio da film dell’orrore. Bambini di due o tre anni che ciondolavano dalle travi delle case esplose come polli spennati e appesi ai ganci di una macelleria. Neonati spiaccicati o tagliati in due, mamme intirizzite nell’inutile gesto di ripararli. Cadaveri seminudi di donne coi polsi legati e le natiche sozze di sperma e di sterco. Cataste di uomini fucilati e coperti di topi che gli mangiavano il naso, gli occhi, gli orecchi. Intere famiglie riverse sulle tavole apparecchiate, vecchi sgozzati nei letti rossi di sangue rappreso, e un fetore insopportabile. Il fetore della decomposizione accelerato dal caldo greve di settembre. Cinquecento morti, s’era detto all’inizio. Ma presto i cinquecento erano diventati seicento, i seicento erano diventati settecento, i settecento erano diventati ottocento, novecento, mille. C’erano voluti due bulldozer per scavare la fossa comune, quasi un giorno per buttarceli tutti…”


da "Inshallah", di Oriana Fallaci
www.arabcomint.com





Un cuore non può bastare per due.
Go to Top of Page

janet
Utente Master

12135 Posts
Status: offline

Posted - 11 September 2004 :  18:30:09  Vedi Profilo Send janet a Private Message  Rispondi quotando


Sabra e Shatila: La testimonianza di Ellen Siegel





Ellen Siegel, ebrea americana, infermiera al Gaza Hospital di Chatila durante il periodo in cui avvenne il massacro, e' stata una delle promotrici della campagna internazionale per l'incriminazione del criminale di guerra Ariel Sharon, responsabile di quello e di altri massacri. Ecco la sua testimonianza:
"Divenni consapevole dell'esistenza e delle sofferenze del popolo palestinese nei tardi anni '60. Dopo essermi diplomata ad una scuola ebraica per infermiere, capii che la mia missione sarebbe stata quella di alleviare le sofferenze umane. Il 1967 ci porto' in casa notizie di palestinesi che vivevano da profughi in tende sotto l'occupazione militare israeliana, ma le informazioni passavano con difficolta'. Il desiderio di saperne di piu' mi porto' a Beirut nel 1972. Volevo sapere chi erano I palestinesi e qual era il torto che essi avevano subito. Avevo 30 anni. Imparai la storia di un popolo di cui non avevo mai immaginato l'esistenza, visitai le loro case in squallidi campi profughi, incontrai I loro leaders, lessi libri e poesie che descrivevano eloquentemente la loro angoscia e disperazione. Udii storie di un esodo che li porto' dai campi d'aranci e orti d'ulivi di Haifa e di Jaffa agli affollati rifugi con le fogne a cielo aperto negli stretti vicoli. Sapevo che gli ebrei erano un popolo senza terra: adesso imparavo che la Palestina era una terra con un popolo. Visitando Israele fui disturbata dal militarismo e dalla repressione del popolo che era nato su quella terra. Mi domandai a spese di chi avevamo fatto "fiorire il deserto". Lasciai Israele con la consapevolezza che avrei fatto qualsiasi cosa, come ebrea e americana, per correggere quest'ingiustizia palese.

Nel 1980 ritornai a Beirut. L'invasione israeliana del 1982 mi inorridi'. Armi americane venivano usate per mutilare ed uccidere civili e profughi palestinesi e libanesi privi di aiuto. Persino il cibo veniva bloccato all'ingresso dei campi. La dignita' non veniva riconosciuta neanche ai morti. Fui assegnata al Gaza Hospital, nel campo di Sabra. Sabra e Shatila sono due dei 12 campi profughi costruiti in Libano per accogliere I palestinesi espulsi dalle loro terre nel 1948, alla creazione dello stato d'Israele. Prima dell'invasione israeliana I due campi contenevano 90.000 persone, vi erano infrastrutture scolastiche e sanitarie, ed unioni commerciali. Quando arrivai al campo la popolazione era scesa a 10.000 abitanti. Residui di armi americane, missili, mine, munizioni, erano dovunque e l'ospedale era pieno di vittime di ustioni da armi chimiche, mutilati, bambini disidratati.

Il 14 settembre il presidente appena eletto, Gemayel, fu ucciso. Il giorno seguente, aerei da guerra israeliani cominciarono a sorvolare I campi libanesi. I profughi erano in preda al panico, intuivano che I falangisti alleati di Israele avrebbero iniziato I massacri.

La sera del 16 settembre, salii al decimo piano dell'ospedale: vedevo dei flash che illuminavano il campo e gli spari seguivano ogni illuminazione. Il giorno dopo sparirono dall'ospedale tutto il personale ed I pazienti arabi palestinesi. Poi iniziarono gli attacchi contro l'ospedale. Il fumo copriva le finestre, I vetri scoppiavano, tutto cadeva intorno a noi. Quella sera furono portati all'ospedale alcuni feriti gravi. Tra di essi vi era un bimbo di 12 anni, ferito alle gambe e con una mano amputata, chiamato Munir. Egli fu uno dei bambini scelti dalla Croce Rossa per essere trasportati al salvo fuori del campo. Il giorno dopo fummo assemblati, dalle forze libanesi, nell'ingresso dell'ospedale. In seguito scoprimmo che non si trattava dell'esercito libanese, ma dei falangisti. Ci permisero di lasciare all'ospedale uno studente medico ed un'infermiera, e poi ci portarono lungo le strade di Sabra e Shatila, dove giacevano decine di cadaveri. Una donna cerco' di dare il suo bambino ad uno dei medici, ma un militare la fermo'. Mentre marciavamo, sentivamo ancora il suono degli spari. Fummo portati in una specie di costruzione dove fummo interrogati e poi spediti ad un edificio che era la sede dell'esercito israeliano. Sul tetto vi erano militari muniti di binocolo che guardavano in direzione di Sabra e Shatila. I militari ci portarono a Beirut est, nell'ambasciata americana. Ad un ufficiale dell'ambasciata, io riferii che "qualcosa di terribile stava avvenendo nei campi". L'ufficiale mi disse che il personale preposto era assente, cosicche' io ritornai all'ambasciata il giorno seguente e denunciai quello che avevo visto. Quando tornai, dopo 10 giorni, al Gaza Hospital, vi incontrai Munir, che era assistito da suo fratello Nabil. Diventammo amici, visitai la loro casa a Shatila, bevvi il te' con loro, incontrai la sorella. Decisi di fare il possibile per far venire I miei piccoli amici negli Stati Uniti. Partii da Beirut nel momento in cui era stata stabilita una commissione d'inchiesta per investigare sul massacro nei campi profughi. Portavo con me I nomi di due sopravvissuti all'eccidio, che avevo deciso di liberare per sempre dalla violenza: Munir e Nabil Ahmad, di Sabra.


traduzione a cura di www.arabcomint.com





Un cuore non può bastare per due.
Go to Top of Page
Pag: di 34 Previous Topic Topic Next Topic  
Pagina Precedente | Pagina Sucessiva
 Nuovo Topic  Rispondi
 Stampa
| More
Salta a:
Forum Le Perle Del Cuore © © 2001 Snitz Forums Vai in alto alla pagina
Pagina elaborata in 0.2 secondi. Snitz Forums 2000