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janet
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Posted - 12 March 2004 : 00:55:20
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"Perché siamo ebrei" di Rabbi Mordechai Weberman
C'e' chi ci chiede perché marciamo in favore dei palestinesi. Perché sventoliamo la bandiera palestinese? Perché supportiamo la causa palestinese? "Siete ebrei!", ci dicono. "Cosa fate?"
La nostra risposta e' molto semplice: E' proprio perché siamo ebrei che marciamo con i palestinesi e solleviamo la loro bandiera. E' proprio perché siamo ebrei che chiediamo che i palestinesi possano ritornare alle loro case e proprietà.
La nostra Legge ci impone di essere giusti. Ci chiede di perseguire la giustizia. E cosa c'e' di più ingiusto di un secolo di tentativi da parte del movimento sionista di invadere la terra di un altro popolo, scacciarlo e rubarne le proprietà? I primi sionisti proclamarono di essere un popolo senza terra che andava in una terra senza popolo. Parole apparentemente innocenti, ma terribilmente e totalmente false. La Palestina era una terra con un popolo. Un popolo che aveva una coscienza nazionale.
Non abbiamo dubbi che, se i profughi ebrei fossero giunti in Palestina non con l'intenzione di dominarla, non con l'intenzione di farne uno stato ebraico, non con l'intenzione di deprivare i palestinesi dei loro diritti fondamentali, sarebbero stati ben accolti dai palestinesi, con la stessa ospitalità che i musulmani hanno sempre mostrato verso gli ebrei nella storia. Ed avremmo potuto vivere assieme come siamo sempre vissuti in pace ed armonia in Palestina.
Amici nostri islamici e palestinesi, ascoltate il nostro messaggio: Ci sono ebrei al mondo che supportano la vostra causa e non accettano che vi siano date le fette di Cisgiordania offerte da Barak a Camp David, con la giustizia accordata a meno del 10% dei profughi. Non intendiamo altro che vengano restaurati i vostri diritti sulla vostra terra e questo e' il solo sentiero verso la riconciliazione. Ma non basta. Noi chiediamo che, assieme alla restituzione della terra ai suoi legittimi proprietari, vi siano scuse chiare e precise al popolo palestinese. Il sionismo vi ha fatto del male. Il sionismo ha rubato le vostre case. Il sionismo ha rubato la vostra terra.
Proclamando ciò di fronte al mondo, proclamiamo che noi siamo il popolo della Torah, e che la nostra fede ci chiede di essere onesti e gentili, giusti e buoni. Abbiamo partecipato a centinaia di manifestazioni pro-palestinesi nel corso degli anni e, dovunque andiamo, i leaders e le audience ci salutano con il calore dell'ospitalità mediorientale. Che grossa bugia asserire che i palestinesi in particolare e i musulmani in generale odiano gli ebrei! Voi odiate l'ingiustizia, non gli ebrei.
Non temete, amici. Il male non può trionfare per sempre. L'incubo sionista e' alla fine. E' esausto. Le sue ultime brutalità sono il rantolo di morte di un malato terminale. Vivremo per vedere il giorno in cui ebrei e palestinesi si abbracceranno in pace sotto la bandiera palestinese a Gerusalemme. E, in ultimo, il Redentore dell'umanità farà dimenticare le sofferenze del presente nella benedizione del futuro.
A proposito del Muro di Apartheid ... Comunicato del NetureiKarta
Rabbini ortodossi di tutto il mondo si sono dati appuntamento all'Aia, per manifestrare ancora una volta la loro solidarietà con il popolo palestinese. Con l'aiuto di D_o, i Rabbini parteciperanno ad eventi pubblici e privati che avranno luogo all'Aia durante le udienze del Tribunale Internazionale, per manifestare la loro contrarietà al Muro dell'Aparheid che sta per essere costruito nei Territori Occupati ed a Gaza.
Il divieto della Torah di erigere uno stato ebraico è molto chiaro. D_o ha mandato la nazione ebraica in esilio e ha proibito esplicitamente agli ebrei di cercare di sottrarsi al decreto divino cercando di costruirsi uno stato. Sarà D_o stesso, senza alcun intervento umano, a porre termine all'esilio degli ebrei e quando ciò si avverrà, tutte le nazioni saranno unite in armonia, nella comune sottomissione all'Unico D_o.
Il divieto della Torah di opprimere un popolo, il popolo dei palestinesi, il divieto di rubare le loro terre ecc, è ugualmente scritto nella Torah a chiare lettere. Le verità che stiamo constatando, erano universalmente riconosciute dalla stragrande maggioranza dei capi degli ebrei e dalle autorità rabbiniche, anche dai rappresentanti degli ebrei in Palestina.
L'idea di costruire un muro per proteggersi contro le reazioni di un popolo frustrato, oppresso, è assurda e rasenta l'infermità mentale. E' una constatazione della psicologia elementare che più si reprime le emozioni di un popolo oppresso, più crescerà la rivolta. Ma il nostro obiettivo, qui, è di trasmettere la verità della Torah, cioè, che questo muro dell'apartheid non è che l'ennesima tacca incisa nell'elenco delle trasgressioni al decreto divino dell'esilio, al comandamento divino di "non rubare" ecc. ed all'imposizione della compassione per il tuo prossimo quale essere umano. Il muro dell'apartheid costituirà un passo da gigante avanti sulla strada dell'oppressione del popolo palestinese. Quant'è grande il nostro lutto per il dolore, la sofferenza e l'interminabile flusso di sangue che affliggono gli arabi e gli ebrei a causa dell'esistenza dello stato di Israele e delle sue azioni. E' tanto doloroso dovere assistere all'animosità creata tra arabi ed ebrei, cugini che per tanto tempo sono convissuti in armonia. Con le loro azioni, i sionisti continuano a produrre su scala universale un'ondata di antisemitismo - che è la materia prima sulla quale il sionismo costruisce la sua crescita ed il suo successo.
Che sia la volonta di D_o di porre presto termine, in modo pacifico, allo stato di Israele, permettendo ad arabi ed ebrei di tornare a convivere in pace ed armonia e che possa tornare la gloria di D_o a regnare sull'universo intero.
Amen.
Rabbino Yisroel David Weiss
Per il nostro comunicato stampa, clicca qui
Per avere interviste con i Rabbini che saranno presenti alle udienze dell'Aia, metteteVi in contatto con hague@nkusa.org
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janet
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Posted - 15 March 2004 : 12:16:21
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La fantasia di democratizzare l'Iraq di Robert Fisk
Scrivi democrazia e leggi fantasia. L'Iraq sta diventando un affare così spinoso per i nostri grandi politici, che sono pronti a lanciare ai cani tutto e tutti pur di salvarsi la pelle. La BBC, la CIA, l'intelligence britannica - ogni giornalista che osi mettere in evidenza le menzogne che ci hanno portato in guerra - vengono tempestati di falsità. Quando suggerimmo che mai l'Iraq fu suolo fertile per la democrazia occidentale, fummo accusati di essere razzisti. Forse che gli arabi non siano capaci di produrre democrazia? ci fu chiesto. Forse pensiamo che siano subumani?
Questo genere di accuse proveniva dalla stessa famiglia di accusatori che definisce anti-semita chiunque osi criticare Israele. Se tentiamo di ricordare al mondo che la cabala di neo-conservatori, proseliti filo-israeliani - i signori Perle, Wolfowitz, Feith, Kristol e compagnia - spinsero il presidente Bush in guerra con profezie grottescamente false di un nuovo Medio oriente con governi arabi democratici - filoisraeliani - ci viene detto che siamo razzisti solo a nominarli. Dunque, ricordiamo ciò che i neo-cons evocavano nell'autunno dorato del 2002, quando Tony prendeva accordi con George per distruggere l' "Hitler di Baghdad".
Volevano rimodellare la mappa del Medio Oriente e portare democrazia alla regione. I dittatori sarebbero caduti o si sarebbero trasformati in alleati - ecco perché Jack Straw ci tiene tanto a persuadere il mondo che Gheddafi e' uno "statista", dopo che ha abbandonato le sue infantili ambizioni nucleari - e la "democrazia" sarebbe sbocciata dal Nilo all'Eufrate. Gli arabi volevano la democrazia. L'avrebbero presa al volo. E noi saremmo stati amati, benvenuti, lodati ed abbracciati per aver portato nell'area questa merce tanto ricercata. Naturalmente, i neo-cons si sbagliavano.
L'ultimo contributo alla difesa di questi uomini giunge da David Brooks, del New York Times. "In realtà, le persone definite neo-cons ... non hanno grossi contatti tra loro ... Ci sono stati, ad esempio, centinaia di riferimenti all'insidioso potere di Richard Perle sulla politica dell'amministrazione, ma mi e' stato detto da funzionari al top che egli non ha avuto alcun incontro significativo con Bush o Cheney da quando essi sono in carica ... L'evidenza suggerisce che Bush abbia formato indipendentemente le sue conclusioni".
Brooks cerca addirittura di cancellare il termine "neo-conservatori" dalla narrativa della guerra all'Iraq, sottolineando, in maniera piuttosto assurda, che "con" e' l'abbreviazione di "conservatori" e "neo" e' l'abbreviazione di "ebrei". Dunque, il mero uso dell'espressione "neo-conservatori" può essere giudicato "anti-semita". Non a caso, Brooks termina il suo articolo con l'annuncio che "l'anti-semitismo sta risorgendo".
Se questa e' la migliore critica da cui si rischia di essere minacciati, allora i signori Wolfowitz, Perle e gli altri fanno bene ad essere in fuga. Non hanno detto che la democrazia avrebbe funzionato. Non hanno influenzato il presidente Bush. Non avevano potere. Non gli hanno mai parlato. I neo-conservatori? E chi sono mai? Eppure sono stati proprio loro - insieme allo stesso Israele - i più ferventi sostenitori dell'invasione all'Iraq, appigliandosi ad una verità purtroppo reale e devastante: che i paesi arabi sono, in gran parte, delle dittature corrotte e brutali. Non c'e' nulla di cui sorprendersi. Abbiamo creato noi gran parte di questi dittatori. Abbiamo cominciato con re e principi e poi - quando essi non riuscivano ad esercitare sufficiente controllo sulle masse - li abbiamo rimpiazzati con un gruppo di brutali generali e colonnelli, molti dei quali indossavano una varietà dell'uniforme militare britannica, con le aquile sui galloni del berretto al posto delle corone.
In questo modo re Faruk fu soppiantato dal colonnello Nasser (e poi dal generale Sadat e poi dal generale d'aeronautica Mubarak), re Idris dal colonnello Gheddafi - il Foreign Office amava il giovane Gheddafi - e la monarchia irachena post-bellica di re Feisal fu sostituita dal partito Ba'ath e da Saddam Hussein.
Noi non abbiamo mai voluto che gli arabi avessero la democrazia. Quando ci provarono gli egiziani negli anni '30, e tentarono di mandare via a pedate Faruk, gli inglesi spedirono l'opposizione in carcere. Noi occidentali abbiamo tracciato i confini di gran parte delle nazioni arabe, creato i loro stati e sostenuto i loro obbedienti leaders - riservandoci ovviamente il diritto di bombardarli se nazionalizzavano il Canale di Suez, aiutavano l'IRA o invadevano il Kuwait. Ma i neo-cons e Bush - e, di conseguenza, Blair - volevano portar loro la democrazia.
Ora, ci sono molti arabi che vorrebbero un po' di questa preziosa sostanza chiamata democrazia. Invero, quando emigrano in occidente e vivono in America, Gran Bretagna o Francia, essi mostrano la nostra stessa attitudine verso la "democrazia". Gli iracheni di Dearborn, Michigan, sono come tutti gli altri americani: votano - in gran parte democratico - e giocano e lavorano come qualsiasi altro cittadino USA amante della libertà. Dunque non vi e' nulla di genetico nell'incapacità dei paesi arabi di ottenere la democrazia.
Il problema sono gli stati artificiali che noi abbiamo creato, i dittatori che abbiamo comprato e che abbiamo indotto a governare per mezzo di torture e legami familiari. I re erano tribali - gli Hashemiti provenivano dal nord-est di ciò che oggi chiamiamo Arabia Saudita - ed i dittatori sono tribali: tutti questi governanti senza scrupoli mantengono il potere attraverso una fitta trama di alleanze settarie. Quando abbiamo invaso il loro paese, abbiamo ovviamente detto agli iracheni che eravamo lì per portare loro la democrazia. Avrebbero avuto elezioni libere. Ricordo la prima volta che compresi quanto disonesta fosse questa promessa. Fu quando il fallito pro-console americano a Baghdad, Paul Bremer, smise di parlare di democrazia e cominciò a parlare di "governo rappresentativo" - che non sono la stessa cosa. E fu quando una persona come Daniel Pipes, un cugino estremista di quei neo-cons che non possiamo più nominare, cominciò ad evocare non più la "democrazia" per gli iracheni, ma un "autocrate dalla mentalità democratica".
Bremer dice che non vi saranno elezioni prima del passaggio di "poteri" - essa stessa una bugia, perché il "passaggio" conferirà il "mitico potere" ad un gruppo di iracheni scelti da americani e britannici. Essi dirigeranno le elezioni democratiche da noi falsamente promesse al popolo iracheno, e che gli sci'iti stanno reclamando rumorosamente. Se mai queste elezioni dovessero tenersi, gli iracheni voteranno secondo la religione e l'etnia, così come sta predisponendo il "consiglio ad interim" selezionato dagli americani.
Eccoci al punto di partenza: nessuna arma di distruzione di massa; nessun collegamento tra Saddam e l'11 settembre; niente democrazia; colpa della stampa; colpa della BBC; colpa delle spie. Perché non bisogna biasimare i signori Bush e Blair. E non bisogna nominare i neo-conservatori americani che ci hanno catapultati in questo disastro. Anzi, essi non esistono. E se dici che esistono, sai bene come verrai chiamato.
da "The Independent"
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janet
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Posted - 15 March 2004 : 12:22:36
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Uranio impoverito: un crimine di guerra che non ha mai fine di Paul Rockwell
Chi ha detto che in Iraq non vi sono armi di distruzione di massa? Il terreno, l'aria, i polmoni della gente ne sono pieni: e' l'uranio impoverito, l'arma di distruzione di massa che ha avvelenato il territorio iracheno e ne ha decimato la popolazione. Resta attivo per milioni di anni, condanna a morte orribile chi lo inala o lo ingerisce, causa deformazioni ai nascituri e danni irreversibili a chi ne viene in contatto. Gli USA lo hanno riversato in Iraq con un accanimento che ha dell'incredibile: un crimine di guerra che grida giustizia.
I dispacci internazionali sull'invasione ed occupazione USA dell'Iraq - pieni di dettagli grafici sugli ospedali sovraffollati, schegge di bombe a frammentazione seppellite nella carne dei bambini, neonati deformati dall'uranio impoverito, mercati e fattorie distrutte dai missili americani - non sono di facile lettura. Le prove sempre più evidenti che giungono dall'Iraq occupato stabiliscono ciò che molti americani vorrebbero non sapere: e cioè che le più alte cariche del loro governo hanno violato molti accordi internazionali relativi alle regole di guerra. Se non riterremo l'amministrazione Bush responsabile di crimini di guerra - e le prove sono schiaccianti - tradiremo la nostra coscienza, il nostro paese e la nostra fede nella democrazia.
Gli Stati Uniti sono firmatari di numerose leggi di guerra internazionali: le Convenzioni dell'Aja del 1889 e del 1907, le Convenzioni di Ginevra del 1949 e quelle di Norimberga, adottate dalle Nazioni Unite l'11 dicembre 1945 - tutte leggi che stabiliscono i limiti che, per consenso comune, i popoli decenti non dovrebbero oltrepassare.
Secondo la Costituzione, tutti i trattati sono parte della legge suprema della terra. La legge umanitaria si basa su un semplice principio: che i diritti umani siano misurati secondo un unico parametro. Senza questo principio, la giurisprudenza sarebbe mera pietà ed esercizio del potere. Né le violazioni delle leggi di guerra da parte di uno dei belligeranti giustificano i crimini di guerra dell'altro.
Di tutte le violazioni delle leggi di guerra commesse dalle più alte cariche del nostro stato, nessuna e' più allarmante dell'uso massiccio e premeditato dell'uranio impoverito in Iraq. Undici miglia a nord della frontiera con il Kuwait, nell' "Autostrada della Morte", carri armati distrutti, jeep militari inagibili, veicoli pubblici sventrati - lamiere contorte residui di "Tempesta nel Deserto" - continuano ad irradiare energia nucleare. I militari americani che hanno vissuto in quell'area tossica per tre mesi soffrono di affaticamento, dolori muscolari ed articolari, disturbi respiratori - una quantità di sintomi conosciuta con il nome di Sindrome del Golfo. Quando il presidente Bush ed il Pentagono autorizzarono l'uso dell'uranio impoverito per la campagna "Colpisci e terrorizza" del marzo 2003, non solo commisero un crimine di guerra contro il popolo dell'Iraq, ma mostrarono anche criminale disprezzo verso la salute delle truppe americane.
L'articolo 23 della IV Convenzione di Ginevra e' chiaro e preciso: "E' proibito impiegare veleni o armi venefiche per uccidere slealmente individui appartenenti al paese o all'esercito nemico o utilizzare armi, proiettili e materiale studiato per causare sofferenze non necessarie". Il Protocollo di Ginevra del 1925 proibisce esplicitamente "gas velenosi o asfissianti, e tutti i liquidi analoghi, materiali e dispositivi". La radioattività prodotta dall'uranio impoverito in battaglia e' un materiale velenoso, carcinogenico, che causa difetti genetici, malattie polmonari e renali, leucemia, cancro al seno, linfoma, tumori ossei e disabilità neurologiche.
L'uranio impoverito e' molto più denso del piombo e permette alle armi USA di penetrare l'acciaio, un vantaggio enorme nella guerra moderna. Ma, secondo le Convenzioni di Ginevra, "i mezzi per causare ferite al nemico non sono illimitati". Quando le munizioni all'uranio impoverito esplodono, l'aria viene inondata di polvere fine e radioattiva che, trasportata dal vento, viene facilmente inalata e si deposita poi nel suolo, inquina le falde acquifere ed entra nella catena alimentare. I rivestimenti inesplosi si ossidano gradualmente, rilasciando più uranio nell'ambiente. Coloro che maneggiano l'uranio impoverito devono indossare maschere speciali e abbigliamento protettivo - precauzione che, ovviamente, i militari ed i civili iracheni non hanno alcuna possibilità di adoperare.
Dopo la guerra del 1991, gli ospedali iracheni hanno registrato un incremento notevole di casi di cancro e di malformazioni neonatali. Le statistiche dell'ospedale di Basra mostrano che nel 1988, per ogni 100.000 persone si registravano 11 casi di cancro. Tale percentuale é salita a 116 casi nel 2001 ed e' in costante aumento, con picchi di casi di cancro al polmone ed alla mammella e leucemia nei luoghi maggiormente contaminati dall'uranio impoverito. Il dottor Jawad Ali, oncologo al Basra Training Hospital, ha notato che "l'unico fattore che e' mutato, qui, dalla guerra del 1991, e' l'aumento esponenziale del livello di radioattività". Tredici membri del suo staff specialistico si sono ammalati di cancro dopo che l'area dell'ospedale fu bombardata.
Il Christian Science Monitor ha recentemente inviato dei reporters in Iraq per investigare sugli effetti a lungo termine dell'uranio impoverito. Uno dei membri dello staff, Scott Peterson, ha visto i bambini giocare in cima ad un carro armato completamente carbonizzato da proiettili rivestiti di uranio impoverito presso un banchetto per la vendita di verdura, nella periferia di Baghdad. Peterson, con la maschera e l'abbigliamento protettivo indosso, ha puntato il suo contatore Geiger verso il carro armato, registrando una radioattività 1000 volte più alta del normale.
Le famiglie sopravvissute al tragico decennio di sanzioni, persino i bambini sopravvissuti recentemente ai nuovi bombardamenti su Baghdad, potrebbero non sopravvivere alle conseguenze del crudele inquinamento radioattivo. L'uranio rimane attivo per due miliardi di anni.
Secondo il dottor Doug Rokke, medico dell'esercito USA che per primo rivelò lo scandalo dell'uranio impoverito riversato sull'Iraq, "l'uso dell'uranio e' un crimine contro Dio e contro l'umanità". Lo stesso staff di Rokke, un centinaio di impiegati, e' stato devastato dall'esposizione alla polvere fine. "Quando lasciammo il Golfo eravamo, in realtà, tutti malati", ha dichiarato. Dopo aver effettuato operazioni di ripulitura nel deserto (erroneamente condotte senza l'ausilio di indumenti schermanti), trenta membri dello staff morirono e molti altri - incluso lo stesso Rokke - svilupparono seri problemi di salute. Attualmente, Rokke ha gravi problemi delle vie respiratorie, danni neurologici, cataratte e problemi renali. "Abbiamo avvertito il ministero della Difesa nel 1991, subito dopo la Guerra del Golfo. La loro arroganza e' al di là di ogni comprensione".
Le crescenti proteste contro l'uso dell'uranio impoverito non sono oggetto di cavilli legali. Le leggi di guerra proibiscono l'uso di armi che abbiano effetti letali e disumani al di là del campo di battaglia.
Né si può utilizzare legalmente armi che resteranno attive o continueranno a produrre danni a guerra conclusa. L'uso dell'uranio e' un crimine i cui orrendi effetti devono ancora dispiegarsi in tutta la loro tragicità.
Anni fa, nel mezzo della brutale guerra coloniale francese in Algeria, il filosofo Jean-Paul Sartre ammonì l'intelligensia francese:
"Non e' giusto, miei concittadini che ben conoscete tutti i crimini commessi nel nostro nome. Non e' giusto che voi non ne facciate parola con nessuno, nemmeno con le vostre coscienze, per timore di ascoltare il giudizio su voi stessi. Voglio credere che all'inizio non capivate cosa stesse accadendo, poi che dubitavate che tali cose potessero essere vere; ma ora sapete, e le vostre lingue restano ancora mute".
fonte: unobserver.com
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janet
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Posted - 15 March 2004 : 12:34:53
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Vite machiavelliche di Felicity Arbuthnot
Cose che accadono normalmente in questo mondo folle, dominato dalla distorsione e dalla menzogna a tutti i livelli: dal significato orwelliano dato alle parole alla manipolazione galoppante delle coscienze. Un'attivista per la non violenza viene imprigionata in un carcere USA mentre Bush e Blair vengono candidati al premio Nobel ... per la Pace!
"Gli individui hanno doveri internazionali che trascendono gli obblighi e l'obbedienza nazionali. Dunque essi hanno il dovere di violare le leggi nazionali per impedire che avvengano crimini contro la pace e l'umanità" (Tribunale per i Crimini di Guerra di Norimberga, 1950)
Due giorni prima del "Mercoledì della dissimulazione" (noto anche come "Rapporto Hutton"), la tre volte candidata al premio Nobel per la Pace, Kathy Kelly, fondatrice a Chicago di Voices in the Wilderness, durante un processo poco reclamizzato e' stata condannata ad una detenzione di tre mesi per la sua protesta silenziosa e, come sempre, non-violenta presso la famigerata Scuola delle Americhe, a Fort Benning, Georgia. Le ironie abbondano. La pacifista imprigionata, quelli di Fort Benning, colpevoli di aver addestrato alcuni tra i più spietati dittatori, criminali militari e torturatori al mondo, liberi di continuare a sponsorizzare i regni del terrore.
Kelly, una laureata in teologia, e' una criminale seriale per la pace. Ha trascorso un anno in una prigione USA per aver piantato semi di mais preso una base missilistica. E' nata come testimone non violenta ed ha attirato l'attenzione verso i punti più travagliati della terra. Possiede un coraggio quieto, imponente. Ha visto in quale selvaggia maniera i contras sostenuti dagli Stati Uniti potessero soggiogare le popolazioni dell'America Centrale durante gli anni '80. In Nicaragua, a San Juan de Limay, dove i contras avevano massacrato 25 membri di una piccola comunità, Kathy diede vita, prima da sola poi imitata da migliaia di persone, ad una protesta non violenta contro la violenza sponsorizzata dagli USA. "La diplomazia può funzionare", disse. Ovviamente non fu così.
Nel 1990, si accampò, con centinaia di persone di tutto il mondo, al confine tra Iraq ed Arabia Saudita in un disperato tentativo di evitare la guerra. Quando iniziò il bombardamento a tappeto, ricordò in seguito, l'ululato terrificante dei cani terrorizzati ed indifesi eclissò la sua stessa paura. (Un ricordo incancellabile di un altro membro del campo e' sia dei cani sia del giorno successivo, quando toccò a lei andare a prendere i rifornimenti d'acqua per la giornata presso una fontana appena fuori della base militare irachena. Mentre stava riempiendo i grossi containers, un soldato corse verso di lei con un kalashnikov. "Ecco", pensò lei. "I nostri paesi bombardano e noi ne paghiamo le conseguenze. "Madam, me li lasci portare. Sono troppo pesanti per lei", disse il militare).
Le autorità irachene arrivarono con dei pullman e accompagnarono i membri del campo alla frontiera giordana, rischiando le loro vite due volte - ad andare e a tornare - lungo una strada piatta e lunare, lunga centinaia di chilometri, in cui non vi era assolutamente alcun posto in cui nascondersi. In Giordania, Kelly prese rapidamente contatti medici e per il trasporto, e trascorse i 42 giorni di guerra andando avanti e indietro sull'autostrada Amman-Baghdad, con le bombe che cadevano attorno, per portare rifornimenti medici.
Subito dopo il bombardamento del rifugio di Amairiyah, a Baghdad, in cui restarono inceneriti tutti coloro che erano all'interno tranne otto, l'indomabile Kelly stette fuori della costruzione fumante, urlando. L'area era diventata, in una notte, una valle di vedovi, poiché all'interno della costruzione vi erano solo donne e bambini, essendo gli uomini restati all'esterno per portare soccorso ai feriti. All'improvviso apparve un bambino, che si aggrappò alla mano di Kelly. Sua madre era in piedi, pietrificata. "Sono americana, mi dispiace", fu tutto ciò che riuscì a sussurrare. "La, la (no, no)", disse la donna. "Non sei tu, e' il tuo governo". Così nacque l'idea per Voices in the Wilderness.
Tre giorni prima del bombardamento del rifugio, Dick Cheney, attuale vice-presidente USA, e Colin Powell, attuale segretario di stato, visitarono la base aerea statunitense di Khamis Mushaf. Dopo un discorso d'incoraggiamento alle truppe, entrambi firmarono alcune bombe da duemila libbre: "A Saddam con affettuosi saluti", scrisse Cheney.
Dopo il bombardamento, furono fatte frenetiche chiamate dal Pentagono per confermare che le bombe lanciate non erano quelle firmate. Quella di Cheney era stata presumibilmente lanciata dal maggiore Wes Wyrich nel nord dell'Iraq. Non si conosce che fine abbia fatta quella di Colin Powell. ("La guerra dei generali", Bernard Traynor e Michael Gordon, Little Brown 1995, pag. 324). Quando chi scrive chiese ad un generale USA se fosse una coincidenza che Amairyah fosse stato bombardato nell'anniversario del bombardamento di Dresda, nel giorno della grande festa islamica dell'Aid al-Fitr e poche ore prima del giorno di San Valentino, lui rispose: "Trovata geniale, eh?"
Dal 1996, quando la burocrazia irachena finalmente si sciolse, convinta della sincerità di Voices, Kelly ha condotto o ha presentato cinquanta delegazioni in Iraq, occupandosi di consegnare tonnellate di giocattoli, medicine e dolci - e individui che intrattenevano bambini che morivano di cancro o di malattie cardiache come risultato diretto delle azioni del loro governo, colpevole di aver imposto il più duro embargo che le Nazioni Unite abbiano mai amministrato. "Un assedio spietato", ecco come Kelly definì le sanzioni. Un'intera generazione e' cresciuta conoscendo solo i continui, illegali bombardamenti anglo-americani e la miseria logorante della vita sotto l'embargo.
"Preferirei morire sotto le bombe piuttosto che per le sanzioni", rimarcò durante una visita la piccola Fatima, di nove anni. Una bambina di quattro anni chiese: "Mi uccideranno?". Poi, manifestò una preoccupazione ancora peggiore: "Uccideranno la mia sorellina?"
Voices e' stato minacciato con lo spauracchio del carcere e di multe da migliaia di dollari ogni volta in cui veniva violato l'embargo imposto dagli americani prima dell'invasione e una delegazione riusciva a portare in Iraq medicine, giocattoli, sorrisi per i bambini. Ci sono già multe imposte all'organizzazione per un ammontare di diecimila dollari. Nella bruciante estate del 1999, Kelly ed un gruppo di attivisti trascorsero tre mesi ospiti di iracheni nella bellissima città meridionale di Bassora, bombardata senza pietà, "per condividere con la popolazione la vita sotto embargo, la mancanza di elettricità, la fame". Mostrarono l'altro volto dell'America ad una gioventù sempre più isolata, che conosceva solo le sofferenze inflitte dall'America, preannuncio di odio e conflitti futuri. Un membro del gruppo risedette in quella che fu chiamata la "via del missile", dove un anno prima le bombe anglo-americane avevano distrutto o danneggiato trentaquattro case, uccidendo sei persone, tra cui tre bambine sotto i sette anni, appartenenti ad un'unica famiglia, e ferendone sessantaquattro. Giustificandosi col dire che vi erano carri armati ed equipaggiamento militare nascosti in questo quartiere povero tra i poveri, i militari USA ammisero a malincuore che si trattava di "un errore".
Durante un'altra estate calda, quella del 2001 a New York, Kelly, insieme ad altre persone, tra cui tre preti, fu arrestata per aver digiunato fuori del palazzo delle Nazioni Unite, dopo averne invitato gli occupanti a condividere con i digiunanti l'unico pasto della giornata e dopo aver preso dell'acqua dall'East River "per ricordarci di quanto siano vulnerabili alle malattie causate dall'acqua inquinata i civili iracheni".
Durante l'ultimo attacco e l'invasione, Kelly restò a Baghdad: "Ci esercitammo a conservare delle espressioni impassibili per non spaventare i bambini, dovunque vi fossero quei boati spacca-timpani. Nei giorni e nelle notti dei bombardamenti, tenevo tra le braccia le piccole Miladha e Zeinab. Ecco come ho imparato a conoscere le loro paure: battevano i denti di mattina, a mezzogiorno e di notte. Ma esse erano molto più fortunate di quei bambini sopravvissuti ad attacchi diretti, e che avevano perduto genitori, fratelli e sorelle.
Quando Baghdad cadde, iniziò un nuovo genere di disperazione, "il collasso tragico dei servizi elettrici e medici, dei sistemi idrici e di scolo, e della distribuzione del cibo da cui dipendeva interamente il 70% della popolazione. Il colera, il tifo e l'encefalite mietevano vittime a Bassora ed i militari non se ne curavano". Kelly si catapultò presso il Centro Operativo Militare statunitense per denunciare la vastità della catastrofe e spiegò che vi era gente nell'UNDP e nella Croce Rossa che, insieme ad esperti iracheni di talento, si erano occupati per tredici anni degli sgretolati sistemi iracheni e che erano in grado di rispristinare i servizi, seppure in maniera imperfetta, entro poche settimane. Le fu detto di non tornare mai più al Centro e di non tornare più all' Hotel Palestine.
Kelly aspetta ora di essere convocata dall'Ufficio per i detenuti affinché le sia detto in quale centro di detenzione dirigersi. L'ex assistente del segretario generale delle Nazioni Unite e Coordinatore dell'ONU in Iraq (egli stesso un candidato al Nobel) e' sgomento. Ha commentato: "Sapere che Kathy Kelly e' stata condannata a tre mesi di detenzione per aver protestato contro il criminale addestramento fornito dalla Scuola delle Americhe e' un oltraggio. Tali aggressive azioni verso cittadini USA che si preoccupano, che sono veramente patrioti, dimostrano che i cosiddetti valori americani e ciò che viene definita "democrazia americana" sono molto vicini alla dittatura. E' stupefacente che un cittadino - per di più candidato al premio Nobel per la Pace - sia minacciato, abusato ed imprigionato, ma non e' una sorpresa considerato il regime estremista di Washington. Kathy e' la persona più coraggiosa che io abbia conosciuto, e le rendo onore, assieme a milioni di persone al mondo".
Nella sua dichiarazione ai giudici, Kelly ha concluso: " ... In Iraq, durante i bombardamenti USA del marzo/aprile 2003, ho visto quanto soffrono i bambini allorché le nazioni decidono di investire le loro risorse in armi e per la guerra più che per venire incontro ai bisogni dell'umanità. Giudice Faircloth, abbiamo visto e sperimentato gli effetti mortali della politica militare USA sulle madri e sui bambini, sulle famiglie.
Abbiamo tenuto i piccoli tra le braccia, cercando di confortarli sotto le bombe. A volte credo che viviamo in un deserto di compassione, in questo paese. Ma quando penso alle tante voci che, in questa corte, hanno cercato di rivendicare l'azione della misericordia, più che l'azione della guerra, mi sento a casa, mi sento grata, e sento il bisogno profondo di restare in silenzio per ascoltare l'urlo degli afflitti - urlo che e' spesso difficilei da ascoltare. Ma quando lo sentiamo, siamo chiamati, tutti noi, ad essere come voci nel deserto, che alzano i loro lamenti e si motivano reciprocamente per la costruzione di un mondo migliore".
Nel frattempo, due paesi giacciono in rovina, gli iracheni vengono uccisi, spariscono, le loro case vengono demolite dai militari USA, senza essere contati, senza che nessuno sia ritenuto responsabile. "Non facciamo la conta dei morti iracheni". Altri la fanno, e stimano in mille il numero di bambini feriti ogni mese. Seicentosessanta persone sono "sparite" nel gulag di Guantanamo. E la pacifista e' in carcere, mentre il presidente Bush ed il primo ministro Tony Blair sono stati nominati al Premio Nobel per la Pace di quest'anno. Il fantasma di Machiavelli cammina a testa alta presso la Potomac.
Voices in the Wilderness
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janet
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Posted - 15 March 2004 : 12:39:20
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L'orso che balla di Uri Avnery
Una volta vi era un genere popolare di spettacolo di strada: un orso ballava per il divertimento dei passanti, che gettavano monetine nel piattino. L'orso era grosso e spaventoso, ma i suoi movimenti goffi facevano ridere la gente. Era molto più forte del suo addestratore, che lo teneva in catene, ma era completamente sottomesso a lui. Una meraviglia da guardare. Il simbolo nazionale degli Stati Uniti e' l'aquila. L'orso, come tutti sanno, e' il simbolo nazionale della Russia. Ma, osservando la relazione tra Sharon e Bush, viene inevitabilmente in mente il vecchio spettacolino dell'orso e dell'addestratore. Ariel Sharon gioca con l'orso americano. Lo fa ballare, saltare, stendere sulla schiena, alzarsi nuovamente, girare e fare capriole, tutto per il divertimento del pubblico israeliano.
Ogni paio di mesi Sharon inventa un nuovo numero. L'orso applaude e fa ciò che gli viene ordinato di fare, fino a che la performance perde il gusto della novità. E allora Sharon ne inventa un altro. Ciò e' accaduto con il numero chiamato Road-map. A dire il vero, questo non e' stato inventato da Sharon, ma dall'orso stesso. Bush ebbe una Visione. Una vera ispirazione. "Due stati per due popoli". Qualcosa di nuovo e di rivoluzionario. (Non importa che una risoluzione ONU già consigliava questa soluzione nel 1947 e che gli attivisti israelo/palestinesi lo propongano da anni. Come si sa, il cervello dell'orso e' piuttosto lento e, inoltre, meglio tardi che mai).
Questa visione partorì la Road-map. Una mappa molto complessa e contorta. Se un guidatore medio avesse dovuto trovare la strada con una mappa simile, non sarebbe mai giunto a destinazione. La mappa, però, portava il marchio personale del presidente degli Stati Uniti ed era firmata da Europa, Russia e Nazioni Unite. Come nutrire dubbi su di essa, dunque?
Il numero iniziò ad Aqaba. George Double-U ama fare fotografie con sfondi imponenti. Davvero, sembra che perda un tempo e delle energie notevoli per scegliere gli sfondi delle sue foto - una portaerei, una divisione completa dell'esercito in parata, una folla di soldati in giubilo a Baghdad. Anche questa volta, trovò un impressionante sfondo: una spiaggia tropicale, mare blu, alti alberi di palma, paesaggio esotico. Sharon e Abu Mazen erano due comparse. Ricevettero la Road-map con una cerimonia solenne, proprio come Mosé ricevette - non lontano da lì - le tavole dei Dieci Comandamenti.
Ma le foto possono mentire, ed anche questa era ingannevole. Non era Sharon ad essere la comparsa in questo numero, ma Bush. Non era l'orso che faceva ballare il suo addestratore, ma il contrario, ancora una volta. Il numero era privo di contenuti. La Road-map era morta ancora prima di nascere, perché Sharon non si era mai sognato di seguirne il percorso. Lui aveva una mappa differente, percorsi differenti e differenti destinazioni. Apparentemente, la risposta di Sharon fu "Sì, ma ..." E vi aggiunse 14 riserve che svuotavano il documento di ogni contenuto. Poi fu stabilito che il governo Sharon avrebbe implementato la sua parte del trattato solo dopo che i palestinesi non avrebbero realizzato una quantità di compiti impossibili. Essendo tali compiti impossibili da realizzare, ovviamente, il risultato fu che Abu Mazen scomparve dalla scena.
E Sharon? Giocò il gioco fino alla fine. Inviò emissari a Washington, si impegnò in colloqui, ricevette funzionari americani, visitò la Casa Bianca e giurò, ad ogni piè sospinto, di non avere obiettivo più sacro che realizzare la Visione di Bush. Il presidente americano si sciolse e cantò le lodi di questo "Uomo di Pace".
Secondo la Road-map, Sharon era obbligato a rimuovere tutti gli insediamenti costruiti a partire dall'inizio del suo mandato, nel febbraio 2001. Ma lui fece ballare l'orso a destra e a sinistra, fino a quando la povera bestia non fu più capace di conoscere alcuna differenza. Dunque, non tutti gli insediamenti dovevano essere rimossi. Solo gli avamposti "illegali" (illegali secondo le autorità d'occupazione, chiaramente) dovevano esserlo. E neanche tutti, sia chiaro. Solo uno o due. Alla fine, nessun avamposto fu rimosso. Ma l'orso americano continuò a ballare felicemente. Nel frattempo, dozzine di nuovi avamposti furono eretti, tutti "illegali". Il governo israeliano fornì loro i servizi idrici ed elettrici e costruì nuove strade per essi. Per essi furono spese ingenti somme di denaro - soldi sottratti ai bilanci dell'istruzione, della sanità e della assistenza sociale. Inoltre, gli insediamenti più vecchi vennero ampliati a ritmo frenetico. Il paesaggio della Cisgiordania mutava visibilmente. Dovunque, esso era sezionato dalle strade costruite per agevolare gli spostamenti dei coloni. E l'orso continuava a ballare.
A tutto ciò, si aggiunse il Muro. In un primo momento, esso fu presentato come una barriera di sicurezza e si presuppose che dovesse seguire, più o meno, la Linea Verde del 1967. Ma ben presto apparve evidente che esso tagliava profondamente la Cisgiordania, annettendo vasti tratti di territorio e trasformando in una beffa il fine dichiarato della Road-map - uno stato palestinese praticabile. I satelliti americani fotografarono, e l'orso ancora danzava. L'importante era solo che Sharon continuasse a lodare la Road-map. Poi Sharon si stancò di quel numero o, forse, ebbe paura che l'orso si fosse stancato o innervosito. Così inventò un nuovo ballo: la Disconnessione Unilaterale. Lasceremo la Striscia di Gaza, smantelleremo 14 colonie laggiù e, in buona misura, anche alcuni insediamenti in Cisgiordania.
Tutto ricominciava, così, dall'inizio. Verranno inviati emissari in America. Emissari dall'America saranno ricevuti a Gerusalemme. Il confidente di Sharon, Dov Weisgals, vedrà Condoleeza. Un generale israeliano si incontrerà con il suo omologo americano. Sharon visiterà la Casa Bianca. E, in Israele, e' stato già approntato lo scenario adeguato per la performance, che prenderà la forma di tempestose manifestazioni dei coloni, accanite denunce da parte dei rabbini, minacce di crisi di governo, dozzine di articoli dei colti esperti che prometteranno che questa volta, proprio questa volta, la 101esima volta, lui sta facendo sul serio. Questa volta Sharon intende davvero quello che dice.
Washington e' in delirio. Beh, non si tratta della Road-map, ma si può fingere che lo sia. La cosa importante e' che Sharon appaia, ancora una volta, come un Uomo di Pace, pronto al ritiro ed allo smantellamento delle colonie. Chi ci avrebbe creduto? Questa settimana, Bush ha inviato tre Saggi da Sharon (incluso Elliot Abrams, un gentiluomo un po' più sionista di Sharon, se tale cosa fosse possibile) per chiedergli educatamente: da dove esattamente Sharon intende ritirarsi? Quali colonie intende smantellare, esattamente? Quando avverrà tutto ciò, con precisione? E, per favore, si può dare un'occhiata alla mappa?
Sharon gli ha riso in faccia. Nessuna mappa. Nessun programma. Niente di niente. E' solo un'idea. La gente ci sta lavorando su. Qui nell'angolo, un Vero Generale ci sta pensando tutto il tempo. Certo. Penseranno, prepareranno carte, andranno avanti e indietro da Washington, Dov incontrerà Condoleeza. Sharon vedrà Bush. (Nel frattempo, gli americani pagheranno dalle loro tasche i miliardi chiesti dai coloni per il pagamento delle ricompense. Dal momento che gli americani hanno già pagato miliardi di dollari per installarli, e' loro dovere pagarne ancora per farli andare via).
E così via, fino a che Sharon non si stancherà anche di questo numero. Allora ne inventerà un altro. Dopotutto, l'importante e' che l'orso continui a ballare.
Redress.btinternet.co.uk,
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janet
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Posted - 06 April 2004 : 00:20:54
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Un mondo perduto di Israel Shamir
Lungo la riva di un torrente di montagna cammina un distinto signore che indossa un vestito candido come la neve e lucidissimi stivaletti di vernice. Il torrente è tortuoso, sulla riva incombono precipizi che rendono difficile il cammino. Sembrerebbe più facile camminare nell'acqua, ma il gentiluomo si preoccupa degli stivaletti e dei pantaloni. Si contorce come un bruco infilzato da uno spillo, si piega in due, spicca salti degni di un campione olimpico, ma non entra nell'acqua. Una vera impresa. E adesso modifichiamo un solo particolare della sceneggiatura. Immaginiamoci il nostro protagonista con un vestito sporco e bagnato, con le toppe sulle ginocchia. Verrebbe spontaneo gridargli: "Smettila, scemo! Entra in acqua! Non hai più niente da perdere!".
Così, più o meno, appaiono all'osservatore esterno le interminabili manovre dell'Israele ufficiale che si sforza, con l'aiuto di incredibili acrobazie, di mantenere i palestinesi sotto il proprio dominio, fingendo nello stesso tempo che non esistano. Nei territori occupati nel 1967 sono stati tracciati centinaia di chilometri di strade che collegano tra loro minuscoli insediamenti ebraici aggirando i villaggi palestinesi. Serpeggiano per i deserti, si inoltrano in valli strette, si inerpicano sui monti, circondano piccole fattorie e grandi città, come se si volesse evitare all'automobilista di scorgere un goy 1 sul proprio cammino. Il fatto è che il goy è segno di sventura. Ora l'ingegno brillante del nuovo primo ministro Ehud Barak prepara un viadotto lungo molti chilometri, destinato ad unire alcuni isolotti dell'autonomia e, nello stesso tempo, a mantenere i territori sotto controllo ebraico. Le trattative di pace sono naufragate ai tempi di Netanyahu, perché non si è riusciti a risolvere il problema di andare da un insediamento all'altro senza incontrare gli odiati goy.
Agli occhi di un osservatore ragionevole l'intera problematica dei territori israelo-palestinesi, delle trattative e della pace non vale un fico secco. Le spetta un posto di diritto sulle barzellette sui matti: "Sentiamo un po', paziente Rabinovic, se aprite la porta e vedete dei goy?" "Quelli mi ammazzano, sta scritto nel Talmud".
Eccovi qualche domanda per buona misura. Quanti sono gli abitanti di Israele? Sei milioni, di cui l'80% ebrei? No caro lettore. In Israele vivono più di nove milioni di persone, di cui gli ebrei sono poco più della metà. Ma agli ebrei questo risultato non va bene. Noi vogliamo l'80% di ebrei. Per questo non calcoliamo tre milioni di goy, e otteniamo il risultato voluto: abbiamo un paese ebraico. Si potrebbe col medesimo successo trovare come risultato un paese ebraico in qualunque altro posto: basta non contare i goy.
Questi tre milioni di goy vivono in Israele, fianco a fianco con gli ebrei che rientrano nel conto. Loro invece non entrano nel conto, e basta. In qualche modo si riesce a non contarli: per questo abbiamo una democrazia ebraica.
Un momento, direte voi: hanno l'autonomia. Lo sappiamo cos'è l'autonomia, c'è stata la Circoscrizione autonoma degli ebrei del Birobidjan, quel pezzetto di Siberia orientale dove Stalin voleva concentrare gli ebrei dell'URSS, e decine di altre autonomie. Ma lo sapete che gli abitanti di questa autonomia non hanno diritto di voto? Che non hanno diritto di uscire dalla propria "autonomia"? Una condizione simile non l'hanno subita né gli albanesi nel Kosovo autonomo, né gli armeni nel Karabakh autonomo. I palestinesi possono soltanto sognare, e invidiare gli uni e gli altri. Un'autonomia del genere di quella di cui godono i palestinesi, di solito, non è diversa dalla "Zona di residenza" in cui lo zar rinchiudeva gli ebrei nella Russia prerivoluzionaria. Ma a favore dei palestinesi la Nato non interviene. Il problema di profughi palestinesi esiste da cinquant'anni, ma nessuno pensa di farli tornare a casa. A Clinton è costato caro, e non a caso, dichiarare che i palestinesi possono vivere dove vogliono: subito gli è saltata addosso la lobby ebraica, e non ha mollato la presa fino a quando il presidente non ha sconfessato le proprie parole. Credo bene! In questo campo i cattivi non erano i serbi ma gli ebrei.
E adesso un'altra domanda: di quali diritti gode l'autonomia palestinese? Hanno un solo diritto, che in realtà è un obbligo: eseguire gli ordini del governo ebraico, e mantenere l'ordine. Quali sono invece i diritti che non hanno? Le autorità dell'autonomia non possono nemmeno scavare un pozzo senza l'autorizzazione dei dirigenti ebraici competenti. Non possono importare né esportare alcunché senza assenso delle autorità ebraiche. Devono comprare merci israeliane a prezzi israeliani. Hanno diritto - come premio - di sgobbare per quattro soldi nelle fattorie e nelle fabbriche israeliane, molte delle quali si trovano proprio nei cosiddetti territori autonomi.
Vi rendete conto di quanto tutto questo sia semplice e bello? Vi costruite una fabbrica nei territori occupati, ci fate lavorare dei palestinesi, ma nello stesso tempo la fabbrica è extraterritoriale, e i palestinesi nono figurano nemmeno negli elenchi della popolazione locale. Si tratta, naturalmente, di un'antica astuzia ebraica. "C'era una volta un rabbino che partì per Odessa di venerdì. Il viaggio durò più del previsto, già cominciava il sabato, ma il rabbino si mise a pregare, e il Signore gli fece un miracolo: era sabato dappertutto ma dove viaggiava il rabbino era ancora venerdì".
Questa parabola è risultata profetica. Ovunque si trovi un ebreo, là c'è Israele, con i diritti civili, il salario minimo, l'assistenza sociale; e dove lui non c'è, là c'è la barbarie, il terzo mondo, la miseria, la tortura e la fame. E così deve essere, secondo una logica da manicomio. Per questo nell'insediamento ebraico di Eli, tra due villaggi palestinesi a sud di Nablus, hanno aperto qualche settimana fa una nuova piscina di misure olimpioniche. Nello stesso tempo i goy dei due villaggi vicini sono senz'acqua: non ne hanno in piscina, e non ne esce dal rubinetto. Ci sono villaggi senz'acqua già da otto mesi. I contadini non hanno soltanto perduto il raccolto, non si possono lavare da settimane. L'acqua potabile se la vanno a prendere con le taniche dio plastica. La mano sulla valvola di distribuzione è una mano ebraica.
Oppure, prendiamo il caso dei visti. Forse sapete che qualche volta le autorità israeliane non consentono al signor Tizio di recarsi nella patria storica del defunto nonno ebreo o della sua cara defunta suocera. Ma sapete che decine e centinaia di palestinesi non possono nemmeno far visita a mogli e figli, perché abitano dalla parte sbagliata del confine del ghetto, la cosiddetta Linea Verde? Che i nonni non possono vedere i propri nipoti, residenti a cinque chilometri di distanza, perché sono divisi da un confine permeabile per gli ebrei, ma impenetrabile per i goy?
Sapete che centinaia di goy sono stati, e sono ancora, rinchiusi per anni nelle carceri israeliane senza giudizio e senza istruttoria, senza accuse né avvocati? Che qualche giorno fa ne è stato liberato uno dopo una detenzione di sei anni senza processo e senza istruttoria? Che sono ancora in prigione settanta persone destinate a restarci sino a quando farà comodo al controspionaggio?
Quanto rumore si è fatto in tutto il mondo per l'arresto di tredici ebrei in Iran: Ma lo sapete che nelle carceri israeliane languono ancora decine di libanesi rapiti, ai quali non è stata mossa alcuna accusa? Furono rapiti quasi due decenni fa, per costringere il Libano a trovare e restituire i resti di un aviatore israeliano ucciso da tempo, dopo essere stato abbattuto in un'incursione contro obiettivi civili.
Lo sapete che in Israele ogni giorno, ogni ora, si torturano uomini, pardon goy? Che le torture continuano per settimane e mesi, e non di rado si concludono con la morte dei torturati? Lo sapete che medici israeliani firmano tutti i verbali di tortura e ne convalidano l'applicazione? Che i tribunali israeliani non se ne occupano e non perseguono la tortura dei detenuti?
Lo sapete che centinaia di migliaia di palestinesi sono stati privati dei loro averi, confiscati dalle autorità ebraiche nel 1948, nel 1967 e ancora oggi? Lo sapete che mentre si discetta sull'oro ebraico nelle banche svizzere, le autorità ebraiche continuano, giorno per giorno, a confiscare i beni dei goy?
Lo sapete che i cristiani di Betlemme non possono nemmeno andare a pregare nel tempio della Resurrezione a Gerusalemme? Che le donne russe sposate ai palestinesi di Betlemme non sono riuscite per anni a ottenere dalle autorità israeliane l'autorizzazione a fare il pellegrinaggio a Gerusalemme? Che i musulmani di Ramallah non possono visitare la moschea a loro sacra di al-Aqsa, a Gerusalemme?
Lo sapete che un ebreo riceve sette volte più acqua di un goy? Che nella Gerusalemme riunificata, dove tutte le entrate sono frutto del lavoro dei goy, tutte le uscite vanno unicamente a vantaggio degli ebrei? Che i palestinesi non possono nemmeno andare a farsi il bagno al mare?
Quando hanno cominciato ad arrivare in Israele, i nuovi immigranti paragonavano spesso il nostro paese con una delle calde repubbliche centroasiatiche o transcaucasiche. Ma ci facevano un complimento: noi viviamo in un mondo perduto, in una remota riserva dimenticata dal tempo. Dopo la democratizzazione del Sudafrica, Israele è rimasta l'ultima nicchia nera sul mappamondo, l'ultimo rifugio del razzismo e dell'apartheid. Ogni volta che passo un posto di blocco lungo la strada, ogni volta che vengo perquisito all'ingresso di un grande magazzino, ogni volta che mi interrogano all'aeroporto, ho la sensazione di viaggiare su una macchina del tempo. No, non conosco un altro paese come questo, anzi un simile paese non esiste proprio.
Ce n'erano, di paesi del genere. Il fatto è che lo Stato ebraico in Palestina è nato verso la fine degli anni venti (anche se ha ottenuto l'indipendenza formale soltanto nel 1948). Era il coetaneo di altre luminose formazioni del suo tempo, e in primo luogo della Germania nazionalsocialista. Molte notevoli realizzazioni di quei tempi hanno trovato realizzazione qui da noi. Da loro si confiscavano i beni degli ebrei, da noi quelli dei goy. Da loro si cacciavano gli ebrei, da noi i goy. Da loro si toglieva il lavoro agli ebrei, da noi non si assumono i goy. Oggi non ci sono goy tra i giudici della Corte Suprema, non ci sono ministri goy, non ci sono goy tra i dirigenti delle grandi società, nemmeno tra gli ingegneri della società elettrica. Da loro si cucivano sui vestiti le stelle gialle, da noi si indica la classificazione "nazionalità" sul passaporto interno. Invece di campi di concentramento noi abbiamo creato campi profughi. Il nostro Shabak, un tempo Shin Beth, non si discosta molto dalla loro Gestapo. L'assassinio degli avversari politici, i rapimenti all'estero, gli arresti e le perquisizioni notturne, tutto questo è ancora in vigore da noi nei confronti dei goy.
Ma il tempo passa. Se la Germania non si fosse impelagata nella guerra mondiale, sarebbe sopravvissuta anch'essa fino ai nostri giorni, e probabilmente si sarebbe ammorbidita. Il campo di Dachau sarebbe stato chiuso (e quello di Auschwitz, generato dalla guerra, non sarebbe mai esistito). Ci sarebbero andati in tournée i gruppi rock, la televisione trasmetterebbe film americani. Avrebbero fatto la loro comparsa i post-nazionalsocialisti. E così da noi. Viviamo nelle condizioni di un nazionalsocialismo ammorbidito, imputridito, decadente ma ancora vitale.
Si racconta che Nazim Hilkmet 2, in punto di morte, abbia chiesto gli portassero "un libro a lieto fine". Io purtroppo non prevedo nessun lieto fine. I partiti sionisti continuano come prima a discutere tra di loro, se sia meglio cacciare i palestinesi nel deserto o rinchiuderli in una riserva. di parità dei diritti si parla soltanto tra gli estremisti più radicali, collocati ben oltre i confini della mappa politica d'Israele.
Nemmeno le forze sioniste più progressiste - nel cui novero è difficile collocare Barak - chiedono la fine dell'apartheid. In generale, del resto, non è il caso di preoccuparsi dei palestinesi. Una volta conclusa la "pace" resteranno nella propria zona e continueranno, come prima, a guardare attraverso il filo spinato le loro terre di un tempo, un mare a loro vietato. Perfino il più notevole piano di pace, quello del partito laburista, è a livello dei bantustan sudafricani, le formazioni semi-autonome dell'epoca dell'apartheid.
Ma la comunità internazionale non si è lasciata ingannare dai bantustan, e ha continuato ad esigere l'attuazione di un semplice principio, la parità dei diritti: "Un uomo, un voto". E' per questo che, col tempo, in Sudafrica è sorta - no , non un utopia, ma uno Stato normale con i suoi normali difetti.
Contro i razzisti boeri hanno combattuto i bravi soldati cubani, che hanno sconfitto le loro unità corazzate nei deserti della Namibia. Contro di noi ci sono soltanto miti contadini palestinesi muniti di ciottoli al posto delle armi. I boeri non avevano alleati importanti. Israele ha un super-alleato, l'ebraismo mondiale. Noi gli siamo indispensabili per avere un posto in cui scappare, siamo indispensabili a tutti quei Maxwell, Berezovsky 3 e Lerner 4 con i loro milioni rubati. E' per questo che ogni giorno spillano quattrini ai russi, agli americani, agli inglesi, e ci sovvenzionano.
Riceviamo miliardi di dollari sottratti ai pensionati di Mosca e ai senzatetto di New York, e li spendiamo per una miriade di militari, per le armi più moderne, per strumenti di tortura e pallottole destinate ai bambini palestinesi. Rimane qualcosa anche per campare, altrimenti saremmo già da un bel pezzo nei guai. E così siamo rimasti incagliati in un'ansa dimenticata dalla storia.
La stampa mondiale è in mano al nostro super-alleato. Qualunque cosa facciamo - fosse pure uno stufato di palestinesi - The New York Times ci discolpa e la NTV 5 pure. Qualsiasi osservazione critica viene attribuita ad antisemitismo. In altre parole, non esiste un fattore esterno in grado di influire sulla nostra situazione, se escludiamo un diretto intervento di Domineddio, che potrebbe finire col disgustarsi di noi, oppure un colpo diretto, inferto da un razzo iraniano/iracheno/russo munito di testata nucleare. Possiamo forse pensare che il popolo americano si stancherà di spender soldi per i nostri gas lacrimogeni?
Ma la pace, una pace normale, una vita normale, in Israele non c'è e non ci sarà. I posti di blocco, l'esercito, lo Shabak - tutto questo sarà sempre con noi, fino alla fine. Esiste una via d'uscita? Si, ma è fantascientifica: dare ai goy la parità di diritti. Dar loro il diritto di voto, esattamente come agli ebrei. Dar loro la libertà di movimento, esattamente come agli ebrei. Dargli il diritto di proprietà, esattamente come agli ebrei. In fin dei conti, una volta i goy hanno dato la parità di diritti agli ebrei, purtroppo per loro.
E allora i problemi scompariranno. Non ci sarà bisogno di tangenziali strategiche. Un ebreo vuole abitare a Hebron? Prego. Un palestinese vuole vivere a Tel Aviv? S'accomodi. E l'esercito? In comune. Un solo parlamento, un solo paese. Se vuoi, rivolgi le tue preghiere a Gesù. Se preferisci a Geova, oppure ad Allah; e se vuoi, semplicemente non preghi. Non saremo in paradiso, ma si vivrà meglio.
L'occasione di ottenere tutto questo ci è stata offerta. Nel quadro della cosiddetta aliya dalla Comunità di Stati Indipendenti - l'ondata di immigrazione proveniente dall'ex -URSS - sono diventati cittadini israeliani centinaia di migliaia di cittadini ex-sovietici il cui legame con il giudaismo è piuttosto tenue. Non è un segreto e nemmeno un errore. Questa gente è stata importata con la benedizione del Netiv, sezione speciale ed ideologicamente ineccepibile del controspionaggio israeliano, autorizzata dai massimi livelli. Le autorità israeliane hanno seguito il cammino tracciato a suo tempo dai babilonesi e dagli assiri: l'espulsione della popolazione locale e l'importazione di coloni privi di legami ed ambizioni locali, fedeli volenti o nolenti alle autorità. Per questo sono stati trapiantati in Israele migliaia di ucraini, russi, tailandesi, romeni e cinesi.
Il fatto è che gli ashkenaziti 6 purosangue - i discendenti dei primi colonizzatori - accettano di lavorare soltanto come dirigenti, o nel settore della difesa e della sicurezza. E' difficile far funzionare un paese fatto soltanto di avvocati, ufficiali della sicurezza, specialisti della pubblicità. Per questo c'è stato bisogno di nuovi immigranti. Col tempo capiranno, se non l'hanno già capito, che per loro e per i loro figli, la strada verso l'alto è sbarrata. I figli di matrimoni misti sono considerati dal diritto religioso ebraico figli di prostitute, colpiti da innumerevoli discriminazioni. Più precisamente, il diritto ebraico non riconosce affatto il matrimonio con i goy, perché secondo il Talmud i goy non hanno né matrimonio, né averi, né anima, come le bestie.
In occasione delle ultime elezioni la consapevolezza interiore di questa circostanza ha indotto molti immigrati dalla Russia a votare per i partiti anticlericali. Ma, per dir la verità, i nostri hared - gli "ortodossi"- sono per lo più un gruppo innocente appartenente alla popolazione originaria. Questo relitto del passato, rimasto ai margini dello sviluppo, si sarebbe già ridotto ai minimi termini se non gli fossero venute incontro le esigenze delle autorità sioniste, e perciò se ne stanno per lunghi anni a studiare nelle yeshivà - le scuole religiose - per paura di essere chiamati a fare il servizio militare. Lo Stato interviene tuttavia per aiutare gli ortodossi e le loro famiglie numerose, e in questo non c'è niente di male. Una sola missione di uno dei nostri gloriosi aerei F-16 diretto in Libano con il suo carico di bombe costa più di tutta l'assistenza fornita alle madri senza marito e alle famiglie numerose. Tutto il bilancio di Mea Shearim - il quartiere degli ortodossi - pesa molto meno di una sola tangenziale strategica tra due colonie dei territori occupati.
Gli ebrei religiosi non sionisti sono arrivati in Terrasanta prima dei sionisti (tra loro c'era anche un antenato dell'autore di questo articolo) e sono diventati anch'essi vittime della concezione sionistica. E così le loro case di Hebron e di Gerusalemme sono state confiscate ed assegnate ai coloni sionisti. Meglio non provocarli troppo, non costringerli a fare il servizio militare, e lasciarli uscire un po' dal ghetto quando vogliono.
Per quanto siano ripugnanti le leggende talmudiche - e sono convinto che rientrino nella variante più nera del clericalismo antiumanitario - credo che gli hared ortodossi abbiano diritto di vivere come vogliono a Gerusalemme e Bnei Brak, così come vivono a Brooklyn, Parigi o Kiev. Altra cosa è che il giudaismo debba essere privato di ogni privilegio. Nello stesso modo sarei pronto a sostenere il diritto degli ebrei a vivere tra i palestinesi di Hebron come a Giaffa, Nablus, Ariel fino all'ultimo paesino, ma senza privilegi, così come vivono gli ebrei in mezzo a tutti i popoli del mondo, da Mosca a New York fino a Damasco e al Cairo.
La trasformazione della Palestina / Israele in un paese normale è possibile. Bisogna smettersi di contorcersi e aggrovigliarsi, bisogna entrare nell'acqua pura del ruscello e passare dall'altra parte, sulla sponda verdeggiante di una Palestina unita e indivisibile. Ma è difficile che questo possa compiersi senza un altro disastro militare.
Israel Shamir
Articolo scritto in russo
Tratto dal libro di Israel Shamir Carri armati e ulivi della Palestina. Il Fragore del silenzio. Edizioni CRT, Pistoia 2002 Editrice CRT, via San Pietro 36, 5100 Pistoia. Tel.: 0573 976124 - Fax: 0573 366725 E-mail: info@editricecrt.itinfo@editricecrt.it In Internet: www.editricecrt.it
1 Letteralmente significa "le nazioni", ma indica tutti i non ebrei. 2 Poeta turco nato ad Istanbul 1902 e morto a Mosca nel 1963. 3 Boris Berezovsky, venditore di auto, riuscito poi ad a impossessarsi dei beni dell'Aeroflot, nel 1996 si vantò di essere uno dei sei uomini che controllavano la metà dell'economia russa e di essere riuscito a far eleggere Boris Yeltsin. Costretto a fuggire il paese da Putin, egli ha recentemente contribuito 100.000 dollari - tramite la sua Foundation for Civil Liberties - all'associazione assistenziale ebraica FEGS. 4 Gregory Lerner, mafioso russo attualmente detenuto in Israele. 5 Canale TV privato russo. 6 Ebrei dell'Europa orientale.
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janet
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Posted - 06 April 2004 : 00:32:23
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La pietra angolare della violenza di Israel Shamir
Mentre gli F-16 stanno di nuovo bombardando città palestinesi e giovani uomini stanno sacrificando la loro vita e la vita di altri, Martin Indyk proclama, sul quotidiano New York Times del 8 agosto 2001, che "la violenza sta aumentando". I servizi di BBC e di CNN, come il coro della tragedia greca, fanno eco a Indyk con le loro rassegne sulla "Violenza in Palestina". La Casa Bianca emette un nuovo appello ad "interrompere il ciclo della violenza". Questa "violenza" senza volto né cause avrebbe, probabilmente, dovuto essere capitalizzata da "l'ira" del primo verso dell'Iliade. Quel poema eterno inizia con un invito a "cantare l'ira di Achille". Nel mondo di Omero, l'ira (o furore, guerra, amore, speranza) era una condizione personificata. Oggi, siamo portati a vedere un Achille arrabbiato o un marito violento, piuttosto che l'Ira o la Violenza di per se. A meno che chi commette i soprusi sia lo stato ebreo. In tale caso facciamo ricorso al concetto omerico di violenza come fenomeno in se e svincolato, piuttosto che vedere un azione condotta da uomini. La gente discute seriamente come "gestire la Violenza" per poter portare la Pace.
Nel mondo reale, la Violenza non è come un fenomeno meteorologico. Qualcuno la sta commettendo sicché di norma siamo in grado di identificare nello stuolo delle nuvole la causa della pioggia. E così è successo che con l'invocazione del processo "Mitchell", quando ormai la quota giornaliera di uccisi era incominciata pian piano a diminuire, gli avvocati della supremazia ebraica, depositando la pietra angolare del Terzo Tempio, si sono messi a recitare il secondo atto della visita provocatoria di Ariel Sharon alla Spianata delle Moschee.
Appena compiuta la provocazione della pietra angolare, Israele la fece seguire da un'ondata di uccisioni a Nablus, Ramallah ed altrove cercando di fare rispondere i palestinesi di tono. Sembra ormai trattarsi di un copione. Nello scorso settembre, in seguito alla visita di Ariel Sharon alla Spianata delle Moschee, la polizia di frontiera di Israele uccise sette fedeli in preghiera nella moschea di Gerusalemme dando così, l'avvio alla Seconda Intifada. Gli assassini di Sharon non smisero di uccidere finché un attentatore suicida non li accontentasse con una risposta.
Non vi è coincidenza. Israele vuole che la sommossa palestinese continui. Israele non vuole la pace, bensì un conflitto a bassa intensità. Una guerra con i palestinesi permette ai leader di Israele di tenere insieme le loro comunità eterogenee evitando che si scannino l'una l'altra. Ma ciò che è più importante, la guerra permette ai leader ebrei in tutto il mondo di portare avanti il loro compito arduo di rivitalizzare l'Ebraismo Mondiale, una costruzione medioevale alquanto attempata. Perciò non ha senso fare appelli contro la "Violenza" ed a favore della "Pace". Finché sussisterà lo Stato della Supremazia Ebrea, esso continuerà a produrre violenza e a prevenire la pace.
Le recenti spedizioni assassine hanno avuto anche lo scopo di coprire con una montagna di cadaveri la provocazione della pietra angolare. Il significato di questa cerimonia oscura (della deposizione della pietra) è stato ulteriormente offuscato dai mass media che facevano misteriosamente evaporare ogni riferimento a quell'atto. Ad esempio, l'agenzia Reuters riferì in data 3 agosto 2001: "La polizia israeliana ha preso d'assalto la Spianata delle Moschee, venerata dai musulmani quale Haram Ash Sharif, in seguito ad una lancio di pietre da parte di palestinesi, su ebrei che stavano pregando al Muro del Pianto sottostante."
Per quale motivo i palestinesi si sarebbero messi, all'improvviso, a lapidare ebrei ? la storia della pietra angolare fu omessa dai notiziari, sicché l'americano e l'europeo medio ha avuto l'impressione che i musulmani "selvaggi" avessero aggredito pacifici ebrei in preghiera, e ciò per nessuna ragione. Di questo passo, l'unanimità della stampa in lingua inglese fu spaventosa. La BBC, dando prova questa volta, di una sua maggiore obiettività rispetto alle reti statunitensi, colmando la lacuna, riferì che "soldati Israeliani erano entrati nella moschea in risposta al lancio di sassi da parte di musulmani", collocando alla fine del servizio, un riferimento alla pietra angolare. Ci risulta adesso che la trasmissione del documentario della BBC su Sharon sia stata un singolare atto di coraggio che non sarà ripetuto così presto.
Per quanto riguarda le reti televisive americane, i loro servizi continuano a essere consistenti, spacciando senza alcun indugio la versione israeliana. Per questo motivo ritorneremo alla vicenda facendo passare in rassegna i dettagli della strana, quasi già dimenticata storia della pietra angolare. Non si era trattata della consueta provocazione israeliana. La faccenda era atta a rammentare le invocazioni di magia nera di Pulsa di Nura, la formula cabalistica usata contro il Primo Ministro Yitzhak Rabin. Nel 1995, i media israeliani riportarono una riunione dei Cabalisti importanti per invocare gli spiriti del male implorandoli di estinguere la vita del Primo Ministro. Di lì a poco, Rabin fu assassinato da un fanatico religioso ebreo. Uno degli organizzatori della cerimonia Pulsa di Nura fu sottoposto ad un processo in tribunale e condannato al carcere, per incitamento all'omicidio. Non è necessario credere alla magia nera per comprendere il ragionamento del giudice.
Per poter valutare il significato della deposizione della pietra angolare, immaginate: vi svegliate una bella domenica mattina, nella vostra casa fuori città, prendete il caffè e vi avviate verso la vostra chiesa. Qui vi imbattete in un assembramento movimentato. Davanti alla chiesa incontrate un gruppo di uomini, ben protetti da soldati armati e dalla polizia, che si danno da fare per installare un immenso cartellone sul quale sta scritto: "In questo luogo sorgerà una sinagoga nell'anno 2001". Sullo sfondo il rombo di bulldozer con i motori accesi e la voce amplificata del rabbino pronunciando le benedizioni per la nuova sinagoga. Mettete al posto della vostra chiesa parrocchiale il Duomo di San Pietro o il Santo Sepolcro e capirete quali fossero i sentimenti dei palestinesi di Gerusalemme.
Se è vero che i Fedeli del Monte dei Templi, il gruppo che aveva messo in piede questa cerimonia magica, sono un gruppo piccolo e difficilmente inquadrabile nell'orientamento della maggioranza, non altrettanto si può dire dell'istituzione che loro aveva dato luce verde. Scartando le obiezioni della polizia, la Corte Suprema, la più alta autorità giudiziaria ebrea, permise loro di mettere in atto il loro progetto nella fatidica data del nono giorno del mese Ab del calendario lunare, con tutto il significato mistico inerente a quella data. Tutto lo schiacciante potere dello Stato ebreo, compresi migliaia di poliziotti e soldati, fu mobilitato per permettere lo svolgimento della cerimonia. Perciò è lecito paragonare la piccola banda dei Fedeli all'estremità sottile, affilata dello strumento odontoiatrico in mano al dentista, che lo spinge nella profondità del dente per verificare che la radice sia devitalizzata.
I risultati di questo esame doloroso non lasciarono spazio ad equivoci. Il nervo, apparentemente, era vivo e la rapida mobilitazione dei palestinesi costrinse gli ebrei a deviare il corteo dei Fedeli. La cerimonia ebbe luogo fuori dalle mura della Città Vecchia e fu leggermente anticipata rispetto al programma. Durò qualche minuto e poi la pietra fu riportata nel suo luogo d'origine, nell'ombra profonda e protettiva del Consolato degli USA. La spinta inferta dallo strumento odontoiatrico provocò un dolore intenso nonché la risposta prevedibile dei palestinesi come pure, in seguito, l'aggressione violenta della polizia ai fedeli presenti nella moschea. Qual è stato il motivo di tutto questo turbamento ? Perché i ragazzi palestinesi pensavano di poter affrontare la polizia della frontiera, famosa per la sua brutalità ? Quale grande importanza aveva la pietra angolare ?
Molti ebrei e i loro alleati sionisti cristiani credono che la bellezza preziosa della spianata delle moschee, le moschee di Gerusalemme erette nel settimo secolo, andrebbe distrutta per permettere l'edificazione di un tempio ebraico sulle loro rovine. Perché mai si dovrebbe compiere un tale gesto ? la gente fornisce svariate spiegazioni, di carattere storico ed escatologico. Non certo per qualche motivo di giustizia storica o per motivo di preghiera, considerando che l'ebraismo tradizionale ha interdetto ogni interazione con il Monte del Signore. Alcuni ebrei con inclinazioni mistiche credono che tale atto renderebbe la dominazione ebraica del mondo totale ed irreversibile. Questa credenza non è patrimonio esclusivo di lunatici e gente stramba, nemmeno dei soli sionisti, ma rappresenta una convinzione piuttosto diffusa.
I mass media dell'occidente generalmente rappresentano il conflitto in termini di un conflitto tra musulmani ed ebrei. Ma il conflitto, visto con gli occhi di questi ebrei, è un conflitto tra ebrei e non-ebrei, gentili. Nella loro mente, il Monte dei Templi è un Cerchio magico di Potere, che li toccherà assumere quando il tempo sarà maturato. Come il cerchio in Tolkiens "Lord of the Rings" (il professore britannico era un uomo molto erudito), questo atto dovrà fare venire il Messia. Per i mistici ebrei, questo Messia non è il Messia Cristiano. Nel loro libro, il Messia non è un gentile Gesù messaggero all'umanità intera. Il loro Messia ridurrebbe per sempre in schiavitù le nazioni della terra rendendo il Popolo Eletto i signore dell'universo. Il loro Messia, il Tiranno dominatore sui popoli della terra, è l'Anticristo della profezia.
Col volgere dall'uno al due nella conta dei millenni sul metro della nostra Cabalina Cosmica, le menti normalmente sane vengono facilmente assalite da pensieri apocalittici. Non sarebbe la prima volta che alcuni ebrei sognano della dominazione della terra e del reame eterno dell'Anticristo. Soltanto che oggi si trovano in possesso di armi nucleari, di aerei e navi di combattimento del tipo più evoluto, di immense ricchezze, dell'appoggio cieco degli USA, di decine di milioni di volenterosi schiavi "cristiani sionisti" e di una vasta rete di mass-media internazionali, mansueti e docili.
Non vi è solo il misticismo. Dieci anni fa, un giornalista israeliano in auge, Nahum Barnea, scrise su Yediot Aharonot: "Per decenni gli ebrei si sono sforzati a rifiutare il mito (del dominio ebreo del mondo e della riduzione degli non-ebrei in schiavitù) trattandolo come torbida manifestazione di anti-semitismo. Adesso invece, alcuni ebrei ci credono." L'intellettuale ebreo recentemente scomparso, Israel Shahak, commentò: "Il partito Likud al governo (per non parlare dell'ala di estrema destra) crede effettivamente in questo mito".
L'eminente quotidiano Haaretz scrisse che Sharon, come fece prima di lui Barak, si recherebbe di nascosto a trovare i maghi della Cabala per chiedere i loro consigli. Tutto questo è molto di moda; scuole cabalistiche, corsi e negozi si sono estesi come in una rete attraverso lo stato ebraico. La Terra Santa si trasformerà, secondo le loro linee guida, in una Terra Brulla. Questo non verrà lasciato al caso. La Cabala viene attribuita al mistico del primo secolo, Simeon Ben Yohai, la cui massima più diffusa dice: "Schiacciate la testa del migliore dei serpenti, uccidete i migliori tra i gentili".
Tale modello arcaico di dominazione, genocidio e riduzione in schiavitù, esige contenuti religiosi di tipo arcaico. Molti israeliani avvertono il ritorno dell'antico spirito di odio e dominazione. Il supplemento di fine settimana di Haaretz aveva pubblicato il racconto breve di un presidente americano: costui avrebbe cercato di sottrarsi agli ordini dei Cabalisti per finire poi, destituito dai suoi stessi subordinati. Gli ebrei sono destinati a dominare il mondo, predicava Rabbi Leichtman, un Cabalista di prim'ordine, in un lungo articolo uscito su Vesti, un giornale russo-israeliano. Nei chat-room di Internet israeliano, si trovano cose più pepate. Qui si cita una vecchia poesia di Uri Zvi Greenberg, un poeta ebreo recentemente scomparso, che invitò allo sterminio dei gentili. Greenberg non si limitò ai soli palestinesi, come aveva fatto lo scomparso Menachem Begin, né ai soli arabi, come fece l'autorità spirituale più alta in Israele, Rabbi Obadiah Joseph. Lo sterminio di Edom - codice tradizionale per i gentili europei ed americani - si presenta come opzione plausibile alle menti febbricitanti dei seguaci della Cabala.
Questo spirito si riversa sulla diaspora ebrea. Nel cuore degli USA, in Atlanta, si è svolto recentemente un dibattito nel Centro della Comunità Ebraica, in presenza del Console di Israele, d'un uomo d'affari ebreo, di un eminente rabbino di Atlanta e di un giornalista del New York Times, Una persona che era stata presente al dibattito mi scrisse: "Ciò che mi ha colpito furono, innanzitutto, i commenti del rabbino. Mentre costui si professò non-sionista, dichiarò anche (abbiamo registrato le parole) che obiettivo ultimo della creazione dello stato di Israele, nella sua interpretazione, sarebbe quello di assumere il controllo del potere e delle ricchezze su scala mondiale. Gli ebrei faranno, un giorno, crollare i governi del mondo e si faranno assegnare posizioni di comando su scala globale. Questo, egli avvertiva, si sarebbe verificato entro pochi anni".
Dall'altro capo del mondo, in Russia, un seguace ebreo del movimento Jabotinski, il ultranazionalista cui fa parte lo stesso Sharon, scrisse una poesia: "Noi, gli Eletti, siamo uniti dall'odio alle tribù schiave che erano insorte, avevano detronizzato i nostri avi e ripudiato il nostro Dio. Quando tu avrai capito qual è il tuo posto in questo mondo, un maiale deve restare nel suo porcile. Voi vi siete ribellati e ci avete costretti a servirvi, ma adesso è arrivata la vostra fine. Noi siamo i vostri signori. Voi siete i nostri schiavi. Questa è la volontà di Dio. Presto il nostro sole sorgerà di nuovo e gli schiavi non oseranno levarvi lo sguardo. E allora, il Signore del mio Popolo apparirà in Cielo mentre noi, la dozzina di dozzina di migliaia (cioè, 144 000) di Eletti siederemo nel grande Anfiteatro guardando le colonne di anime miserabili strisciando verso il loro paradiso. Per volontà di Dio, lo chiameremo Auschwitz."
Parlano perfino di una ricostruzione genetica del Re dell'Anticristo. Il brillante cane sciolto, il Dr. Avi Ben Abrahams sembra esserne il capo progetto. Quest'uomo singolare era tornato di recente in Israele, dopo aver passato qualche anno in California dove collaborava con un progetto tipo Star Trek, chiamato Deep Freeze (Congelamento) e rivolto ad ebrei molto facoltosi. Riempitosi di soldi, Ben Avraham fece costruire un palazzo a Cesarea, sulla sponda Mediterranea a circa 50 km al nord di Tel Aviv e si mise in contatto con l'esperto in genetica, l'italiano, il Dr. Severino Antinori. Ben Avraham, che aveva conseguito la sua laurea in medicina all'età inaudita di 18 anni, accennò ai suoi progetti in un intervista a Haaretz. Qualche giorno fa, il suo progetto ha avuto qualche attenzione da parte del The New York Daily News, un quotidiano di Mortimer Zuckermann, un miliardario ebreo, credente nella Supremazia degli Ebrei e capo della Conferenza delle Organizzazioni Ebree Americane (Conference of Jewish American Organizations).
Gli uomini dell'odio e della vendetta si tengono pronti ad afferrare il cerchio magico del potere, il Monte dei Templi, per affermare e perpetrare il dominio dell'Anticristo. Ma questo non può essere conseguito con la forza semplice e nuda, considerando la proibizione medioevale, Issur Homah. Un'azione prematura potrebbe generare contraccolpi. Un capo spirituale ebreo di Brooklyn, Rabbi Lubavitch, era considerato dai suoi discepoli un potenziale Messia ed è per questo che non si era mai recato in Terra Santa. Non si sentiva pronto per la prova delle forze. Per adesso, i figli della Palestina, fratelli di Faris Ode, nipoti di Cristo, tengono a bada questi fanatici religiosi. Ma adesso, Sharon e la sua banda di credenti maligni mettono alla prova loro capacità d'appiglio allungando la mano verso l'Orient House, una villa degli Husseini a Gerusalemme. Se verrà permesso che questo gesto passi in silenzio, sarà stato compiuto un ulteriore passo verso la conquista del Cerchio del Potere.
Lo scrittore russo Eugenio Zamyatin, un introspettivo, è l'autore di una breve favola all'altezza di un vangelo. Si tratta della storia di un uomo che decise di costruire un tempio, ma non aveva soldi. Fece l'agguato ad un mercante intercettandolo lungo la strada principale, lo torturò fino alla morte estorcendogli una grande quantità di denaro e quindi, costruì il tempio. Invitò un vescovo e numerosi preti nonché gente comune ma entro breve tempo tutti abbandonarono la chiesa: il luogo era intriso di odore di morte. Non si può costruire un tempio sul sangue di innocenti. Un contemporaneo di Zamyatin, più anziano di lui, un ebreo intellettuale di Odessa, il "sionista spirituale" Ahad Haam, colse il concetto con parole semplici e belle: - Se questo dovesse essere il Messia, non desidero vedere il suo arrivo.
Israel Shamir, 08 agosto 2001
Nota dell'autore: Questo articolo, così come tutti i testi di Israel Shamir possono essere liberamente diffusi su Internet. In caso di distribuzione di copie stampate su carta, il consenso dell'autore è necessario. Per mettersi in contatto con Israel Shamir, scirvi a shamiri_@netvison.net.il.
Traduzione di Susanne Scheidt Milano, Ferragosto 2001
Israele Shamir è un importante intellettuale, scrittore traduttore e giornalista. Nel 1969 è immigrato in Israele, ha servito come paracadutista nell' esercito e combattuto nella guerra 1973. Dopo l'esercito, ha ripreso sui studi in legge all' università ebraica di Gerusalemme, ma ha abbandonato la professione di legale scegliendo una carriera come un giornalista e scrittore . Dopo il ritorno in Israele in 1980, Shamir ha scritto per il quotidiano Haaretz ha lavorato nella Knesset come il portavoce del partito socialista d'Israele Shamir e Edward Said sono i maggiori rappresentanti della soluzione democratica per la Palestina (generalmente indicata con "un uomo-un voto". I suoi saggi più recenti stanno circolando ampiamente sul Internet ed ora sono inviati a molti eminenti media. Shamir ha 50 ed è padre di due figli.
Perchè sostengo il ritorno dei Palestinesi.
La Palestina non è un oggetto morto, ma invece un paese vivo. La sua anima sono i palestinesi. La Palestina è ciò che i palestinesi creano in tempo reale, esattamente come la Francia è ciò che i francesi stanno creando nella loro vita di ogni giorno. Si farebbe una gran confusione mentale se si ritenesse possibile amare la Francia, ma avendo in odio i francesi, giacché la Francia non esiste senza i francesi. Solo i turisti sciocchi dei paesi ricchi, inseguiti da mendican.
Un cuore non può bastare per due.
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