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 Un angolo di cielo 2 poesie nel mondo
 PALESTINA.
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janet
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Posted - 13 September 2003 :  22:10:57  Vedi Profilo Send janet a Private Message  Rispondi quotando



13 Settembre 2003


Ucciso un anziano a Nablus


Un palestinese di 85 anni è stato ucciso questa mattina nella città vecchia di Nablus, in Cisgiordania, hanno detto fonti ospedaliere palestinesi.

La vittima è stata successivamente identificata come Fathi Bulbul. L'anziano era affacciato ad una finestra di casa quando un proiettile lo ha colpito, uccidendolo sul colpo.

Poco dopo, le truppe d'occupazione si sono ritirate dalla zona. Con la morte dell'anziano sale ad almeno 3.478 il numero delle persone rimaste uccise fin dall'inizio della rivolta contro l'occupazione tuttora in corso , a fine settembre 2000: 2.596 erano palestinesi e 819 israeliani.


Sostegno ad Arafat dopo la decisione israeliana di deportarlo


Più di 5000 persone si sono riversate ieri in strada a Gaza City per dimostrare sostegno ad Arafat dopo che le fazioni islamiche e nazionalistiche avevano invitato la popolazione a radunarsi. Centinaia di guerriglieri hanno aperto il fuoco in aria, gridando "Vendetta contro Israele" e slogans in favore dell'anziano leader minacciato di deportazione.
A Ramallah, circa 3000 persone si sono radunate all'interno della Muqata, il Quartier Generale dell'Ap, per protestare contro Israele e la sua illegale occupazione e in segno di solidarietà con Abu Ammar, nome di battaglia di Yasser Arafat.
La decisione israeliana di espellere Arafat dalla Palestina, decisione che, ha sottolineato il ministro israeliano Silvan Shalom, "e' valida in linea di principio", e' stata condannata dall'ONU e da tutti i maggiori leaders mondiali.





Il Daily Telegraph incontra Ahmad Yassin



Il fragile uomo in veste bianca giace a letto, sorridendo benevolmente e salutando un fiume di visitatori con voce sottile, tremula.
Sheikh Ahmad Yassin, il leader spirituale di Hamas, si sta riprendendo nella sua virtualmente indifesa casa di Gaza City, apparentemente imperturbabile dopo essersi salvato per un pelo da un attacco missilistico condotto da un F-16 israeliano appena 24 ore prima.

Sheikh Yassin non sembra turbato dal fatto che Ariel Sharon lo abbia definito "uomo morto che cammina". La sua posizione non ufficiale in cima alla lista israeliana di "assassini extra-giudiziari" sembra che non abbia il potere di smuoverlo.
Con un velo bianco in testa e l'ausilio uditivo all'orecchio sinistro, sheikh Yassin intrattiene cordialmente i visitatori, ridendo quando, per scherzo, uno gli chiede: "Dov'erano i tuoi aerei che ti avrebbero dovuto difendere dagli F-16?".
Questa battuta a cuor leggero proviene da uno dei due militari con la divisa dell'Autorità Palestinese, venuti a porgere i loro rispetti - gli stessi uomini che l'America ed Israele pretendono che debbano schiacciare Hamas.

Sheikh Yassin, 67 anni, il principale fondatore di Hamas, giace in un letto d'ospedale, nel soggiorno della sua casa di Gaza, nell'area di Mujama Islami. Vi sono solo tre guardie, nessuna delle quali, ovviamente, armata. Nessun visitatore viene perquisito all'entrata, e la porta d'ingresso e' spalancata.
E' scampato al fallito tentativo di assassinio di sabato scorso con qualche contusione e bruciatura.
Inesplicabilmente, la bomba israeliana era stata lanciata al piano superiore della palazzina che stava visitando.
Non sorprendentemente, sheikh Yassin, quadriplegico condannato alla sedia a rotelle da quando, bambino, aveva avuto un incidente, era al primo piano al momento dell'esplosione.

"Io ed il mio amico Ismail al-Haniya (un altro leader di Hamas) eravamo seduti in casa quando e' stata lanciata la bomba", ha dichiarato sheikh Yassin al Telegraph.
"Abbiamo visto molta polvere. C'era buio. Alcune mura erano crollate. Siamo riusciti d uscire quasi incolumi.
Siamo stupiti da come Allah ci abbia salvati".
Sheikh Yassin, responsabile dell'organizzazione di dozzine di attacchi contro Israele, ha condannato la decisione dell'Unione Europea di dichiarare Hamas un'organizzazione terroristica. "Ora l'Europa ha dato ad Israele la luce verde per continuare gli assassini ed i massacri, come se il popolo palestinese non avesse diritti", ha detto.
"L'occupazione uccide tutti noi e chiamano terrorista il popolo palestinese quando esso difende sé stesso ed i suoi diritti".

Subito dopo il tentato assassinio, Sheikh Yassin ha rivolto un discorso di fuoco ad un pubblico infuriato in una moschea di Gaza, dichiarando che Israele pagherà un alto prezzo per l'attacco.
Eppure, di fronte alla stampa occidentale, preferisce usare termini moderati. "La questione non e' la vendetta", dice.
"La nostra terra e' occupata, ci sono 10.000 prigionieri palestinesi. Non vi e' famiglia che non abbia un parente martire, ferito o arrestato. Gli israeliani uccidono il nostro popolo, distruggono le nostre case. E' diritto dei palestinesi difendersi".
(The Daily Telegraph, 8 settembre 2003)














janet


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janet
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Posted - 13 September 2003 :  22:21:29  Vedi Profilo Send janet a Private Message  Rispondi quotando
E' stata uccisa Anna Lindh, ministro degli Esteri svedese, uno dei difensori chiave, in Europa, della causa palestinese e fautrice di una campagna di boicottaggio contro i prodotti israeliani. Anna e' morta stamani, giovedì 11 settembre, un giorno dopo essere stata accoltellata da uno sconosciuto assalitore a Stoccolma.




TI RICORDEREMO!



Ricorderemo il tuo senso della giustizia e dell'umanità, così raro in un mondo politico dominato dall'opportunismo e dalla vile acquiescenza verso i potenti.



Anna Lindh e' stata colpita al braccio, al petto ed all'addome mentre faceva compere in un grande magazzino della capitale svedese. Non vi sono informazioni sull'assalitore, ma testimoni oculari sostengono si tratti di uno svedese tra i 30 ed i 40 anni. Voci governative subito dopo l'aggressione avevano escluso che la Lindh corresse pericolo di vita ma l'emorragia causata dal danneggiamento del fegato le e' stata fatale.
L'attacco ad Anna Lindh, che non aveva guardie del corpo, riporta alla memoria l'assassinio dell'ex-primo ministro svedese Olof Palme, anch'egli forte sostenitore della causa palestinese, ucciso mentre usciva da un cinema di Stoccolma nel 1986.
Lindh, la cui morte ha sconvolto il tranquillo paese nord-europeo, era una brillante donna politica e si riteneva dovesse succedere a Goeran Persson come primo ministro.
Anna Lindh era molto popolare tra i palestinesi a causa del suo coraggio e determinazione nel criticare le oppressive pratiche israeliane nei Territori occupati.
Nel giugno 2002, l'ala giovanile dei Social-Democratici svedesi, di cui Lindh faceva parte, aveva firmato una petizione per la messa in stato d'accusa di Ariel Sharon per crimini di guerra e violazione della legge internazionale.











janet


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Posted - 13 September 2003 :  22:49:05  Vedi Profilo Send janet a Private Message  Rispondi quotando
Mamilla Pool


di Israel Shamir




Krauthammer vuole ripetere questa prodezza in Palestina.
"Essa" e' già isolata, divisa in settanta pezzi dall'esercito
israeliano. Ora e' pronta per il grande assassinio.
"Uccidila", urla con grande passione. Forse si preoccupa
che i persiani fermeranno ancora una volta il bagno di
sangue prima che Mamilla Pool si riempia.




Le cose si muovono in fretta, al giorno d'oggi. Solo ieri difficilmente avremmo osato definire la politica israeliana di discriminazione ufficiale contro i palestinesi con il duro termine di "apartheid".

Oggi, mentre i carriarmati ed i missili di Sharon martellano i villaggi e le città indifesi, a stento il termine e' sufficiente. E' diventato un ingiustificato insulto ai supremazisti bianchi del Sudafrica. Dopo tutto, essi non usarono mitragliatrici e carriarmati contro i nativi, non assediarono Soweto e non negarono l'umanità dei loro cafri. I supremazisti ebrei hanno fatto l'impossibile: ci hanno riportato, con un colpo di bacchetta magica, al mondo di Giosuè e di Saul.


Mentre continua la ricerca della parola giusta, il coraggioso Robert Fisk propone di chiamare gli eventi in Palestina "guerra civile". Se questa e' una guerra civile, il massacro di un agnello e' una corrida. La disparità delle forze in campo e' troppo colossale. No, Virginia, non e' una "guerra civile", e' un genocidio strisciante.
E' il punto della saga in cui il buon ebreo tira fuori il suo fazzoletto ed esclama: "Come abbiamo potuto commettere tali crimini! noi, eterne vittime della persecuzione! ". Beh, non trattenete il respiro aspettando questa battuta. E' avvenuta già e può avvenire ancora.

Gli ebrei non sono più sanguinari del resto dell'umanità. Ma la folle idea di essere gli Eletti, l'idea della supremazia, sia di razza che di religione, e' la forza attiva dietro i genocidi. Se tu credi che Dio abbia scelto il tuo popolo per governare il mondo, se pensi agli altri come subumani, sarai punito da quello stesso Dio il cui nome pronunci invano. Non sarai trasformato in un gentile ranocchio, ma in un maniaco assassino.

Quando i giapponesi sperimentarono un pizzico di questa malattia, negli anni '30, violentarono Nanchino e mangiarono il fegato dei loro prigionieri tedeschi, ossessionati dal complesso di superiorità ariana, riempendo di cadaveri Baby Yar. Fedeli lettori di Giosuè e dei Giudici, i Padri Pellegrini fondatori degli Stati Uniti indossarono la corona degli "Eletti" e riuscirono a sterminare i popoli nativi d'America.
Gli ebrei non fanno eccezione. Fuori del Jaffa Gate di Gerusalemme (Bab al-Khalil), vi era, un tempo, un piccolo sobborgo chiamato Mamilla, distrutto dagli accaparratori del patrimonio immobiliare proprio alcuni anni fa. Al suo posto, hanno creato un mostruoso "villaggio" per ultra-ricchi, adiacente al lussuoso Hotel Hilton. Un po' più in là vi e' l'antico cimitero di Mamilla, dei nobili arabi ed il Mamilla Pool, una piscina d'acqua scavata da Ponzio Pilato. Durante i lavori di costruzione, gli operai si imbatterono in una grotta contenente centinaia di crani e di ossa. Era adornata da una croce e da un'insegna: "Solo Dio conosce i loro nomi". La Biblical Archeology Review, dell'ebreo americano Herschel Shanks, pubblicò un lungo articolo dell'archeologo israeliano Ronny Reich su questa scoperta.

I morti furono portati al loro eterno riposo nel 614 d.C, il più terribile anno nella storia della Palestina fino al 20esimo secolo. Lo studioso scozzese Adam Smith scrisse nel suo Historical Geography of Palestine: "La terribile devastazione del 614 e' ben visibile ancora oggi sul territorio. Essa non potè essere guarita".

Nel 614, la Palestina faceva parte dell'Impero Bizantino. Era una terra cristiana prospera, di agricoltura ben sviluppata, di sfruttati sistemi idrici e terrazze attentamente piantate. I pellegrini giungevano a frotte nei Luoghi Santi, e gli edifici del Santo Sepolcro e dell'Ascensione al Monte degli Olivi, costruiti da Costantino, erano tra le meraviglie del mondo. La desolazione ebraica era ravvivata da ottanta monasteri, in cui erano raccolti preziosi manoscritti ed in cui venivano offerte preghiere. I Padri della Chiesa, San Girolamo di Betlemme ed Origene di Cesarea, erano una memoria ancora vivente.

Vi era anche una piccola e ricca comunità ebraica che viveva al centro del paese, principalmente a Tiberiade o sulle rive del Mare di Galilea. I loro letterati avevano appena completato la stesura del Talmud, che codificava la loro fede, il Giudaismo Rabbinico; ma per le istruzioni essi si rivolgevano alla prevalente comunità ebraica della Babilonia Persiana. Nel 614, gli ebrei palestinesi si allearono con i loro correligionari babilonesi e aiutarono i persiani nella conquista della Terra Santa. Subito dopo la vittoria persiana, gli ebrei perpetrarono un imponente olocausto dei Gentili di Palestina. Bruciarono chiese e monasteri, uccisero monaci e preti, bruciarono libri. La meravigliosa basilica dei Pesci e dei Pani di Tabgha, l'Ascensione sul Monte degli Olivi, Santo Stefano, sita di fronte alla Porta di Damasco e Hagia Sion, sul Monte Sion, sono solo la punta di diamante di ciò che andò perduto. Pochissime chiese sopravvissero al massacro. La Grande Laura di San Sabas, costruita sul fondo di Wadi en-Nar, si salvò a causa della sua collocazione remota. La Chiesa della Natività sopravisse miracolosamente: i persiani recalcitrarono agli ordini degli ebrei, rifiutandosi di distruggerla a causa dei mosaici raffiguranti i Magi, che essi riconobbero come ritratti di re persiani.

Questa devastazione non fu il crimine peggiore. Quando Gerusalemme si arrese ai persiani, migliaia di cristiani divennero prigionieri di guerra e furono ammassati nell'area di Mamilla Pool. L'archeologo israeliano Ronny Reich scrive: "Furono probabilmente venduti al miglior offerente. Secondo le stesse fonti, i prigionieri cristiani al Mamilla Pool furono comprati da ebrei e poi furono massacrati nello stesso luogo". Un testimone oculare, Strategio di San Sabas, fu più vivido: "Gli ebrei riscattarono i cristiani dalle mani dei soldati persiani per pochi denari e furono uccisi alla Piscina di Mamilla, che si riempì di sangue". Nella sola Gerusalemme furono massacrati 60.000 cristiani palestinesi. All'epoca, la popolazione mondiale era di circa 50 milioni, 100 volte minore di oggi. Pochi giorni dopo, i militari persiani compresero la magnitudine del massacro e fermarono gli ebrei.

A suo onore, l'archeologo israeliano Ronny Reich non cerca di addossare la responsabilità del massacro ai persiani, come si fa di solito oggi. Egli riconosce che "l'impero Persiano non era basato su principi religiosi, ed era dunque incline alla tolleranza". Questo buon uomo non e' chiaramente adatto a scrivere per il New York Times. Il corrispondente da Israele di questo giornale, Deborah Sonntag, non avrebbe avuto problemi nel definire il massacro "un attacco di rappresaglia da parte degli ebrei che soffrivano sotto il dominio cristiano".

L'olocausto dei palestinesi cristiani nel 614 e' ben documentato e lo troverete descritto in molti testi antichi, ad esempio nella Storia delle Crociate in tre volumi, di Roncimano. E' stato censurato dai libri di storia e dalle guide moderni ed e' un vero peccato, poiché senza questo ausilio non si possono capire i termini del trattato tra i gerusalemiti ed il Califfo Omar ibn Khattab, concluso nell'anno 638. Nel "Sulh al-Quds", come viene chiamato questo trattato di capitolazione, il Patriarca Sofronio chiese, ed il potente Califfo arabo lo concesse, che la gente di Gerusalemme fosse protetta dalla crudeltà degli ebrei.

Dopo la conquista araba, la maggioranza degli ebrei palestinesi accettò il messaggio del Profeta, come la maggioranza dei cristiani palestinesi, anche se per ragioni differenti. Per i cristiani locali, l'Islam era una sorta di Cristianesimo Nestoriano, ma senza icone, senza l'interferenza di Costantinopoli e senza i Greci. (Il dominio greco sulla Chiesa palestinese resta un problema per i cristiani locali ancora oggi).
Per gli ebrei ordinari locali, l'Islam era il ritorno alla fede di Abramo e Mosé perchè, comunque, essi non potevano seguire gli intrighi della nuova fede babilonese. La maggioranza di essi divenne musulmana e si fuse con la popolazione palestinese. La conversione degli ebrei all'Islam non si fermò al Settimo Secolo. Mille anni dopo, nel 17esimo secolo, i grandi leaders spirituali della comunità sefardita appena fondata in Palestina, Sabbatai Zevi r Nathan di Gaza, successori della gloriosa tradizione mistica spagnola di Ari il santo di Safed, abbracciarono anch'essi la "legge della misericorda", come chiamavano l'Islam. I loro discendenti, i compagni di Ataturk, salvarono la Turchia dal massacro delle truppe europee durante la Prima Guerra Mondiale.

Gli ebrei di oggi non devono sentirsi colpevoli per le cattive azioni dei loro antenati. Nessun figlio e' responsabile dei peccati di suo padre. Israele avrebbe potuto trasformare quella fossa comune con la sua cappella bizantina ed i mosaici in un piccolo e significativo memoriale, che avrebbe ricordato ai suoi cittadini una terribile pagina nella storia della terra ed i pericoli della supremazia genocida. Invece, le autorità israeliane hanno preferito demolire la tomba e creare un parcheggio sotterraneo al suo posto. E ciò non ha causato nessun dissenso.

I guardiani israeliani della coscienza ebraica, Amos Oz e gli altri, hanno protestato contro la distruzione degli antichi resti. No, non della tomba di Mamilla. Essi hanno elaborato una petizione contro i custodi delle Moschee di Haram ash-Sharif per aver scavato un fosso di dieci pollici in cui far passare un nuovo condotto. A loro non importa nulla che, in un op-ed di Ha'aretz, l'archeologo capo israeliano dell'area abbia negato qualsiasi rilevanza dei lavori in moschea per la scienza. Ancora oggi, essi lo descrivono come un "barbaro atto dei musulmani mirante all'obliterazione del retaggio ebraico in Gerusalemme". Tra i firmatari ho trovato, con grande sorpresa e dispiacere, il nome di Ronny Reich. Ho pensato che forse lui potrebbe raccontare loro chi ha obliterato le vestigia del retaggio ebraico a Mamilla Pool.

Perche' ho sentito la necessità di raccontare la storia del bagno di sangue di Mamilla? Perche' non c'e' nulla di più pericoloso del sentimento di auto-giustificazione e di perpetuo vittimismo rafforzato da una narrativa storica a senso unico. Ancora una volta, gli ebrei sono in buona compagnia. Eric Margolis, del Toronto Sun, scrisse degli armeni infiammati dalla storia del loro olocausto. Negli anni '90 essi massacrarono migliaia dei loro pacifici vicini azeri, e causarono lo sradicamento di quasi 800.000 nativi non armeni. "E' giunto il momento di riconoscere tutti gli orrori del mondo", concluse Margolis.

La storia censurata crea un'immagine distorta della realtà. Il riconoscimento del passato e' un passo necessario sulla strada del buon senso. I tedeschi ed i giapponesi hanno riconosciuto i crimini dei loro padri, hanno preso il controllo delle loro mancanze morali e sono riemersi come persone più umili, meno tronfie, più vicine al resto della razza umana. Noi ebrei non siamo riusciti ad esorcizzare l'arrogante spirito dell' Elezione, e ci troviamo in una situazione disastrosa.
Ecco perché l'idea della supremazia e' ancora con noi, e invoca ancora il genocidio. Nel 1982, Amos Oz incontrò un israeliano [Ariel Sharon, ndt], che condivideva con lo scrittore il sogno di diventare un Hitler ebreo per i palestinesi. Lentamente, questo sogno si sta trasformando in realtà.

Ha'aretz ha pubblicato un annuncio in prima pagina, una fatwa, firmata da un gruppo di rabbini. I rabbini hanno proclamato l'identificazione teologica di Ismaele - quindi degli arabi - con gli Amalechiti. Il nome "Amalek" e' menzionato nella Bibbia come nome di una tribù che causò problemi ai Figli di Israele. In questa storia, il Dio di Israele ordina al Suo popolo di sterminare completamente gli Amalechiti, compreso il bestiame. Re Saul porta a termine il lavoro malamente: li stermina tutti, ma risparmia le ragazze nubili. Questa "debolezza" gli costa la corona. L'obbligo di sterminare gli Amalechiti e' ancora valido tra i principi in cui taluni credono, anche se, per secoli, nessuno ha identificato alcuna nazione vivente con la tribù maledetta.

Vi e' un'eccezione, che dimostra quanto sia pericoloso il decreto. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, alcuni ebrei - tra essi il futuro primo ministro Menachem Begin - identificarono i tedeschi con Amalek. Così, Abba Kovner, un ebreo religioso socialista e acerrimo nemico del Nazismo, nel 1945 tramò un complotto per avvelenare il sistema di rifornimento idrico delle città tedesche, in modo da assassinare "sei milioni di tedeschi". Ottenne il veleno dal futuro presidente di Israele, Efraim Katzir. Si presume che Katzir sapesse che Kovner intendeva avvelenare "solo" alcune migliaia di prigionieri di guerra tedeschi. Il piano fallì, per fortuna, quando Kovner fu fermato in un porto europeo da ufficiali britannici. Questa storia fu pubblicata l'anno scorso in Israele, in una biografia di Kovner scritta da Dina Porat, dirigente del Centro di Ricerca sull'Anti-semitismo dell'Università di Tel Aviv.

In parole povere, la fatwa dei rabbini significa: il nostro dovere religioso e' uccidere tutti gli arabi, inclusi donne e bambini, incluso il bestiame, fino all'ultimo gatto. Il liberale Ha'aretz, il cui proprietario ed editore sono abbastanza versati per comprendere la fatwa, non hanno esitato a pubblicare l'annuncio.

Alcuni attivisti palestinesi mi hanno recentemente criticato per essermi associato al marginale settimanale russo Zavtra e per aver citato il settimanale americano Spotlight. Mi chiedo come mai non mi abbiano condannato per aver scritto in Ha'aretz. Dopo tutto, ne' Zavtra ne' Spotlight hanno mai pubblicato un appello al genocidio.

Non sarebbe cortese citare solo Ha'aretz. Un altro importante giornale ebraico, il Washington Post, ha pubblicato un analogo ed appassionato appello al genocidio da parte di Charles Krauthammer. Questo discepolo di re Saul non può contare sulla conoscenza della Bibbia da parte del suo pubblico, quindi si riferisce al massacro di soldati iracheni da parte del generale Colin Powell. Egli cita dunque Powell, che disse dell'esercito iracheno: "Prima lo isoleremo, poi lo uccideremo". Per Krauthammer, con le sue citazioni accuratamente scelte, una moltitudine di arabi massacrati non giustifica il pronome umano "li". Sono un "lo" [it, in inglese, pronome neutro].
Nell'ultimo stadio della guerra del Golfo [Shamir si riferisce alla Prima Guerra, nel 1991, ndt], un numero incalcolabile di iracheni disarmati ed arresi furono massacrati a sangue freddo dalle Forze aeree USA, ed i loro corpi sepolti da bulldozers nella sabbia del deserto, in immense e sconosciute fosse comuni. Il numero delle vittime di questa ecatombe varia da 100.000 a 500.000. Solo Dio conosce i loro nomi.

Krauthammer vuole ripetere questa prodezza in Palestina. "Essa" e' già isolata, divisa in settanta pezzi dall'esercito israeliano. Ora e' pronta per il grande assassinio. "Uccidila", urla con grande passione. Forse si preoccupa che i persiani fermino ancora una volta il bagno di sangue prima che Mamilla Pool si riempia. Le sue preoccupazioni sono la nostra speranza.







janet


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janet
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Posted - 18 October 2003 :  16:36:24  Vedi Profilo Send janet a Private Message  Rispondi quotando


La verde pioggia di Yassouf
di Israel Shamir











Ottobre: la tradizionale raccolta delle olive diventa occasione per meditare sulla vita e le tradizioni del popolo palestinese, devastate dalla presenza di esercito e coloni sanguinari. Israel Shamir, con il consueto accento poetico, rievoca una giornata di ottobre a Yassouf, tra olive, contadini palestinesi, ospiti internazionali e la furia dei coloni d'occupazione.
Rassicurante, dolce e sensuale al tatto, raccogliere olive e' simile all'atto di sgranare un rosario. Gli uomini mediorientali indossano al polso un "mesbaha" con grani di legno o pietra, che fa loro ricordare delle preghiere e fa calmare i nervi logorati, ma le olive sono molto meglio: sono vive. Le olive sono tenere ma non fragili, come le ragazze contadine, e raccoglierle da' un senso di benessere: niente può andare storto. Le olive stesse si sporgono dai rami senza paura né rimorso, ti entrano dolcemente nel palmo e scivolano nella salvezza del lenzuolo che, a terra, le raccoglie.



E' tempo di raccolta, ed ogni albero sulle pendici a terrazza e' in attesa. Intere famiglie sono fuori, sotto gli alberi, e la scena e' degna di un dipinto di Pieter Bruegel il Vecchio. Raccogliamo olive assieme alla famiglia di Hafez, cinque o sei di noi; da sotto i sottili rami, sgraniamo il rosario vivente della nostra signora, la dolce terra di Palestina.

La piccola Rowan, di sette anni - capelli di grano maturo del Minnesota, labbra sorridenti ed occhi blu cielo, assolutamente inaspettati per uno straniero ma caratteristiche non insolite in questi luoghi - figlia del robusto e perspicace Hafez, si arrampica sulla cima e fa cadere le olive sulle nostre mani, teste e spalle, come una verde pioggia. Prima di passare al prossimo albero, solleviamo i lembi del lenzuolo e riempiamo le borse di un fiume di olive. Un puledro grigio chiaro pascola lì accanto, aspettando il suo turno: toccherà a lui portare le borse cariche al di là della valle, nel villaggio.

Raccogliamo le olive a Yassouf, un villaggio beatamente oscuro nelle highlands. Le sue case alte e spaziose, fatte di pietra tenera e dura, sono testimoni della sua antica prosperità, frutto di instancabile lavoro. Scale ampie portano ai tetti a terrazza, dove la gente si raccoglie nelle calde sere d'estate per godere della brezza del lontano Mediterraneo. Qui e' pieno di alberi di melograno, ed in una antichissima descrizione della Palestina, fatta da un contemporaneo di Guglielmo il Conquistatore, il villaggio di Yassouf e' menzionato per l'abbondanza dei melograni e per la saggezza del colto sheikh al-Yassoufi, che divenne celebre sino a Damasco.

E' un paradiso. Siamo arrivati ieri al villaggio, costruito sul crinale tra due valli. Sopra il villaggio, una collina conserva il vecchio santuario, la bema, uno dei luoghi in cui gli antenati di Hafez e Rowan furono testimoni della miracolosa comunione delle forze terrene e celestiali. Gli abitanti del villaggio ci vanno spesso, per cercare conforto spirituale, come facevano i loro padri: siamo in Terra Santa, e per la sua gente un miracolo di fede giornaliera si accompagna sempre alla quotidiana razione di lavoro. I re biblici cercarono di bandire questi luoghi e di monopolizzare la fede nel centralizzato tempio, facile per controllare la gente ed estorcerle le tasse, ma la gente comune preferì sempre i santuari locali. I contadini conservarono la struttura a due piani di fede locale ed universale. Sono religiosi ma non fanatici. Non indossano la veste islamica, le donne non coprono mai i loro bei volti. Questi due aspetti, locale ed universale, sono sopravvissuti per millenni e si sono mescolati. Il tempio e' divenuto la stupenda moschea Omayyade di al-Aqsa, e nella bema di Yassouf la gente ancora prega il suo Dio.

Questi sono alberi antichissimi e venerabili; sono testimoni di più di un giuramento ed hanno visto più di un segreto nella loro lunga vita. Una sorgente poco profonda che miracolosamente non secca mai, neppure nell'afoso luglio, si riempie nel piovoso inverno; vi e' una tomba venerata che probabilmente ha mutato nome molte volte nel corso dei millenni e che oggi si chiama Sheikh Abu Zarad. Ci sono persino le rovine della Yassouf antica, di circa quattromila anni fa: il villaggio, da allora, non e' mai stato disabitato. Nell'epoca d'oro della Bibbia, divenne di Giuseppe, il più forte tra le tribù d'Israele. Quando Gerusalemme cadde sotto il dominio degli ebrei, questa gente conservò l'identità giudaica e, in seguito, divenne cristiana. La cupola del santuario adesso chiama alla preghiera. A febbraio, la cima della collina diviene bianca a causa dei petali di mandorlo: ora e' fresca e verde, e concede una superba visione delle colline circostanti.

Siamo arrivati troppo tardi per salire in cima, il sole tramonta presto in autunno. Invece, scendiamo alla cascata del villaggio, il suo cuore vibrante. L'acqua scende tranquillamente da una fenditura nella roccia, scorre in un tunnel coperto e spruzza all'aperto per dare vita ai giardini. Sediamo sotto gli alberi di fico, che sventolano le loro grandi foglie in un unico, incessante e grazioso movimento. Alla luce della luna, tra le foglie, gigantesche farfalle nere sbattono le ali: sono pipistrelli, gli abitatori delle grotte vicine, che emergono dal buio per bere l'acqua e banchettare coi frutti.



Di solito, una chiacchierata vicino alla cascata fluisce liberamente e gioiosamente come le sue acque. Non c'e' posto migliore per sedersi a chiacchierare con gli abitanti del villaggio del raccolto, dei bei tempi passati, dei bambini e dell'ultimo saggio di Edward Said pubblicato sul giornale locale. I contadini non sono zotici: alcuni di essi hanno viaggiato, da Bassora a San Francisco; altri hanno frequentato una facoltà della piccola università vicina. La loro educazione politica si e' completata in un carcere israeliano, uno stadio quasi inevitabile nella crescita di un giovane in questa nostra terra. L'ebraico che vi hanno imparato e' fluido ed idiomatico, e sono lieti di rispolverarlo con un israeliano amichevole.

Ma adesso i nostri ospiti sono malinconici, e la preoccupazione non lascia i loro occhi tristi. Anche a cena, mentre banchettiamo dinanzi a riso con mandorle e yoghurt, sono immersi nei loro pensieri. Conosciamo la ragione: un nuovo terrore si e' annidato in cima alla collina e libra le sue ali palmate sul villaggio. L'esercito israeliano ha confiscato le terre di Yassouf per scopi militari, e le ha poi trasferite ai coloni. Questi hanno costruito un mostruoso prefabbricato di cemento armato circondato da filo spinato, interrotto da torrette di guardia. L'insediamento non si e' accontentato delle terre rubate dieci anni fa ai contadini di Yassouf, ma si e' propagato nell'intera campagna, proiettando le sue metastasi nelle colline circostanti, fagocitando vigneti ed alberi d'olivo.

I contadini non osano andare più nei loro campi, poiché i coloni sono gente pericolosa, armata. Sparano agli abitanti del villaggio, talvolta li rapiscono e li torturano ed incendiano i loro campi. Il loro scopo e' quello di impedire l'accesso dei contadini ai campi per cinque anni: dopo di che, secondo un'antica legge ottomana trovata in antichi libri, il terreno non utilizzato passa allo stato. Allo stato ebraico, che lo regalerà ai coloni. Intanto, cercano di affamarne i proprietari.

Il villaggio e' stato tagliato fuori dal mondo mediante trincee e mucchi di terreno alti sei piedi. Persino i sentieri non pavimentati, entro cui e' difficile far passare un veicolo a quattro ruote, sono stati interrotti dall'esercito. Il villaggio e' diventato un'isola. L'ambasciatore britannico a Tel Aviv ha detto recentemente che Israele ha trasformato la Palestina in un grande campo di prigionia. Si sbagliava: invece di un campo, ha creato il nuovo Arcipelago di Gulag della Palestina. Lo scrittore premio Nobel autore di Gulag, Alexander Solzhenitsyn, ha dichiarato che il Gulag russo originale fu progettato e gestito da ebrei; la sua dichiarazione fu polemicamente respinta dalle organizzazioni ebraiche. Ma non vi e' alcun dubbio su chi abbia progettato il Gulag palestinese. Le macchine non possono entrare né uscire dall'isola di Yassouf, ed i visitatori devono arrivarci a piedi. La città più vicina, Nablus, o Neapolis degli antichi, dista otto chilometri, ma per arrivarci ci vogliono quattro ore di macchina e di umilianti checkpoint. Ci sono voluti secoli per arrivare a Yassouf: abbiamo attraversato infiniti blocchi e checkpoints ed abbiamo dovuto lasciare l'auto a mezzo miglio dal villaggio, fermati da un insormontabile sbarramento.


Lungo la strada, devastazioni ovunque: gli olivi su entrambi i lati della strada sono bruciati e sradicati, come si trattasse dei peggiori nemici per gli ebrei. Ed in un certo senso lo sono: l'olivo e' il principale sostentatore ed intercessore dei palestinesi. Il loro pasto principale consiste di fogli di pane cotto al forno con olio d'oliva e timo, rallegrato da un grappolo d'uva. I loro re e sacerdoti del passato venivano unti con l'olio. I sacramenti della chiesa, prezioso dono della Palestina all'umanità, sono consacrati con olio: nel battesimo, i palestinesi vengono uniti prima della piena immersione, e la loro pelle conserva l'elasticità dell'olio d'oliva. L'olio e' usato per i riti matrimoniali e funebri, a simbolo dell'inseparabile legame del popolo con la sua terra. Il famoso esploratore dei rotoli di Qumran, John Allegro, si rovinò la reputazione scrivendo un libro eretico in cui Gesù veniva identificato con un fungo allucinogeno. Se osassi tanto, paragonerei l'Albero d'Olivo alla Madonna, suprema mediatrice della Palestina.

Finché ci saranno alberi d'olivo, i contadini di Palestina sono invincibili: ecco perché la furia dei loro nemici si scaglia contro questi alberi. Li tagliano ogni volta che possono. Negli ultimi anni, ne sono stati sradicati 18.000, antichi giganti o giovani virgulti. I coloni impediscono a contadini di fare il raccolto, fanno loro delle imboscate sulla via del ritorno e li derubano. Noi, amici internazionali ed israeliani della Palestina, siamo venuti, come i Sette Samurai del film di Kurosawa, per aiutare i contadini a raccogliere le loro olive e per proteggerli dai ladri.


Di tutte le cose buone che si possono fare sulla terra, aiutare i palestinesi e' la cosa migliore e più piacevole, con cui neanche un kibbutznik può competere. I giovani kibbutznik di solito sono noiosi, mentre gli anziani sono, beh, anziani. Nei kibbutz vi e' solo la compagnia di altri stranieri, oppure si e' da soli. I palestinesi sono così amichevoli, aperti, pronti a parlarti. Gli internazionali si crogiolano nella loro amabilità, vivono in villaggi incantati, vedono l'azzurro smaltato del cielo sul panorama incomparabile delle colline palestinesi e godono della favolosa ospitalità dei contadini. E se occasionalmente vengono sparati dai coloni o dall'esercito, e' solo un piccolo pegno da pagare per tutto questo, una cortesia aggiuntiva da parte dei militari israeliani. Ecco perché ci vogliono i samurai.

La gente che aiuta i palestinesi e' molto diversa dai volontari dei kibbutz. Sono più eterogenei, dallo studente 19enne di Uppsala alla casalinga di Brighton, dalla reverendo della Georgia all'insegnante di Boston, dal contadino francese al parlamentare italiano. Sono uniti dal senso di compassione, di giustizia naturale e, sì, di audacia. Lavorano all'ombra dei carrarmati israeliani, e proteggono olivi ed uomini con i loro corpi. La raccolta e' gioia, ma non per le anime timide. Dovevamo sperimentarne il lato cattivo senza ulteriori indugi.
Stavamo raccogliendo le olive, riempivamo le borse di oro verde, quando all'improvviso una jeep si ferma sulla strada sassosa con uno stridio, sollevando una nuvola di polvere; dietro vi era un veicolo più grosso, un blindato dell'esercito zeppo di militari. Un uomo saltò fuori dalla jeep, puntando il fucile M-16 verso la bambina in cima all'albero.
"Via di qua, arabi maledetti", strillò con il suo accento di Brooklyn. Sollevò una pietra e la lanciò contro il gruppo di lavoratori. Un contadino venne ferito alla mano.
"Fai un altro passo e ti sparo", gridò quando Laurie cercò di parlargli. Era grosso, spettinato, feroce e faceva grossi sforzi per raggiungere il sufficiente grado d'isteria.
"Non toccate le olive!" urlò ai contadini.


Dalla curva apparvero tre uomini. Il loro aspetto era irreale. Dalle fronti rasate pendevano scatoline nere tenute da sottili strisce nere, cinturini neri si attorcigliavano intorno alle braccia nude. Gli ebrei indossano i filatteri per la preghiera del mattino ma, addosso a questi uomini, sembravano amuleti di una tribù sul piede di guerra. Indossavano pantaloni scuri e magliette scure, e da dietro sventolavano scialli bianchi a strisce nere. I loro fucili erano puntati contro di noi. Sembravano posseduti da uno strano demone, questi uomini dalla veste rituale ebraica e dalle idee tratte dal Libro di Giosué. Non mi stupii quando uno di essi tirò fuori una lunga lama ricurva. La scena mi fece ricordare di un film recente, "La macchina del tempo", con l'improvvisa apparizione dei feroci Morlocks che massacrarono il bucolico Eloi.

Essi spintonarono le donne e minacciarono gli uomini, con occhi che bruciavano di odio. I contadini arretrarono. Samurai disarmato, cercai di ragionare con gli assalitori.
"Fate raccogliere le olive dai loro proprietari" scongiurai. "Sono i loro alberi, la loro vita. Siate dei buoni vicini per essi".


"Fuori dai piedi, amico degli arabi", sibilò uno di essi. "Stai dalla parte dei nemici. Questa e' la nostra terra, la terra di tutti gli ebrei, i goyim non hanno nulla a che fare, qui".

In circostanze più pacifiche, avrei riso: questi psicopatici di New York desideravano cacciare i veri e legittimi discendenti dei pastori biblici dalla loro terra ancestrale. Non importa la sciocchezza colossale di coloro che rivendicano un diritto vecchio di 2000 anni in un paese in cui bastano appena cinque anni di assenza per annullare ogni diritto. Non importa che i loro antenati "ebrei" probabilmente provenivano dalle steppe dell'Eurasia e non avevano mai visto la Palestina. Non importa il fatto che persino gli antichi ebrei non abbiano mai vissuto né visitato la "terra d'Israele", quella striscia di terra tra Bethel, Carmel e Jezreel. Ben presto i lavoratori rumeni di Bucarest immigrati in Italia potranno espellere la gente di Firenze, dichiarando di essere i diretti discendenti dell'antica Roma. I loro fucili non erano caricati con risate.

"Perché bruciate gli olivi, sono anch'essi vostri nemici?"
"Sì, gli olivi dei nostri nemici sono nostri nemici. Ed anche tu lo sei. Antisemita!".


Questa parola ha un effetto magico sugli americani. Ogni volta che un americano viene chiamato "antisemita", si suppone che debba prostrarsi a terra e giurare eterno amore e fedeltà agli ebrei. Lo so perché ricevo quotidianamente lettere da gente che viene chiamata antisemita perché supporta la causa palestinese e che non riesce a superare ciò. Io fornisco loro il primo aiuto psicologico: dopo essere stato punito per attività anti-sovietiche e condannato per opinioni anti-americane, un anti-nomico amante delle anti-chità, ho trovato sui miei passi il marchio di anti-semita. Oggi, se non si e' chiamati anti-s, significa che si e' chiaramente nell'errore, compressi tra Sharon e Soros.

Come "amico degli arabi" o "amico dei negri", "antisemita" e' un'accusa che marchia i suoi utilizzatori per associazione. E' usata spesso dai coloni, da Foxman lo spione, Kahane il razzista, Mort Zuckerman il proprietario di USA Today, Conrad Black il marito di Barbara Amiel, Sharon l'assassino di massa, Richard Perle il guerrafondaio, Tom Friedman il finto timido, Shylock lo squalo dei prestiti ed Elie Wiesel lo strappalacrime dell'olocausto "piangi-e-paga". E' stata usata contro TS Eliot e Dostoyevsky, Genet e Hamsun, San Giovanni e Yeats, Marx e Woody Allen e questa e' una compagnia senz'altro migliore. Eppure, i nostri americani esitarono per un momento, i nostri buoni israeliani iniziarono a spiegare la loro posizione e, infine, fu una brava ragazza inglese di Manchester, Jennifer, che dimostrò la superiorità dei britannici e salvò la giornata con un brusco "Fottetevi". La canna del fucile M-16 fu puntata su di lei. I soldati guardavano con interesse. Mi rivolsi a loro.
"Fermateli. Puntano le armi contro di noi".
"Ma non vi hanno ancora sparati", rispose il sergente.
Sapevamo che i soldati non sarebbero intervenuti se non contro di noi ed a favore dei Morlocks. Anche loro lo sapevano: spaccarono la macchina fotografica di Dave, spintonarono Angie, insultarono le ragazze e lanciarono pietre.
Mi appellai ai militari: "Non li fermate?"
"Mi dispiace, amico. Solo la polizia tratta con loro. Ma, se insisti, possiamo arrestarti".

L'esercito si occupa dei palestinesi, la polizia dei coloni - questo stratagemma e' una delle migliori invenzioni del genio ebraico. Probabilmente l' hanno copiato dagli insediamenti europei in Cina, dove vi erano differenti forze dell'ordine e differenti leggi per europei e cinesi. ecco perché i Morlock possono fare ciò che vogliono.
I palestinesi erano visibilmente scossi: non sono combattenti, ma contadini che raccolgono le loro olive insieme alle famiglie. Non erano venuti qui per morire. Almeno, non ancora. I coloni ammazzano gli abitanti del villaggio per sport o per divertimento, con e senza provocazione. La settimana precedente, uccisero alcuni uomini che avevano osato raccogliere le loro olive. Se i contadini si difendessero, cioè alzassero la mano contro un ebreo, sarebbero massacrati tutti ed il loro villaggio sarebbe spazzato via. Ma le olive dovevano essere raccolte, e la situazione incresciosa continuava.

"Tutti i problemi sono creati dai maledetti coloni", urlò Uri, un israeliano buono, che aveva allontanato i delinquenti dalla mia destra. "Senza di loro, vivremmo in pace. Visiteremmo Yassouf da turisti, con il passaporto. Sono loro, i coloni".
Era davvero facile, quasi obbligatorio, odiare i crudeli uomini che distruggevano i raccolti ed affamavano i villaggi. Questo particolare insediamento e' noto per essere il baluardo dei kahanisti o giudeo-nazisti, come li ha definiti il defunto professor Leibovitch. Essi festeggiarono l'assassinio di Rabin; idolatrarono Baruch Goldstein, il massacratore di massa proveniente da Brooklyn; pubblicarono il libro proibito del rabbino Alba, il quale proclama apertamente che dovere religioso degli ebrei e' sterminare i gentili. Non ci voleva davvero un grosso sforzo per odiarli ed essere d'accordo con Uri.

Ma mentre guardavo i visi vacui dei soldati, mi venne in mente un ricordo dei miei giorni d'infanzia. I malviventi non vanno in giro a rubare agli stranieri: mandano di solito un ragazzino a liberarti del peso del tuo portafogli. Se spingi via il ragazzino, ti saltano addosso come una montagna di mattoni per aver molestato il giovane. Non ha senso odiare il ragazzino, dal momento che viene mandato da boss più grandi.



Anche questi matti erano stati mandati dai boss più grandi. Ecco perché i soldati non battevano ciglio quando i coloni attaccavano i contadini. Era come una divisione del lavoro: i delinquenti affamavano i contadini, l'esercito proteggeva i delinquenti ed il governo sosteneva l'esercito e i delinquenti. E mentre le armi dell'esercito abbattevano i palestinesi, l'esercito USA abbatteva l'Iraq, l'unico stato nella regione che avrebbe potuto costituire un equilibrio del potere, e i diplomatici USA facevano uso del loro veto in Consiglio di Sicurezza. E dietro tutti loro, si potevano vedere i delinquenti più grandi che non si curano delle olive, né dei contadini né dei soldati. Ad un capo della catena di comando vi e' il folle colono di Brooklyn con l'M-16; all'altro capo, Bronfman e Zuckerman, Sulzberger e Wolfowitz, Foxman e Friedman.

E tra di essi, in qualche luogo, eravamo noi, israeliani ed ebrei americani, che debitamente votiamo e paghiamo le tasse e supportiamo lo schema, poiché, senza il nostro supporto, Wolfowitz avrebbe dovuto conquistare Baghdad con le sue mani e Bronfman avrebbe dovuto bruciare gli olivi da sé.

Eppure, ogni uomo e ogni bestia hanno il loro flagello, ed anche noi dovemmo venire a patti con il nostro. I contadini di Yassouf ed i loro sostenitori internazionali, cioè noi, resistettero e non indietreggiarono. Arrivò la polizia e si unì ai coloni. In un attimo, un ufficiale di collegamento dai capelli folti venne da noi.

"Potete raccogliere le olive, ma dal fondo della valle, così i coloni non vi vedranno e non si irriteranno".

Era una vittoria minore, un compromesso, ma non importava. Avremmo raccolto le olive e questo era ciò che contava. Scendemmo a valle, attraverso pendici rinforzate da numerose terrazze, e la raccolta continuò. Laggiù, le olive erano più piccole e meno numerose.
Da tre anni ai contadini veniva proibito di lavorare i loro campi, e le olive richiedono molta cura. [...]


Mangiammo sotto un grande albero d'olivo. Umm Tarek, la sola donna nell'abito tradizionale multicolorato, portò dei larghi fogli di pane dal forno. Era abbondantemente spruzzato d'olio d'oliva, ed era accompagnato da formaggio bianco di capra. Hassan fece girare uno zir, l'anfora palestinese piena d'acqua gelida della cascata. All'esterno, lo zir era umido e freddo, coperto da minuscole gocce di rugiada. E' fatto di creta porosa, e trasuda abbondantemente, rendendo gelida l'acqua all'interno. Con gli anni, i pori si occludono, ed allora può essere usato per conservare vino ed olio. [...]


Tutti hanno bellissimi ricordi di quando lavoravano nelle grandi città dell'ovest della Palestina. [...] Per la gente del luogo, Tel Aviv e Ramat Gan non sono più lontane di quanto non lo siano Nablus o Gerusalemme, perché il paese e' uno solo. La Palestina e' piccola, e Yassouf e' proprio al centro, trenta miglia dal mare e trenta miglia dalla frontiera giordana.

Le città industriali sulla costa furono costruite molto prima che esistesse lo stato d'Israele: esse furono costruite col lavoro dei contadini di Yassouf e a loro, giustamente, appartengono. Non vi e' esclusività, in quest'appartenenza. L'accordo fu distrutto quando gli ebrei cominciarono a scippare la terra.

"Hai visto l'insediamento?", ci chiese Hassan. "Mio padre seminava il grano sulle pareti della collina. Prima presero la terra e poi ci chiusero nel villaggio. Adesso ci e' rimasta poca terra e niente lavoro".
"La storia della Terra Santa ripete la storia della promessa di Dio", disse il Reverendo. "Cristo disse: siete tutti eletti. Gli ebrei replicarono: Spiacenti, solo noi lo siamo. Ora i palestinesi dicono: condividiamo con voi questa terra. E gli ebrei replicano: Spiacenti, la vogliamo solo per noi".
"Ci dovrebbe essere uno stato palestinese indipendente", disse Uri, "con la sua bandiera e confini veri. Barak ha preso in giro tutti, offrendovi di spezzare la vostra terra in molte entità.
Bisognerebbe tornare alle frontiere del '67, allora le cose andrebbero bene".
"Tu sai cosa dice il Talmud sulle spartizioni", dissi io. "Due uomini trovarono uno scialle, ed ognuno disse: e' mio. Andarono da un giudice, ed il giudice chiese loro: Come dovrei dividere lo scialle? Il primo disse: Dividilo equamente, metà per ciascuno. Il secondo disse: No, e' tutto mio. Il giudice disse: Non c'e' disaccordo sulla metà dello scialle, entrambi convengono che appartiene al secondo uomo. Dividerò la seconda metà equamente, cosicché il primo uomo, colui che cercava giustizia, avrà un quarto, mentre il secondo, l'egoista, ne avrà tre quarti". Questo e' l'approccio ebraico. Molti palestinesi dovrebbero impararlo.

Kamal aggiunse dei ramoscelli al fuoco per fare il caffè. Era un uomo anziano, rispettato da tutto il villaggio, importante esponente della politica locale. Nel '67, quando era un giovane di 20 anni, dovette separarsi dalla figlioletta appena nata perché fu condannato a 40 anni di carcere per la sua attività nella Resistenza. Emerse dall'ombra eterna di Ramleh Gaol quando sua figlia aveva 21 anni.
"Anche noi abbiamo una storia simile", disse Kamal. "E' la storia di una donna che trovò un bambino e lo fece crescere. Venne un'altra donna, la madre naturale del bambino, e chiese che le fosse restituito. Andarono in giudizio da un saggio e questi disse: Taglierò il bimbo in due parti, così che ognuna ne avrà metà. Una delle donne disse: Bene, taglialo pure. Ma l'altra urlò: No, mai. Mio figlio non sarà tagliato. Il saggio diede il bambino alla seconda donna, poiché essa era la vera madre".

Le mie guance bruciavano dalla vergogna. Kamal non mi aveva detto niente di nuovo ma, in vena di spiritosaggini, avevo dimenticato la vera saggezza del giudizio di Salomone, mentre lui, il vero discendente degli eroi biblici, me lo aveva fatto rammentare. I palestinesi, come le vera madre, non accettarono la spartizione. La storia ha dimostrato che avevano ragione: la Palestina non può essere divisa. I contadini hanno bisogno delle città industriali per lavorarvi tra le stagioni e per vendervi il loro olio; hanno bisogno delle rive del Mediterraneo, che manda spruzzi a poche miglia dalle loro case, hanno bisogno dell'interezza della terra come si ha bisogno di due occhi e di due mani.

I coloni non erano mostri, ma esseri fuorviati. Come me, hanno letto troppo Talmud babilonese e poca Bibbia palestinese. Hanno sentito un' incredibile attrazione verso la terra e ciò li ha spinti verso le colline di Samaria. Cercavano l'unione con l'incantata terra di Palestina e l' hanno amata con il malsano amore dei necrofili. Sono pronti ad assassinare la terra pur di possederla. Non hanno compreso le maniere locali e si sono guadagnati da vivere collezionando denaro in America. Non provavo odio, ma dolore per i coloni. Avevano l'occasione unica di fare la pace con i loro vicini e con la terra, e l' hanno sciupata. Distruggendo la terra, non fanno altro che preparare il loro nuovo esilio con le loro mani. La vera madre avrà il bambino, e dunque la vittoria dei palestinesi e' inevitabile, perché il giudizio di Salomone non e' che una parabola del giudizio Divino.

"Ma dove sono i buoni ebrei", si affretta a chiedere il lettore. "In nome dell'equilibrio, della correttezza politica, per il nostro confort, per favore, mostrateci qualche buon ebreo! Non ci sono solo i coloni, ma anche Peace now e gli altri movimenti amichevoli verso i palestinesi".

Sì, c'e' una differenza tra i brutali coloni ed i loro sostenitori da una parte, e gli israeliani liberali dall'altra. Gli israeliani liberali vedrebbero una sorta di futuro comune, in cui iGli sciovinisti ebrei vogliono la Palestina senza i palestinesi. Importano cinesi per lavorare i campi e russi che sorvegliano i cinesi. Sono elementi naturalmente repellenti.Gli israeliani liberali vedrebbero una sorta di futuro comune, in cui i palestinesi potrebbero lasciare i loro sorvegliatissimi bantustan e verrebbero a lavorare a Tel Aviv con un permesso di lavoro, molestati dalla polizia, senza sicurezza sociale, con paga al di sotto del salario minimo. L'idea di uguaglianza fraterna, non di tipo celestiale ma come buon comportamento verso il figlio nativo della terra, e' aliena a loro tanto quanto ai coloni. Darebbero ai palestinesi una bandiera ed un inno, ma gli toglierebbero la terra ed il loro modo di essere.
Entrambi i tipi di israeliani sono uniti nel loro rifiuto della Palestina. Cantano di "una nuova veste d'asfalto e cemento per la terra d'Israele". I liberali sognano di creare una scheggia high-tech d'America e non hanno bisogno delle colline di Samaria. Gli sciovinisti vogliono cancellare la stessa memoria della Palestina, e ricreare il regno d'odio e vendetta.
E pochi, pochissimi, di noi capiscono che abbiamo avuto la rara opportunità di imparare dai palestinesi. Con la nostra arroganza est-europea, siamo venuti ad insegnare loro ed a cambiarli, mentre avremmo dovuto imparare e cambiare noi stessi. Non era abbastanza aiutarli; noi, i conquistatori, dovevamo adattarci alla suprema civiltà dei conquistati. E' già avvenuto, prima di noi: i vittoriosi Vichinghi si adattarono alle maniere della Francia e dell' Inghilterra, della Russia e della Sicilia; il trionfante Alessandro il Macedone divenne egiziano e siriaco, i manchu divennero cinesi. Doveva essere fatto anche per il nostro bene, perché, diversamente, siamo destinati a creare un ghetto per noi ed un ghetto per loro.

Prendi una formica e costruirà un formicaio. Prendi un ebreo e creerà un ghetto. Prendi un palestinese ... Beh, il mio amico Musa invitò l'anziano padre di un villaggio della Samaria nella sua nuova casa in Vermont, e l'anziano padre cominciò a costruire terrazze per piantare alberi d'olivo.
I palestinesi non riescono ad immaginarsi senza la terra ed il suo modo unico di vivere. Migliaia di anni fa, dopo che fu sconfitta la Grande Siccità Macedone, i loro antenati formarono una simbiosi con l'olivo, e la vite, e l'asino, e le piccole cascate di montagna, ed i sacrari sulle vette delle colline.

Questa unione unica di paesaggio, popolo e spirito Divino e' stato il grande successo dei palestinesi, ed essi l' hanno portato nei secoli e preservato sino ad oggi. Se saranno minati, l'umanità perderà la sua ancora di salvezza e crollerà sulle rocce della storia. Eravamo già privilegiati per il fatto che essi avessero accettato il nostro piccolo aiuto.


Di sera, tornammo al villaggio, alla grande casa di Hussein. Non sarebbe stata fuori posto a Cannes o Sonoma. Sul grande balcone di casa, sedemmo su sedie di paglia fatte dagli abitanti del villaggio di Beidan. Gli amichevoli e schizzinosi gatti di Hussein ci saltavano sulle ginocchia, mentre le sue timide figlie portavano dolcissimo tè speziato. La gente entrava per parlare con gli stranieri, così come era abituata a fare nei villaggi remoti. Piccole lampade a kerosene erano sui tavoli e sulle scale: i signorotti israeliani si erano rifiutati di collegare il villaggio alla rete elettrica. Ed anche questo era un bene, perché avevamo la possibilità di guardare la luna piena di ottobre fluttuare lentamente nel cielo buio ed illuminare le colline a terrazza, e i tetti, e la sagoma monotona di un carrarmato Merkava con le mitragliatrici puntate sul villaggio, e sugli antichissimi, silenziosi e svettanti olivi di Yassouf.





da israelshamir.net




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Posted - 18 October 2003 :  17:14:56  Vedi Profilo Send janet a Private Message  Rispondi quotando



8 Ottobre 2003



"Il danno prodotto dall'aver riversato una popolazione aliena (i sionisti immigrati in Palestina) su una terra araba forse non si riparerà mai più...Ciò che abbiamo fatto, facendo concessioni non agli ebrei ma ad un gruppo di estremisti sionisti, è stato di aprire una ferita in Medioriente, e nessuno può predire quanto essa si allargherà". - Dichiarazione di Lord Sydenham alla Camera dei Lord di Londra sul Mandato britannico in Palestina (1922)



Ferito gravemente un "ragazzo delle pietre" dodicenne

Un ragazzino palestinese di 12 anni è rimasto gravemente ferito dal fuoco israeliano a Qalqilya, nel nord della Cisgiordania: un proiettile lo ha raggiunto alla testa dopo che, con un altro ragazzo, aveva lanciato alcune pietre contro i soldati israeliani d' occupazione nei pressi del Muro di apartheid costruito da Israele profondamente in Cisgiordania per espropriare illegalmente altri migliaia di ettari di terra palestinese.
Tre soldati israeliani d'occupazione, intanto, sono rimasti feriti in un'imboscata nei pressi della città di Nablus, in Cisgiordania. "C'è stato un attacco con armi da fuoco contro un veicolo militare nel villaggio di Khawara, tre soldati sono rimasti feriti" riferisce una fonte militare.

"Colpiremo ovunque". Sharon minaccia l'esportazione del terrorismo di stato

Mentre il presidente siriano Bashar al-Assad ha accusato Israele di stare tentando di far precipitare il Medio oriente in una guerra generalizzata, Ariel Sharon ha minacciato di colpire "i nemici di Israele dovunque essi siano ed in qualunque modo". La definizione esatta di questa "politica" e' "esportazione del terrorismo di stato".
Nel primo commento fatto da Bashar dopo l'attacco israeliano al campo profughi palestinese in territorio siriano, egli ha dichiarato che "si tratta di un tentativo di distrarre l'attenzione mondiale dalla crisi nei territori palestinesi occupati".
"E' un tentativo", ha dichiarato il presidente siriano, "con cui il governo israeliano cerca di tirarsi fuori dalla grande crisi palestinese: terrorizzando la Siria, cerca di aprire nuovi fronti di conflitto in Medio Oriente.
Poiché la guerra e' la ragione d'essere d'Israele, anche questo governo e' un governo di guerra, e la guerra e' la giustificazione della sua esistenza".
L'illegale attacco alla Siria, dopo aver incassato la generale condanna internazionale, e' stato criticato ieri anche da esponenti dell'opposizione israeliana. Ofir Pines, segretario generale del Labour, ha dichiarato che il raid ha l'obiettivo di infiammare ulteriormente una situazione già incandescente. "Questa azione potrà avere conseguenze disastrose e provocare un'incontrollabile escalation", ha detto all'AFP. L'ex leader laburista, Amram Mitzna, ha dichiarato che "l'irresponsabile governo di Sharon sta mettendo in pericolo gli israeliani con le sue insensate avventure".
Infine, un editoriale del quotidiano Yedioth Ahronoth ha dichiarato che l'attacco ha raggiunto l'opposto del suo obiettivo, mettendo in luce la mancanza di opzioni del governo.










"Siamo già morti nel 1948"



Il presidente siriano ha dichiarato che non intende espellere le organizzazioni palestinesi dal Paese: "Non vogliamo espellerli perché non nuocciono alla Siria, non hanno violato leggi siriane e soprattutto non sono terroristi". Sopra, Ahmad Jibril
Le autorità israeliane hanno, in segno di sfida, distribuito una mappa con le indicazioni di quelli che sostengono essere gli uffici e le abitazioni a Damasco di leaders palestinesi esiliati, proprio nel giorno in cui Ariel Sharon ha provocatoriamente minacciato di colpire "ovunque" i nemici del suo paese.

La mappa individua le case di esponenti di spicco di Hamas quali Musa Abu Marzook e Khaled Mashal, di Jihad Islami tra cui Ramadan Shallah, e del capo del Fronte popolare per la liberazione della Palestina - Comando generale (Fplp-Gc) Ahmed Jibril. Nella mappa sono individuati altri dieci siti, tutti uffici politici, di rappresentanza e in alcuni casi per i rapporti con la stampa delle tre organizzazioni della resistenza palestinese.

"Pensano di fare paura a un gruppo di persone pronte a morire per la loro causa?", ha commentato un esponente palestinese, "si sbagliano di grosso. Io sono morto dal 1948 e niente mi fa paura". Di certo, ha aggiunto, "questo passo dimostra che Israele ha intenzione di portare avanti la sua politica terroristica ed illegale di omicidi mirati e di darle una dimensione internazionale".















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Posted - 14 November 2003 :  01:43:59  Vedi Profilo Send janet a Private Message  Rispondi quotando




ANALISI E COMMENTI

Israele: "Totalmente sbagliato il rapporto Onu sul cosiddetto Muro"
14 novembre 2003

Il rapporto sulla barriera di sicurezza diffuso all'inizio della settimana dall'Onu e' "totalmente sbagliato, persino per gli standard dei rapporti delle Nazioni Unite". Lo hanno dichiarato fonti del ministero degli esteri israeliano.
Il rapporto, preparato dall'Ufficio per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA), afferma che, una volta completata la barriera, circa 274.000 palestinesi si ritroverebbero sul versante israeliano di essa, cifra che secondo il ministero degli esteri israeliano non supera in realta' le 100.000 persone. Secondo il rapporto, inoltre, "piu' di 400.000 palestinesi che vivono a est del Muro si troverebbero nella necessita' di attraversarlo per raggiungere servizi e posti di lavoro. Cio' significa che circa 680.000 palestinesi, pari al 30% della popolazione palestinese di Cisgiordania, sara' direttamente danneggiata dal Muro. A tutt'oggi - continua il rapporto - i progetti del governo israeliano non contengono informazioni circa punti di passaggio attraverso il Muro".
Il ministero degli esteri israeliano spiega invece che esistono gia' 42 punti di passaggio nella barriera e che la barriera stessa e' composta per il 95% da una rete dotata di sensori elettronici e piste di pattugliamento, mentre solo il 5% di essa consiste in vere e proprie barriere di cemento, la' dove piu' alto e' il pericolo di infiltrazione terroristica e tiro di cecchini.
Il rapporto Onu sostiene che il 14,5% della Cisgiordania si ritroverebbe tra la barriera e la Linea Verde (ex linea armistiziale fra Israele e Giordania dal 1949 al 1967). Il ministero degli esteri israeliano smentisce la cifra, ricordando che persino il rapporto pubblicato recentemente da un'altra agenzia Onu (UNDP, United Nations Development Program) parla di 4% del territorio.
Il rapporto sulla barriera, conclude il ministero degli esteri israeliano, "non fa altro che minare la credibilita' e l'affidabilita' dell'Onu. Esso e' il frutto di un lavoro dilettantesco che si limita a riportare quanto sostiene la propaganda palestinese".
Israele ha deciso di erigere la costosa barriera difensiva sulla linea di demarcazione con la Cisgiordania, analogamente a quanto esiste gia' sulla linea di demarcazione con la striscia di Gaza e sul confine con il Libano, solo dopo tre anni di attentati e stragi nelle citta' israeliane, specificando che si tratta di uno strumento difensivo volto a ostacolare le infiltrazioni terroristiche, e non di un confine politico o militare.
"Pensiamo che l'Onu stia giocando coi numeri - ha dichiarato la portavoce del ministero della difesa israeliano Rachel Niedak-Ashkenazi - Noi abbiamo un numero preciso: sei milioni e mezzo di israeliani saranno meglio protetti dalle stragi del terrorismo quando la barriera sara' completata".
Recentemente il numero di infiltrazioni terroristiche e' vistosamente calato nella parte di Israele gia' protetta dalla barriera.

(Jerusalem Post, 12.11.03)


janet


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janet
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Posted - 14 November 2003 :  01:54:50  Vedi Profilo Send janet a Private Message  Rispondi quotando


Un sondaggio "inopportuno"

di Giulietto Chiesa



Un sondaggio dal risultato "politicamente scorretto"
scatena il putiferio in Italia. Gli untori della TV, mentre
affannosamente cercano di cambiare le carte in tavola
e di manipolare il chiaro risultato dell'opinione pubblica
europea, tanto più sorprendente se si considera la qualità
dell'informazione offerta, dichiarano che la condanna
popolare verso l'oppressione del popolo palestinese e' ...
anti-semitismo.


03 Nov 2003 Roma - 03.11.03 -- Risulta che quasi il 60% degli europei ritiene che lo stato d’Israele rappresenti una minaccia per la pace maggiore di quella della Corea del Nord, dell’Iran o dell’Afghanistan. Lo dice un sondaggio effettuato per conto dell’Unione Europea e reso noto il 30 ottobre scorso. Il sondaggio è stato condotto su 7500 persone dei quindici paesi dell’Unione, circa 500 per paese.


Un campione di tutto rispetto. E la domanda era così formulata: "Dica se ritiene che questo stato …. rappresenti, oppure no, una minaccia alla pace mondiale". Ogni sondaggio, si sa, può essere discusso. Si può dissentire sulle domande che vengono poste, sulle modalità con cui è stato costruito il campione, sui margini di errore che contiene. Ma, se si tratta di un buon campione, non resta che riflettere sui risultati. E, se il campione fornisce risultati inattesi, o addirittura sgradevoli, il compito dei politici, ma anche della collettività, è riflettere sul perché certe cose non erano state previste, se la società manifesta sintomi di malattia, e tante altre considerazioni utili a migliorare le cose. I sondaggi servono anche a questo.

Anche un’elezione è un sondaggio, e talvolta porta sorprese, e nessuno si sogna, di regola, di contestarne l’opportunità, poiché contestare l’opportunità di un’elezione significa – di regola – essere contro la democrazia, cioè contro l’espressione della volontà popolare. Ovviamente un sondaggio è cosa diversa da un’elezione ma, se è fatto bene, contiene informazioni utili per chi governa. Nel caso in questione i governanti europei hanno deciso che era utile avere un’idea quantitativa di quello che i cittadini europei pensano di una data questione. La risposta che ne è derivata è chiara e, a ben pensarci, neanche troppo sorprendente. Per alcuni sicuramente sgradevole. Ma questa è altra faccenda.

Invece in Italia è scoppiato il putiferio. Il presidente della Camera dei deputati si è spinto fino al punto di definire il sondaggio "inopportuno". E perché mai? Pierferdinando Casini desidera qualificarsi come sociologo- statistico, oltre che come statista? Il campione non era buono? La domanda non era giusta? Non risulta che siano stati contestati i criteri scientifici. Se ne può dedurre che Casini non ha gradito i numeri? E non è utile sapere cosa pensano gli europei su una materia così importante per decidere democraticamente la politica estera europea? Oppure è bene che non si sappia che la politica dello stato d’Israele è ritenuta da un schiacciante maggioranza degli europei una grave minaccia per la pace mondiale?

Certo è sommamente sgradevole scoprire che, nonostante i media europei, in grande maggioranza (in Italia in stragrande maggioranza) parteggino per Israele (e gli Stati Uniti), l’opinione pubblica europea è in grado di distinguersene (per ora) in modo significativo. Ma che ci vuoi fare? Forse sarebbe utile farci un pensierino sopra. Invece ecco che si scatena la bagarre. "Inopportuno", scrive lo statista-statistico, ma ecco alzarsi il coro dei soliti noti, a gridare che questo è antisemitismo. Vecchio trucco, che gli amici dello stato d’Israele farebbero bene a respingere. Perché significa affermare che la maggioranza degli europei sarebbero antisemiti nel momento in cui criticano la politica di Sharon.
Sarebbe un bel guaio. Per fortuna le cose non stanno così e gli europei sono più intelligenti di questi untori italiani.


Comunque vale la pena di registrare, tra gli untori di turno, ancora una volta il Clemente Mimun che dirige il TG1. Al quale propongo di assegnare seduta stante il Premio Ignobel per il mese di Novembre (a meno che non si superi nei prossimi giorni) per avere mandato in onda un telegionale della sera di domenica 2 novembre dove la deontologia professionale del giornalismo è stata calpestata reiteratamente.

Servizio dove l’unico intervistato era il portavoce di Israele, che inveiva – appunto – contro l’antisemitismo; dove veniva mostrato un presidente del Senato deplorante e veniva citato lo statista-statistico nel passaggio sull’"inopportunità"; infine appariva il corrispondente da Tel Aviv che, con aria spiritata raddoppiava lo sconcerto e l’esecrazione, intervistando il ministro Sharanskij e altri cittadini israeliani, tutti dello stesso parere "antieuropeo" e sdegnato. Lo stesso corrispondente, quello che è stato mandato laggiù da Mimun per sostituire i noti "faziosi" Longo e Innaro, e che, quando fa le sue corrispondenze chiama il muro di Sharon "muro di difesa", dimostrando così che essere "embedded" è una categoria dello spirito. Il suo e quello di Clemente.


Giulietto Chiesa
giornalista - presidente MegaChip

da http://www.reporterassociati.org





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