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janet
Utente Master

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Posted - 04 June 2006 :  16:50:51  Vedi Profilo Send janet a Private Message  Rispondi quotando
E oggi???

Comunicato del 15 ottobre 2004

In questi giorni in tutta la provincia di Belluno si sta compiendo
l'ennesimo massacro di splendidi animali, molti ormai rarissimi e pressoché in via di estinzione. Tra i condannati a morte del piano di abbattimento predisposto dall'ufficio competente della provincia di Belluno troviamo:

3.543 Caprioli (i bambi delle favole)
,
1.176 Cervi; 1.138 Camosci; 247 Mufloni e 16 Daini.
Sul fronte degli animali rari, anzi rarissimi, troviamo i seguenti condannati a morte:

176 Lepri bianche, 80 Pernici bianche, 74 Fagiani di monte (detti anche Forcelli) e 60 Coturnici.
Questi numeri dei condannati a morte sono stati determinati dalla provincia di Belluno in base a dei censimenti che hanno coinvolto anche i cacciatori delle varie riserve alpine. "Dare l'incarico di effettuare i censimenti della fauna pregiata ai cacciatori in base ai quali verrà determinato in percentuale il numero dei soggetti abbattibili è come dare l'incarico ad un carcerato di costruirsi da se la cella, sicuramente la farà con il buco" è questo il commento di Andrea Zanoni presidente della LAC del Veneto che ha aggiunto: "Questi censimenti rasentano addirittura il ridicolo, per la Lepre bianca il numero di soggetti censiti dal piano provinciale in ogni riserva è sempre un multiplo di 10, sembra che a Belluno la Lepre bianca sappia contare e abbia delle particolari doti matematiche perché vivrebbe,
secondo la provincia, solo in gruppi di 10, 20, 30, 40 o 50 soggetti per ogni riserva alpina!".
La cosa piu' deleteria per quanto riguarda i rarissimi Coturnice, Lepre bianca, Pernice bianca e Fagiano di monte è la possibilità di cacciarli senza garanzia che non venga superato il numero stabilito dal piano. Spiega Andrea Zanoni: "Oggi in provincia di Belluno accadono cose turche, per fare un esempio a Calalzo di Cadore secondo il piano di abbattimento è cacciabile
un solo capo di Pernice bianca, il fatto è che al primo giorno di caccia ci saranno decine di cacciatori che premeranno il grilletto contro la prima Pernice incontrata e quindi i capi abbattuti saranno molti più di uno.
> Tecnicamente sarebbe corretto e molto più onesto adottare la procedura del "capo assegnato", ovvero estrarre a sorte un unico cacciatore autorizzato ad abbattere l'unica pernice bianca cacciabile".
> "Secondo noi - prosegue Zanoni - questo piano di abbattimento viola pure la legge che prevede che l'esercizio venatorio è consentito purché non contrasti con l'esigenza di conservazione della fauna selvatica; si cacciano queste specie rare e a rischio nonostante un'annata decisamente sfavorevole per il processo riproduttivo che ha portato la vicina provincia di Trento a
> proteggere sia la Pernice bianca che la Coturnice in modo assoluto e severissimo."
> Se la provincia di Belluno continuerà di questo passo queste rare creature rischieranno l'estinzione come sta accadendo per il Francolino di monte che dopo anni di massacri venatori è quasi estinto tanto da indurre lo stato italiano a cancellarlo dalle specie cacciabili. "La caccia è il fattore principale di declino di queste specie - prosegue Zanoni - nessun cacciatore potrà dare la colpa del loro costante calo ai pesticidi, come sono soliti dire, infatti negli habitat di questi animali non si coltiva nessun prodotto agricolo".
> Massimo Vitturi delegato LAC ha aggiunto: "Vi sono meravigliosi animali che vivono nei nostri boschi, senza arrecare danno né disturbo alcuno; che popolano la fantasia ed i cartoni animati dei nostri figli come simboli catalizzatori di forza e tenerezza. Sono le migliaia di caprioli, cervi, camosci e mufloni che la provincia di Belluno ha deciso di abbattere. La maggioranza della popolazione, nella quale noi ci identifichiamo, deve anche questa volta assistere impotente alla predazione di animali innocenti, a
> tutto vantaggio di un'esigua minoranza che ama passare le sue giornate puntando il fucile in mezzo agli occhi di questi dolcissimi animali"
> La LAC, con il presidente Veneto Andrea Zanoni e il delegato Veneto
Massimo Vitturi, parteciperà ad una conferenza sulla caccia dal titolo "Persone a mano armata nel nostro vivere quotidiano" che si terrà venerdì 5 novembre
> 2004, alle ore 20.30, nella sala Guarnieri a Pedavena (BL), con ingresso gratuito, dove si parlerà di questi gravi fatti e dove tutti potranno partecipare ed intervenire ad un dibattito pubblico.
> LAC Lega Abolizione Caccia - Sezione del Veneto - Via Bellucci, n.16 31100
> Treviso lacveneto@ecorete.it - Info: 3479385856 - www.lacveneto.it - Manda
> questo comunicato ad amici, conoscenti, associazioni.

APPROFONDIMENTO
> La Coturnice è una specie in costante declino la cui popolazione mondiale è presente per il 67% in Italia; testi scientifici come ''Birds in Europe'' della Bird Life International, ''The Atlas of European Breeding Birds'' del European Bird Census Council del 1997 e ''European Birds Populations" della EBCC del 2000, classificano il Fagiano di monte e la Coturnice come vulnerabili in Europa per un grande declino delle popolazioni; riportando che le popolazioni italiane sono stimate in circa 10.000 coppie di
Fagiano di Monte e 10.000 coppie di Coturnice.

> NOTA:
> PER CHI DESIDERASSE I PIANI DI ABBATTIMENTO DELLA PROVINCIA DI BELLUNO CE
LI
> PUO' CHIEDERE SCRIVENDOCI A: lacveneto@ecorete.it

Omni) - REGIONE, GIUNTA AUTORIZZA PRELIEVO STORNI "IN DEROGA"

(OMNIROMA) Roma, 29 nov - "Su proposta dell'assessore
all'Agricoltura, Antonello Iannarilli, la Giunta regionale ha
autorizzato il 'prelievo in deroga' dello storno (sturnus
vulgaris), specie compresa tra quelle non cacciabili. In base al
provvedimento, le singole Province dovranno determinare le
circostanze di tempo e di luogo, nonché i periodi di attuazione
e gli orari giornalieri del prelievo, nel rispetto della
direttiva Cee 79/409". A darne notizia è un comunicato della
Regione. "Al di là di ogni polemica o posizione ideologica -
dichiara Iannarilli - il 'prelievo in deroga' approvato dalla
Giunta regionale è da considerare uno strumento operativo per il
riequilibrio dell'ecosistema. La 'sovrappopolazione' di storni
rappresenta, infatti, un grave problema per l'agricoltura del
Lazio, segnalato da tempo da Province e organizzazioni
professionali". "È un'annosa e spinosa questione - prosegue
Iannarilli - che penalizza soprattutto gli agricoltori, i cicli
produttivi, e, indirettamente, i consumatori. Questa specie,
infatti, negli ultimi anni si è riprodotta in maniera
esponenziale e ora costituisce una minaccia per le coltivazioni,
già fortemente danneggiate dalle condizioni atmosferiche, dal
gelo e dalla siccità. Il contenimento attraverso la caccia
servirà a riportare l'equilibrio ambientale". "Il prelievo in
deroga della specie storni - conclude la nota - non potrà essere
effettuato nel territorio della provincia di Roma in quanto
l'Amministrazione provinciale ha giudicato 'inopportuno' il
provvedimento".
red










Un cuore non può bastare per due.
Nulla è cambiato tranne il mio atteggiamento, così... tutto è cambiato.
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n/a
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Posted - 04 June 2006 :  17:30:20  Vedi Profilo Send n/a a Private Message  Rispondi quotando
o mio dio

L’anima del propio cuore vorrebbe
poter chiudere i suoi occhi
e negare lo specchio del suo dolore...
e in realtà è come se li aprisse,iniziando a vedere.
Vede un cuore dentro il suo
che batte ancora più forte;
Vede un corpo privo di vita,
ma bramoso di completezza;
Vede due occhi chiusi anch’essi,
ma desiderosi di aprirsi
per attingere a nuova sorgente.

__________________________________________________________________


Amore non è guardarci l'un l'altro, ma guardare insieme nella stessa direzione.

Come molte forme di parassitismo e malattia vegetale sono più belle da vedersi della stessa pianta infestata, pure il pensiero potrebbe ben essere la luminosa malattia della mente.
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Graffio
Utente Master

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Posted - 09 June 2006 :  21:59:48  Vedi Profilo Send Graffio a Private Message  Rispondi quotando
Sulle tracce del "boto", il delfino rosa d'acqua dolce
Un gruppo di scienziati sudamericani, sostenuti dal WWF, sta per imbarcarsi in una spedizione lungo i fiumi dell’Amazzonia e dell’Orinoco. Obiettivo: un'indagine sul rarissimo delfino d’acqua dolce sudamericano







La spedizione, composta da scienziati provenienti da Colombia, Perù, Ecuador, Bolivia e Venezuela, partirà dalla città venezuelana di Ciudad Bolivar e proseguirà per 1.730 km fino a Puerto Carreño in Colombia. Il delfino rosa d’acqua dolce (Inia geoffrensis), conosciuto anche come boto, si trova in diversi fiumi, nei laghi, negli affluenti e nelle foreste soggette ad inondazioni stagionali. La specie dipende per la sua sopravvivenza direttamente dallo stato di salute della popolazione ittica. Nel corso dei secoli il boto non è stato soggetto alla persecuzione degli uomini a causa della credenza popolare che gli attribuiva poteri speciali. Tuttavia oggi esso viene sempre di più visto dai pescatori come uno scomodo concorrente, in quanto si nutre di pesce. Il boto può restare impigliato nelle reti da pesca, o riportare ferite causate dalla collisione con le barche






“In tutto il mondo, i delfini d’acqua dolce sono tra i mammiferi più a rischio” spiega Fernando Trujillo, Direttore della Fundaciòn Omacha, una delle organizzazioni che conducono la spedizione, sostenuta da WWF, Fundaciòn La Salle, e la Whale and Dolphin Conservation Society. “La contaminazione da mercurio, la deforestazione, la pesca accidentale e la cattura indiscriminata, sono solo alcuni dei fattori che influiscono sulla sopravvivenza di questa specie. La popolazione attuale non è molto consistente. Questo censimento ci permetterà non solo di raccogliere informazioni in modo da progettare un piano di gestione e monitoraggio, ma anche di conoscere lo stato di salute dei bacini idrografici dell’Orinoco e del Rio delle Amazzoni”.

E' la prima volta che si tenta un censimento dei delfini del Sud America, e nasce sulla scia di indagini simili avvenuti in Asia, dove il WWF ha finanziato spedizioni di ricerca in India, Pakistan e Bangladesh. L’ idea è quella di verificare quanti delfini d’acqua dolce vi siano nel bacino dell’Orinoco e del Rio delle Amazzoni per mettere a punto specifiche strategie di conservazione. Il censimento è anche parte di un programma di formazione per gli scienziati del Sud America impegnati nella stima dei numeri di esemplari delle specie minacciate.

“Sostenere un tale inventario è importante per il WWF dal momento che il delfino rosa d’acqua dolce è un buon indicatore ecologico della salute di questi bacini fluviali” spiega José Saulo Usma, Coordinatore del programma Acque del WWF Colombia. “Essendo questa un’iniziativa regionale, le informazioni raccolte ci aiuteranno ad ottenere gli obiettivi di conservazione stabiliti dal Programma Specie e Acque”






“Contare i delfini è un’operazione complicata, poiché essi passano la maggior parte del loro tempo sott’acqua” aggiunge Trujillo. “Se i ricercatori si muovono troppo lentamente, c’è il rischio che il delfino superi la barca e venga contato una seconda volta. Per questo abbiamo adottato una tecnica secondo la quale prendiamo solitamente a noleggio barche molto grosse che dànno la possibilità di piazzare gli osservatori ad almeno 5m d’altezza, così che possano godere di una buona visuale per la conta dei delfini”. Ogni volta che un delfino, o un branco di delfini viene avvistato da uno scienziato, la sua posizione verrà segnata su un GPS. Gli scienziati annoteranno inoltre se si tratta di soggetti adulti, giovani o mammiferi appena nati, e registreranno informazioni sul loro habitat.














-Nascere uomo su questa terra è un incarico sacro.
Abbiamo una responsabilità sacra,
dovuta a questo dono eccezionale che ci è stato fatto,
ben al di sopra del dono meraviglioso
che è la vita delle piante, dei pesci, dei boschi,
degli uccelli e di tutte le creature che vivono sulla terra.
Noi siamo in grado di prenderci cura di loro-




Che ne sapete se un qualunque uccello che taglia le strade dell'aria non è un immenso mondo di delizia chiuso dai vostri cinque sensi?


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Graffio
Utente Master

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Posted - 17 July 2006 :  23:37:56  Vedi Profilo Send Graffio a Private Message  Rispondi quotando



Con una popolazione di oltre 1.000.000.000 di abitanti che cresce di circa 150.000.000 ogni 10 anni e una sfrenata corsa all’industrializzazione, l’ecologia dell’India è ormai arrivata quasi al punto di rottura. La popolazione richiede un sempre maggior numero di risorse che stanno scemando. Una campagna di sensibilizzazione sempre più diffusa sta aiutando la crescita di gruppi riuniti in comunità ambientaliste e le segnalazioni di danni all’ambiente ecologico significano indubbiamente che tutti, dai movimenti di base al primo ministro, stanno almeno dando un’adesione formale al miglioramento della cura dell’ambiente.



Uno dei più drammatici esempi di deforestazione si è verificato nelle isole Andamane e Nicobare, dove le foreste si sono ridotte al 90% al 20%, Vi sono molte ragioni x questo drastico taglio delle foreste che ricalca i modelli consueti degli altri paesi in via di sviluppo:

1. l’aumento della domanda di combustibile (circa l’80% del carburante, nell’India contadina è la legna da ardere) e di materiali da costruzione;

2. la distruzione delle foreste per far posto a miniere e dighe;

3. l’invasione di proprietà altrui per creare terreno agricolo (specialmente per coltivazioni di caffè e allevamento del bestiame);

4. l’agricoltura Jhum (“taglia-e-brucia”) e l’introduzione di prodotti destinati alla vendita, quali cotone e tabacco;







5. il fuoco;

6. l’alto prezzo del teak, del palissandro e del sandalo che garantisce ottimi affari ai contrabbandieri;

7. il taglio e il trasporto di tronchi legalizzato dai dipartimenti forestali per l’industria del legno e della carta.










La flora e la fauna, lungo i 3000 km di costa dell’India del sud intorno ai lontani arcipelaghi, sono costantemente minacciate da inquinamento, acque di scolo, porti, dighe, turismo e metodi di pesca dannosi.






A partire dal 1900 circa 2,5 milioni di ettari di mangrovie in India sono stati distrutti. Le mangrovie ospitano uccelli migratori e vita marina, sono la prima difesa contro l’erosione del suolo e proteggono la costa dai disastri naturali quali le onde di marea e i cicloni. Le cause della distruzione sono attribuibili a formazioni di terreni da pascolo per il bestiame, deforestazione, inquinamento dell’acqua, allevamenti di gamberetti e mutamenti di maree, dovuti all’erosione del terreno circostante. Solo di recente le immagini del satellite hanno rivelato pienamente la gravità del danno che è stato causato.






La richiesta mondiale di gamberetti ha visto sorgere nell’India un’infinità di allevamenti che ha provocato vasti danni all’ambiente della costa, alla vita degli uccelli, oltre che al terreno agricolo. Le foreste di mangrovie sono state abbattute per far posto a stagni dove allevare i gamberetti, togliendo così di mezzo l’habitat della fauna marina e una fondamentale linea di difesa per le barriere coralline. Circa 25.000.000 di litri di preziosa acqua dolce sono necessari per produrre una tonnellata di gamberetti. Il costo per riparare i danni già supera i 100.000.000 di dollari provenienti ogni anno dall’esportazione.






Le tre principali barriere coralline sono situate intorno alle isole Laccadive, Andamane e Nicobare e al golfo di Mannar. Il corallo è una parte vitale della fragile ecologia marina, ma è costantemente minacciato dall’overfishing e dalla pesca alla traina su fondo marino. Altri fattori che contribuiscono ad aumentare il furibondo attacco contro le barriere coralline sono il traffico marittimo, l’inquinamento, le acque di scolo, la pesca di frodo e l’eccessivo sedimento di sabbia provocato dalla deforestazione e dalla sviluppo urbano sulla terra.









Nei mari dell’India la pesca è stata esercitata oltre ogni limite ragionevole per cui le risorse ittiche si stanno esaurendo. Motopescherecci con reti a strascico e pescherecci d’alto mare hanno largamente rimpiazzato gli abitanti dei villaggi costieri sulle tradizionali barche di tronchi e in alcune zone le comunità di pescatori cercano disperatamente di trovare qualche altra fonte di reddito.







La superficie della falda freatica dell’India si sta abbassando; in stati come Goa la situazione è resa più pesante dall’intenso sviluppo turistico. Per esempio, le disposizioni che raccomandano di non scavare pozzi di trivellazione entro 500 m dal limite dell’alta marea sono state ignorate per estrarre l’acqua per le piscine a Bangalore,



città in rapida crescita, sono stati scavati migliaia di pozzi per il rifornimento d’acqua durante i mesi secchi, con il risultato che la falda freatica si è abbassata di 100 m in 10 anni. Si prevede che l’agricoltura, che usa l’85% dell’acqua, avrà raddoppiato la sua richiesta nel 2025. Stesse previsione si fanno per l’industria, mentre per l’uso domestico la domanda sarà triplicata. Le risorse d’acqua stanno diventando una questione politica sempre più infuocata. L’acqua da bere sicura sta diventando una risorsa sempre più preziosa. In molti quartieri urbani oggi ci si affida ai camion per il rifornimento d’acqua potabile durante i mesi secchi.





L’india è al decimo posto nella graduatoria dei pesi più inquinati del mondo e al settimo fra i più grandi produttori di gas inquinanti. Il 70 % dell’acqua potabile disponibile è contaminato. E’ difficile trovare un fiume o un lago che non sia inquinato da liquami, immondizia e scorie chimiche. Le fabbriche scaricano sostanze chimiche nel mare, nei fiumi e nell’aria senza che le autorità locali, spesso corrotte e con poco personale, facciano rispettare i regolamenti.
Concerie e fabbriche tessili sono spesso le peggiori inquinatrici. Pesticidi usati per i prodotti destinati alla vendita, quali il cotone e il tabacco, alterano l’ecologia e solo circa l’1 % dei pesticidi (che sono spesso vietati nei paesi sviluppati) raggiunge davvero gli insetti nocivi, il resto si diffonde nell’ambiente.
Se poi tutto questo non fosse ancora sufficiente, l’India importa sostante inquinanti tra cui pericolosi scarti industriali, prodotti chimici tossici e batterie non biodegradabili, che sono scaricate sul terreno e nelle sorgenti d’acqua, in cambio di valuta estera. Anche l’inquinamento dell’aria è un grave problema dell’India. La bassa qualità del carburante indiano, tra i peggiori del mondo, è una delle principali ragioni del cattivo funzionamento dei motori e dell’ emissione di grande quantità di gas asfissianti. Inoltre il numero dei veicoli che circolano in India è quadruplicato a partire dal 1990.









…………………………………………………………………….





per il nostro Paese si osservano già i primi effetti dell’aumento della temperature, che risultano essere di 0,7 gradi centigradi negli ultimi 100 anni.
Così anche i ghiacciai delle Alpi che nell’ultimo secolo hanno visto la loro estensione diminuire di quasi la metà: dai circa mille chilometri quadrati della fine del secolo ai 500 di oggi. Una delle dimostrazioni più evidenti è il caso di Forni in Valtellina, il più grande ghiacciaio italiano,




il cui fronte è arretrato di 2 Km, perdendo il 15% della superficie negli ultimi cento anni. Ma per altri ghiacciai minori la riduzione areale è ancora maggiore: il Teodulo-Valtourneniche nei pressi di Cervinia, in Val d’Aosta, ha perso il 75% della superficie, così come il Tyndal sotto al Cervinio.
Le possibili conseguenze non riguardano solo la perdita di paesaggio, ma anche l'aumento del rischio frane e dissesti geologici, nonché la diminuzione della disponibilità della risorsa idrica.
Da uno studio del Cnr si scopre che anche negli ultimi cinquanta anni si sono verificati notevoli cambiamenti nel clima. La quantità di pioggia annua media è diminuita del 10%, ma tende a concentrarsi in un minor numero di giorni, con eventi più intensi di carattere alluvionale. Al Nord, su una media di 1.000 millimetri di pioggia all’anno (1 millimetro di pioggia equivale a 1 litro per metro quadro), il calo è stato dell’8%; al Centro su una media di 750 millimetri la diminuzione è stata del 10% e al Sud del 12% su una media di 600 millimetri annui. E così sono diminuite anche le precipitazioni nevose a tutte le quote: facendo riferimento ad una delle stazioni meteorologiche più significative in questo settore, quella del Plateau Rosa a quota 3.480 metri, nel periodo dal 1952 al 1991 c’è stato un calo del 45%, con una riduzione della copertura nuvolosa di circa il 20%.
E se l’aumento della temperatura media annua su tutto il territorio della penisola negli ultimi 50 anni è stato dello 0,7 gradi centigradi, per i grandi centri urbani gli aumenti sono stati più marcati, fra 1 e 2 gradi, con un raddoppio – da 10 a 20- di eventi di onde di calore, fenomeni meteorologici estivi che fanno registrare innalzamenti bruschi della temperatura anche di 7/15 gradi, con pesanti effetti sulla salute della popolazione più debole.
Ma quale sarà il clima dell’Italia tra 50 anni?
Secondo uno studio dell’Enea e dell’Ipcc nel 2050 la temperatura media sarà più elevata di circa 3 gradi, con un aumento più accentuato al Nord, con un incremento della piovosità invernale del 10% nelle regioni settentrionali e un calo del 30% di quella estiva nel Sud. I ghiacciai si ridurranno di altro 20-30%. Il livello del Mediterraneo aumenterà di "appena" 20 centimetri. Ma questi basteranno a far verificare a Venezia fenomeni di acqua alta superiori al metro tra gli 80 e i 115 giorni all’anno (oggi sono appena 7). A queste condizioni i centri abitati di Venezia, Chioggia e delle isole minori rischiano un lento ed inesorabile allagamento.







Ma attorno al 2050 saranno a rischio inondazione anche 4.500 chilometri quadrati di aree costiere: il 65% al sud, il 25,4% nel Nord, il 5,4% nell’Italia centrale e il 6,6% in Sardegna.





…………………………………………….





Un nuovo Piano Marshall per energia e clima. E’ la richiesta rivolta dal WWF nel dossier "No energy security without climate security" ai paesi che parteciperanno al summit del G8 in programma a San Pietroburgo dal 15 al 17 luglio, in particolare all’Italia. Putin e per gli altri leader hanno in questa sede l’opportunità di inquadrare in maniera responsabile il dibattito sulla sicurezza energetica e mettere a punto una strategia capace di combinare efficienza e uso delle fonti rinnovabili, di garantire il passaggio a fonti di energia diversificate e a basso consumo di carbonio e di rifiutare il nucleare in quanto anti-economico. Inoltre, questo piano dovrebbe considerare il gas naturale come combustibile di transizione verso un futuro energetico sicuro e la cattura e lo stoccaggio del carbonio come contributo e non come la panacea universale.



Dal momento che il futuro del pianeta dipende anche dalle scelte in campo energetico e che mutamenti climatici e aumento della temperatura globale sono causati dalle emissioni di CO2 derivanti principalmente dalla combustione di carburanti fossili come carbone e petrolio, secondo il WWF è necessario partire dalla loro riduzione per mantenere l’aumento della temperatura media sotto i 2°C rispetto ai tempi pre-industriali. Anche perché l’aumento di solo un terzo di questi 2° di soglia (0,7°C) ha già provocato gravissime alterazioni del clima, tempeste sempre più frequenti, ondate di calore, siccità prolungate, scioglimento dei ghiacciai della Groenlandia e dell’Antartico occidentale. Senza contare che molti di questi impatti colpiranno le popolazioni più vulnerabili e probabilmente creeranno sempre più “rifugiati del clima”, persone che non potranno più vivere nei loro paesi a causa di carestie, tempeste distruttive o altri eventi catastrofici.




Proprio per evitare scenari di questo tipo le emissioni globali devono diminuire almeno del 50% entro la metà del secolo, con un impegno da parte dei paesi del G8 (grandi utenti energetici e quindi generatori di emissioni di gas a effetto serra) ad operare i tagli più consistenti, vale a dire di circa l’80% entro il 2050. Attualmente le emissioni aumentano a un tasso vertiginoso: dai 25 miliardi di tonnellate di CO2 nel 2003 si potrebbe arrivare a 33,6 miliardi nel 2015.





“La stabilità del mondo, il suo stato di salute economica e sociale dipendono anche dalla stabilità del clima – ha dichiarato Michele Candotti, Segretario generale del WWF Italia – E il concetto di sicurezza energetica è privo di significato senza la sicurezza climatica. Alla vigilia del G8 chiediamo ai paesi che vi fanno parte di adottare un piano che sia paragonabile al Piano Marshall attuato nel secondo dopoguerra. In fondo è il futuro del pianeta ad essere in gioco”. Un primo passo in questo senso potrebbe essere quello di utilizzare i 250 miliardi di dollari attualmente necessari alla produzione di energia convenzionale per finanziare le fonti rinnovabili e pulite. Puntare e investire sull’efficienza energetica, la più efficace dal punto di vista dei costi: ciò significherebbe per l’Europa, per esempio, un risparmio del 20-30% dell’attuale domanda nei prossimi 15 anni.



www.wwf.it






-Nascere uomo su questa terra è un incarico sacro.
Abbiamo una responsabilità sacra,
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ben al di sopra del dono meraviglioso
che è la vita delle piante, dei pesci, dei boschi,
degli uccelli e di tutte le creature che vivono sulla terra.
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Graffio
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Posted - 02 August 2006 :  11:53:51  Vedi Profilo Send Graffio a Private Message  Rispondi quotando





Due studi apparsi sull’ultimo numero di Nature segnalano il rischio di estinzione per molte specie di anfibi, e pongono in relazione il loro rapido declino in tutto il continente americano con il riscaldamento globale. Messi in pericolo già da decenni dal progressivo restringimento dei loro habitat e dalla diffusione nell’ambiente di sostanze inquinanti, gli anfibi devono ora fronteggiare una nuova sfida: la proliferazione di microrganismi patogeni stimolata dal clima più caldo e umido.
In America Centrale, fra il 1975 e il 2006 la temperatura dell’aria è aumentata in media di 0,18 gradi al decennio, il triplo della media dell’incremento calcolato su tutto il secolo; a questa variazione ha corrisposto un aumento della diffusione e dell’aggressività di insetti vettori di malattie, batteri e, soprattutto, dei funghi che parassitano gli anfibi, come il Batrachochytrium dendrobatidis.







Particolarmente a rischio è la rana arlecchino di Monteverde (Atelopus chiriquensis).




“Dobbiamo comprendere le complesse relazioni fra riscaldamento globale ed estinzioni”, ha affermato Andrew Blaustein, coautore di uno dei gli studi. “La forte sinergia fra trasmissione degli agenti patogeni e modificazioni climatiche è fonte di preoccupazione anche per la salute dell’uomo.” E ricorda che la dengue, un’infezione virale trasmessa dalle zanzare con esiti talora molto gravi, ha già iniziato a diffondersi dalle aree tropicali centro-americane nelle quali è endemica, verso gli Stati Uniti, dove ormai è presente nelle regioni più meridionali.









- Le Scienze -














-Noi sappiamo che la Terra non appartiene all’uomo,è l’uomo che appartiene alla Terra.Questo sappiamo.Tutte le cose sono collegate come il sangue che unisce una famiglia.Tutto è connesso.Quello che accade alla Terra,accade ai figli della Terra.L’uomo non ha tessuto la trama della vita,in essa egli non è che un filo.Qualsiasi cosa egli faccia alla trama la fa a se stesso.



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Graffio
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Posted - 09 August 2006 :  00:01:36  Vedi Profilo Send Graffio a Private Message  Rispondi quotando



Nonostante le piante siano importanti per l'essere umano quali fonti di cibo, medicinali, energia e materiali, si sa molto poco sui processi biologici che ne controllano la crescita. La Commissione europea ha ora deciso di stanziare 12 milioni di euro a favore di un progetto denominato AGRON-OMICS, che consentirà di effettuare nuove scoperte in materia.

Le piante ci forniscono un'ampia gamma di prodotti e servizi vitali, eppure i meccanismi che controllano le modalità in cui le piante, e in particolare le foglie, crescono e si sviluppano sono tutt'oggi poco chiari. Le foglie attraversano quattro stadi di sviluppo di base, vale a dire proliferazione, quando si moltiplica il numero delle cellule della foglia; espansione cellulare, quando aumentano le dimensioni delle cellule stesse; maturazione, quando le cellule mutano il loro stato fisiologico e diventano attive, ad esempio mediante la fotosintesi; e, infine, senescenza, quando le risorse presenti nelle foglie vengono trasferite in altre parti della pianta.









Attualmente si sa molto poco dei segnali che inducono le cellule delle foglie a cessare di dividersi e a passare allo stadio di crescita del loro sviluppo. Eppure la quantità di biomassa contenuta in una foglia, che è la determinante primaria della produttività delle colture, si stabilisce in base al numero e alle dimensioni delle cellule in essa contenute. Come sottolinea il coordinatore del progetto Pierre Hilson dell'Università di Gand, "alla luce dell'importanza crescente di biomassa e bioenergia, era tempo che iniziassimo a studiare i dettagli dell'accumulo della biomassa".




I partner del progetto analizzeranno le componenti che controllano la crescita delle piante, tra cui geni, proteine e metaboliti, e studieranno il modo in cui tali elementi coordinano le proprie azioni per regolare la crescita delle foglie e gestire il passaggio da uno stadio di sviluppo a un altro. Infine, elaboreranno metodi matematici e statistici per modellare e prevedere i processi delle foglie e testarli in stretta collaborazione con scienziati informatici e sperimentalisti. La conoscenza generata dal progetto sarà utile per una serie di applicazioni industriali quali le bioenergie.




La pianta scelta dai ricercatori è l'Arabidopsis thaliana. Dalla fine degli anni Settanta l'A. thaliana rappresenta la pianta modello preferita dai botanici di tutto il mondo. Oltre a essere di dimensioni ridotte, a crescita rapida, prolifica e facile da coltivare in laboratorio, ha un genoma piccolo, che la rende estremamente adatta agli studi genetici.

Le innumerevoli ricerche già condotte sull'A. thaliana (la sequenza completa del suo genoma è stata portata a termine nel 2000) e le migliaia di linee mutanti disponibili la rendono una "cavia" ideale per questo studio. Ad esempio, esistono linee mutanti in cui il numero di cellule in una foglia è eccessivamente basso. Tuttavia, la pianta compensa tale anomalia producendo cellule individuali più grandi, cosicché le dimensioni complessive della foglia sono comunque normali. Altre versioni mutanti hanno cellule straordinariamente minuscole, ma compensano producendone una quantità maggiore. Lo studio di mutanti analoghi consentirà ai ricercatori di comprendere meglio le interazioni tra i fattori che controllano la crescita e lo sviluppo delle foglie.





Il progetto AGRON-OMICS (Arabidopsis GROwth Network integrating OMICS technologies, ossia rete di crescita dell'Arabidopsis che integra tecnologie "omics", cioè geonomica e proteomica), coordinato dall'Istituto interuniversitario di biotecnologia delle Fiandre di Gand (Belgio) riunisce ricercatori di 14 istituti in sette paesi.

La dotazione di 12 milioni di euro concessa dalla Commissione europea al progetto rappresenterà una delle sovvenzioni più cospicue mai stanziate a favore della ricerca sull'Arabidopsis. Il progetto inizierà in autunno e proseguirà per cinque anni.










-Noi sappiamo che la Terra non appartiene all’uomo,è l’uomo che appartiene alla Terra.Questo sappiamo.Tutte le cose sono collegate come il sangue che unisce una famiglia.Tutto è connesso.Quello che accade alla Terra,accade ai figli della Terra.L’uomo non ha tessuto la trama della vita,in essa egli non è che un filo.Qualsiasi cosa egli faccia alla trama la fa a se stesso.



-Che ne sapete se un qualunque uccello che taglia le strade dell'aria non è un immenso mondo di delizia chiuso dai vostri cinque sensi?


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Graffio
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Posted - 13 August 2006 :  15:28:47  Vedi Profilo Send Graffio a Private Message  Rispondi quotando


DOPO 50 ANNI TORNA LIBELLULA FULVA IN ALTO ADIGE

-Scoperta di un gruppo di ricerca-





- La Libellula fulva ha fatto la sua ricomparsa in Alto Adige dopo cinquant'anni. A scoprirla e' stato il team di 'Libella', un gruppo di studio istituito al Museo provinciale di Scienze naturali.
I biologi Franziska Werth e Guenther Augustin hanno infatti scoperto una varieta' di libellula che in Alto Adige non si vedeva da almeno mezzo secolo. Si tratta della Libellula fulva che privilegia i canneti, le acque tiepide e di ottima qualita'.
Il tipico colore delle ali, da cui ha origine il nome della libellula, compaiono sull'esemplare femmina, piu' raramente su quello maschile. Come spiegano in una nota gli esperti del Museo di Scienze naturali, si tratta di una libellula che vola da maggio a luglio. Il suo ritorno in Alto Adige e' stato registrato per la prima volta al lago piccolo di Monticolo,




che con i suoi estesi canneti lungo la riva - rivitalizzati dall'Associazione di pescatori di Appiano - costituisce un ideale habitat per la libellula.
Una piccola sensazione e' data invece dal secondo luogo di ritrovamento della libellula fulva, la Fossa grande di Caldaro che fino a qualche anno fa era ancora uno degli specchi piu' inquinati dell'Alto Adige e quasi morto dal punto di vista biologico. Dall'attivazione degli impianti di depurazione di Termeno e Magre' e dagli interventi di manutenzione curati dal Consorzio di bonifica, nello specchio d'acqua fanno la loro comparsa ogni anno nuove varieta' di flora e fauna. Il Museo di scienze naturali dell'Alto Adige sostiene il lavoro di biologi e appassionati della natura per la rilevazione di dati scientifici del mondo degli animali e delle piante presenti in Alto Adige. Questi rilevamenti confluiscono nella banca dati altoatesina per la fauna e la flora.

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I ragni di strada ne fanno tanta, con le loro zampette. Ma in certi casi, quando le distanze sono davvero grandi, anche loro devono fare affidamento a un mezzo di trasporto: i fili che loro stessi tessono per fabbricarsi le ragnatele.
-Da almeno duecento anni la scienza se lo chiede: come fanno i ragni a percorrere enormi distanze, addirittura centinaia di chilometri, semplicemente aggrappandosi a un sottilissimo filo di ragnatela? Alcuni scienziati del Rothamsted Research di Harpenden, nell’Hertfordshire (Inghilterra) hanno dovuto impiegare dei complessi modelli matematici per descrivere il moto del più leggero mezzo di trasporto al mondo.




-La maggioranza dei ragni in cerca di nuovi territori o, più semplicemente, di un compagno o di una compagna tessono finissimi fili che servono loro a “paracadutarsi” altrove. Il viaggio li porta in genere solo dall’altra parte del giardino, tuttavia in alcuni casi possono ritrovarsi anche molto lontano. Per vent’anni il modello accettato da tutti era il cosiddetto ‘modello Humphrey’ che, tuttavia, secondo il team di Rothamsted non teneva in considerazione il ruolo delle correnti d’aria. Il fatto è che il filo dei ragni non è rigido: si muove e si gira su sé stesso in base alle turbolenze così da modificare in continuazione le sue stesse proprietà aerodinamiche, adattandosi alle varie condizioni atmosferiche. È stato proprio studiando il ruolo delle correnti e delle turbolenze che gli scienziati sono arrivati a spiegare come i ragni riescano a coprire distanze decisamente enormi per le loro ridotte dimensioni.



-Per descrivere ancora più a fondo il fenomeno occorrerà però andare oltre. Gli scienziati infatti stanno già pensando a una “galleria del vento” come quelle in cui viene testata l’aerodinamicità delle automobili. L’obiettivo è comprendere come si diffondono le epidemie che colpiscono il bestiame. Il ragno, sempre presente nei complessi agricoli, potrà infatti essere impiegato come indicatore in grado di segnalare lo spostamento del bestiame e quindi delle malattie che lo colpiscono.



(Le Scienze)

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In Italia i frigoriferi consumano circa il 3,5% di tutta l'elettricità nazionale: più dell'energia elettrica consumata per i trasporti ferroviari e urbani. -acquista un frigorifero proporzionato alle tue esigenze - regola il termostato tra il livello minimo e il medio -controlla la temperatura: quella del frigo deve essere compresa tra i 3° e i 5°C, quella del congelatore tra i -18° e i -15°C
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Una nuova estinzione di massa (la “sesta estinzione”), che non si verificava dal tempo dei dinosauri, potrebbe avvenire per mano dell’uomo. Negli ultimi 500 anni si sono estinte 844 specie, e oltre 15.500 sono minacciate secondo l’ultima Lista Rossa dell’IUCN (Unione Mondiale della Conservazione) tra le quali circa il 23% dei mammiferi (1.101 specie) e il 12% degli uccelli (1.213 specie).







Le grandi scimmie hanno subìto recentemente un declino del 50% in vaste zone dell’Africa, metà dei marsupiali e un terzo degli anfibi sono in pericolo, e circa il 40% di piante e animali dell’Asia rischiano di sparire.




Sette delle 13 specie di balena sono considerate minacciate o vulnerabili, nonostante decenni di protezione. In pratica le specie si estinguono oggi dalle 100 alle 1.000 volte più velocemente rispetto ai ritmi naturali, e ciò per mano dell’uomo: le maggiori minacce alla biodiversità sono infatti la perdita e il degrado degli habitat, la caccia eccessiva, il commercio illegale, l'invasione delle specie non native, l’inquinamento, i cambiamenti climatici e il bycatch, la cattura accidentale di specie non commerciali (come cetacei, squali e tartarughe marine) nella pesca.






]Il WWF è impegnato nelle 238 ecoregioni individuate come prioritarie del Pianeta nella difesa delle specie minacciate e degli ecosistemi vitali. Queste aree (ad esempio le foreste tropicali, la grande barriera corallina australiana, la regione del Capo in Sudafrica e, in Italia, le Alpi e il Bacino del Mediterraneo) custodiscono il 90% della biodiversità mondiale.




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Le temperature qui sono aumentate a una velocità doppia rispetto al resto del pianeta: a rischio molte specie animali.

Il clima al Polo Nord sta cambiando. E, con esso, sta mutando il paesaggio in tutta la regione artica.




Negli ultimi 50 anni la temperatura media nel settentrione del mondo è aumentata a una velocità doppia rispetto al resto del pianeta. Causando la fusione diffusa di ghiacci e ghiacciai.
Gli inverni si sono accorciati e la caduta di neve è diminuita. Stress inediti e, si teme alla lunga insopportabili, sono vissuti da orsi polari, foche e uccelli che amano vivere al freddo.
Sono questi, in estrema sintesi, i risultati dell'"Arctic Climate Impact Assessmen" (ACIA), l'analisi dall'impatto che il cambiamento globale del clima sta avendo sul Polo Nord.
Il rapporto è stato commissionato dal Consiglio Artico, l'associazione tra le otto nazioni che affacciano sul freddo oceano settentrionale (Stati Uniti, Canada, Danimarca, Islanda, Norvegia, Svezia, Finlandia, Russia) e i rappresentanti della popolazione nativa degli Inuit. Lo studio, che è durato quattro anni e ha coinvolto 600 scienziati, è il più completo mai elaborato sulle condizioni climatiche dell'Oceano Artico e delle terre che lo circondano.
Terre che, secondo l'ACIA, stanno subendo in media un'accelerazione nel cambiamento del clima che è, appunto, doppia rispetto a quella subita dalle altre regioni del pianeta.
In Alaska e in Siberia, per esempio, nell' ultimo mezzo secolo la temperatura dell'aria è aumentata anche di 2 o 3 gradi, con picchi di 4 gradi in inverno.
Nel medesimo tempo è aumentata, di circa 2 gradi, la temperatura del permafrost, la fanghiglia ghiacciata che copre le fredde lande della Siberia e del Canada settentrionale.
Certo, l'incremento termico non è stato uguale in tutte le regioni artiche. In alcune zone, come la Groenlandia meridionale per esempio, la temperatura media è addirittura diminuita di un grado.





Tuttavia la tendenza al rialzo è inequivocabile. E ciò ha comportato la fusione di molti ghiacciai. Inoltre le acque dell'Oceano Artico, nel corso degli inverni sempre più brevi e sempre più caldi, incontra maggiori difficoltà a ghiacciarsi. Cosicché i ghiacci polari marini stanno diventando sempre più sottili e fragili.
Con quali conseguenze? Beh, le conseguenze immediate riguardano in primo luogo gli abitanti, umani e non umani, di quelle plaghe nordiche. Gli orsi polari, le foche, gli uccelli vedono mutare il paesaggio e restringersi gli habitat cui si sono adattati. Lo stress è fortissimo anche per gli uomini, specie per quei nativi che hanno costruito intorno al Polo Nord un'autentica "economia del freddo".
Questi vedono, da un lato, diminuire le risorse di cibo (pesci, orsi, foche, caribù, uccelli) cui attingere e, dall'altro, penetrare nei loro habitat altri uomini (pescatori, contadini, minatori) attratti dalle condizioni climatiche favorevoli.
Ma è l'intero pianeta che sta subendo le conseguenze del cambiamento accelerato del clima nelle regioni artiche.




Se il bianco dei ghiacci e delle nevi oltre il circolo polare dminuisce, infatti, diminuisce anche l'effetto albedo, ovvero la capacità di riflettere e rimandare indietro nello spazio i raggi solari.
Cosicché la Terra è costretta ad assorbire maggiore energia dal Sole. Con la conseguenza che il riscaldamento delle regioni artiche produce ulteriore aumento della temperatura, che si diffonde in tutto
il mondo. E' quello che gli esperti chiamano un feedback positivo e che noi potremmo definire una spirale viziosa.
Tuttavia è nel futuro il rischio peggiore. Gli analisti dell'ACIA ritengono che entro la fine del secolo l'aumento della temperatura media nelle regioni artiche potrebbe raggiungere i 7 o 8 gradi.








A quel punto i ghiacci saranno quasi completamente spariti. E, con essi, rischiano di sparire gli orsi polari, le foche e gli uccelli che abitano quelle terre.
Altri uomini, con altre attività, avranno sostituito i nativi.
Mentre per il pianeta intero si affaccerà un altro rischio, oltre quello della perdita del contributo artico all'effetto albedo: lo scioglimento definitivo del permafrost.






Nei cristalli di ghiaccio di quella fanghiglia solidificata sono intrappolate bolle di metano. Se il permafrost si scioglie il metano sarà libero di raggiungere l'atmosfera.
E di dare un nuovo, "formidabile contributo" al riscaldamento del pianeta.







Il Giochino dell'orso polare (Scacciaveleni):

[b]http://www.wwf.it/lavoro/campagne/detox/scacciaveleni/home.asp






-Noi sappiamo che la Terra non appartiene all’uomo,è l’uomo che appartiene alla Terra.Questo sappiamo.Tutte le cose sono collegate come il sangue che unisce una famiglia.Tutto è connesso.Quello che accade alla Terra,accade ai figli della Terra.L’uomo non ha tessuto la trama della vita,in essa egli non è che un filo.Qualsiasi cosa egli faccia alla trama la fa a se stesso.

-Ammiro chi resiste,chi ha fatto del verbo resistere carne,sudore,sangue,e ha dimostrato senza grandi gesti che è possibile vivere,e vivere in piedi,anche nei momenti peggiori. (Luis Sepùlveda)



-Che ne sapete se un qualunque uccello che taglia le strade dell'aria non è un immenso mondo di delizia chiuso dai vostri cinque sensi?


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