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Posted - 11 February 2011 : 14:55:39
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quote: Originalmente inviata da maxmillian
visto solo ora questo post....molto sensibile... ho deciso di mettere la mia esperienza sul mondo animale al servizio di chi ...ha bisogno...gli animali naturalmente.. ho aperto un post... senza nulla togliere alla poesia di questo..kiss
ho visto max ma sono due contesti completamente differenti, questo tratta poesie il tuo invece si occupa di consulenza quindi implica una certa esperienza nel settore, che spero possa essere di aiuto a molti lettori
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maxmillian
Utente Master
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Posted - 11 February 2011 : 21:36:45
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Ma petite....Straluna...trenta agnos...de esperienzia ahahahah tranquilla questo post è bello propio per la sua filosofia
nelle mie preghiere non udire le parole ma il respiro... Maxmillian
amare.... non aver più nulla d'appagante da desiderare... Maxmillian
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Posted - 20 May 2011 : 20:33:19
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Perchè non continuare questo spazio anche con delle storie di animali trovate in giro, o scritte da noi?
L’anima degli uomini, l’anima degli animali. Di Margherita Hack
Che cos'è l'anima? Non credo che nessuno lo sappia esattamente, ma se noi abbiamo qualcosa che chiamiamo anima questo qualcosa lo hanno certamente anche gli animali. Secondo me l'anima è il nostro cervello, le cui modificazioni chimiche governano i nostri sentimenti, le cui varie aree sovrintendono alle nostre azioni più o meno razionali. Il nostro cervello è come un computer un po' più complesso di quello degli animali più evoluti. Potremmo dire che noi rappresentiamo l'ultima generazione di computer nella scala evolutiva. Abbiamo capacità di astrazione che gli animali, forse ad eccezione di alcune specie di scimmie, non hanno. Ma per quanto riguarda i sentimenti, la capacità di affetto, la gelosia, la difesa del territorio, quanto siamo simili, uomini e animali, e soprattutto mammiferi e uccelli. Da giovane credevo ancora che ci fosse qualcosa oltre la morte; ricordo che dopo la scomparsa di Cicino, un gattone soriano che aveva "studiato" con me, sulle mie ginocchia, dalla terza media fino al secondo anno di università, lo sognavo quasi tutte le notti e mi volevo illudere che fosse lui che dal mondo di là mi veniva a trovare, e speravo che l'avrei ritrovato dopo morta. Oggi non credo in nessun al di là. Dopo morti, uomini e animali, le molecole che formano il nostro corpo e il nostro cervello-anima lentamente si libereranno e si sparpaglieranno nell'atmosfera, da cui forse un giorno sfuggiranno negli spazi interstellari, o forse andranno a formare altri esseri, molecole e atomi, loro si quasi immortali. Ma sarebbe bello poter trovare nel paradiso in cui credevo da bambina tutti gli animali che ho amato e che mi hanno amato. Li ricordo tutti, cani, gatti e anche un pappagallo cinerino tutti con il loro carattere e la loro ben distinta individualità. Il pappagallo mi fu portato in regalo da un astrofisico nigeriano. Non avevo mai avuto uccelli, perchè credo che debbano vivere la loro vita da esseri liberi. Ma il pappagallo era ormai lì, sottratto alla sua vita nella giungla, spaventatissimo per il lungo viaggio in aereo, nascosto chissà dove. Ci vollero parecchie settimane perchè cominciasse ad aver fiducia in me, a mangiare dalle mie mani, a cantare a squarciagola. Non potendo vederlo in gabbia, gli avevo ricostruito un habitat più adatto a un uccello, con rami d'albero e foglie, nella veranda. D'estate la veranda era aperta e lui volava dall'alto in basso, ma non era capace di volare verso l'alto perchè purtroppo uomini crudeli gli avevano tagliato le remiganti. Era molto interessato ai colombi che venivano in giardino, e un 17 giorno scomparve, probabilmente in cerca di libertà. Non l'ho più ritrovato e avrà fatto una brutta fine. Ricordo la gatta Checca, tutta nera, che abbandonata quando aveva pochi mesi, mi corse incontro per strada come se fossi la sua mamma gatta, e mi ricordo quando si spense con un flebile miagolio all'età di 18 anni. Più che una gatta era una compagna di giochi, che faceva a nascondino fra i mobili di casa, che si sdraiava sul tavolo dove lavoravo, che mi seguiva a ogni mio spostamento. Un mese dopo la morte della Checca morì anche il lupo Dick, quasi quattordicenne e che avevo comprato a dei ragazzi che lo picchiavano, quando era un cucciolo di 4 mesi. Era zoppo e cieco da un occhio, ma aveva un muso bellissimo, un carattere volitivo, e capace di un affetto commovente. Senza la Checca e senza Dick la casa era tristemente vuota. Cosi decidemmo di andare al canile comunale; avremmo voluto un altro lupo, ma c'era una bastardona nera e marrone, incrocio tra un rottweiler e un doberman . "Prendetela, nessuno la vuole, è qui da 6 mesi" ci dissero gli impiegati del canile. E così la portammo a casa, dove si insediò subito sulla poltrona più comoda e la notte decise che il nostro letto era anche la sua cuccia. Malgrado l'avessimo fatta visitare, nessuno si accorse che aveva quella terribile malattia che è la filaria. Le larve delle zanzare invadono i polmoni e dopo solo 8 mesi che era con noi, Lara morì soffocata in un lago di sangue, mentre stavamo correndo dal veterinario. Oggi abbiamo la Lilli, un bracchetto istriano bianco con macchioline marroni, trovata in Slovenia, abbandonata e simile ad uno scheletro ambulante. E' con noi da 6 anni, ha una volontà di ferro. E' lei che decide dove andare a passeggiare, e se il percorso scelto da me non le piace si impunta sulle quattro zampe e nessuno la smuove. E' tenerissima e gelosissima degli altri cani, ma convive d'amore e d'accordo con le nostre attuali 6 gatte, la Genny, bianca e nera e scontrosa con gli estranei, la nera Sissy, timida e paurosa, la soriana Geppetta, affettuosissima e indipendente, la soriana Fabiola, ingorda e attaccabrighe, la certosina Topina, piena di affetto e che ho portato a casa dal giardino dell'Osservatorio, dove si lasciava morire per carenze affettive, e infine l'ultima arrivata, la Bianca, una gattona bianca e nera che viveva per strada e che un giorno ha deciso di venire a vivere nella veranda insieme ad altri quattro gatti randagi e poi ha stabilito di installarsi permanentemente in casa. Si, credo proprio che se esiste un paradiso per noi, a maggior ragione debba esistere per gli animali, creature vittime di ogni cattiveria e ingiustizia eppur instancabili nel loro amore.
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Posted - 21 May 2011 : 12:55:07
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Si, gli animali hanno un'anima. Di Edda Cattani
Era il 29 settembre 1989. Lo ricordo benissimo perché ero tornata a casa dal lavoro molto provata. Oltre alla stanchezza per i numerosi impegni, un mio collaboratore era stato ricoverato con una sindrome che lasciava poco ben sperare e la cosa mi aveva lasciato confusa e addolorata. Andrea e Vanessa erano in camera con un batuffolo di pelo rosso in mano che, a stento, riuscivano a trattenere. Ridevano i miei ragazzi cercando di nasconderlo fra le coperte del letto. “Un gatto in casa? Non ne abbiamo avuto abbastanza dell’altro? Non se ne parla nemmeno. Portatelo via subi-to!” Ricordavo di avere cambiato da poco tende e tappezzeria dopo che era scomparso e finito non so dove, un altro esemplare della specie che, un mattino, dopo la notte passata in giardino, non aveva fatto ritorno. Tutto sommato mi ero affezionata a quella presenza, come al cricetino Tino, agli uccellini, alle tartarughe, al pesce rosso e, poiché uno alla volta se ne erano andati tutti, lasciando in me, dal momento che ero costretta ad accudirli, una naturale amarezza, avevo giurato a me stessa: “Mai più bestie in casa mia!” Invece non c’era stato nulla da fare. Andrea diceva che “quel pallottolino” gli si era attaccato ai calzoni mentre passava per una strada dove era abbandonato e che era stato proprio lui a sceglierlo. Così dovetti abituarmi al nuovo giro: tende da rifare, poltrone sdrucite, tappeti e moquette da ripiegare. A dire il vero ci provai a trovargli un padrone, ma Andrea, appena lo seppe, se l’andò a riprendere trattando anche male la persona che si era offerta di tenerlo. Lo chiamavano Pub Music, i miei ragazzi, o anche Pelo Rosso, Mix e tanti altri nomi, giocando con lui che sembrava veramente aver trovato il suo ambiente ideale. A dire il vero sapeva comportarsi bene: non sporcava in casa, era regale e rispettoso ad un tempo, ma quando vedeva Andrea impazziva. Facevano corse, si rotolavano sul pavimento, saltavano di qua e di là. La sera Mix scendeva in giardino e risaliva il mattino. Quando mi affacciavo alla finestra e tiravo su la tapparella lo vedevo di sotto con gli occhioni verdi spalancati: “meo, meo, meo...”: scendevo le scale e lo portavo su. Ormai mi ero rassegnata a quell’intruso, come avevo fatto le altre volte. Era un compito mio. In questo mi aiutava anche Elena che faceva colazione con lui sulle ginocchia, dandogli qualche pezzetto di plumcake; così Mix divenne il compagno di tutti. Ogni sera, al cancello aspettava i suoi padroni: prima arrivava Elena dal lavoro e saliva le scale con lei, poi tornava sotto con Andrea e con lui andava in fondo al viottolo, dove c’erano i ragazzi della “compagnia” e si strusciava sulle gambe di tutti. Era divenuto il boss dei paraggi, ormai: un bel gat-tone rosso. Tutti conoscevano il gatto di Andrea e lui sapeva farsi rispettare ed accarezzare da co-loro di cui si fidava. Poi Elena andò via di casa e Mix l’aspettò invano. Una sera, dopo diverso tempo, la vide arrivare e le corse incontro con tanta gioia che si incespicava dappertutto e addirittura, mentre la seguiva, per l’emozione, se la fece addosso. Lei rideva e anch’io a dire il vero, ero commossa nel vedere la capacità di ricordare e di sentire di una bestiola che, in fondo, era pur sempre, forse, un animale “senz’anima”... Andrea era ancora in famiglia ed ogni sera, verso le undici, come un orologio, il gatto rosso si appostava sul cancello di casa e lo aspettava. Freddo, pioggia o neve non lo smuovevano; al suo arrivo, veniva di sopra con lui e andavano a letto insieme. Dormiva ai suoi piedi o intorno al suo collo. Era commovente vederli abbracciati. Non posso dimenticare quei quadretti “da poster”: un ragazzone bruno con un peluche intorno al viso, attorcigliato come una ciambella. Poi Andrea partì per il servizio militare e furono lunghi mesi di attesa: ogni sera ad aspettarlo al cancello, finché, un pomeriggio, mentre faceva la siesta sull’erba del prato, lo vide sopraggiungere dal viottolo, in fondo. Arrivava dalla stazione il mio Andrea, in congedo per la sua prima licenza. Chi si accorse del suo arrivo fu proprio lui, il gatto Mix o Pelo Rosso che, in quattro balzi, gli fu accanto e gli saltò 19 addosso. Andrea rideva e lo accarezzava, così pure erano commossi gli altri ragazzi della compagnia, accorsi dal circondario, per aver saputo della sua venuta. Andrea era partito con le scar-pe da tennis, la maglietta ed i calzoni di jeans ed era tornato in divisa, ma Mix lo sentiva ugualmente come il suo, solo padrone ed amico e, in quel rapporto unico, c’erano tutti i loro giochi, le loro intese, i loro complotti, il loro scambiarsi affettuosità esclusive. Così continuò la storia finché Andrea fu assegnato al corpo della scuola Trasporti e Materiali di Padova ed essendo stato nominato ufficiale capo della Regione Nord Est, poteva tornare a casa a dormire tutte le sere. Dalle undici a mezzanotte, una palla di pelo rosso s’appostava vicino al cancello di casa, ogni sera, attendendo l’arrivo dell’amico; con lui saliva e con lui scendeva il mattino alle cinque quando Andrea si recava in caserma per l’alzabandiera. Ma una sera, era il 5 dicembre 1991, Andrea non tornò a casa e Mix lo attese invano. Lo attese a non finire, incurante del tempo e dell’avanzare degli anni, ogni sera, alla stessa ora. I primi tempi, io, sempre di corsa e affannata per il mio dolore, non avevo altro luogo dove dare sfogo al mio pianto irrefrenabile che recarmi giù in garage e chiudermi dentro la macchina di Andrea, rimasta parcheggiata, per piangere liberamente, accarezzando le sue cose. Una sera a cui seguirono tante altre sere, mi accorsi che fuori dal garage venivano tre, quattro, cinque gattini al seguito di Mix e mi guardavano silenziosi. Così presi ad andare di sotto portando loro qualcosa da mangiare; ogni giorno, per tutti questi anni, la stessa cerimonia. Quelli del condominio cominciarono a vedermi un po’ come “la mamma dei gatti”, o meglio, a compatirmi per non avere più nessuno da accudire, se non quattro gatti randagi. Mix sapeva bene quale fosse la sua casa, ma difficilmente saliva le scale. Viveva di sotto ormai, nel suo regno di gatti senza padrone e primeggiava su tutti. A volte lo sentivo giù, nell’ingresso lamentarsi: “meo, meo, meo” tre volte, mentre saliva e allora gli aprivo la porta e lui si accomodava sulla sedia della cucina dove rimaneva fino al mattino. Non andò più in camera, non sali più su in mansarda, luogo dei giochi e delle capriole. Elena ci regalò un persiano bianco, ma Pelo Rosso e Pelo bianco non amarono frequentarsi: uno stava di sotto, in giardino, ed uno di sopra. Sono passati otto anni quasi, da quella notte del ‘91 e mai Mix ha cessato di attendere. Poi per lui c’è stato un rincrudirsi di episodi che, data la condizione in cui ha vissuto, sempre di sotto in giardino, l’hanno fatto ammalare e così si è sfinito un po’ alla volta. Ha subìto tre interventi e l’ho curato con ogni tipo di medicinali, cambiando anche medico, ma un giorno dello scorso settembre, prima di partire per il 13° Convegno del Movimento della Speranza, ho capito che non c’era più nulla da fare. L’ho messo nella gabbia, mentre lui mi guardava con i suoi occhioni verdi e tristi, po-vera palla spelacchiata, ormai tutto ossa, senza un lamento e l’ho lasciato dal veterinario: “Faccia lei dottore, quello che crede, ma non mi chieda cosa deve fare. Mi telefoni fra qualche giorno se riuscirà a guarirlo, altrimenti non dica nulla. Mi farò viva io”. Passarono i giorni, ritornai da Cattolica e non ebbi il coraggio di telefonare. Capivo quel silenzio, ma speravo. Poi, sabato, 29settembre, mentre eravamo alla Messa, durante la comunione, alle cin-que e mezza, sentii distintamente quell’inconfondibile “meo meo, meo...” nell’ingresso dell’istituto. Gatti non ce n’erano in quel luogo e capii che qualcosa doveva essere avvenuto. Tornammo nel salone e mentre facevamo una registrazione, distintamente, si ripeté il miagolio... Non c’erano dubbi: un gatto, il mio Pelo Rosso, il gatto Mix di Andrea mi era accanto e non potendo esserci da vivo, voleva pur dire che in qualche modo mi aveva raggiunto. L’avevo chiesto ad Andrea: “Aiutalo, prendilo con te., sono otto anni che ti aspetta ogni sera... E’ l’ultima cosa vivente che mi resta di te, figlio mio, ma non posso vederlo soffrire così”. Il lunedi successivo ho telefonato al medico: “Signora, sabato scorso mi sono deciso. Non c’era più niente da fare ormai. Soffriva e null’altro. Ho fatto in modo che si addormentasse per sempre, senza soffrire. “L’ho saputo dottore, l’ho saputo. Alle cinque e mezzo, vero?” Ho sognato il gatto Mix che faceva salti da un divano all’altro con il suo padrone ed una grande pace è subentrata allo sconforto. Mi è caro pensare ad una palla di pelo rosso che si rotola fra le nuvole, in braccio al mio Andrea, finalmente uniti, lassù, in Paradiso.
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G.
Utente Master
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Posted - 21 May 2011 : 13:37:23
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A Te,Amico mio, che non sei mio ma mio di cuore, a te che al mattino sei il mio secondo buongiorno, il mio secondo tesoro come stai e il secondo a rispondermi. A te che mi guardi negli occhi e non ti devo spiegare nulla lo sai meglio di me... te e io ..quelli neri quelli che si vogliono bene e basta ...a te che ora non stai più tanto bene ma che nonostante zoppichi arrivi sempre e se non arrivi tu,stai tranquillo arrivo io. Sono stati 10 anni preziosissimi con te sono certa che ce ne saranno altri.
Tieni duro Billy ti voglio tanto bene e grazie per il tuo. Sei speciale.... tu lo sai!!!!
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maxmillian
Utente Master
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Posted - 21 May 2011 : 13:39:20
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per l'anima ...nè somo convinto...
nelle mie preghiere non udire le parole ma il respiro... Maxmillian
amare.... non aver più nulla d'appagante da desiderare... Maxmillian
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Oriana
Utente Master
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Posted - 21 May 2011 : 13:57:30
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Meraviglioso topic, pieno di sentimenti forti e unici. Sono un'amante incallita degli animali. Tutti. Sono un animale io stessa.
Finchè ho le braccia al posto delle zampe ne approfitto per abbracciarvi
" ... Alla fine di questa giornata rimane ciò che è rimasto di ieri e ciò che rimarrà di domani; l'ansia insaziabile e molteplice dell'essere sempre la stessa persona e un'altra." (F. Pessoa) |
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