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Oriana
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Posted - 26 December 2010 : 18:23:35
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La storia di Eva (parte quinta)
Il Riabbraccio (e non solo)
Era una nebbiosa notte di qualche anno dopo, Maurice venne a chiamarla con urgenza:”Mambò! Mambò! Presto vieni, corri!”. La premura nella sua voce le fece temere che qualche negriero avesse scoperto il loro rifugio. Eva corse fuori dalla capanna e l’uomo la condusse sino al piccolo molo per le barche.
Qui, due figure attendevano, una pareva la sagoma d’una donna, l’altra aveva delle dimensioni colossali. “Mamie!”, disse la prima “Madre mia! Sono tornata! Sono Jeanne!” Era lei, era la sua Jeanne, bella, elegantissima con un abito all’ultima moda e… giovane, giovane come quando l’aveva lasciata. L’altra figura, invece, rimase in disparte e quando Jeanne le fece cenno d’avanzare, questa esitò. Eva fremette, chiunque esso fosse, da lui proveniva un odore nauseabondo, odore di morte. Eva fece per ritrarsi ma, per un istante, le parve che quell’odore le fosse stranamente familiare, dove? Dove poteva averlo già sentito… poi, un lampo, la porto indierto di molti anni, a quell’orrendo cimitero dove aveva dovuto lasciare il suo adorato Cesàr “E’ lo stesso odore!”. Eva pronunciò quelle parole senza accorgersi, ma colui che le stava di fronte le percepì anche se erano state dette in un soffio. “Maman! Sì sono io! Sono tornato! Lei m’ha trovato e di colpo l’ho riconosciuta! Sono forte adesso, madre mia, forte abbastanza perché la morte non mi spaventi, anzi… mi sia alleata!”. Eva fece per corrergli incontro, ma Jeanne la trattenne, “Potresti non riconoscerlo” disse con voce dolce e triste “anche lui è un Revenant adesso! Ma il suo aspetto è stato sconvolto al momento dell’abbraccio”. Eva spostò lo sguardo da un figlio all’altra più d’una volta “Non mi importa!” disse infine “Sia quel che sia! E’ mio figlio, l’ho abbandonato una volta e non lo farò mai più!”. Eva corse tra le braccia del suo mai dimenticato figlio, né l’odore nauseante né l’aspetto orrendo la infastidirono, i suoi occhi, solo quelli cercava la donna nell’oscurità… li trovò… erano gli stessi d’un tempo! “Non ti ripugno, maman?” disse il gigante, “No” rispose con semplicità la donna.
L’Inglese (e non solo)
Eva la osservava muoversi tra la gente come una predatrice che spii le sue prede. L’abito di velluto cremisi era ricco, ma non volgare. Si era acconciata i capelli con cura per questa occasione ed intorno al suo collo brillava una collana di magnifiche perle. Portava una mascherina sugli occhi, dello stesso tessuto e colore dell’abito; non era una stranezza, tutte le donne che si aggiravano per i saloni di Madame Lorette la portavano. Alcune erano ragazze della casa, altre le accompagnatrici di quegli avventori più interessati al gioco d’azzardo che ad appagare i propri bassi istinti. Jeanne, invece, portava la maschera perché si trovava a New Orleans e riteneva assai probabile incontrare in quel posto qualcuno della famiglia Lavalle che la potesse riconoscere. In verità era ciò che lei sperava …. il desiderio di vendetta d’un immortale è cosa terribile da placare.
Sembrava scivolare tra la gente come se non toccasse terra, quando un mezzo ubriaco tentò d’afferrarla, ella si divincolò con facilità, provocandone la caduta ed il conseguente scoppio di risa da parte degli avventori vicini.
Poi si fermò… Eva la osservava da distante, ma si accorse che qualcosa aveva attratto la sua attenzione. Per non perderla di vista la donna di colore scivolò lungo le pareti della sala sino a trovarsi dall’altro capo di questa. Qui, c’era un tavolo circondato da un piccolo drappello di persone ed a quel tavolo erano seduti solo due uomini. Era evidente che il primo fosse il tipico ricco proprietario terriero del sud, si riconosceva dal modo di vestire, dai baffetti neri, lucidi e ben curati, dall’accento e…. dalla quantità di soldi che aveva vinto al suo avversario. Quest’ultimo indossava invece dei vestiti ben curati di foggia europea, forse era un mercante od un diplomatico o forse… un brivido corse lungo la schiena di Eva, un brivido che la donna aveva imparato a riconoscere, cercò Jeanne con lo sguardo e si accorse che anche lei lo fissava, lo fissava con il suo sguardo verde, intento a percepire anche un lievissimo segno.
Sua figlia le aveva detto di non essere in grado di scoprire un Revenant a prima vista, come invece sembravano essere capaci di fare altri immortali, non aveva ancora sviluppato tale potere anche se, asseriva, era nelle sue potenzialità. Ciò nonostante le aveva anche detto che, se osservava con debita attenzione, era in grado di riconoscere uno dei suoi simili, magari troppo intento nei propri affari e sicuro della propria masquerade, da non temere d’essere sottoposto a sguardi indagatori. Cosa avrebbe fatto Jeanne? L’avrebbe ignorato, come era abituata a fare, oppure… come in risposta alla sua silenziosa domanda la giovane immortale si avvicinò al tavolo.
“Ahahahah!!! Sembra proprio che vi abbia ridotto in braghe di tela amico! Forse troverete comunque qualcuno che vi dia un passaggio sulla sua nave per riportarvi in Inghilterra! Ahahaha!!” il riso sguaiato del sudista aveva un che di volgare e fastidioso. “Non si può mai dire, carissimo! La fortuna potrebbe ancora girare dalla mia e non sarebbe la prima volta” disse l’avversario in difficoltà, sfoderando un accento tipicamente inglese. “Ahahahah!!! E cosa vorreste giocarvi ancora dunque? Non vi ho lasciato più nulla con cui puntare! Rinunciate è meglio! Ahahaha!!!”
Lo sguardo dell’Inglese sembrò trapassare il sudista, evidentemente, pensò Eva, non era abituato a perdere, ma d’altronde l’altro aveva ragione, per giocare bisognava puntare e per puntare era necessario avere dei soldi, l’Inglese avrebbe dovuto mettersi l’animo in pace e riconoscersi battuto…
“Prendete!” Eva riconobbe la voce di Jeanne “non sono molti ma sufficienti, credo, per un’ultima mano”. Senza che Eva se ne fosse accorta, si era posta alla destra dell’Inglese, tutti si voltarono verso di lei ed anche l’interessato la guardò con sorpresa. Questi ruotò in parte la sedia su cui era seduto per osservare meglio la nuova arrivata ed Eva dovette ammettere che, per essere un uomo bianco, era decisamente di bel aspetto. L’uomo si alzò, portò la mano al cappello e disse: ”Milady, sarei davvero tentato d’accettare! Ma non posso rischiare di perdere i vostri averi, questa sera sembra che la Dea Bendata mi abbia proprio abbandonato e…” Jeanne lo interruppe “E credo fareste bene a trovare una sostituta in fretta, Monsieur! Prendete questa piccola somma e permettetemi di essere la vostra buona stella, almeno per i prossimi minuti”.
L’aveva riconosciuta? Sapeva che anche lei era un’immortale? Eva vide l’Inglese fissare attentamente Jeanne, il suo volto era impenetrabile ma subito si accorse che su di esso si stava aprendo un sorriso sfrontato. “Beh! Carissimo!” disse rivolgendosi al suo avversario ma non staccando gli occhi da Jeanne “A quanto pare ho ancora un’occasione per battervi!” , “Fate come credete” ribattè l’altro “tanto le cose non cambieranno! Ahahah! Ad ogni modo per rendere tutto più interesante, ci giocheremo tutto il gruzzolo in una singola mano!” così dicendo riversò tutti quattrini vinti fino a quel momento sul tavolo “Ci stò!” disse l’Inglese, poi rivolgendosi alla sua nuova ed inaspettata benefattrice aggiunse “Vi prego Milady! Restatemi affianco! Se dovete essere la mia nuova dea della Fortuna, sarà meglio che non vi allontaniate” Così dicendo si sedette di nuovo al tavolo, mentre Jeanne gli si mise al fianco. Le carte vennero mischiate e distribuite, l’uomo del Sud parve soddisfatto delle sue, l’Inglese, invece, chiedette di cambiarne una. La tensione era palpabile ed ormai la sfida aveva attratto intorno al tavolo una grande quantità di persone, tutti fissavano come stregati i due giocatori e le carte sul tavolo, nessuno si accorse del movimento repentino di Jeanne. Eva la vide portarsi la mano destra ai capelli come per risistemarvi una ciocca ribelle, in realtà afferrò uno dei puntali che trattenevano l’acconciatura, non era uno spillone comune però, in realtà era quello preferito da Jeanne per officiare i riti magici della Wanga. Vide poi sua figlia abbassare con rapidità la mano, sapeva cosa stava per fare ed osservò con attenzione mentre una singola goccia color rubino iniziò a colare lungo il palmo della mano sinistra, cadde, ma prima che potesse toccare terra svanì, quella era la giusta offerta da fare ai Loa affinchè favorissero il potere che lei aveva evocato.
“Aspettate, Monsieur!” disse Jeanne proprio nell’istante in cui l’Inglese stava per afferrare la sua ultima carta “se devo donarvi fortuna, forse lascerete a me il piacere di raccoglierla!”. L’Inglese la osservò, le sorrise e disse “Ma certo, Milady! Come potrei negarvelo, mi affido a voi!” detto ciò si scostò, Jeanne si protese verso la carta ancora girata sul tavolo, l’afferrò con la sua sinistra e la porse allo straniero. Tutti trattennero il respiro, poi il sudista sbottò: “Ahahaha!!! Foul di Jack! Spiacente Inglese, ma ho vinto di nuovo” , “Fermò!” intimò l’altro con una voce che non prevedeva obbiezioni. L’ordine lo bloccò mentre si allungava sul tavolo, facendogli assumere una posizione ridicola. “Siediti! Ora tocca a me mostrarti le mie carte!”, l’Inglese le girò senza guardarle e fissando il suo sguardo negli occhi del suo avversario…donna di fiori…donna di quadri…donna di picche… voltò l’ultima carta e intorno a loro scoppiarono una serie di urla miste di sorpresa e gioia, “Donna di cuori!” disse l’Inglese rivolgendo a Jeanne uno sguardo trionfante “non poteva essere altro che così! Foul di regine! Ho vinto!”. Il sudista non la prese bene, subito sembrò incredulo poi la reazione fu violenta “Bastardo! Mi hai imbrogliato! Tu e la tua amichetta avete fatto questa messa in scena per derubarmi! Ma vi faccio vedere io chi è Bob Sinclair!” detto ciò, si alzò di scatto ed estrasse una pistola. Tutti si ritrassero ed alcune tra le donne emisero urla di terrore. L’Inglese rimase calmo, si alzò, guardò l’avversario sconfitto negli occhi e disse: “Comprendo il vostro disappunto amico mio! Ciò nonostante vi consiglierei di sedervi” l’uomo si sedette, “di posare la pistola” l’uomo posò la pistola, “e di riflettere che questo luogo non mi sembra il posto adatto per inscenare una rissa. Comportatevi da uomo distinto quale siete e soprattutto… badate di non farmi infuriare!”. Il sudista lanciò uno sguardo colmo di paura al suo avversario, poi, biascicando qualcosa, se ne andò rapidamente tra lo scherno di quelli che avevano assistito alla scena. L’Inglese, invece, rispose ai complimenti di alcuni dei presenti e poi si voltò verso la sua nuova amica, solo per accorgersi che Jeanne se ne era già andata. Anche Eva l’aveva persa di vista, dal momento che tutta la sua attenzione era rimasta rivolta alla scena. L’Inglese lanciò una serie di sguardi perplessi in giro, poi, dopo un’alzata di spalle, rivolse la sua attenzione alla notevole vincita che giacieva sul tavolo.
Eva invece s’era già mossa, era infatti rimasta d’accordo con Jeanne che, se si fossero perse di vista, si sarebbero dovute incontrare all’ingresso ed infatti qui la trovò. Sua figlia s’era levata la maschera e le fece cenno di scendere le scale verso il portone, avrebbero avuto tempo più tardi per discutere dell’evento ma, come spesso accade, qualcosa d’imprevedibile fece prendere alla serata una svolta decisamente imprevista.
Continua.... Prima o poi arrivo alla fine.
El dormir es como un puente que va del hoy al mañana. Por debajo, como un sueño, pasa el agua, pasa el alma.
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Posted - 26 December 2010 : 18:44:24
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quote: Originalmente inviata da Oriana Continua.... Prima o poi arrivo alla fine.
io aspetto solo quella per poterlo leggere tutto intero
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Oriana
Utente Master
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Posted - 26 December 2010 : 19:27:42
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Allora mi sa che quando lo farai dovrai metterti comoda in poltrona con una buona tazza di thè caldo.
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Oriana
Utente Master
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Posted - 30 December 2010 : 10:08:15
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La storia di Eva (sesta e ultima parte)
La Coterie (e non solo)
Sorpresa… stupore… e poi… “Fermatele! Fermate quelle due! Sono delle schiave fuggiasce! Anche la bianca, anche lei è una mia schiava che è fuggita!”. Philippe Lavalle! Eva maledisse per l’ennesima volta quel nome e quell’uomo, fissò Jeanne per un istante, non sapeva quale potesse essere la sua reazione. Ma Jeanne non era stupida, avrebbe certamente affrontato il bastardo che le aveva fatto del male, ma solo dove e quando avesse deciso lei. “Seguimi!” disse sua figlia ed Eva iniziò a correre dietro di lei. Rifecero la strada a ritroso, continuarono a correre anche attraverso i saloni di Madame Lorette mentre alcuni servitori s’erano lanciati al loro inseguimento; dal fondo delle scale, Eva, sentiva ancora provenire la urla volgari di Lavalle, ma ora la sua preoccupazione era solo quella di stare dietro a sua figlia. Attraversarono la zona privee, dove le giovani ospiti della padrona di casa intrattenevano gli avventori, poi Jeanne svoltò per un corridoio poco illuminato ed, alla fine di questo, sbucarono su un’ampia terrazza. Jeanne si fermò e si voltò ad affrontare i loro inseguitori mentre Eva si tenne in disparte.
I servi le raggiunsero, erano cinque, quasi tutti schiavi, ma chi li guidava doveva essere l’uomo di fiducia di Madame Lorette “Ferme! Non muovetevi!” disse “ormai non potete più fuggire!”. Jeanne rimase perfettamente calma ed immobile, tanto che gli sguardi di alcuni servitori si fecero perplessi. Capendo che la situazione stava prendendo una piega spiacevole, il maggiodomo di Madame fece per afferrare Jeanne… non arrivò mai a sfiorarla. Eva si chiedette se l’uomo aveva fatto in tempo a percepire il dolciastro odore di morte che già aleggiava nell’aria, quello che lei vide, o meglio sentì, fu il colpo secco dell’ascia che spezzava in due la spina dorsale del miserabile; questi non proferì parola ed, in un secondo, si trovò a terra in un lago di sangue. Jù-Jù, Cesàr, era comparso come un demone dalle ombre per soccorrere la sorella, con la quale aveva convenuto di trovarsi in quel luogo in caso di pericolo. Gli altri osservarono il gigante spettrale e seppero che la morte aveva fatto loro visita, tentarono di fuggire, ma l’ascia di Jù-Jù li falciò uno per uno, nessuno avrebbe dovuto raccontare ciò che aveva visto. Eva si accorse che Jeanne stava spostandosi di lato per lasciare spazio al fratello quando, all’improvviso, un coltello saettò alla sua gola, “Papa Legba!” sussurrò la donna di colore, sapeva che un coltello non avrebbe fatto sul serio male alla sua Jeanne, ma vedere la figlia con un arma da taglio puntata alla gola, ebbe comunque l’effetto di paralizzarla sul posto. Anche Jù-Jù si bloccò all’istante, intorno a lui giacievano ormai i cadaveri di tutti gli schiavi ma, anche se la vita di sua sorella non era davvero in pericolo, il solo pensiero di saperla correre un rischio lo rendeva incapace d’agire.
“Bene, bene!” disse la voce dell’aggressore, che Eva riconobbe appartenere al sudista di poco prima “Avevo ragione dunque, altro che signora per bene! Non sei altro che una sgualdrinella e, per giunta, una schiava fuggiasca! Non so quale trucchetto tu abbia usato per favorire quel bastardo d’un inglese! Ma di certo il tuo padrone mi ricompenserà abbondantemente per averti catturata, così potrai rifondermi della somma di cui il tuo amico m’ha derubato!”. Jù-Jù fece per muoversi, ma ancora una volta il movimento del coltello alla gola di Jeanne ebbe l’effetto di paralizzarlo, Eva sperò che la figlia si decidesse ad agire in modo che si potessero allontanare, infatti dall’interno della casa già si sentivano le voci di altri servitori che stavano per sopraggiungere. “Buono dove sei gigante merdoso! Altrimenti taglio la gola alla tua cagna! Ora, bellezza, seguimi senza fare obbiezioni, altrimenti il tuo bel visino potrebbe…..arghhh!!!”. Eva sbattè le palpebre e strinse bene gli occhi, poi vide la punta d’un coltello sbucare dalla gola del sudista. L’uomo s’accasciò a terra e Jeanne, per un istante sbilanciata, cadde all’indietro, mentre la sua schiena si trovò a poggiare contro…. il petto dell’Inglese! “Se qualcuno a qualcosa di cui lamentarsi nei miei riguardi, è meglio che me lo dica in faccia! Non sopporto che si maltrattino le mie amiche!” disse lo straniero a quello che, ormai, era diventato il cadavere del suo avversario di gioco. Poi, rivolgendosi a Jeanne che ancora si trovava appoggiata a lui, aggiunse “Piacere di rincontrarla, Milady! Come vede, a volte, ripago i miei debiti” , “Ero certa d’aver fatto un buon investimento, Monsieur!” gli rispose sua figlia “Sarebbe ora però così cortese da lasciarmi?”, Eva s’accorse che l’immortale le aveva cinto la vita col braccio “Temo di non poterla accontentare, Milady! La gente che vi sta inseguendo sarà qui tra poco ed è quindi meglio per noi tagliare la corda!” , “Noi?” gli fece eco Jeanne “Sì! Noi!”. Dicendo così l’Inglese prese la donna in braccio con un unico ed elegante gesto e balzò sulla balaustra di marmo del terrazzo “Ehi! Colosso!” disse poi voltandosi verso Jù-Jù “Ma te l’ha detto nessuno che puzzi in maniera oscena! Dovresti farti un bagno una volta ogni tanto! Sai, alle belle signore piacciono gli uomini puliti! Ad ogni modo sbrigati, afferra l’altra e stammi dietro se ci riesci!”. Le voci ormai erano alle loro spalle, Eva fece in tempo a vedere l’Inglese che si gettava di sotto con Jeanne tra le braccia, poi le forti braccia di suo figlio la ghermirono e Jù-Jù saltò di sotto oltrepassando con un balzo il corrimano di pietra. Quando atterrarono, parecchi metri più in basso, Eva sentì le ossa del gigante scricchiolare mentre le sue gambe affondarono parecchio nel terreno morbido del giardino. Se anche qualche osso si era rotto, Jù-Jù non lo dette a vedere, smosse con forza gli arti inferiori ed iniziò a correre dietro all’altro, il quale era invece atterrato senza il minimo problema ed aveva già iniziato a muoversi velocemente.
Corsero sino a giungere nei pressi del porto fluviale, che non distava molto dalla dimora di Madame Lorette, qui lo straniero si fermò, sembrava che la corsa non l’avesse per nulla stancato e difatti disse prontamente: “Bene e ora che si fa? Sarà una mia impressione, ma credo che i vostri amichetti non abbiano intenzione di demordere!” e come per sottolineare la cosa, l’Inglese si tese per ascoltare rumori che potessero indicare l’approssimarsi di un certo numero di persone. “Perché per prima cosa non mi mette a terra, Monsieur? Poi vorrei sapere perché le nostre strade non dovrebbero dividersi qui?” disse Jeanne “A dire il vero non mi crea problemi tenervi in braccio, Milady! Siete leggera come una piuma!” disse il Revenant con aria divertita, ma visto che l’espressione di Jeanne non pareva incoraggiante, con un aria afflitta la mise a terra. “Beh, per rispondere alla vostra seconda domanda, io sono giunto qui in città da poco e farmi qualche amico… o qualche amica, non mi dispiacerebbe per nulla! Inoltre, perdonate la mia schiettezza, ma visto la gente con cui andate in giro” disse indicando Jù-Jù ed Eva, “non credo possiate lamentarvi della mia compagnia ed, inoltre, non potete non ammettere che abbiamo diverse cose in comune e… chissà quante altre potremmo scoprirne!”, l’Inglese sembrava davvero divertito dalla situazione mentre Eva non riusciva a decifrare l’espressione di Jeanne. Proprio in quel momento da dietro l’angolo d’un edificio sbucarono un certo numero di uomini armati di torce che, non appena li scorsero, iniziarono a correre nella loro direzione urlando. Eva sapeva quanto gli immortali temessero il fuoco, guardò quindi entrambi i suoi figli e si chiese come avrebbero fatto a sfuggire ai loro inseguitori, “Salvateci!” disse Jeanne guardando negli occhi l’Inglese “Salvateci ed accetterò tutte le proposte che avrete da farmi!”. Lo straniero sembrò soppesare con interesse l’offerta “Proprio tutte, Milady?”, ma prima che Jeanne potesse rispondere, l’afferrò per un braccio ed iniziò a correre verso l’imbarcadero “Corri colosso, seguimi!” urlò a Jù-Jù, il quale afferrò di peso la madre e si mise a seguirlo. I quattro giunsero ad una passerella malmessa che portava ad una imbarcazione ormeggiata, “Luke! Barry!” urlò l’Inglese “togliete gli ormeggi ed in fretta! Abbiamo degli amici un po’ troppo calorosi alle calcagna!”, alcune figure si sporsero dal parapetto dell’imbarcazione, poi la coperta iniziò ad animarsi velocemente. L’immortale imboccò il pontile tenendo sempre Jeanne per mano, Eva e suo figlio lo seguirono e, per un istante, la donna credette che le assi marcie sarebbero cedute sotto il peso di Jù-Jù, trascinadoli nella scura e vorticosa acqua sottostante. Eva non capì bene cosa accadde in seguito, ma scorse Jeanne bloccarsi di colpo e voltarsi verso gli inseguitori, mentre madre e fratello la superavano, c’è da dire che, sebbene perplesso, l’Inglese non l’abbandonò ma si fermò al suo fianco. Quando Eva potè sporgersi dal parapetto dell’imbarcazione, l’unica cosa che vide fu sua figlia, capelli al vento, che pronunciava un’invocazione ai Loa, la vide trafiggersi col puntale la mano e gettare un fiotto di sangue contro i loro inseguitori, poi… sotto lo sguardo incredulo di tutti i membri dell’equipaggio, il pontile si spaccò sotto il peso degli uomini in corsa, i quali precipitarono in acqua e furono trasportati via dai flutti del Mississipi, “Che jella che hanno avuto, buon per noi comunque!” disse uno dei marinai che si trovava vicino alla donna di colore.
Jeanne e l’Inglese salirono con calma sul ponte del piccolo vascello, in breve i preparativi per la partenza furono fatti ed il battello salpò dal molo, la luna brillava sull’acqua ed un’odore di salsedine ed acqua dolce riempiva l’aria. Eva vide Jù-Jù mettersi controvento per limitare i problemi dovuti al suo odore, rannicchiarsi per quanto possibile in un angolo e, almeno per il momento, i marinai dell’imbarcazione sembrarono troppo presi dal loro lavoro per fargli più caso del dovuto; poi l’attenzione della donna si spostò su sua figlia.
Jeanne era appoggiata al parapetto e la lieve e calda brezza della notte le scuoteva i capelli, sembrava presa in una miriade di pensieri e sua madre si chiese quali scelte stesse per fare, d’un tratto vide un’ombra avvicinarsi a lei, era l’Inglese che, dopo aver dato istruzioni agli uomini, le si era avvicinato per parlarle. Prima di farlo, però, la osservò per un lungo istante ed il suo sguardo era serio e deciso, difficile immaginarsi cosa gli stesse passando per la testa. Jeanne, invece, parve non accorgersi di lui sinchè non le rivolse la parola: “Emh… mi scusi Milady, mi spiace disturbare i vostri pensieri, ma credo sia ora di fare quattro chiacchere!” , “Cosa c’è da discutere, Monsieur! Vi ho promesso che se ci aveste salvato, avrei accondisceso ad ogni vostra richiesta… ed io mantengo la mia parola!”. Il silenzio che seguì fu imbarazzante, poi lui riprese “Non so se mi si possa definire un gentiluomo oppure no, ed ammetto che i miei rapporti con le giovani dame sono per lo più… come dire… burrascosi! Ma è anche vero che stanotte vi ho visto compiere dei prodigi che non ho mai visto fare ad alcun Tremere prima d’ora!” Eva riconobbe quel termine, era il Clan d’immortali a cui sua figlia apparteneva, “non credo di potervi offrire un’amicizia eterna, ma se accetterete la mia ospitalità per le prossime notti, forse potremo trovare un punto d’incontro per il prossimo ed immediato futuro… se c’è una cosa che io rispetto è la fortuna…e voi sembrate possedere la chiave che la controlla! Per me questo ha già il valore d’un patto di sangue! Che ne dite, Milady?”. Jeanne osservò le luci di New Orleans che si allontanavano ormai sullo sfondo, in quel momento, ad Eva, sua figlia apparve stanca, non era facile per una donna, anche se membro dei Revenant, sopravvivere in quel mondo sempre pronto a distruggerla, che avesse deciso di accettare l’amicizia di quello strano Inglese? Che si fosse anche lei arresa al destino che ogni donna, per esistere a questo mondo, ha bisogno d’un uomo al suo fianco?
“Andiamo nella vostra cabina, Monsieur! Spero per voi che le vostre proposte siano oneste e decenti, altrimenti temo che la nostra amicizia avrà un rapido e tragico declino!” Jeanne si voltò, oltrepassò l’immortale ed entrò all’interno dell’imbarcazione. L’Inglese la osservò allontanarsi massaggiandosi il mento con una mano “Proposte oneste e decenti?! Come ci si fa a divertire con proposte oneste e decenti!” poi, un lento e sfrontato sorriso si formò sul suo volto “Beh, caro vecchio Douglas! Mi sa che dovremo ingegnarci un po’, ma credo che alla fine troveremo di sicuro qualcosa d’interessante con cui intrattenere la nostra nuova ospite! Già, già!”. Eva lo vide seguire Jeanne, lei invece si chiese se doveva intervenire in qualche modo, era pur sempre sua figlia! Ma poi si accorse che Jù-Jù se ne stava tranquillo nel suo cantuccio, se avesse pensato Jeanne in pericolo di certo si sarebbe mosso. Eva si lasciò cadere sopra una vela ammainata ed il sonno la prese quasi subito, non prima d’aver udito l’Inglese dire: “Prego, Milady assaggiate! E’ un’ottima annata, che ne direste di berlo entrambi dalla stessa coppa?”.
Fine
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Posted - 03 January 2011 : 19:41:01
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ohhhhhhh!! bene!!
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Oriana
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Posted - 21 January 2011 : 08:39:30
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La giostra infernale di Paola B.
"Me ne devi altre cinque. Adesso vai!" La ragazza girovagava lungo il lunapark. Il suo lento incedere era sensuale, la gonna strusciava leggera lungo le gambe, ondeggiando passo dopo passo. Si fermò davanti a un tirassegno. Si accese una sigaretta, fece un lungo sospiro e aspettò. Di solito non ci mettevano molto ad abboccare, quella sera lo aveva già fatto tre volte; altri cinque, pensò. Un ragazzo sui venticinque anni l'aveva osservata mentre arrivava. Prese un fucile e cercando la concentrazione giusta cominciò a sparare. Lei aveva capito. Vide in lui la giovinezza, la sincerità nei suoi occhi e si allontanò. Cercava qualcuno più subdolo, qualcuno per cui valeva la pena fare quello a cui era costretta ma, lui la fermò. Le regalò il pupazzetto vinto e la invitò a fare un giro. Contrariamente alle altre volte si mantenne più fredda e distante, voleva allontanarlo il prima possibile. Lui era dolce, gentile, l'assecondava in tutto. Gli promise che l'avrebbe rivista se se ne fosse andato; niente, era accecato da lei e dunque arrivarono. Di fronte a loro una magica giostra dai sapori antichi. Eleganti i cavalli si erigevano in una danza alternante e incantevole. Lui che voleva sorprenderla la invitò a farci un giro; lei negò con sguardo allarmato trascinandolo via, prima che l'altro potesse vederli. Non capiva e si ostinò a rimanere davanti alla giostra. Apparve davanti a loro. La finta cordialità mascherava il maligno piacere. Era tardi ormai per tornare indietro; non avrebbe mai voluto farlo a quel ragazzo. Salirono sulla giostra che subito cominciò il suo eterno giro. I cavalli si alzavano e abbassavano al ritmo del valzer. Lui era felice, rideva sereno. Lei piangeva. E poi, ad un tratto, al quarto o quinto giro il ragazzo scomparve.
Era sempre così. Un debito eterno che pagava la notte del 31 ottobre. Otto anime da regalare all'inferno. Il suo inferno. "Me ne devi altre quattro. Vai!"
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Oriana
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Posted - 18 September 2012 : 09:07:48
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Rispolvero questo vecchio topic per gli amanti del genere
Furioso
Rientra a casa Carlo, dai. Non volevi preparare una romantica cenetta per la tua dolce mogliettina? Quanto ami Angela, eh Carlo? Quanto le hai sacrificato della tua vita, sull’altare di quello strano dio che chiami Amore? Anche oggi nonostante la follia del lavoro, le fatiche e lo stress, ti sei ritagliato mezza giornata di permesso tra le maledizioni del tuo capo, solo per tornare a casa prima e cucinare per lei. Magari per portarla al cinema. E poi? La notte è giovane, si sa.
Hai aperto l’uscio e hai gettato giacca e valigetta sul divano, mentre con l’altra mano hai allentato il nodo della cravatta, In quel turbinio di movimenti, l’occhio ha colto un particolare insolito nell’ampio salotto. Un libro, o qualcosa di simile, abbandonato sul tavolo da pranzo. Quello buono, da usare per le cene importanti. Come stasera. Strano che Angela abbia lasciato qualcosa in giro. Non pensarci ora. Cucina, lavati e poi quando apparecchierai, sistemerai anche quello. Complimenti Carlo! Il carrè di agnello non è una cosa facile. Con contorno di patate e salsa di mirtilli. Sei ambizioso vedo. Ma per lei fai i salti mortali. L’hai abituata bene, la tua Angela. E il dessert? Hai comprato dei dolci alla pasticceria siciliana? Sei un genio! Ora inforna, sbrigati, e via sotto la doccia. Per fortuna Angela ha avuto proprio oggi una riunione improvvisa, che capita un po’ spesso ultimamente ma d’altra parte è una donna in carriera. Carlo sei proprio un bell’uomo, lasciatelo dire. Hai un corpo tonico e ben modellato, una leggera abbronzata e quei peli neri che sanno di maschio italico, senza eccedere. Poi quel filo di pancetta che fa tanto benessere. Ti mantieni in forma. Bravo! Con l’asciugamano intorno ai fianchi e i capelli ancora umidi dove vai? In soggiorno? Ti è venuto in mente quel libretto abbandonato? Ma non è un libretto, vero Carlo? È un quaderno, o meglio un diario! Tuo non è di certo. Allora è di Angela. Ti vedo sorpreso. Non credevi che lei fosse il tipo di donna che tiene un diario segreto. Segreto anche per te, oltretutto. Sai che cosa dovresti fare, vero? Dovresti metterlo nel suo comodino o nel suo armadio. Tra le sue cose, insomma. Invece che fai? Lo apri? Lo stai leggendo? No, Carlo, così proprio non va!
<26 agosto 20XX Oggi è stata un’altra splendida giornata. Ho detto a tutti che andavo ad una riunione improvvisa, invece mi sono vista con Marco. È stato stupendo! Due ore solo per noi. Il mondo chiuso fuori. Le sue mani meravigliose mi hanno fatto provare emozioni incredibili!>
Ti vedo allibito, Carlo. Capisco anche perché. Quelle parole sono state un veleno mieloso, che ti è colato nell’anima. Raggelandola. Fermati ora. Non leggere più quelle frasi deliranti. Non guardare quei cuoricini infantili, da diario delle medie, con le iniziali A e M, sparsi su tutte le pagine.
<14 luglio 20XX La sua bocca e le sue mani! Abbiamo fatto l’amore in macchina, dopo la cena con gli altri colleghi. Non so come ho potuto tornare a casa questa notte. Sono ubriaca e soddisfatta. Eccitata. Sento il suo profumo addosso. Lo amo!>
La cena coi colleghi. Ecco perché Angela aveva tardato tanto! Appoggiati un momento Carlo. Siediti. La tua Angela non può essere così. Lo avresti capito da qualche suo atteggiamento. O forse non hai voluto capire. Sei stato accecato dall’amore? Non l’hai vista fuggire, allontanarsi. E ora l’hai persa.
Carlo rimani seduto. Non alzarti. Ti è anche scivolato l’asciugamano. Sei nudo. E pazzo! Lascia stare le sue piante.I fiori a cui lei tiene tanto. Non lanciare i vasi per l’appartamento. Non svellere le tenere radici. Non strappare le pagine di quel diario. I piatti no. Smettila! Stai distruggendo la vostra casa, non ti accorgi? Cosa vedono i tuoi occhi se non la tua Angela tra le braccia di quell’uomo. Ti getti sul letto, ma niente ti fa soffrire di più, che immaginarla lì, tra quelle lenzuola, abbracciata a lui. Dov’è finita la tua ragione, Carlo? Se n’è volata sulla Luna in mezzo alle Ragioni smarrite di quasi tutti gli altri uomini? Chi mai potrà riportartela? Ti vedo girarti e rigirarti tra le lenzuola, che bruciano come la pelle di Nesso. Finalmente ti alzi. Ma smetti questa tua furia. Non distruggere più le tue care cose. Dove vai ora? Sul terrazzo? Vedi la città che si stende ai tuoi piedi, indifferente. Vedi che le vite degli altri continuano. Allora gridi Carlo. Urli il tuo dolore. Come un animale pazzo. Come una fiera disperata. Come un uomo che ha perso tutto. E ti arrampichi sul davanzale. Sotto di te la gente continua a fare la spesa, a pagare le tasse, a lavorare e a vivere. Mentre tu? Il dolore tragico che senti è superiore a tutto questo? Credi di essere il primo e magari l’unico a provarlo? Ti sbagli, mi spiace. Smettila di urlare ora. Andrò io a cercare l’ampolla cristallina col tuo senno. Lo prometto. Rimani lì, nudo e scarmigliato, a gettare sui passanti le tue grida senza senso e gli ultimi vasi. Ti guardano da laggiù e fanno ruotare l’indice intorno alla tempia. Non vedi? Sussurrano. Non senti? Carlo stai attento. Oh no, scivoli! Stai cadendo, Carlo. Atterri sul tetto di un’auto parcheggiata in strada. Sfondandolo. Mentre il dolore ti mozza il respiro, alcuni pensieri incoerenti vagano nella tua mente. Stai pensando a ieri sera, mentre guardavi la partita in cucina. Angela è arrivata con la sua amica. Si sono fatte una tisana e hanno chiacchierato tutta la sera sul divano. Ricordi ora? Li hai giudicati discorsi da donna. Non hai origliato, perché sei un galantuomo. Poi l’amica di Angela se n’è andata. Come si chiama? Anna, stupido. Il tuo sguardo allibito dice tutto Carlo. Hai capito ora? Addio.
(Ago)
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