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Forum Le Perle Del Cuore
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Oriana
Utente Master

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Posted - 01 December 2010 :  18:09:46  Vedi Profilo Send Oriana a Private Message  Rispondi quotando
La storia di Eva
(seconda parte)

La Storia di Cesàr (e non solo)


Eva regnò incontrastata sul cuore del suo padrone, sulla sua casa, sulla sua gente. Come una regina che trae i sui diritti per avere dato un erede al proprio re, Eva riceveva gli omaggi dovuti a colei che ne aveva salvato la figlia morente e che gli aveva dato l’unico, seppur schiavo e di colore, figlio maschio. L’odio che i parenti del marito, soprattutto i cugini Lavalle, avevano per lei era enorme, in fondo avrebbero probabilmente ereditato tutta la tenuta, se il generale Charles Louis Batiste fosse morto senza eredi. Ma ancor più detestavano che una schiava qualunque s’atteggiasse a signora delle più ricche piantagini di cotone della zona di Baton Rouge. Eva rideva della loro stupidità, che sibilasserò pure come serpenti, lei sapeva come incantare e terrorizzare le serpi.

Eva allevava con amore entrambe le sue creature, il suo controllo era assoluto, le sue premure quasi maniacali ed al limite dello sfacciatoggine. Nulla doveva essere negato alla sua piccola ereditiera, mentre suo fratello sarebbe stato cresciuto per proteggerla e per aiutare e comandare la sua gente. Ma Eva aveva fatto i conti senza l’oste.

Una notte, dopo aver messo a dormire la figlia, ella si accingeva ad occuparsi del maschietto, quando una presenza a lungo dimenticata le parlò:

”E’ il momento prediletta dei Loa” disse con scherno una stridula e gelida voce, “tuo figlio ha ormai compiuto il suo sesto anno, e come tu, alla stessa età, venisti risvegliata ai tuoi doveri verso i Loa, così per tuo figlio ora è giunto il momento di incontrare quale sarà il suo destino al mio servizio! ahahahahahahah!!!!”

Eva rabbrividì come se un gelido artiglio le stesse torcendo le viscere; tentò di parlare, ma neppure un filo di voce le uscì dalla gola; cercò di fuggire col suo adorato figliolo, ma riusci solo a muoversi verso l’ingresso e, qui, trovò una carrozza già pronta per una lunga corsa. Non seppe per quanto tempo viaggiarono, le sembrarono giorni interi, in realtà però non dovette essere molto, poiché quando si fermarono era ancora notte. Eva non conosceva la zona, ma vi riconobbe il dolciastro odore della morte, rabbrividì vedendo il cadente cancello del camposanto ed il suo vecchio ed orripilante custode.

Il terror panico la prese quando capì che questa sarebbe stata la dimora dell’adorata creatura che ora dormiva placidamente tra le sue braccia. Tentò, provò con tutte le sue forze di ribellarsi, sinchè non sentì un dolore lancinante, simile ad una lama che laceri le carni, ma mille volte più intenso:

” Pazza!” disse ancora la voce “non ti ribellasti quando portai via la moglie del tuo padrone, né quando strappai la vita della misera creatura che quella disgraziata aveva messo al mondo! Ti era comodo allora, non è vero? Tu hai un debito con mè! E tuo figlio mi appartiene sin da prima che lo mettessi al mondo!”.

A quel punto, Eva si accorse d’un flebile movimento tra le sue vesti, il piccolo si era risvegliato e, gurdandola, disse: ”Maman, non aver paura! Io non ne ho! Tu mi hai detto che devo crescere forte per proteggere mia sorella e regnare sulla mia gente e io lo farò! Solo una cosa maman! Ricordati un giorno di venirmi a prendere, quando sarò forte!”. Gli occhi di Eva erano colmi di lacrime e con la disperazione d’una madre a cui viene strappato un figlio, invocò i Loa e gli diede questa benedizione:” Vai figlio mio! Che la tua mente non rammenti il tuo passato! Che il ricordo di ciò che hai vissuto non ti sommerga e non ti faccia soffrire più di quanto già dovrai! Che solo il volto della tua amata sorella in qualunque momento tu lo riveda e qualunque aspetto tu o lei possiate avere, risvegli i tuoi ed i suoi ricordi! Saprete chi siete e cosa rappresentate l’un per l’altro! Che Erzulie vegli su di te, anche se temo che in questo posto il suo potere non abbia influenza”.

Detto ciò, aprì lo sportello della carrozza e lasciò scendere il bambino che, come guidato da una qualche forza sconosciuta, oltrepassò la soglia del cimitero al fianco del terribile becchino, il cancello si chiuse alle sue spalle e la carrozza ripartì.

I giorni successivi passarono come se nulla fosse! Nessuno, proprio nessuno, sembrava rammentare il vivace fanciullo di colore, figlio del padrone e della sua strega nera. Eva non credette mai per davvero che tutto ciò fosse solo il frutto del suo incantesimo, ciò nonostante, tutto questo, l’aiutò a celare il dolore che le avrebbe tormentato l’anima per gli anni a venire.

Continua...







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Posted - 02 December 2010 :  18:42:24  Vedi Profilo Send n/a a Private Message  Rispondi quotando


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Oriana
Utente Master

4350 Posts
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Posted - 02 December 2010 :  20:26:15  Vedi Profilo Send Oriana a Private Message  Rispondi quotando




El dormir es como un puente que va del hoy al mañana.
Por debajo, como un sueño, pasa el agua, pasa el alma.

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Oriana
Utente Master

4350 Posts
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Posted - 14 December 2010 :  09:21:29  Vedi Profilo Send Oriana a Private Message  Rispondi quotando
La storia di Eva
(parte terza)

La Storia di Jeanne (e non solo)


Camminava per le vie di Baton Rouge, come una principessa tra i saloni della sua corte. Eva la osservava, tenendosi alcuni passi dietro di lei, come si confaceva ad una schiava di compagnia, ma conosceva a memoria le movenze e gli atteggiamenti che la ragazza amava assumere. Ecco, ora faceva ruotare l’ombrellino parasole muovendolo tra le mani, sapeva perfettamente che non era un gesto da signora ben educata, ma altrettanto bene sapeva che era un semplice trucchetto innocente per attrarre l’attenzione delle persone. Eccola allungare il passo, così da far ondeggiare i pizzi dell’abito di seta azzurra che indossava. Eccola ancora torcersi leggermente verso la strada, per salutare una quasi perfetta sconosciuta che si trovava sull’altro lato, tendendosi in punta di piedi ed allungando il braccio sinistro in modo da mettere in evidenza le linee morbide e già mature del suo corpo. Eccola portare con precisa noncuranza una mano ai capelli, fingendo di sistemarsi uno scuro ricciolo ribelle, ma con la reale intenzione di mettere in mostra la sua eleganza anche nei gesti più semplici. Eccola, infine, curvare dolcemente le labbra morbide e carnose in un sorriso, per rispondere al saluto d’un giovane gentiluomo, inclinando civettuolamente il capo in modo che la luce del sole, riflessa nei suoi occhi, li potesse far risplendere di quelle mille tonalità che, incredibilmente, sembravano essere state imprigionate al loro interno. Suo padre la chiamava sguardo d’arcobaleno, Eva sapeva bene che tale sguardo era il marchio con cui i Loa avevano segnato sua figlia.

Jeanne Marie Batiste aveva tutto ciò che una giovane ragazza potesse desiderare, Eva ne era convinta: vestiti, gioielli, ombrellini, profumi ed uno stuolo di giovani innamorati. Certo, la ragazza era la più ricca ereditiera della regione, ma anche con un ben meno appetibile incentivo, ella serebbe riuscita ad attrarre le attenzioni, non sempre discrete ed innocenti, di qualunque uomo tra i quattordici ed i sessant’anni. Ma Jeanne possedeva molto di più che un aspetto decisamente avvenente, suo padre, nella sua adorazione, aveva voluto che studiasse con l’aiuto d’un precettore privato, il quale s’era presto stupito dell’incredibile acume e desiderio d’apprendimento della sua allieva. Non era previsto che una giovane ereditiera sapesse recitare i classici o scrivere poesie, tutt’al più era prevedibile che sapesse suonare uno strumento. Ma Jeanne non era una semplice, ricca, viziata ragazza del sud della Louisiana, Jeanne era figlia di Eva e, come sua madre, era una Mambò prima ancora che nascesse e, quando i suoi occhi rilucevano d’un verde scuro, si era certi che la sua mente stesse riflettendo intensamente su qualcosa per lei di grande importanza.

Eva osservava la figlia in ogni momento, la seguiva e le aveva trasmesso tutte le sue conoscienze. Non sapeva come, ma la ragazza era venuta a sapere che lei era la sua vera madre. La ormai vecchia balia che aveva assistito al suo scambio con la figlia morente del generale Batiste, non avrebbe mai osato aprire bocca; ma, ormai da tempo, Eva sospettava che sua figlia avesse trovato il modo di contattare i Loa ed era plausibile che loro le avessero svelato questa verità e chissà quante altre.

Eva era una grande strega ma Jeanne, se avesse potuto agire liberamente, avrebbe potuto sicuramente superarla; vi erano perfino delle volte in cui ella le incuteva timore. Un tempo, Eva, non aveva avuto paura di rimproverarla o di assestarle uno schiaffo, ora invece non s’azzardava più a farlo con leggerezza. Gli occhi di Jeanne, quand’era furiosa, assumevano il colore del cielo in tempesta e sapevano incutere rispetto e timore senza dover proferir parola. Gli schiavi di casa la temevano ancor più di quanto temessero Eva e, pur non sapendo nulla della sua origine, molti di loro la chiamavano la strega bianca.

Per lo più, comunque, la ragazza passava le sue giornate allegramente come qualunque altra giovane della buona società ed il suo sguardo era quindi più spesso azzurro che di ogni altro colore.

Ad ogni modo, nonostante alcune divergenze, Eva andava d’accordo con sua figlia e questa l’amava, anche se non sempre pareva volerglielo dimostrare; su una cosa comunque entrambe la pensavano allo stesso modo, i cugini di suo padre, i Lavalle di New Orleans, erano spregevoli ed invidiosi. In particolar modo Philippe Lavalle, il giovane rampollo di questo ramo della famiglia e di pochi anni più vecchio di Jeanne, il quale s’era invaghito della lontana cugina e sperava di sposarla per poter così mettere le mani sia sulla sua ricchezza che sul suo corpo. Eva lo detestava e ancor più lo detestava sua figlia, mentre il vecchio generale Batiste cercava di mantenere, per quanto possibile, buoni rapporti coi parenti… questo almeno sinchè, durante un ricevimento nella loro tenuta, il poco di buono non osò allungare le mani su Jeanne.

Lo stolto scappò terrorizzato dalla piantagione, non tanto per la ben motivata furia del padrone di casa, alla cui figlia aveva mancato di rispetto, ma, a quanto pare, per l’orrenda reazione della ragazza stessa. Eva, interrogando alcuni schiavi, venne a sapere che il giovane Lavalle era fuggito gridando che Jeanne era una fattucchiera, che l`aveva stregato con una maledizione orrenda e che i suoi occhi, nel momento in cui l’aveva fatto, avevano brillato d’una malefica luce gialla. Che fosse tutto frutto solo della sua mente malata, come sosteneva l’infuriato generale, Eva non ne era del tutto certa e, certe voci secondo cui il focoso giovinastro avesse perso l’utilizzo dei “gioielli di famiglia”, non la lasciarono del tutto sorpresa.

Tutto continuò immutato e perfetto sino a dopo il diciassettesimo compleanno di Jeanne, quando l’ormai non più giovane generale Batiste s’ammalò di polmonite. Eva fece del suo meglio per salvarlo, se non altro per l’amore che sua figlia aveva per lui; ma fu tutto inutile. Apparve presto indispensabile che Jeanne si sposasse, per poter effettivamente ereditare la fortuna di cui era entrata in possesso e le più prestigiose famiglie dei dintorni attendevano solo la fine del periodo di lutto per poter avanzare le loro proposte di matrimonio alla bella ereditiera. Anche i Lavalle ebbero il coraggio di presentarsi ma Jeanne, in un eccesso d’ira, scacciò tutti gli avidi parenti, Philippe in testa, in malo modo dalla tenuta. Eva, per la prima volta, parve incerta. Ora lei e la figlia erano rimaste da sole, quale marito avrebbe accettato che sua moglie fosse una Mambò? Sarebbe riuscita Jeanne a soggiogarlo come lei aveva fatto col defunto generale? I Loa non le risposero… furono gli eventi a farlo.

Era una notte di pioggia fitta, tanto fitta da non poter vedere ad un palmo dal naso. Eva aveva fatto sogni inquieti e quando si svegliò, pensò che le urla che sentiva non fossero altro che riveberi dei suoi incubi… non era così. I suoi sensi fremettero e si accorse che qualcosa di grave stava accadendo, uscì di corsa dalla stanza e si lanciò nel salone d’ingresso a piano terra. Qui, sulla soglia, vi era uno stuolo di uomini armati a capo dei quali c’era Philippe Lavalle, il cui volto era deformato da un orrendo sogghigno. Jeanne era in cima alle scale e, quando parlò, la sua voce parve venire da una tomba:

“ So perché sei qui Philippe Lavalle! Se hai coraggio vieni a prendermi! ”, per un istante il vile parve perdere la sua baldanza, ma poi rispose: “Figlia d’una negra! L’ho sempre saputo che c’era qualcosa di storto in te! E difatti non sei altro che la figlia d’una strega nera che ha plagiato con le sue diavolerie la mente di quel povero mentecatto del generale!“. Ad Eva parve che il mondo cominciasse a girare vorticosamente, ma come? Per i Loa, come poteva saperlo? Poi, spostandosi dalla sua posizione ed avanzando verso lo scalone, la donna scorse una misera figura rattrappita; era la vecchia nutrice! L’unica a conoscere il segreto di sua figlia, a cui erano state inflitte le torture più crudeli e le sevizie più orrende, sotto le quali, evidentemente, aveva svelato tutto al suo agguzzino. “Osi negare forse?” riprese Lavalle “Beh! Vedrò di far cantare anche quell’altra puttana, così forse ammetterai di tua spontanea volontà! ahahaha!!”. Eva cercò di pensare a qualcosa, ma l’unico pensiero che riuscì a formulare fu una preghiera a Papa Legba; in quel momento Jeanne rispose, e per Eva il mondo crollò: “Non ti darò la soddisfazione di fare del male ad altra gente! Sì! E’ vero! Sono figlia d’una schiava e non me ne vergogno perchè saprò sempre d’essere migliore di te!”. Ciò che accadde dopo rimase confuso nella mente di Eva, ricordò solo d’aver gridato e di essersi gettata verso Lavalle che stava per salire le scale verso Jeanne, poi un dolore fortissimo alla nuca la privò dei sensi.

Quando si svegliò, la luce del giorno filtrava attraverso la porta del capanno in cui era stata rinchiusa, bussò, urlò, pianse… ma nessuno venne a dirle che ne era stato della sua povera, piccola Jeanne. Possibile che i Loa l’avessero abbandonata? S’erano forse presi gioco di lei, dopo il suo adorato Cesàr, ora le avevano tolto anche la sua Jeanne? Li maledisse, e maledisse tutti quelli che conosceva e che avevano fatto loro del male, Philippe Lavalle in testa! Quando la porta si aprì, Eva vide solo la figura d’uno schiavo, Maurice il cocchiere, entrare portando quello che sembrava un fagotto… era Jeanne! Non fu difficile immaginarsi ciò che l’era toccato sopportare, ma quello che più preoccupò Eva, era la forte febbre che sembrava scuoterla, “Polmonite!” disse tra sé, terrorizzata, la schiava, “No! Non lei! Loa non potete permettere che accada!”; Ma non furono gli Spiriti a risponderle, bensì sua figlia: “Mamie…madre… non temere, questa è la mia prova. Così come mio fratello, anch’io devo dimostrare d’essere degna del potere che mi verrà concesso!”…sapeva, dunque sapeva anche di suo fratello, Eva guardò la giovane negli occhi e… pregò.

Era notte ormai, quando Eva si ridestò; ancora una volta la stanchezza l’aveva sopraffatta. Quando si accorse che Jeanne non era più accanto a lei si spaventò temendo che il crudele Lavalle l’avesse fatta condurre da sé per infliggerle chissà quali altri orrori, poi un rumore svelò ad Eva che sua figlia era in piedi e sembrava aspettare qualcosa “Tra poco ce ne andremo” le disse la giovane con voce calma “tieniti pronta!”… andare? Andare dove? Si chiese la donna di colore ma, proprio in quel momento la porta del capanno si aprì e Maurice, lo schiavo, entrò di soppiatto al suo interno. “Sono tutti profondamente addormentati, Mademoiselle! Ho fatto mischiare al cuoco la polvere che mi ha dato insieme alla minestra, ho preparato i cavalli e recuperato ciò che m’avete chiesto…ma facciamo in fretta, più strada metteremo tra loro e noi e meglio sarà!”. Eva non capiva, ma seguì i due, badando di non fare rumore. Era giunto ormai il momento che fosse la madre a seguire gli ordini della figlia e non più il contrario. Cavalcarono per ore ed Eva si accorse che si stavano inoltrando nelle terre paludose a sud di Baton Rouge, cominciò dunque a capire! Sapeva perfettamente che, nascosta tra le paludi, c’era una piccola comunità di schiavi fuggiaschi, che viveva d’espedienti e professava liberamente il culto dei Loa. Maurice aveva un amico che vi si era rifugiato e lì le condusse… finalmente al sicuro.

Eva seppe poi dalla figlia che il misterioso scrigno che lo schiavo aveva recuperato dallo studio del generale prima della fuga, conteneva dei buoni del tesoro della Banca d’Inghilterra. Il previdente generale Batiste, aveva pensato che fosse sì giusto esprimere il proprio pattriottismo investendo le sue ricchezze in Louisiana, ma che mettere dal sicuro una buona rendita per la sua adorata bambina nelle casse di sua Maestà Britannica era decisamente più saggio, anche se sleale verso la nazione americana.

Eva si trovò a vivere una nuova, ma non del tutto spiacevole vita ed i Loa, in alcuni casi, ripresero a parlarle. Ad ogni modo ella aveva finito di giocare il ruolo della protagonista, era sua figlia, ora, che avrebbe dovuto gestire il loro futuro.


Continua....




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Fein
Moderatore

14529 Posts
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Posted - 14 December 2010 :  14:18:37  Vedi Profilo Send Fein a Private Message  Rispondi quotando
wowwwww Ory SAI UNA COSA??
mi sto appassionando grazie a te

Germenzia


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Oriana
Utente Master

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Posted - 14 December 2010 :  14:24:10  Vedi Profilo Send Oriana a Private Message  Rispondi quotando
Evvivaaaaaaa!!!!
L'altra dimensione( quella che non vediamo ma ci vive intorno) è interessante assai.
O la si ama o la si teme.
Io sposo la prima



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Oriana
Utente Master

4350 Posts
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Posted - 21 December 2010 :  09:16:56  Vedi Profilo Send Oriana a Private Message  Rispondi quotando

La storia di Eva
(parte quarta)
Il Revenant (e non solo)


Passarono due lunghi anni tra le paludi, insieme alla comunità di schiavi fuggiaschi. Eva vide sua figlia maturare e, dapprima, acquisire il rispetto degli altri membri della comunità, dopo, diventarne il capo carismatico. In questo luogo fuori dal tempo Jeanne potè sviluppare appieno il proprio potere e la sua connessione coi Loa divenne così stabile, quanto non lo era mai stata per Eva neanche nel suo periodo di maggior potere. Le voci sulla strega bianca, presero a girare tra tutti i negri della regione delle paludi ed anche ad alcuni bianchi giunse il racconto della donna dalla pelle candida che sapeva padroneggiare la magia degli schiavi, ma per lo più lo ritenevano una mistificazione di questi ultimi.

Poi, poco dopo il diciannovesimo compleanno di sua figlia, avvenne ciò che il destino aveva previsto: Jeanne ascese ad un nuovo stato d’esistenza, divenne una revenant, un’immortale!

Una notte, Eva, venne svegliata da Maurice che la condusse ad una piccola imbarcazione. Qui, Jeanne l’aspettava insieme ad un altro uomo di colore assai fidato. La giovane donna le disse che si sarebbero diretti all’Isola del Diavolo, ma che solo lei ed Eva vi sarebbero sbarcate. Sull’Isola del Diavolo, nome che le avevano attribuito gli uomini della comunità, sorgeva una vecchia dimora estiva d’una estinta famiglia del tempo della colonizzazione francese; secondo la gente delle paludi a volte, di notte, gli Spiriti dei Morti prendevano possesso del luogo e Papa Le Bas, il Diavolo, vi eseguiva i suoi rituali. Eva non aveva mai davvero creduto a tali ciancie, ma fu preoccupata per questa improvvisa visita notturna; mentre la barca scivolava lentamente sull’acqua piatta, Eva osservò la luna piena la cui fredda luce le fece correre un brivido lungo la schiena.

Quando giunsero sul posto, le due donne avanzarono da sole verso i resti silenziosi della magione. Le piante selvatiche e gli animali del posto parevano aver ripreso possesso di quel luogo, ma, inconsciamente, Eva percepì che anche qualcos’altro stava in agguato tra le ombre. La giovane donna, invece, pareva perfettamente a suo agio e si diresse con sicurezza all’interno dell’edificio, salì l’ampio scalone incredibilmente sgombro dalle macerie e, giunta al primo piano, si diresse senza esitazioni verso il vano d’una porta che giaceva a terra ormai marcita dall’umidità e divorata dai tarli. La sala, decisamente grande, doveva essere stata un’ampia bibblioteca, nel suo mezzo v’erano in effetti accumulati i resti d’una grande quantità di libri, mentre gli scaffali, su cui una volta essi dovevano essere stati riposti, non avevano fatto una fine migliore della porta d’ingresso; nell’aria aleggiava un forte odore di muffa.

Per un istante, Eva, vide Jeanne immobile, come presa da un dubbio, ma subito dopo avanzò al suo interno con passo deciso. La donna di colore la seguì e nello stesso istante in cui attraverò la soglia si rese conto che non erano sole, qualcun altro già si trovava in quel posto.

La figura comparve come se si fosse materializzata dall’oscurità che ammantava la parete opposta a quella da cui erano entrate. I sensi di Eva l’avvertirono che ciò che aveva di fronte non era umano…o almeno non proprio. Conosceva la leggenda dei Revenant, gli Immortali, ma non ne aveva mai incontrato uno prima d’allora, ne aveva mai fatto conto che accadesse.

“Guarda, guarda!” disse l’individuo, ancora sufficientemente nascosto dalle ombre, con una profonda voce maschile “Non ho trovato ciò che cercavo, ma in compenso penso che avrò comunque di che soddisfarmi stà notte!”.

Eva rabbrividì, in quella voce c’era una nota stridente che la metteva in allarme, possibile che sua figlia non si fosse accorta che erano in grave pericolo?

“So cosa stavi cercando!” esordì con tranquillità Jeanne “Ebbene, l’hai trovato!”. La figura rimase in silenzio, forse un po’ stupita, pensò Eva, poi avanzò verso il centro della sala e così fece anche Jeanne. Ora, a dividerli, vi era solo la luce lunare che, attraverso il vano vuoto d’una finestra senza infissi, si stendeva sul pavimento creando una scia luminosa che fendeva l’oscurità. I due erano l’uno di fronte all’altra, si fissarono per un istante che parve un’eternità, poi l’individuo disse: ”Ne dubito…gli abitanti di questa casa praticavano l’antica magia importata dagli schiavi negri d’Africa! Speravo che i padroni di casa avessero lasciato alcune note tra i resti della loro collezione di libri che mi permettessero di scoprirne i misteri che ancora non conosco… invece non ho trovato nulla…tranne te!” la creatura della notte sembrava ignorare totalmente Eva e tutta la sua attenzione era su Jeanne, che disse: ”Pretendi di scoprire i segreti ed i poteri dei Loa tra la polvere e la muffa depositata su questi fogli di carta ormai lisi? E’ assolutamente inutile. I Loa concedono i loro poteri non tramite le parole scritte, ma grazie alla loro voce diretta, che sussurano solo ai loro protetti!”, silenzio, “E tu vorresti farmi credere d’essere una prescelta, non è vero? E con questo sciocco trucco speri d’aver salva la vita…ahahahah! Nemmeno se tu fossi la strega bianca di cui tanto parlano i negri delle paludi avresti la possibilità di salvarti da me!” detto ciò, la figura avanzò verso Jeanne, che però l’aveva preceduto entrando per prima nel fascio di luce lunare, il mantello con cui la figlia di Eva s’era protetta dall’umidità notturna, le cadde dalle spalle e sotto di esso Jeanne portava solo un leggero vestito di lino. Eva non chiese mai a sua figlia se avesse invocato l’aiuto dei Loa, di Erzulie addirittura, in quel momento; seppe solo che la sua figura, sfolgorante, splendida ed accarezzata dalla luna, dovette sembrare allo sconosciuto quella d’una creatura ultraterrena. Egli si fermò di botto sul limitare della zona rischiarata dall’astro notturno e, prima che potesse dire qualunque cosa, Jeanne lo precedette: ”Guardami! Guardami bene!” disse “In me vedi tutto ciò che hai bisogno di vedere, in me hai trovato tutto ciò che desideravi trovare! Non siamo qui per caso! Donami lo spirito immortale dei Revenant, perché questo è il destino che i Loa hanno scritto per me! E io ti regalerò tutto ciò che conosco e tutta la saggezza degli Spiriti… sei in grado di vedere, apri gli occhi allora, e portami con te!”. Per un istante Eva non capì cosa stesse accadendo. La figura avanzò completamete nella luce e raggiunse Jeanne nel mezzo. Era un uomo bianco, di circa trent’anni, il suo sguardo osservava la giovane donna, ma sembrava vedere altro… potere…mistero…bellezza…e chissà cosa ancora. “Il mio nome è Leclerc” disse, con voce rapita, allargando le braccia “concediti al mio abbraccio, donami la tua conoscenza e vivi per l’eternità!”. Il coraggio di Eva le venne meno, distolse lo sguardo da quello spettrale amplesso e lasciò la casa.

Jeanne era morta, Jeanne ora era una Revenant. Nei giorni che seguirono tutta la comunità venne a sapere che la strega bianca era diventata la vera incarnazione del potere dei Loa, non solo un mero Cheval, ma un’Immortale vero e proprio, un messaggero dell’Unico Dio. L’adorarono più di prima!

Jeanne, presto disse a sua madre che doveva recarsi con il suo Sire, questo era il termine con cui si rivolgeva a Leclerc, a New Orleans. Qui vi era un piccolo gruppo di Revenant come loro che studiava la Wanga, un tipo di magia che annoverava le pratiche shamaniche ben conosciute da entrambe. Leclerc sosteneva che la trasformazione a cui Jeanne era stata sottoposta, l’aveva privata dei suoi precedenti poteri, ma che ben presto ne avrebbe ottenuti degli altri. Vi erano poi altre questioni da sistemare, il modo in cui era stata convertita, ad esempio, non era il più canonico per il suo Clan, così disse Leclerc, ma tutto si sarebbe sistemato se si fossero sbrigati a presentare la giovane immortale agli altri mebri del gruppo; d’altronde le conoscenze da lei portate in dote erano un salvacondotto più che sufficiente per la sua sicurezza.

Partì, e per molto tempo Eva non la rivide. Sola, privata dei suoi figli, la schiava ritrovò il conforto delle visite dei Loa; Erzulie tornò a parlarle, così come un tempo e la rassicurò che presto si sarebbero riunite.


Continua...



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