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Posted - 10 February 2013 : 23:33:28
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Walter Chiari
Nato in una famiglia di origini pugliesi, il padre Carmelo Annichiarico funzionario di PS originario di Grottaglie, la madre Enza maestra elementare di Andria, trascorse l'infanzia con la famiglia prima a Verona e poi all'età di 3 anni si stabilisce a Milano, il primo impiego è come magazziniere all'Isotta Fraschini. In quel periodo iniziò a praticare il pugilato, diventando campione lombardo della categoria pesi piuma, nel 1939. Fu anche un provetto giocatore di tennis e campione lombardo anche nel gioco delle bocce, sport che abbandonò in seguito alle fratture alle mani, causate dallo sport pugilistico. Praticò anche il nuoto a livello agonistico, vincendo i campionati promossi dalla GIL nei 100 metri stile libero. Abbandonati gli studi, trovò lavoro in una ditta come radiotecnico, ma fu subito licenziato, per aver fracassato tre valvole nel riparare un apparecchio. Fu assunto in una banca, ma ancora licenziato perché scoperto da un superiore mentre imitava Adolf Hitler in piedi sulla scrivania. Chiamato il capo ufficio e invitato a ripetere lo sketch in sua presenza veniva dallo stesso prima applaudito, e quindi allontanato e invitato a perseguire una carriera teatrale: lo stesso Chiari racconta l'episodio nel film documentario Storia di un altro italiano (di W. Chiari e T. Sanguineti). Passò quindi a svolgere la professione di giornalista, ma non riuscì neanche in questo campo, per cui si mise a fare il caricaturista. Decise a questo punto di riprendere gli studi; conseguì il diploma di maturità scientifica ma, mentre stava per iscriversi all'università, scoppiò la seconda guerra mondiale. Da Milano, per i bombardamenti, Walter, la madre e il fratello più grande vennero sfollati ad Andria. Vi restarono solo per qualche mese ritornando a Milano per evitare di stare lontani dal padre, a causa della guerra che aveva diviso l'Italia in due.
Arruolatosi nella Decima Mas, collaborò al suo settimanale, L'Orizzonte, come autore di vignette umoristiche. Con Ugo Tognazzi, condusse anche programmi dai microfoni di «Radiofante», emittente milanese per le truppe della RSI. Dopo la Liberazione fu prigioniero nel campo di Coltano, vicino a Pisa. Una sera del gennaio 1944 si trovava con amici al teatro Olimpia di Milano (oggi scomparso, era situato in Largo Benedetto Cairoli) durante un concorso per dilettanti. Ad un tratto i suoi compagni lo sollevarono scaraventandolo sul palcoscenico. Una volta davanti al pubblico non poté far altro che esibirsi in due "numeri" che con gli amici riscuotevano sempre successo: l'imitazione di Hitler e la gag del balbuziente che cerca disperatamente di ordinare una granita in un bar. Il pubblico apprezzò quella esibizione euforicamente, decretandogli un caloroso applauso e un successo pressoché istantaneo. Nel 1946 ottenne la sua prima parte di rilievo in teatro grazie a Marisa Maresca, che lo inserì nello spettacolo Se ti bacia Lola. Di qui ebbe inizio una lunga carriera nel teatro di rivista dove, oltre che per la bella presenza, si fece notare per le innate capacità d'improvvisazione. Partecipò agli spettacoli Simpatia (1947), Allegro (1948) e Burlesco (1949). Nel 1950 divenne primo attore in Gildo con Miriam Glori, nel 1951 in Sogno di un Walter con Carlo Campanini e Dorian Gray, e nel 1952 consolidò il suo successo con Tutto fa Broadway con Lucy D'Albert e Carlo Campanini. Si affermò inoltre come autore di testi nei successivi spettacoli Controcorrente (1953) di Metz, Marchesi e Chiari, e Saltimbanchi (1954) di Chiari, Silva e Terzoli.
Nel frattempo esordì nel cinema con Vanità, diretto da Giorgio Pàstina nel 1946, in cui è calato in un personaggio drammatico doppiato da Gualtiero De Angelis, con il quale vince il prestigioso premio "Nastro d'argento". Molto più noti sono i successivi ruoli in film-commedia come Totò al giro d'Italia (1948) e I cadetti di Guascogna (1950), in cui lavora con l'esordiente Ugo Tognazzi. Nel 1951 Luchino Visconti gli offrì il ruolo del giovanotto cialtrone, modesto dongiovanni, in Bellissima, a fianco di Anna Magnani; questo ruolo, citatissimo dalla critica, fu fonte di grandi soddisfazioni artistiche, ma Walter continuò nel teatro leggero, nella commedia musicale (in coppia con Delia Scala nel 1956 con Buonanotte Bettina e nel 1958 con Il gufo e la gattina, e nel 1960 insieme a Sandra Mondaini, Ave Ninchi ed Alberto Bonucci con Un mandarino per Teo, tutte di Garinei e Giovannini), nel teatro di prosa recitando nel 1965 con Gianrico Tedeschi nella commedia Luv di Murray Schisgal, e nel 1966 con Renato Rascel ne La strana coppia di Neil Simon, e nel cinema di genere, al quale continuò infaticabilmente a lavorare prendendo parte, tra gli altri, ai film del filone comico-giudiziario Un giorno in pretura (1953), Accadde al commissariato (1954), Accadde al penitenziario (1955); film dai quali, qualche anno più tardi, prese origine la cosiddetta commedia all'italiana.
Ma più che per le sue interpretazioni sul palcoscenico e sullo schermo, in quegli anni Walter Chiari fu sulle prime pagine dei rotocalchi per le storie d'amore con donne famose e attraenti che - a torto o a ragione - gli venivano attribuite dalla stampa "rosa". Da Elsa Martinelli a Delia Scala, a Lucia Bosè (con la quale intrattenne un lungo fidanzamento), alla principessa Maria Gabriella di Savoia, alla cantante italiana Mina. Veniva descritto come un infaticabile seduttore che inanella storie d'amore una dietro l'altra, ma in realtà erano quasi sempre le sue partner ad essere conquistate dalla sua prestanza fisica, dalla sua simpatia e dal suo carattere gioviale. Nel 1957, grazie anche alla sua buona conoscenza dell'inglese, fu scritturato in una produzione americana girata a Cinecittà da Mark Robson. In questo film, intitolato La capannina[2], Walter Chiari ebbe l'opportunità di lavorare con Ava Gardner, all'epoca moglie separata di Frank Sinatra. Con lei intrecciò un chiacchierato e tumultuoso flirt, che proiettò la sua fama di rubacuori nelle pagine di cronaca mondana su tutte le riviste del mondo. Questa inaspettata pubblicità gli fece ottenere anche un ingaggio a Broadway, dove nel 1961 interpretò ben 113 repliche della commedia musicale The Gay Life, tratta da Schnitzler. Ma anche la storia d'amore con l'attrice hollywoodiana non durò a lungo. Durante una sera, irritata da una graffiante parodia di suo marito che Walter improvvisò al termine di una cena, la Gardner si alzò sdegnata dal tavolo piantandolo in asso e andandosene direttamente all'aeroporto, da dove prese un aereo per gli Stati Uniti.[senza fonte] In una intervista concessa alla Domenica del Corriere n. 52 del 28 dicembre 1952 dichiarò di aver avuto più di una segreta passione: quella di diventare scrittore del tipo John Dos Passos o Ernest Hemingway; e quella di fare grandi viaggi negli sconfinati mari del sud. Dotato di grandi capacità parodistiche, parlatore infaticabile (fu poi uno dei migliori attori alle prese con il monologo), negli anni sessanta Walter Chiari trovò finalmente nella televisione il mezzo più congeniale alla sua comicità, tanto da diventare in pochi anni il più noto e apprezzato comico televisivo italiano; con la sua voce un po' roca ed il gesticolare a scatti, univa infatti una straordinaria comicità di tipo fisico e mimico ad un eloquio scioltissimo, a tratti anche ricercato e forbito, che gli consentivano di prolungare a piacere qualsiasi sketch, trasformando ogni più semplice storiella in un divertentissimo monologo. Famosi in tal senso sketch come quelli del sommergibile, dove il Capitano dà gli ultimi consigli, prima di affondare, a un terrorizzato equipaggio, o del contadinotto imbranato che va per la prima volta a Milano ad assistere a una partita di calcio nel grande stadio di San Siro (oggi Meazza).
Nel 1966 venne scelto come attore protagonista per il film Sono strana gente (They're A Weird Mob), uno dei film fondamentali per la storia della cinematografia australiana,tratto da un famoso romanzo di John O' Grady. Il regista Michael Powell volle che fosse Walter Chiari ad interpretare Nino Culotta, un giornalista italiano emigrato a Sydney, che pur conoscendo bene la lingua inglese, trova difficoltà di adattamento per il particolare slang australiano e le usanze del posto. Grazie alla grande esperienza teatrale e cinematografica ed all'ottima conoscenza della lingua inglese, Chiari fu protagonista di una riuscita prova interpretativa, riscuotendo un enorme successo di pubblico e di critica.
Alida Chelli e Walter Chiari Ancora in Australia nel 1966, durante le riprese del film Sono strana gente, l'attore aveva conosciuto sul set l'attrice Alida Chelli ed aveva iniziato con lei una lunga e tempestosa storia d'amore fatta di litigi, riappacificamenti, separazioni e ricongiungimenti meticolosamente scanditi dalle copertine dei settimanali. Finalmente nel 1969, mentre Alida era impegnata nelle riprese dello sceneggiato televisivo Giocando a golf una mattina, ricevette una telefonata da Sydney. All'altro capo del filo c'era Walter, che nella città australiana stava girando il film Squeeze a Flower (mai distribuito in Italia), che le disse «Sono vestito da frate davanti a una fontana, se accetti di sposarmi mi ci butto dentro!». Due giorni dopo le nozze vennero celebrate in una chiesa di Sydney, ma il matrimonio si preannunciò immediatamente irto di problemi dal momento che all'uscita della chiesa Walter venne "prelevato" dagli emissari della produzione che lo portarono ad un evento promozionale a cui doveva partecipare e di cui si era "dimenticato" (i ritardi e le "buche" agli appuntamenti erano una caratteristica dell'attore), per cui la povera sposa si trovò a dover tagliare da sola la torta nuziale. I due divorziarono nel 1972, dopo meno di tre anni dalle nozze, ma anche in seguito Walter restò sempre in buoni rapporti con Alida e con il figlio Simone, attualmente presentatore televisivo su La7, Mediaset e Rai. Sul piccolo schermo ripropose numerosi sketch tratti dalle sue riviste, il più celebre dei quali rimane quello del Sarchiapone, trasmesso per la prima volta nel 1958 durante il programma televisivo La via del successo insieme a Carlo Campanini, sua fedele "spalla"; partecipa come ospite fisso a numerose trasmissioni, su tutte Studio Uno, con la regia di Antonello Falqui. Al cinema interpreta ancora alcuni ruoli degni di nota: ne La rimpatriata (1962) di Damiano Damiani è il ragazzone un po' strafottente che rimette insieme un gruppo di vecchi amici per una serata di evasione, e che si conclude invece con amare riflessioni; ne Il giovedì (1963) di Dino Risi è invece un uomo profondamente immaturo, alle prese con il suo improbabile ruolo di padre divorziato. Nel 1966 si fece notare per due interpretazioni molto diverse: quella del balbuziente Silence nel Falstaff firmato da Orson Welles, e di Sandro, il cinico giornalista che nel film Io, io, io... e gli altri, diretto da Alessandro Blasetti, conduce un'inchiesta sull'egoismo che lo spinge a riflettere sulla propria vita.
Walter Chiari presentatore di Canzonissima Nel 1968 condusse in televisione una delle più fortunate edizioni di Canzonissima, in trio con Mina e Paolo Panelli. Nel 1969 fu protagonista con la moglie Alida Chelli del giallo-rosa Geminus, sceneggiato televisivo in sei puntate diretto da Luciano Emmer. Il suo vizio di "sforare" anche di decine di minuti le sue trasmissioni gli procurò non pochi guai alla RAI (unica a trasmettere in Italia in quel periodo).
Il 20 maggio del 1970, mentre si sta recando negli studi radiofonici della RAI di Via Asiago per registrare una puntata del programma Speciale per voi, Walter Chiari venne arrestato. L'attore era accusato di consumo e spaccio di cocaina da un piccolo delinquente e si ritrovò nel vortice di uno scandalo, ingigantito dai media e dalla stampa dell'epoca, che coinvolse suo malgrado anche Lelio Luttazzi, completamente estraneo alla vicenda. Walter Chiari restò in carcere 70 giorni tra il maggio e l'agosto del 1970 (dove l'8 agosto venne a conoscenza della nascita del figlio Simone da un agente di custodia), e l'anno seguente fu processato, venendo prosciolto dall'accusa di spaccio e condannato con la condizionale per il reato di detenzione di sostanze stupefacenti per uso personale.
Tornato in libertà, nel 1973 Walter Chiari partecipò allo spettacolo musicale L'appuntamento insieme con Ornella Vanoni. Emarginato dalla RAI e ignorato dai produttori teatrali, gli venne inaspettatamente offerta l'opportunità di tornare alla ribalta nell'estate del 1974 da Paolo Pillitteri, allora giovane assessore alla Cultura del Comune di Milano, che gli offrì di partecipare ad una serata nell'ambito della serie di spettacoli Vacanze a Milano, patrocinati dall'amministrazione del capoluogo lombardo. Da quella sera, conclusasi con lunghe ovazioni e due bis, ebbe inizio per Walter la riconquista della sua professionalità. Sempre nel 1974, per i tipi dell'editore SIPIEL di Milano, pubblicò il suo primo ed ultimo libro, Quando spunta la luna a Walterchiari, che egli stesso nella copertina definì "semiromanzo quasibiografico". Ma il cammino per risalire la china della popolarità risultò arduo, e per sbarcare il lunario Walter Chiari si adattò a lavorare in film di serie B e nelle emergenti TV private, dove conduceva spettacoli leggeri per un pubblico circoscritto ma che comunque continuava a tributargli affetto. Tra il 1977 ed il 1978 condusse A mezzanotte va... su Tele Alto Milanese (programma antesignano degli spogliarelli integrali), quindi Walter Chiari di sera sull'emittente pavese Tele Monte Penice ed in seguito Ciao, come stai? nel 1980 e Mezzogiorno di gioco nel 1986 su Antenna 3 Lombardia,[4] quest'ultimo insieme alla giovane Patrizia Caselli, con la quale già dal 1981 faceva coppia anche nella vita, nonostante il grande divario d'età (36 anni di differenza). Il ritorno in scena non fu scevro di polemiche. A Genova nel 1975, durante lo spettacolo Chiari di luna, in cui Walter reggeva la scena da solo per due ore, egli pronunciò una battuta che suonava come: "Quando fu appeso per i piedi a Piazzale Loreto, dalle tasche di Mussolini non cadde nemmeno una monetina. Se i nuovi reggitori d'Italia avessero subito la stessa sorte, chissà cosa uscirebbe dalle tasche di lorsignori!" scatenando dissensi e contestazioni tra il pubblico, al punto che le successive repliche dello spettacolo vennero disturbate da picchetti di dimostranti all'ingresso del teatro, mentre la stampa non tardò a manifestare a Chiari tutto il suo disappunto per la battuta. Il 24 giugno del 1978 fu protagonista nella prima parte dello spettacolo che segnò l'attesissimo ritorno sulle scene di Mina al teatro-tenda Bussoladomani, in Versilia,[5] Nello stesso anno tornò al teatro leggero con la commedia di Paolo Mosca Hai mai provato nell'acqua calda? in cui aveva come partner Ivana Monti. Nel 1982, sempre con la Monti, riportò in scena Il gufo e la gattina, curandone anche la regia teatrale. Tra il 1979 e il 1981 si collocano le sue ultime partecipazioni di rilievo in RAI dove, coadiuvato da Augusto Martelli[6], condusse la trasmissione Una valigia tutta blu. Nello stesso anno, il 7 dicembre, gli venne conferita dal sindaco di Milano Carlo Tognoli la benemerenza civica (medaglia d’oro) della città. Nel 1981 fu nel cast della seconda edizione del fortunato programma del sabato sera Fantastico, al fianco di Heather Parisi, Oriella Dorella, Romina Power, Memo Remigi, Claudio Cecchetto e Gigi Sabani. Nell'estate del 1985 tuttavia il suo nome fu nuovamente associato ad una vicenda giudiziaria. Venne infatti accusato insieme al cantautore Franco Califano dal camorrista "pentito" Giovanni Melluso (lo stesso accusatore di Enzo Tortora) di aver trattato l'acquisto di rilevanti partite di droga. Anche se questa volta Chiari venne prosciolto in istruttoria, per lui la vicenda fu un altro duro colpo da sopportare. Soltanto nel 1986 venne riabilitato dal mondo dello spettacolo grazie al teatro di prosa, al quale ritornò interpretando il personaggio dell'avvocato Lattes in un adattamento de Gli amici di Arnold Wesker, ed al programma televisivo della RAI in sette puntate Storia di un altro italiano, biografia appassionata per la regia di Tatti Sanguineti. Nel 1986, nell'ambito delle celebrazioni per Firenze capitale europea della cultura, riprese la collaborazione con l'amico Renato Rascel, con il quale interpretò Finale di partita di Samuel Beckett per la regia di Giuseppe Di Leva.[7]. Nel 1987 Ugo Gregoretti, allora direttore del Teatro Stabile di Torino lo chiamò per interpretare Il critico di Richard Sheridan e tra il 1988 ed il 1989 Six heures au plus tard, di Marc Terrier, in cui recitava assieme a Ruggero Cara. Nel 1990 ripropose Il gufo e la gattina, stavolta insieme a Lory Del Santo. Tornò anche al cinema con il film Romance di Massimo Mazzucco, per il quale fu candidato alla Coppa Volpi come migliore attore alla Mostra del Cinema di Venezia, senza vincere il premio per un soffio (in tale occasione, dato già per sicuro vincitore, Chiari aveva offerto da bere champagne agli amici). Ebbe anche il ruolo di Tonio nei Promessi sposi di Nocita. Nel 1990 interpretò il suo ultimo film, Tracce di vita amorosa di Peter Del Monte. Negli ultimi anni di vita dell’attore ci fu un riavvicinamento con la città di Grottaglie di cui era originario il padre. Un riavvicinamento sancito, tra l’altro, da una memorabile serata tenuta dal grande artista presso il Quartiere delle Ceramiche. Dopo la scomparsa dell'attore, Grottaglie ha dedicato a Chiari una strada e celebrato diverse manifestazioni e incontri in suo ricordo, a cui ha partecipato anche il figlio Simone. L'evento è stato oggetto del documentario Il complesso di Walter diretto da Alfredo Traversa ed uscito nel 2006. L'ultima trasmissione televisiva a cui partecipò fu - in qualità di ospite - A pranzo con Wilma, condotta dalla stessa Wilma De Angelis, in onda su TMC; la puntata registrata, il 18 dicembre 1991, sarebbe dovuta andare in onda il 25 dicembre successivo ma non fu mai trasmessa.
Nel dicembre del 1991 Walter Chiari si era recato al Teatro Manzoni per applaudire il collega ed amico Gino Bramieri. All'inizio di quello stesso mese era stato ricoverato all'Ospedale San Carlo di Milano per un piccolo intervento chirurgico, peraltro senza alcun problema, e pochi giorni dopo dimesso. Il 20 dicembre l'attore aveva in programma una cena con l'impresario teatrale Libero Zibelli, suo amico da oltre vent’anni, il quale non vedendolo arrivare chiamò la stanza 50 del residence Siloe di Via Cesari, dove Chiari viveva da solo da tre anni dopo essersi separato anche da Patrizia Caselli. Non ricevendo risposta Zibelli, allarmato, si recò presso il residence e sfondò la porta, trovando il povero Walter esanime sulla poltrona con gli occhiali sul naso e la televisione ancora accesa. L'autopsia rivelò che la causa della morte fu un infarto. Aveva 67 anni. Per ironia della sorte, poche ore prima di morire si era sottoposto ad un check-up completo, risultato perfettamente regolare. I funerali di Walter Chiari si svolsero presso la Chiesa di San Pietro in Sala, in piazza Wagner, a due passi da quel Teatro Nazionale dove l’attore si esibiva spesso quando recitava a Milano, e vi partecipò una folla immensa che gli tributò un ultimo, lungo e scrosciante applauso. Sulla lapide dove riposa, nel Civico Mausoleo Palanti presso il Cimitero Monumentale di Milano non è incisa, come erroneamente si è detto, la battuta che a Dino Risi aveva confidato voleva fosse scritta: "Amici non piangete, è soltanto sonno arretrato".
(web)
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Carla
Utente Master
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Posted - 11 February 2013 : 06:32:39
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Molto bello ricordare vecchi GRANDI miti
Ascolta con la mente Guarda con gli occhi del cuore Parla con la voce dell'Amore ****LUNA**** |
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acssia
Admin
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Posted - 11 February 2013 : 12:23:26
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quote: Originalmente inviata da LUNA31
Molto bello ricordare vecchi GRANDI miti
si si
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acssia
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Posted - 02 May 2013 : 23:31:25
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Jeff Buckley
Jeff Buckley stava per diventare un mito con un solo disco, Grace, destinato a rimanere uno dei capolavori degli anni '90, quando una morte assurda lo portò via. Ma tutta la sua vita è segnata da un destino negativo.
Jeffrey Scott Moorhead nasce il 17 novembre 1966 a Orange County, da Mary Guibert (riconiugata con Ron Moorhead) e da Tim Buckley. Suo padre, uno dei più grandi cantanti e compositori della storia del rock, iniziava proprio in quel periodo la sua carriera, incidendo il primo disco e separandosi, dopo poche settimane, dal piccolo Jeff e da sua madre. Tim morì per overdose all'età di 28 anni, entrando nella leggenda della musica americana e trascinando suo malgrado il figlio, che vide per la prima volta poche settimane prima di morire, inconsapevole di un destino altrettanto avverso che si prospettava anche per Jeff.
A 17 anni Jeff forma il suo primo gruppo, gli Shinehead, a Los Angeles. Nel 1990 ritorna a New York e con l'amico Gary Lucas costituisce i Gods & Monsters. Ma i dissidi interni portano il progetto ben presto al fallimento. Jeff Buckley inizia allora una carriera solista suonando nel circuito del Greenwich Villane e rendendosi noto soprattutto per la partecipazione al concerto tributo in onore del padre, di cui interpreta “Once I Was” (da “Goodbye and Hello”). Le sue prime esibizioni avvengono in un piccolo club dell'East Village di New York chiamato Sin-E'. Nel 1993, dopo alcuni anni di gavetta, Jeff ha la possibilità, tramite la Columbia, di registrare il suo primo disco, inciso dal vivo, proprio nel "suo" club. Live at Sin-E', contiene solo quattro pezzi, due dei quali sono cover, una di Edith Piaf e l'altra di Van Morrison, e due suoi pezzi, "Mojo Pin" ed "Eternal Life".
Per promuovere il disco Jeff e la sua band partono per una tournée nel Nord America e in Europa. Visto il discreto successo, la sua casa discografica avvia una campagna promozionale per il suo primo disco completo Grace, pubblicato negli Usa nell'agosto del 1994. Nell’album si rivela tutto il talento di Jeff: la sua voce invocante sembra prendere coraggio per strada, finendo in un crescendo, intenso e doloroso. I testi - veri tormenti dell'anima e del profondo — pescano nel repertorio del padre Tim, ma anche di Bob Dylan, Leonard Cohen e Van Morrison. Il lavoro contiene dieci tracce: tre composte da Jeff, due in collaborazione con l'amico Gary Lucas, una con Michael Tighe e una con Mick Grondahl e Matt Johnson, più tre cover, tra le quali, da brivido, la meravigliosa "Halleluja" di Cohen.
Nell'album, Jeff Buckley suona chitarra, harmonium, organo e dulcimer, accompagnato da Mick Grondahl al basso, Matt Johnson alla batteria e percussioni, Michael Tighe e l'amico Gary Lucas alle chitarre. Grace risulta davvero un'opera carica di grazia, eseguita da un gruppo di tutto rispetto, con pezzi che esaltano le doti vocali di Jeff (in particolare le altre due cover, "Liliac Wine", "Corpus Christi Carol") tali da raggiungere una struggente intensità. Il canto di Buckley parte piano, modulando le inflessioni nello stile dei folk-singer, ma finisce sempre in un crescendo drammatico e “mistico”, lambendo blues e gospel. Uno stile ad effetto, che lascia senza fiato in ballate come “Lover”, “Ethernal Life” e “Dream Borother”, oltre che nella struggente title track. Musicalmente, sono il tintinnio della chitarra di Gary Lucas e i soffici sottofondi delle tastiere di Buckley a esaltare il senso di religiosità dei brani (meta' dei quali sono di ispirazione liturgica). Arrangiamenti eleganti, a volte sinfonici, in bilico tra folk e rock, pop e soul, si combinano bene con l’esile trama delle melodie.
Nel 1997 viene avviato il progetto per la realizzazione del nuovo disco My sweetheart the drunk, che uscirà postumo, in una veste piuttosto grezza e visibilmente incompleta, con il titolo di Sketches (for my sweetheart the drunk).
La notte del 29 maggio l'artista si reca con un amico a Mud Island Harbor (Tennessee), dove decide di fare una nuotata nel Mississippi e si getta nel fiume completamente vestito. Qualche minuto più tardi, forse travolto dall’ondata di una nave, sparisce tra le acque. La polizia interviene immediatamente, ma senza risultati. Il suo corpo viene ritrovato il 4 giugno, vicino alla rinomata Beale Street Area. Aveva solo 30 anni. Le indagini stabiliranno che il musicista non era sotto l’effetto né di droghe né di alcol.
Nel 2000, la Columbia, dietro la supervisione di Michael Tighe e della madre di Jeff, pubblica Mistery White Boy, una raccolta dal vivo, e Live in Chicago (su dvd e vhs), concerto del 1995, registrato al Cabaret Metro di Chicago. Nel 2001, esce invece Live à l'Olimpya, ritratto del giovane Jeff nella sua Parigi, contenente brani del primo disco e qualche cover.
Emerso dal circuito folkie e bohemien newyorkese, Jeff Buckley si è dimostrato musicista di razza nonché musa ispiratrice di molti artisti rock, anche in epoca recente. Seppur meno geniale del padre, ha saputo in qualche modo tramandarne lo spirito fragile e disperato, rivelandosi uno dei “personaggi” di culto del decennio Novanta.
(web)
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Carla
Utente Master
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Posted - 02 May 2013 : 23:42:30
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Credo che abbiamo due topic simili,per argomento, secondo me andrebbero uniti,
Ascolta con la mente Guarda con gli occhi del cuore Parla con la voce dell'Amore ****LUNA****
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