hAhh che dolce,inebriante brezza mediterranea.. acssia sai di sale..di Sud ,di Vento,di Dioniso e di Mare sai prepotentemente di Sole grazie per accompagnarmi da tempo ormai in questo viaggio ti penso sempre spesso
...
Dopo tutto,e nonostante il fatto che parlava di continuo,e di solito di sè,tuttavia riusciva,con altri mezzi a rendere le mie notti interessanti.Gli piacevano i buoni vini,e gli piacevano le donne.Che gli piacessero anche Byron e Victor Hugo, passi:da pochi anni era uscito dall’università e ne aveva di tempo innanzi a se per guarire da ceri gusti.Ma in lui mi piaceva il senso dell’avventura.
...
Henry Miller (Tropico del Cancro)
Robbie Williams
-“Gli Dei sono diventati malattie” scrisse una volta C.G.Jung.Elaborando questa frase,Hillman si pone la questione più immediata per ogni psicologia:che cos’è la normalità psichica?A partire da quale soglia entriamo nel regno incontrollabile dell’anormalità?Con un’analisi stringente ed acutissima,Hillman ci mostrerà come la partita si giochi fra potenze che un tempo furono chiamate divine,prima di perdere ogni nome,e una struttura mentale,la nostra,che con esse è costretta ad avere a che fare,in ogni atto della vita,anche quando persegue,come l’intera civiltà occidentale,una “vana fuga dagli dei”.
/In IV di copertina,di Adriana Bottini in , James Hillman (LA VANA FUGA DAGLI DEI)
-“ O gente benpensante!”esclamai sorridendo “Passione!Ebrietà!Follia!Voi ve ne state tranquilli,impassibili, voi gente morale! Condannate l’ubriaco,inorridite del pazzo e passate oltre come fanno i preti per la vostra strada,ringraziando Dio con un animo fariseo che non v’ha fatto come uno di questi.Io mi sono ubriacato più di una volta,le mie passioni non sono mai state molto lontane dalla pazzia:eppure non mi pento né di questo né di quello; anzi,nei miei limiti ho potuto rendermi conto che tutti gli uomini straordinari,tutti quelli che hanno realizzato qualche cosa di grande,d’incredibile,sono stati in ogni tempo diffamati come pazzi e ubriachi. Ma anche nella vita comune è insopportabile sentir gridare dietro a ognuno che abbia osato un’azione appena appena libera,nobile,o in qualunque modo inattesa: quello è ubriaco,quello è “toccato”!Oh vergognatevi ,voi sobri,vergognatevi voi savi!”
Johann Wolfgang von Goethe (I Dolori del Giovane Werther)
-Ero imprigionato nel presente,come gli eroi,come Gli ubriachi;colpito da momentanea eclissi,il mio passato Non proiettava più davanti a me quell’ombra di se stesso Che chiamiamo futuro;ponendo lo scopo della mia Vita non più nella realizzazione dei sogni del passato, ma nella felicità dell’attimo presente,non vedevo più in là di questo.E così,per una contraddizione che era tale solo in apparenza,nel momento in cui assaporavo un picere eccezionale,in cui sentivo che la mia vita poteva essere felice e in cui,dunque,essa avrebbe dovuto acquistare maggior pregio,proprio in quel momento, sciolto dalle preoccupazioni che fino allora avevo potuto crearmi,io l’abbandonavo senza esitare all’eventualità di un incidente.
(Marcel Proust –All’ombra delle Fanciulle In Fiore-)
-Uno gli chiese: 'Leonida, sei venuto con così pochi uomini a combattere contro un'armata?'. ed egli rispose: 'Se pensate che è il numero quello che conta, allora neppure l'intera Grecia basterebbe, perché è poca cosa in confronto alla loro massa. Se invece conta il coraggio, allora anche questi pochi uomini sono sufficienti'. A un altro che gli faceva la stessa domanda rispose: 'Sono comunque molti, visto che li ho portati qui a morire'. Serse gli scrisse: 'Hai la possibilità di regnare su tutta la Grecia, se smetti di opporti agli dei e ti schieri con me'. Egli mandò questa risposta: 'Se tu sapessi che cosa è una condotta di vita onorevole, rinunceresti a desiderare i bani altrui: per me è preferibile morire per la Grecia piuttosto che regnare sui miei compatrioti'. Quando Serse gli mandò un'altra lettera, intimandogli di consegnare le armi, gli rispose: 'Vieni a prenderle'.
(Plutarco)
-“Quando penso a New York ho una sensazione diversa.New York fa sentire anche al ricco che egli non conta nulla.New York è fredda,scintillante,crudele.Gli edifici ti dominano.C’è una specie di frenesia atomistica nell’attività che va avanti:quanto più furioso il passo,tanto più sminuito lo spirito.Un fermento continuo,
ma potrebbe benissimo avvenire in una provetta.
Nessuno ne sa lo scopo.Nesuno indirizza l’energia.Stupenda.Bizzarra.Sconcertante.Una terribile spinta reattiva,ma assolutamente priva di coordinazione.Quando penso a questa città,questa Manhattan di cui canta Whitman,una rabbia cieca,bianca,mi sfiora le budella.New York.Le prigioni bianche,i marciapiedi brulicanti di vermi,le file del pane,gli spacci d’oppio che si costruiscono come palazzi,gli ebrei che ci sono dentro,i lebbrosi,i sicari,e soprattutto l’ennui,la monotonia dei volti,strade,gambe,case,grattacieli,pasti,manifesti,mestieri,delitti,amori…Una intera città eretta sopra una vuota fossa di nullità.Senza significato.Assolutamente senza significato.E la Quarantaduesima Strada!La vetta del mondo,la chiamano.E il fondo allora dov’è?Se vai con la mano tesa,ti mettono cenere nel berretto.Ricchi o poveri, camminano con la testa buttata all’indietro e quasi si rompono l’osso del collo per levare lo sguardo sulle loro bellissime prigioni bianche.Vanno avanti come oche cieche e i fari spandono sui loro volti vuoti chiazze di estasi.”
Henry Miller (Tropico del Cancro)
-"Sono in moto. Sa cos'è una moto?" "Cazzate. Roba da finocchi. Gli uomini viaggiano a cavallo."
(Luis Sepùlveda)
”Mi domando se si potrebbe mai avere il minimo sospetto dell’esistenza dell’anima se tutto scorresse liscio a livello dell’Io”
Credo che non sarei mai sfuggito dalle grinfie di Nanatatee se non fosse intervenuto il destino.Una notte,quasi ci si fu messa la buona sorte,Kepi mi chiese se volevo accompagnare uno dei suoi clienti a un casino dei paraggi.Il giovane era appena giunto dall’India e non aveva molti quattrini da spendere.Era uno degli uomini di Gandhi,uno della piccola schiera che aveva fatto la marcia fino al mare,al tempo dell’agitazione per il sale.Un discepolo di Gandhi molto vispo,devo dire,nonostante i voti di astinenza che aveva fatto.Era chiaro che da anni non vedeva una donna.Questo soltanto riuscii a sapere fino a rue La Ferrière;pareva un cane con la lingua ciondoloni.E per giunta quant’era fatuo e pomposo!S’era messo un abito di Windsor;si era comprato due penne stilografiche,una kodak e certa biancheria stravagante.I soldi che spendeva erano un dono dei mercanti di Bombay;l’avevano mandato in Inghilterra per diffondere la parola di Gandhi. Ma appena entrai dalla Hamilton cominciò a perdere il suo sang froid:E quando all’improvviso si trovò circondato da un branco di donne nude,mi lanciò uno sguardo costernato.”Prendine una” gli dissi.”Scegli pure.”Ma era così frastornato che quasi non osava nemmeno guardarle.”Scegli tu per me”mormorò arrossendo fortemente.Io le guardai con occhio freddo e scelsi una puttana giovane e grassoccia che pareva imbottita di piume.Ci sedemmo in salottino in attesa dei bicchierini.La madama volle sapere perché non prendevo anch’io una ragazza.”Si,prendine una anche tu”disse il giovane indù.Così fecero rientrare le ragazze e io me ne scelsi una,una piuttosto alta e sottile,con gli occhi malinconici.Ci lasciarono soli,noi quattro,nel salottino.E dopo un po il mio giovane Gandhi si china verso di me e mi bisbiglia qualcosa all’orecchio.”Certo,se la preferisci,prendila”dissi e poi,impacciato e imbarazzato alquanto,spiegai alle ragazze che volevamo cambiare.Capii subito che avevamo fatto un faux pas,ma ormai il mio giovane amico era diventato allegro,scurrile addirittura,e non c’era da far altro che salire sopra alla svelta e concludere. Prendemmo stanze contigue,comunicanti.Forse il mio amico pensava di fare un nuovo scambio,una volta soddisfatta la fame acuta che gli rodeva le budella.Comunque sia,appena le ragazze furono uscita dalla stanza per prepararsi,lo sento bussare alla porta.”Per favore,dov’è il gabinetto?” chiede.Senza pensare che potrebbe trattarsi di cosa seria,gli dico di farla nel bidet.Le ragazze tornano con le salviette in mano.Lo sento ridacchiare nella stanza accanto. Mentre mi tiro su i pantaloni,sento traffico nella stanza accanto.La ragazza lo insulta,lo chiama maiale,sporco porcello.Non riesco a immaginare cosa abbia fatto per giustificar quell’esplosione.Resto in piedi,con una gamba nei pantaloni,e ascolto attentamente.Cerca di spiegarle,in inglese,e alza la voce sempre più,fino a che non gli diventa uno strillo. Sento sbattere la porta e un attimo dopo irrompe la madama nella mia stanza,il viso rosso come una barbabietola,e agita le braccia all’impazzata:”Lei si dovrebbe vergognare,”urla,”portare un tipo così nel mio locale! E’un barbaro…è un maiale…è un…!”.Dietro di lei c’è il mio amico,nell’arco della porta,con sul viso un espressione di completo sfacelo.”Che cosa hai fatto? Gli chiedo. “Che cosa ha fatto ?” strilla la madama.Glielo faccio vedere io…Venga qua!” E afferrandomi per il braccio mi trascina nella stanza accanto.”La!La!” urla e mi indica il bidet. ”Vieni usciamo”dice il ragazzo indù. “Un momento,non credere di cavartela così a buon mercato.” La madama è in piedi accanto al bide3t e impreca e sputa. Ci sono anche le ragazze, con le salviette in mano.Ci siamo tutti e cinque,tutti a guardare il bidet.Nell’acqua galleggiano due stronzi enormi.La madama si china e ci mette sopra una salvietta.”Terribile!Terribile!” geme.”Mai visto una cosa così!Maiale.Sporco porcello!” Il ragazzo indù mi guarda con aria di rimprovero.”Dovevi dirmelo!” fa.”Non sapevo che non sarebbe passata.Ti ho chiesto dove andare e tu mi hai detto di farla lì.”Sta quasi per piangere. Alla fine la madama mi tira in disparte.Ora si è fatta un poco più ragionevole.Dopo tutto,era soltanto uno sbaglio. Forse i signori volevano tornare giù e ordinare qualcos’altro da bere,per le ragazze…E’ stato un brutto colpo per le ragazze.Non sono abituate a cose simili.E se i bravi signori avranno la cortesi di ricordarsi della femme de chambre…non è mica gentile per la femme de chambre,un disordine come quello,tanto brutto.Alza le spalle e strizza l’occhio.Deplorevole incidente.Una disgrazia.Se i signori vogliono aspettare un momentino,la ragazza porterà da bere.I signori gradirebbero un po di champagne?Si? “Io vorrei uscire” azzarda sottovoce il ragazzo indù. “Non se la prenda”dice la madama.”Ormai è passata.Uno può sbagliare.Un’altra volta chiederà il gabinetto”E continua con il gabinetto :c’e n’è uno ad ogni piano,pare.E anche la stanza da bagno.”Ho molti clienti inglesi” dice.”Sono tutti signori.Il signore è indù?Bella gente,gli indù.Tanto intelligenti.Tanto belli.” Quando siamo per strada ,il giovane signore così bello quasi piange.Ora gli dispiace di aver comprato il vestito di velluto e il bastone e le penne stilografiche.Parla degli otto voti che ha fatto,del controllo del palato ecc.Durante la marcia su Dandi era proibito persino un gelato.Mi parla della ruota da filare-di come la manina dei Satyagrahisti imitasse la devozione del maestro e conversava con lui.Ho l’illusione di essere in presenza di uno dei dodici apostoli. Nei giorni successivi ci vedemmo spesso;ci sono interviste da organizzare,con i giornalisti,e conferenze da tenere agli indù di Parigi.Incredibile come questi poveracci slombati si danno ordini l’un l’altro:stupefacente anche vedere quanto sono inetti nelle questioni pratiche. E l’invidia,gli intrighi,le meschine,sordide rivalità.Dovunque siano dieci indù,là ecco l’India con le sue sette e i suoi scismi,gli antagonismi razziali,linguistici,religiosi,politici.Nella persona di Gandhi essi sperimentano,per un attimo breve,il miracolo dell’unità,ma quando sarà sparito lui,il tracollo,un’ultima caduta in quella lotta e in quel caos tanto caratteristici del popolo indiano. Il giovane indù,naturalmente,è ottimista.E’ stato in America,è restato contaminato dal facile idealismo degli americani,contaminato dall’onnipresente vasca da bagno,i magazzini popolari di cianfrusaglie da cinque e dieci centesimi,l’agitazione,l’efficienza,il meccanicismo,gli alti salari,le biblioteche gratuite ecc. ecc. Il suo ideale sarebbe quello di americanizzare l’India.Non è affatto contento della maniere regressiva di Gandhi.Progresso,dice,proprio come uno dell’ YMCA.Quando ascolto i suoi discorsi sull’America,capisco che è assurdo attendersi da Gandhi quel miracolo che dovrebbe deviare il corso del destino..Il nemico dell’India non è l’Inghilterra,ma l’America.Il nemico dell’India è lo spirito dei tempi,la marcia inarrestabile dell’orologio.Niente varrà a distruggere questo virus che sta avvelenando il mondo intero.L’America è l’incarnazione medesima della condanna.Trascinerà il mondo intero giù nel pozzo senza fondo.
Henry Miller (Tropico del Cancro)
Pearl Jam / Soon Forget
-“Gli Dei sono diventati malattie” scrisse una volta C.G.Jung.Elaborando questa frase,Hillman si pone la questione più immediata per ogni psicologia:che cos’è la normalità psichica?A partire da quale soglia entriamo nel regno incontrollabile dell’anormalità?Con un’analisi stringente ed acutissima,Hillman ci mostrerà come la partita si giochi fra potenze che un tempo furono chiamate divine,prima di perdere ogni nome,e una struttura mentale,la nostra,che con esse è costretta ad avere a che fare,in ogni atto della vita,anche quando persegue,come l’intera civiltà occidentale,una “vana fuga dagli dei”.
/In IV di copertina,di Adriana Bottini in , James Hillman (LA VANA FUGA DAGLI DEI)
-“ O gente benpensante!”esclamai sorridendo “Passione!Ebrietà!Follia!Voi ve ne state tranquilli,impassibili, voi gente morale! Condannate l’ubriaco,inorridite del pazzo e passate oltre come fanno i preti per la vostra strada,ringraziando Dio con un animo fariseo che non v’ha fatto come uno di questi.Io mi sono ubriacato più di una volta,le mie passioni non sono mai state molto lontane dalla pazzia:eppure non mi pento né di questo né di quello; anzi,nei miei limiti ho potuto rendermi conto che tutti gli uomini straordinari,tutti quelli che hanno realizzato qualche cosa di grande,d’incredibile,sono stati in ogni tempo diffamati come pazzi e ubriachi. Ma anche nella vita comune è insopportabile sentir gridare dietro a ognuno che abbia osato un’azione appena appena libera,nobile,o in qualunque modo inattesa: quello è ubriaco,quello è “toccato”!Oh vergognatevi ,voi sobri,vergognatevi voi savi!”
Johann Wolfgang von Goethe (I Dolori del Giovane Werther)
-Ero imprigionato nel presente,come gli eroi,come Gli ubriachi;colpito da momentanea eclissi,il mio passato Non proiettava più davanti a me quell’ombra di se stesso Che chiamiamo futuro;ponendo lo scopo della mia Vita non più nella realizzazione dei sogni del passato, ma nella felicità dell’attimo presente,non vedevo più in là di questo.E così,per una contraddizione che era tale solo in apparenza,nel momento in cui assaporavo un picere eccezionale,in cui sentivo che la mia vita poteva essere felice e in cui,dunque,essa avrebbe dovuto acquistare maggior pregio,proprio in quel momento, sciolto dalle preoccupazioni che fino allora avevo potuto crearmi,io l’abbandonavo senza esitare all’eventualità di un incidente.
(Marcel Proust –All’ombra delle Fanciulle In Fiore-)
-Uno gli chiese: 'Leonida, sei venuto con così pochi uomini a combattere contro un'armata?'. ed egli rispose: 'Se pensate che è il numero quello che conta, allora neppure l'intera Grecia basterebbe, perché è poca cosa in confronto alla loro massa. Se invece conta il coraggio, allora anche questi pochi uomini sono sufficienti'. A un altro che gli faceva la stessa domanda rispose: 'Sono comunque molti, visto che li ho portati qui a morire'. Serse gli scrisse: 'Hai la possibilità di regnare su tutta la Grecia, se smetti di opporti agli dei e ti schieri con me'. Egli mandò questa risposta: 'Se tu sapessi che cosa è una condotta di vita onorevole, rinunceresti a desiderare i bani altrui: per me è preferibile morire per la Grecia piuttosto che regnare sui miei compatrioti'. Quando Serse gli mandò un'altra lettera, intimandogli di consegnare le armi, gli rispose: 'Vieni a prenderle'.
(Plutarco)
-“Quando penso a New York ho una sensazione diversa.New York fa sentire anche al ricco che egli non conta nulla.New York è fredda,scintillante,crudele.Gli edifici ti dominano.C’è una specie di frenesia atomistica nell’attività che va avanti:quanto più furioso il passo,tanto più sminuito lo spirito.Un fermento continuo,
ma potrebbe benissimo avvenire in una provetta.
Nessuno ne sa lo scopo.Nesuno indirizza l’energia.Stupenda.Bizzarra.Sconcertante.Una terribile spinta reattiva,ma assolutamente priva di coordinazione.Quando penso a questa città,questa Manhattan di cui canta Whitman,una rabbia cieca,bianca,mi sfiora le budella.New York.Le prigioni bianche,i marciapiedi brulicanti di vermi,le file del pane,gli spacci d’oppio che si costruiscono come palazzi,gli ebrei che ci sono dentro,i lebbrosi,i sicari,e soprattutto l’ennui,la monotonia dei volti,strade,gambe,case,grattacieli,pasti,manifesti,mestieri,delitti,amori…Una intera città eretta sopra una vuota fossa di nullità.Senza significato.Assolutamente senza significato.E la Quarantaduesima Strada!La vetta del mondo,la chiamano.E il fondo allora dov’è?Se vai con la mano tesa,ti mettono cenere nel berretto.Ricchi o poveri, camminano con la testa buttata all’indietro e quasi si rompono l’osso del collo per levare lo sguardo sulle loro bellissime prigioni bianche.Vanno avanti come oche cieche e i fari spandono sui loro volti vuoti chiazze di estasi.”
Henry Miller (Tropico del Cancro)
-"Sono in moto. Sa cos'è una moto?" "Cazzate. Roba da finocchi. Gli uomini viaggiano a cavallo."
(Luis Sepùlveda)
”Mi domando se si potrebbe mai avere il minimo sospetto dell’esistenza dell’anima se tutto scorresse liscio a livello dell’Io”
Grazie infinite germenzia,per la bella sorpresa e per i complimenti. Sei gentile
e anche paziente mi verrebbe quasi da scrivere
sono toccato
Buona continuazione..
Duke aveva una figlia, la chiamavano Lala, 4 anni. Figlia unica. C’era stato sempre attento, a non far figli, perché aveva paura di morire ammazzato prima o poi, però adesso stravedeva per lei, la bambina era fonte di gioia: sapeva tutto quello che a lui passava per la testa, c’era un filo diretto fra lui e la bambina. Erano al supermarket una sera, Duke e Lala, e parlavano di questo e di quello, come veniva. Discorrevano d’ogni sorta di cose e Lala gli diceva tutto quello che sapeva e sapeva un sacco di cose, per istinto, mentre Duke non sapeva tante cose, lui no, ma però le diceva tutto quello che poteva, e funzionava. Erano felici insieme.
“cos’è quello?” domandò Lala.
“una noce di cocco.”
“cosa c’è dentro?”
“latte e polpa, roba che si mangia.”
“e perché sta lì dentro?”
“perché ci sta bene, dentro al guscio, e la polpa dice al latte: ma come si sta bene, veh, qui dentro a questa scorza.”
“e perché ci stanno bene?”
“perché chiunque ci starebbe bene. Pure io.”
“non è vero. Mica potresti guidare la macchina da lì dentro. Neanche mi vedresti a me da dentro a quell’affare, non potresti neanche mangiare le uova alla pancetta, lì dentro.”
“le uova alla pancetta non sono mica tutto.”
“e che cos’è tutto?”
“non lo so. Forse il didentro del sole, spento e solidificato.”
“il DIDENTRO del sole…? Solidificato?”
“già.”
“e com’è che sarebbe il didentro, del sole, se si solidificasse?”
“ecco, il sole è una palla di fuoco. Chissà se gli scienziati sarebbero d’accordo con me, ma io credo che sarebbe una cosa così.”
E Duke agguantò una per avocado.
“uhau!”
“sì sì, ecco cos’è una pera avocado: sole solido. Uno mangia questo sole e si riscalda il sangue.”
“c’è il sole nella birra che bevi tu?”
“oh sì sì.”
“e c’è il sole nel didentro di me?”
“più che dentro qualunque altra persona.”
“e io penso che tu ci hai un GRANDE SOLE dentro di te.”
Seguitarono il giro del mercato. Duke non sceglieva niente. Era Lala che gettava nel cestino tutto quello che le pareva. Anche roba non da mangiare: una palla, dei pastelli, una pistola di latta. Un astronauta col paracadute che gli si apriva quando lo lanciavi in aria. Lo guardò con severo cipiglio. Poveretta: la sua faccia era stata scavata e svuotata. Un orrore a vedersi. E lei neanche lo sapeva.
“ciao piccolina,” disse la cassiera.
Lala non le rispose. Duke non la sollecitò. Pagarono, si diressero verso la loro auto.
“si pigliano i soldi nostri,” disse Lala.
“si.”
“e poi a te ti tocca andare a lavorare di notte per fare altri soldi, non mi piace che vai fuori da casa alla sera. Voglio giocare con te a madre e figlio. Io ero la mamma, tu eri il bambino.”
“e va bene. Facciamolo adesso. Io il bambino. Che c’è, mamma?”
“bene. Dì, bambino, sai guidare?”
“ci proverò”
Partirono. Erano in auto, quando un figlio di puttana all’improvviso accelerò e a momenti li pamponava, mentre facevano una svolta a sinistra.
“ma, bambino, perché la gente cerca di darci contro?”
“vedi, mamma, è perché sono infelici. E la gente infelice ci ha voglia di sfasciare le cose.”
“non ci sono persone felici?”
“ce n’è tante che fanno finta di essere felici.”
“perché?”
“perché si vergognano e hanno paura di confessare che non sono felici.”
“tu hai paura?”
“io ci ho solo il coraggio di confessarlo a te… ho tanta paura mamma, ho paura di morire da un momento all’altro.”
“vuoi il biberon, bambino?”
“si, mamma, ma quando arriviamo a casa.”
Più oltre, svoltarono a destra per Normandie Street. È più difficile che ti tamponino quando svolti a destra.
“devi andare a lavorare, stasera, bambino?”
“si, mamma.”
“ma perché lavori di notte?”
“perché è buio e la gente non mi vede.”
“perché non vuoi farti vedere?”
“perché se mi vedono mi prendono e mi mettono in prigione.”
“che cos’è la prigione?”
“tutto quanto è la prigione.”
“io no, io NON sono la prigione.”
Parcheggiarono, entrarono in casa con le sporte.
“mamma!” disse Lala. “abbiamo fatto la spesa. Soli solidi, astronauti, un sacco di roba!”
La mamma (la chiamavano “Mag) la mamma disse: “brava brava.”
Poi a Duke: “accidenti, vorrei che non uscissi, stasera. C’ho un brutto presentimento. Resta a casa, Duke.”
“tu hai un brutto presentimento, stella? Embè, io ce l’ho ogni volta. Fa parte del mestiere no. No, non posso darti retta. Siamo al verde. La signorina ha fatto un sacco di compere, dal prosciutto in scatola al caviale.”
“ma, sano dio, non sei capace di tenerla a freno?”
“voglio vederla felice.”
“non sarà mai felice, se vai dentro.”
“senti, Mag, nel mio mestiere devi metterla in previsione, un po’ di gattabuia. È come una vacanza. Io non ne ho fatta molta. M’è andata meglio che a tanti altri.”
“che ne diresti di un lavoro onesto?”
“cara, a parte la maggiore fatica, non esistono lavori onesti. Crepi lo stesso, in un modo o nell’altro. E io ormai sono bravo nel mio campo. Sono una specie di dentista, io, che cavo denti alla società. So fare solo questo. È troppo tardi. Lo sai come trattano gli ex galeotti, no? Te l’ho già detto, come. Io…”
“lo so quello che m’hai detto, ma…”
“ma ma ma ma! Vuoi lasciarmi finire, mannaggia?!
“finisci.”
“ci sono certi industria lotti specializzati per ‘riabilitare’ i detenuti, gli ex detenuti. Bocchinari schiavisti che abitano nei quartieri alti, a Beverly Hills, a Malibù. Bene, al confronto la galera è rose e fiore. Si tratta di una fregatura. Lavoro da schiavi, le autorità lo sanno, noi lo sappiamo. Lo Stato risparmia, qualcun altro ci fa i soldi. È tutta una merdata. Tutto quanto. Ti fanno lavorare tre volte più di un operaio normale: loro rubano a man salva, col benestare della legge. Poi la vendono, la roba, a dieci venti volte il suo valore effettivo. Però col beneplacito della legge. Della loro legge.”
“santo dio, l’ho già sentita tante di quelle volte…”
“e adesso la risenti un’altra volta, perdio! Io non posso stare zitto. Credi che non provo niente? E non dovrei parlare? Neanche con mia moglie? Sei mia moglie, tu, no? Scopiamo, sì o no? Viviamo insieme o no?”
“sei tu che ti sei fottuto da per te. E adesso piangi.”
“vaffanculo, và! Ho fatto uno sbaglio. Ho commesso un errore tecnico. Ero giovane. Non avevo capito le loro merdosissime regole…”
“e adesso cerchi di giustificare la tua idiozia.”
“ah quant’è buona. Mi piace, mogliettina. Mi piace. Una fica, sei, nient’altro che una fica. Una gran fica aperta sui scalini della casa bianca, spalancata, mentalmente trombata…”
“non farti sentire da quella creatura, Duke.”
“bene, ho finito, fica. RIABILITAZIONE. Ecco la fregatura. Quei culirotti, bocchinari di Beverly Hills. Gente bene, come no, brava gente educata e UMANITARIA! Le loro mogli vanno ai concerti, a sentir Mozart e Mahler, e fanno la beneficenza, e fregano il fisco. E poi vengono messe nella lista delle dieci signore più eleganti dell’anno, dal ‘Los Angeles Times’. E lo sai cosa cazzo ti fanno, i loro mariti? Ti trattano come un cane rognoso, alla fabbrica. Ti pagano meno!”
“Duke,” gli domandò Lala, “vuoi che ti chiamo Duke oppure papà?”
“come ti pare, stella, fa lo stesso.”
“perché ci ha il pelo la noce di cocco?”
“oh cristo, e che ne so. Perché ci ho il pelo sulle palle, io?”
Mag si fece sulla soglia della cucina, con un barattolo di piselli in mano. “non parlare a quel modo a mia figlia.”
“tua figlia? Ma non vedi che bocca limata che ci ha? Come la mia. E gli occhi? E il cervello? Ha preso tutto da me. Tua figlia… solo perché t’è uscita dalla passera e ti s’è attaccata alle tette. Non è figlia di nessuno. P la figlia di se stessa.”
“ti ripeto che non voglio che usi quel linguaggio in presenza della bambina.”
“tu non vuoi… tu non vuoi…”
“proprio così!”
teneva la lattina di piselli in equilibrio sul palmo della mano protesa.
“non voglio.”
“te lo giuro, se non sparisci subito, ti giuro su dio che PIGLIO QUEL BARATTOLO DI PISELLI E TE LO FICCO TUTTO SU PEL BUCACCIO DEL CULO!”
Mag ritornò in cucina coi piselli, e ci rimase. Duke andò nello sgabuzzino e prese il paltò e la rivoltella. Salutò la ragazzina con un bacio. Era più dolce d’un abbronzatura a dicembre e di sei bianchi cavalli al galoppo per un prato tutto verde, sfrenati… questo effetto gli faceva. Qualcosa lo strinse alla gola. Ma si allontanò in fretta, richiuse la porta piano. Mag uscì dalla cucina.
“Duke è uscito,” disse la bambina.
“si, lo so.”
“m’è venuto sonno, mamma. Mi leggi una favola?”
Si sedettero insieme sul divano.
“torna Duke a casa, mamma?”
“sì quel figlio di puttana, torna, torna.”
“e cos’è un figlio di puttana?”
“è uno come Duke. Gli voglio bene.”
“vuoi bene a un figlio di puttana, tu?”
“sì.”
Mag rise.
“sì. Vieni qui, stellina, sui miei ginocchi.”
Abbracciò la bambina.
“sei così tiepida… come la pancetta calda… come le frittelle calde…”
“io non sono pancetta e frittelle. SEI TU pancetta e frittelle!”
“è luna piena stanotte. Troppa luce, troppo chiaro. Ho paura.ho tanta paura. Oh gesù,voglio bene a quell’uomo, oh gesù…”
Allungò una mano e prese un libro per bambini,dentro una scatola di cartone.
“mamma,perché ha il pelo la noce di cocco?”
“il pelo la noce di cocco?”
“si.”
“senti,ci ho il caffè sul fuoco.sta venedo su.aspetta,vado a spegnere il fornello.”
“va bene”
Mag andò di là in cucina.Lala attese sul divano.intanto Duke,fermo davanti a una liquoreria,all’angolo fra Hollywood e Normandie Street,pensava:che diavolo… che diavolo… che diavolo… Non gli dava nesun affidamento.gli puzzava,metti che lì dentro,nel retro,ci fosse un cazzomatto con la luger,a sbirciare da un buco.è così che hanno fregato Louis.fatto secco, come un’anatra d’argilla al tirassegno.omicidio legale.il mondo intero si crogiola fra le merda del delitto legalizzato. Quel posto era balordo.forse meglio un baretto,stasera.un locale di froci.qualcosa di facile e,denaro,quel che basta per un mese d’affitto.mi stò rammollendo,pensò Duke,di ‘sto passo andrò presto a sentire Sciostakovic. Tornò alla sua auto.una Ford ’61. Mise in moto,partì,in direzione nord.tre traverse,quattro,sei traverse…dodici… in un gelido mondo… e in tanto Mag,con la bambina in grembo,aveva cominciato a leggerle un libro intitolato VITA NELLA FORESTA…
“la faina e i suoi cugini,la donnola,la lontra,lo zibellino,la martora,sono animali selvatici,agilissimi e veloci.sono carnivori,sempre in caccia di preda,in continua,spietata concorrenza per…”
Di lì a poco la bella bambina s ‘ addormentò e nel cielo splendeva la luna piena.
(Una Calibro 9 per Pagare l’Affitto , Charles Bukowski,Storie di Ordinaria Follia)
[b]Jeff Buckley / Grace
-“Gli Dei sono diventati malattie” scrisse una volta C.G.Jung.Elaborando questa frase,Hillman si pone la questione più immediata per ogni psicologia:che cos’è la normalità psichica?A partire da quale soglia entriamo nel regno incontrollabile dell’anormalità?Con un’analisi stringente ed acutissima,Hillman ci mostrerà come la partita si giochi fra potenze che un tempo furono chiamate divine,prima di perdere ogni nome,e una struttura mentale,la nostra,che con esse è costretta ad avere a che fare,in ogni atto della vita,anche quando persegue,come l’intera civiltà occidentale,una “vana fuga dagli dei”.
/In IV di copertina,di Adriana Bottini in , James Hillman (LA VANA FUGA DAGLI DEI)
Da circa duemila anni i lati demoniaci dell’elemento femminile vengono continuamente respinti.L’immagine mitologica della madre di Dio,Maria,nella sua purezza e mancanza di peccato è un immagine tanto dannosa.Il fatto che la sessualità di Maria sia stata ignorata è forse qualcosa di innocuo;devastante fu invece il tentativo di reprimere tutti gli aspetti aggressivi,distruttivi dell’elemento femminile.”Maria ci salva dall’astuzia di Satana” si dice ne ‘Gli ultimi giorni di Hutten’ di Conrad Ferdinand Meyer.
Nella sua unilateralità l’immagine positiva,gentile e gradevole,dell’elemento femminile ha conseguenze molto dubbie.Ad esempio,sentiamo dire spesso che se le donne governassero il mondo,se tutte le madri si unissero,non ci sarebbero guerre,non ci sarebbero conflitti armati fra le nazioni o fra i diversi partiti politici.Virginia Woolf era appassionatamente convinta del fatto che tutti i conflitti armati potevano essere interpretati esclusivamente come la conseguenza dell’aggressività maschile.In altre parole la femminilità veniva equiparata alla natura pacifica,e ciò corrisponde proprio all’immagine mitologica della madre di Dio.Se noi perdiamo di vista il lato aggressivo e distruttivo dell’elemento femminile,se lo reprimiamo,allora non siamo più in grado di valutarlo e comprenderlo nel giusto modo.Rifacendomi alla mitologia,vorrei solo ricordare che Afrodite era l’amante di Ares,il Dio della guerra.E gli dèi dell’Olimpo furono molto lieti quando li videro cadere insieme nella rete.
Adolf Gugghenbuhl-Craig (Il Bene del Male)
-“ O gente benpensante!”esclamai sorridendo “Passione!Ebrietà!Follia!Voi ve ne state tranquilli,impassibili, voi gente morale! Condannate l’ubriaco,inorridite del pazzo e passate oltre come fanno i preti per la vostra strada,ringraziando Dio con un animo fariseo che non v’ha fatto come uno di questi.Io mi sono ubriacato più di una volta,le mie passioni non sono mai state molto lontane dalla pazzia:eppure non mi pento né di questo né di quello; anzi,nei miei limiti ho potuto rendermi conto che tutti gli uomini straordinari,tutti quelli che hanno realizzato qualche cosa di grande,d’incredibile,sono stati in ogni tempo diffamati come pazzi e ubriachi. Ma anche nella vita comune è insopportabile sentir gridare dietro a ognuno che abbia osato un’azione appena appena libera,nobile,o in qualunque modo inattesa: quello è ubriaco,quello è “toccato”!Oh vergognatevi ,voi sobri,vergognatevi voi savi!”
Johann Wolfgang von Goethe (I Dolori del Giovane Werther)
-Ero imprigionato nel presente,come gli eroi,come Gli ubriachi;colpito da momentanea eclissi,il mio passato Non proiettava più davanti a me quell’ombra di se stesso Che chiamiamo futuro;ponendo lo scopo della mia Vita non più nella realizzazione dei sogni del passato, ma nella felicità dell’attimo presente,non vedevo più in là di questo.E così,per una contraddizione che era tale solo in apparenza,nel momento in cui assaporavo un picere eccezionale,in cui sentivo che la mia vita poteva essere felice e in cui,dunque,essa avrebbe dovuto acquistare maggior pregio,proprio in quel momento, sciolto dalle preoccupazioni che fino allora avevo potuto crearmi,io l’abbandonavo senza esitare all’eventualità di un incidente.
(Marcel Proust –All’ombra delle Fanciulle In Fiore-)
-Uno gli chiese: 'Leonida, sei venuto con così pochi uomini a combattere contro un'armata?'. ed egli rispose: 'Se pensate che è il numero quello che conta, allora neppure l'intera Grecia basterebbe, perché è poca cosa in confronto alla loro massa. Se invece conta il coraggio, allora anche questi pochi uomini sono sufficienti'. A un altro che gli faceva la stessa domanda rispose: 'Sono comunque molti, visto che li ho portati qui a morire'. Serse gli scrisse: 'Hai la possibilità di regnare su tutta la Grecia, se smetti di opporti agli dei e ti schieri con me'. Egli mandò questa risposta: 'Se tu sapessi che cosa è una condotta di vita onorevole, rinunceresti a desiderare i bani altrui: per me è preferibile morire per la Grecia piuttosto che regnare sui miei compatrioti'. Quando Serse gli mandò un'altra lettera, intimandogli di consegnare le armi, gli rispose: 'Vieni a prenderle'.
(Plutarco)
-“Quando penso a New York ho una sensazione diversa.New York fa sentire anche al ricco che egli non conta nulla.New York è fredda,scintillante,crudele.Gli edifici ti dominano.C’è una specie di frenesia atomistica nell’attività che va avanti:quanto più furioso il passo,tanto più sminuito lo spirito.Un fermento continuo,
ma potrebbe benissimo avvenire in una provetta.
Nessuno ne sa lo scopo.Nesuno indirizza l’energia.Stupenda.Bizzarra.Sconcertante.Una terribile spinta reattiva,ma assolutamente priva di coordinazione.Quando penso a questa città,questa Manhattan di cui canta Whitman,una rabbia cieca,bianca,mi sfiora le budella.New York.Le prigioni bianche,i marciapiedi brulicanti di vermi,le file del pane,gli spacci d’oppio che si costruiscono come palazzi,gli ebrei che ci sono dentro,i lebbrosi,i sicari,e soprattutto l’ennui,la monotonia dei volti,strade,gambe,case,grattacieli,pasti,manifesti,mestieri,delitti,amori…Una intera città eretta sopra una vuota fossa di nullità.Senza significato.Assolutamente senza significato.E la Quarantaduesima Strada!La vetta del mondo,la chiamano.E il fondo allora dov’è?Se vai con la mano tesa,ti mettono cenere nel berretto.Ricchi o poveri, camminano con la testa buttata all’indietro e quasi si rompono l’osso del collo per levare lo sguardo sulle loro bellissime prigioni bianche.Vanno avanti come oche cieche e i fari spandono sui loro volti vuoti chiazze di estasi.”
Henry Miller (Tropico del Cancro)
-"Sono in moto. Sa cos'è una moto?" "Cazzate. Roba da finocchi. Gli uomini viaggiano a cavallo."
(Luis Sepùlveda)
”Mi domando se si potrebbe mai avere il minimo sospetto dell’esistenza dell’anima se tutto scorresse liscio a livello dell’Io”
I due uomini emersero dalla nebbia lentamente,come se nascessero;uno era seminudo,a meno che si potessero definire indumenti i brandelli della camicia di seta che penzolavano da un braccio,uno straccio attorno ai fianchi sporco di fango e un unico stivale che lo constringeva a zoppicare;l'altro uomo sanguinava copiosamente da una ferita alla fronte e fumava un sigaro. Per l'aspetto fantasmale i due personaggi sembravano giovani pur senza esserlo;forse il fulgore dei loro occhi,l'aura di energia che emanavano,la sensazione di violenza trionfante,le risate aperte e i larghi sorrisi, il flusso di adrenalina che aleggiava su di loro,contribuivano a dare un'idea di giovinezza,e in modo alquanto convincente. A uno sguardo più attento,non potevano però sfuggire i capelli grigi sulla testa di quello con la camicia a brandelli e il torso pieno di graffi,un malese, e le rughe profonde attorno agli occhi dell'uomo con il sigaro,senza dubbio di origini europee meridionali,che sotto una patina di sporcizia lasciava intravedere le macchie sulla pelle tipiche di chi ha assorbito il sole per tanti anni. Erano armati di asce dal manico corto e revolver alquanto singolari,Turret a sei colpi con tamburo orizzontale,poco diffuse al mondo ma più uniche che rare in quella zona del pianeta,perchè erano state costruite apposta per loro dall'ingegnere armaiolo J.W. Cochran ad Allen,Pennsylvania.Quegli uomini discutevano animatamente in un misto di inglese e malese,in cui comparivano spesso parole cinesi,portoghesi di Macao e persino qualche epiteto osceno nella lingua preferita dalla volgarità,lo spagnolo. La brezza marina non bastava a diradare la nebbia e vi si mescolava portando fino ai due uomini l'odore della salsedine. "Sono sempre là" disse Yanez de Gomera. "Sono come la buona sorte,fratellino,non ci abbandonano mai" rispose Sandokan. "E adesso dove andiamo?" chiese a un certo punto Yanez. "Dovremmo allontanarci per qualche tempo da queste zone." "Potremmo tornare a Mompracem." "Stai poensando di ricostruire Mompracem?Potremmo ingaggiare ingegneri militari francesi..." "Non possiamo ricostruire Mompracem,i mostri d'acciaio olandesi o inglesi la farebbero a pezzi,la ridurrebbero in macerie nel giro di pochi mesi. Non c'è fortezza che resista senza appoggio esterno a un paio di settimane di assedio e cannoneggiamento.Mompracem appartiene al passato,fratello." "Sogni per il piacere di sognare, allora?" "Non mi hai capito,Tigre.Non voglio ricostruire una piccola fortezza sull'isolotto che si chiamava Mompracem,voglio ricostruire l'idea di Mompracem,il mito di Mompracem, la leggenda di Mompracem:l'isola degli muomini l'iberi in un oceano di padroni e schiavi.L'isola a cui anelano gli uomini migliori di questi mari." "Dove?Lo hai detto tu:non c'è luogo in queste terre dove potremmo stare a lungo.Se sopravviveremo,lo faremo sotto mentite spoglie,fingendo di essere altri,senza terra." "Ci sono due possibilità,vi ho riflettuto molto in questi giorni.Ho fatto lavorare la testa come non mai,fratellino,non hai notato che ogni tanto ne usciva del fumo?" "Credevo fossero quei puzzolenti sigari toscani che hai fregato al conte italiano nel casinò di Goa" "Due possibilità!" esclamò Yanez,che poi fece una giravolta sul ponte tirando fuori la lingua. Sandokan lo guardò stupito.Yanez non era solito scherzare su certe cose.Ma pur provando a insistere non riuscì a strappargli una parola in più. La Mentirosa fece rotta verso gli Stretti.Da li avrebbero potuto risalire le coste malesi,verso Singapore,l'Indocina o la Cina,oppure virare a ovest,verso l'India,o addirittura l'Africa. Non esistono finali definitivi,come ben sapeva Richard Wagner,bensì preludi a nuovi finali,pensava Yanez da Gomera quella notte,fumando al chiaro di luna. Aspirava profondamente e si riempiva i polmoni dell'aroma di quel tabacco olandese.Fu allora,con la luna piena,che comparve all'orizzonte una flottiglia britannica, con il fumo e le faville che uscivano dalle ciminiere a tradirne la presenza,e a cui si erano uniti due velieri spagnoli e una cannoniera olandese.I riflettori delle navi sembrava avessero individuato il panfilo delle Tigri. Anche Sandokan se n'era accorto.Pare che quella notte nessuno potesse dormire. "Interessante.A quanto sembra,abbiamo smosso un vespaio.E da questa come ne usciamo?Quante saranno?Quattro o cinque?" "Ne usciamo con la cocciutaggine di sempre,fratellino"rispose Yanez,e isuoi denti brillarono nell'oscurità in un diabolico,affettuoso,solidale e fraterno sorriso. "Oppure,prendendo velocità.Il fatto è che questi poveri imperi governati da imbecilli,non possono uccidere un mito."
Paco Ignacio Taibo II ( Ritornano le Tigri della Malesia )
-“Gli Dei sono diventati malattie” scrisse una volta C.G.Jung.Elaborando questa frase,Hillman si pone la questione più immediata per ogni psicologia:che cos’è la normalità psichica?A partire da quale soglia entriamo nel regno incontrollabile dell’anormalità?Con un’analisi stringente ed acutissima,Hillman ci mostrerà come la partita si giochi fra potenze che un tempo furono chiamate divine,prima di perdere ogni nome,e una struttura mentale,la nostra,che con esse è costretta ad avere a che fare,in ogni atto della vita,anche quando persegue,come l’intera civiltà occidentale,una “vana fuga dagli dei”.
/In IV di copertina,di Adriana Bottini in , James Hillman (LA VANA FUGA DAGLI DEI)
Da circa duemila anni i lati demoniaci dell’elemento femminile vengono continuamente respinti.L’immagine mitologica della madre di Dio,Maria,nella sua purezza e mancanza di peccato è un immagine tanto dannosa.Il fatto che la sessualità di Maria sia stata ignorata è forse qualcosa di innocuo;devastante fu invece il tentativo di reprimere tutti gli aspetti aggressivi,distruttivi dell’elemento femminile.”Maria ci salva dall’astuzia di Satana” si dice ne ‘Gli ultimi giorni di Hutten’ di Conrad Ferdinand Meyer.
Nella sua unilateralità l’immagine positiva,gentile e gradevole,dell’elemento femminile ha conseguenze molto dubbie.Ad esempio,sentiamo dire spesso che se le donne governassero il mondo,se tutte le madri si unissero,non ci sarebbero guerre,non ci sarebbero conflitti armati fra le nazioni o fra i diversi partiti politici.Virginia Woolf era appassionatamente convinta del fatto che tutti i conflitti armati potevano essere interpretati esclusivamente come la conseguenza dell’aggressività maschile.In altre parole la femminilità veniva equiparata alla natura pacifica,e ciò corrisponde proprio all’immagine mitologica della madre di Dio.Se noi perdiamo di vista il lato aggressivo e distruttivo dell’elemento femminile,se lo reprimiamo,allora non siamo più in grado di valutarlo e comprenderlo nel giusto modo.Rifacendomi alla mitologia,vorrei solo ricordare che Afrodite era l’amante di Ares,il Dio della guerra.E gli dèi dell’Olimpo furono molto lieti quando li videro cadere insieme nella rete.
Adolf Gugghenbuhl-Craig (Il Bene del Male)
-“ O gente benpensante!”esclamai sorridendo “Passione!Ebrietà!Follia!Voi ve ne state tranquilli,impassibili, voi gente morale! Condannate l’ubriaco,inorridite del pazzo e passate oltre come fanno i preti per la vostra strada,ringraziando Dio con un animo fariseo che non v’ha fatto come uno di questi.Io mi sono ubriacato più di una volta,le mie passioni non sono mai state molto lontane dalla pazzia:eppure non mi pento né di questo né di quello; anzi,nei miei limiti ho potuto rendermi conto che tutti gli uomini straordinari,tutti quelli che hanno realizzato qualche cosa di grande,d’incredibile,sono stati in ogni tempo diffamati come pazzi e ubriachi. Ma anche nella vita comune è insopportabile sentir gridare dietro a ognuno che abbia osato un’azione appena appena libera,nobile,o in qualunque modo inattesa: quello è ubriaco,quello è “toccato”!Oh vergognatevi ,voi sobri,vergognatevi voi savi!”
Johann Wolfgang von Goethe (I Dolori del Giovane Werther)
-Ero imprigionato nel presente,come gli eroi,come Gli ubriachi;colpito da momentanea eclissi,il mio passato Non proiettava più davanti a me quell’ombra di se stesso Che chiamiamo futuro;ponendo lo scopo della mia Vita non più nella realizzazione dei sogni del passato, ma nella felicità dell’attimo presente,non vedevo più in là di questo.E così,per una contraddizione che era tale solo in apparenza,nel momento in cui assaporavo un picere eccezionale,in cui sentivo che la mia vita poteva essere felice e in cui,dunque,essa avrebbe dovuto acquistare maggior pregio,proprio in quel momento, sciolto dalle preoccupazioni che fino allora avevo potuto crearmi,io l’abbandonavo senza esitare all’eventualità di un incidente.
(Marcel Proust –All’ombra delle Fanciulle In Fiore-)
-Uno gli chiese: 'Leonida, sei venuto con così pochi uomini a combattere contro un'armata?'. ed egli rispose: 'Se pensate che è il numero quello che conta, allora neppure l'intera Grecia basterebbe, perché è poca cosa in confronto alla loro massa. Se invece conta il coraggio, allora anche questi pochi uomini sono sufficienti'. A un altro che gli faceva la stessa domanda rispose: 'Sono comunque molti, visto che li ho portati qui a morire'. Serse gli scrisse: 'Hai la possibilità di regnare su tutta la Grecia, se smetti di opporti agli dei e ti schieri con me'. Egli mandò questa risposta: 'Se tu sapessi che cosa è una condotta di vita onorevole, rinunceresti a desiderare i bani altrui: per me è preferibile morire per la Grecia piuttosto che regnare sui miei compatrioti'. Quando Serse gli mandò un'altra lettera, intimandogli di consegnare le armi, gli rispose: 'Vieni a prenderle'.
(Plutarco)
-“Quando penso a New York ho una sensazione diversa.New York fa sentire anche al ricco che egli non conta nulla.New York è fredda,scintillante,crudele.Gli edifici ti dominano.C’è una specie di frenesia atomistica nell’attività che va avanti:quanto più furioso il passo,tanto più sminuito lo spirito.Un fermento continuo,
ma potrebbe benissimo avvenire in una provetta.
Nessuno ne sa lo scopo.Nesuno indirizza l’energia.Stupenda.Bizzarra.Sconcertante.Una terribile spinta reattiva,ma assolutamente priva di coordinazione.Quando penso a questa città,questa Manhattan di cui canta Whitman,una rabbia cieca,bianca,mi sfiora le budella.New York.Le prigioni bianche,i marciapiedi brulicanti di vermi,le file del pane,gli spacci d’oppio che si costruiscono come palazzi,gli ebrei che ci sono dentro,i lebbrosi,i sicari,e soprattutto l’ennui,la monotonia dei volti,strade,gambe,case,grattacieli,pasti,manifesti,mestieri,delitti,amori…Una intera città eretta sopra una vuota fossa di nullità.Senza significato.Assolutamente senza significato.E la Quarantaduesima Strada!La vetta del mondo,la chiamano.E il fondo allora dov’è?Se vai con la mano tesa,ti mettono cenere nel berretto.Ricchi o poveri, camminano con la testa buttata all’indietro e quasi si rompono l’osso del collo per levare lo sguardo sulle loro bellissime prigioni bianche.Vanno avanti come oche cieche e i fari spandono sui loro volti vuoti chiazze di estasi.”
Henry Miller (Tropico del Cancro)
-"Sono in moto. Sa cos'è una moto?" "Cazzate. Roba da finocchi. Gli uomini viaggiano a cavallo."
(Luis Sepùlveda)
”Mi domando se si potrebbe mai avere il minimo sospetto dell’esistenza dell’anima se tutto scorresse liscio a livello dell’Io”