Per quanto tu possa camminare, e neppure percorrendo intera la via, tu potresti mai trovare i confini dell'anima: così profondo è il suo lógos. (Eraclito)
L’anima ha la sua dimora proprio al confine del luogo in cui si compiono i miracoli. Quando la incontro,anche se accade solo per un momento e solo ogni tanto,mi sento bene come se fosse avvenuto un prodigio. L’anima è la nostra parte più vera ed è anche quella più autenticamente simile all’immagine divina. E’ un‘idea di una sconvolgente grandiosità: l’anima e il Sé sono il punto in cui l’umano e il divino si incontrano e si influenzano reciprocamente. Ecco perché,se viviamo a livello dell’anima,ci sentiamo tanto sani fisicamente ed emotivamente quanto può esserlo un essere umano.
Per lo più conduciamo una vita inautentica e teniamo nascosta la nostra vera natura,ci sentiamo stranieri in una terra ignota,turbati e confusi, ben lontani da come dovremmo essere. Poiché non siamo coscienti di ciò che ci manca veramente,coltiviamo la patetica speranza che il nostro vuoto possa essere colmato da un lavoro migliore,un auto più prestigiosa o dalla persona giusta da amare.La dolorosa inquietudine che avvertiamo nasce dall’aver trascurato l’anima,che stiamo ardentemente cercando senza nemmeno esserne consapevoli,perché è l’elemento mancante che ci renderebbe completi e che darebbe senso alla nostra vita. Forse possiamo trovarla solo quando tutto il resto fallisce. Aspettiamo con ansia un miracolo che ci riporti alla nostra vera natura,avvertiamo confusamente che deve pur esistere una possibilità di ritrovarla,altrimenti il nostro stesso desiderio sarebbe inspiegabile. Sentiamo in noi la presenza di qualcosa che spesso proiettiamo all’esterno,ma non è fuori che possiamo trovare ciò che ha a che fare con la ricerca di noi stessi. Per vent’anni ho desiderato una Cadillac e ora che la possiedo mi rendo conto che non mi interessa più.In qualche modo l’anima si è allontanata dalla cadillac.Ho anche sempre desiderato una casa con vista sul mare.Ora ho una casa da cui posso contemplare l’oceano,ma l’anima ha lasciato anche la casa e l’oceano mi è venuto a noia.Desideravo una donna con gambe lunghe e snelle che amasse il sesso e,credeteci o no,l’ho trovata.Divenne la mia anima da lungo tempo smarrita,ma l’anima si è allontanata anche da lei.Poi ho cominciato a interessarmi a donne misteriose che scrivono poesie e hanno occhi pieni di lacrime.Simili donne esistono,anche se sono più difficili da trovare,e quella che avevo incontrato ha catturato la mia anima per ventitrè settimane,poi subentrò la disillusione. Così ho cominciato a vedermi come due persone distinte.C’è una mia parte empirica definita dai dati esteriori e poi vi è quella che io chiamo la mia anima-Sé.Ci sono momenti in cui mi sento in completo accordo con la mia natura più profonda e allora provo un grande senso di benessere,di completezza e gioia e mi sembra di allargare i miei confini,come se l’anima includesse anche forze che la trascendono.Mi sento allora di incarnare un Sé molto più ampio della mia stessa persona,pur essendo contemporaneamente del tutto me stesso. Quando è coinvolta l’anima capisco il senso della mia esistenza,sento di realizzare lo scopo autentico della mia vita, il mio destino, e questo mi appaga completamente. Mi domando se si potrebbe mai avere il minimo sospetto dell’esistenza dell’anima se tutto scorresse liscio a livello dell’Io,poiché è proprio attraverso le sue sconfitte che scopriamo il bisogno di vivere in accordo con l’anima.E’ necessario sperimentare l’estrema umiliazione e il fallimento del nostro Io maniacale prima di accorgerci che qualcosa ci manca:passiamo da una disillusione ad un’altra perché ogni cosa esteriore si rivela alla fin fine deludente. Se il concetto di anima può sembrare troppo oscuro o poetico,possiamo esprimerci in un altro modo.Fermiamoci davanti al mistero,senza ostentare un sapere che in realtà non possediamo:tutto ciò che possiamo fare è girare attorno al concetto di anima-amplificarlo, tradurlo in immagini, narrare aneddoti e cercare analogie.
Soltanto facendone esperienza diretta la si può conoscere.
Il filosofo Plotino afferma che ci si ammala perché il corpo ha perso il contatto con l’anima e non le assomiglia più. Vivere in sintonia con l’anima significa che i nostri pensieri,le nostre azioni,l’intero nostro percorso nell’esistenza rappresentano l’espressione nella vita del suo messaggio e delle sue finalità autentiche.Se la incontriamo e rimaniamo accanto a lei saremo risanati. Dovrebbe essere ormai chiaro che la condizione dell’anima ha una grande influenza sulla salute del corpo.Il corpo riflette la psiche e se l’anima e il Sé sono integri e ricchi di simboli risanatori,la salute dell’anima si riflette nel corpo. In ogni caso l’anima e il Sé comprendono tutto:corpo,mente,sintomi,paura,amore,ferite,attese,sogni e fantasie. Il caos mente-corpo si produce quando tutte le nostre molteplici sfaccettature non sono armoniosamente articolate.Molte cose possono andare storte,ad esempio ci possono essere cattive condizioni ambientali o bisogni fisici ed emozionali insoddisfatti,ma il maggior produttore di caos e il capriccioso Io umano.Gli esseri umani hanno la libertà di scegliere e la capacità di negare,reprimere e sottomettere gli istinti,e questo si verifica di frequente. L’Io è l’occhio della coscienza e ha la capacità di vedere e di comprendere.In una personalità sana l’occhio si espande e vede sempre più a fondo la sua realtà e così facendo forma una relazione con il Sé.La crescita spirituale è un processo dell’io che diventa sempre più capace di integrare nuovi aspetti dell’anima e del Sé.L’occhio è la luce del corpo e quanto più chiaramente vede la realtà,tanto più la nostra coscienza sarà la lampada che illumina il corpo con un potere risanatore. Dobbiamo andare oltre l’Io,nelle profondità dell’inconscio,perché è lì che si trova l’anima. E’ importante notare che vi è una corrispondenza tra corpo e psiche.Vivono uno nell’altro e ciò che accade a uno è rispecchiato nell’altro. Anzi,molto probabilmente non vi è nessuna differenza tra loro:sono identici e l’uno contiene in sé l’altro.
Nello spazio e nel tempo presenti,per qualche ragione,il corpo è sopravvalutato in quanto concreto,mentre l’anima,immateriale,è considerata inesistente,un prodotto dell’immaginazione o della vita onirica.
Ma i sogni e l’immaginazione sono reali e producono effetti tangibili,sono le sorgenti nascoste della letteratura,dell’arte e della musica;ogni realizzazione significativa dell’umanità ha avuto origine da idee incorporee.Le immagini oniriche e le trame fantastiche che vivono in noi sono molto probabilmente la causa vera di molte malattie,crimini e gravi incidenti,e un abile interprete dei sogni può cogliere attraverso di loro questi pericolo incombenti. I sogni e le fantasie sono dati scientifici e ci informano su di una persona quanto e i molti casi di più dell’esame delle orine,della pressione del sangue e delle radiografie.I temi della fantasia presenti nell’inconscio sono modelli psichici dai quali si sviluppa la struttura fisica e il comportamento. E’ stato detto che se non siamo coscienti delle nostre fantasie, esse diventano il nostro destino.Le nostre azioni,infatti,si strutturano dapprima come immagini della fantasia che,se non ne siamo coscienti,vengono agite inconsapevolmente,probabilmente in modo dannoso.Se invece ne prendiamo coscienza,possiamo sciegliere come e quando viverle. I modelli della psiche profonda,i sogni e le fantasie hanno il tremendo potere di ucciderci o di guarirci e,quando la mostra storia interiore diventa malsana,corriamo il rischio di guai seri,come l’indebolimento del sistema immunitario e la suscettibilità alle malattie.
E’ veramente incredibile che cosa accade quando le persone prendono sul serio i loro sogni e tentano con impegno di comprenderli,di seguirli,di interagire con i loro simboli: si aprono e diventano uno strumento attraverso il quale il sogno parla..Ci sono diversi modi di favorire la guarigione:scrivere dialoghi con i personaggi del sogno,meditare sui simboli che il sogno presenta in modo tale che il loro potere possa diventare cosciente,disegnare attentamente ogni particolare dell’immagine onirica,modellarla nell’argilla,esprimerla con la danza o ancora intraprendere ricerche per amplificarla ulteriormente cosicché il significato profondo dei simboli penetri nella coscienza.
Seguendo passo dopo passo la trama dei nostri sogni assisteremo ad una progressione.Ciò che altri personaggi stanno facendo in un sogno,forse saremo noi stessi a farlo nei sogni seguenti e poi nella vita concreta.Così le nostre potenzialità cominciano a realizzarsi e, mettendoci in sintonia con il nostro destino, potremmo collaborare consapevolmente al suo dispiegarsi. Se in un tuo sogno scrivi un poema,fallo realmente,e per quanto in modo imperfetto,comincia ad essere il poeta che c’è in te.Se i tuoi sogni te lo suggeriscono,parla con estranei,dipingi o tieni discorsi.
Renderai così manifesto il tuo destino
e con la tua collaborazione cosciente il Sé comincerà ad assumere una forma concreta e creativa.Operando in questo senso con devozione,si producono cambiamenti tangibili e spesso drammatici e la storia cambia perché nuovi aspetti hanno cominciato a manifestarsi.E insieme alla trama della tua storia anche tu sei cambiato nel tuo modo di pensare e sentire,nel tuo comportamento e nel tuo modo di mostrarti agli altri.Mentre senza la risposta dell’Io verso i sogni,essi tendono a rimanere statici ripetere sempre gli stessi temi.Tuttavia con la tua partecipazione,la storia si rimette in movimento e i sogni si fanno più ricchi di contenuti e diventano una costante fonte di ispirazione.L’anima e il corpo ne sono purificati:allora cominci a comprendere le celebri parole di Sir Gallahad: ‘Ho la forza di dieci persone perché il mio cuore è puro’.
Albert Kreinheder / Il Corpo e l’Anima /
Radiohead - No Surprises
Hurts / Wonderful Life
”Mi domando se si potrebbe mai avere il minimo sospetto dell’esistenza dell’anima se tutto scorresse liscio a livello dell’Io” (Albert Kreinheder)
”Sono sempre stato solitario-perdonatemi,sarò matto sarò-ma per me,tranne qualche pezzetto di fica,non me ne fregherebbe proprio un tubo,se morissero tutti, al mondo.Sì,lo so,non è carino.Ma io sarei contento,come una lumaca.Dopo tutto è la gente che mi ha reso infelice.” (Charles Bukowski)
-In Francia mi annoio,principalmente perché qui tutti somigliano a Voltaire. Emerson nei suoi ‘Uomini Rappresentativi’ ha dimenticato Voltaire. Avrebbe potuto fare un grazioso capitolo intitolato: ‘Voltaire,o l’anti-poeta’,il re dei babbei, il principe dei superficiali,l’anti-artista, il predicatore dei portieri,il Padre Gigone dei redattori del “Siècle”.
-Non ho convinzioni,come le intende la gente del mio secolo,perché non ho ambizione.In me non c’è base per una convinzione. Ho tuttavia alcune convinzioni,in un senso più elevato e che non può essere compreso dalla gente del mio tempo.
-Popoli civili, che parlate sempre scioccamente Di ‘selvaggi’ e di ‘barbari’,presto,come dice d’Aurevilly, non varrete ‘nemmeno più abbastanza da essere idolatrati’. (Baudelaire)
-Una Fantasticheria memorabile
Mentre camminavo fra i fuochi dell' Inferno, deliziato da quei godimenti del genio che agli Angeli appaiono come tormento e insania, raccolsi alcuni dei loro Proverbi; pensando che così come i detti che s'usano in una nazione ne designano il carattere, allo stesso modo i Proverbi dell' Inferno renderanno palese la natura della sapienza Infernale meglio di una qualsiasi descrizione di edifici o abbigliamenti.
Quando me ne tornai a casa, sull'abisso dei cinque sensi, dove uno scosceso pendio minaccia il mondo presente, vidi un Diavolo possente ravvolto in nuvole nere che si librava sui fianchi della roccia: con fuochi corrosivi scriveva la frase seguente, che ora le menti degli uomini percepiscono, e sulla terra la leggono:
Che ne sapete se un qualunque uccello che taglia le strade dell'aria non è un immenso mondo di delizia chiuso dai vostri cinque sensi? - William Blake –
-Gli uomini passano per essere crudeli, le donne invece lo sono. Le donne sembrano sentimentali, gli uomini invece lo sono.
-La donna è stata il secondo grande errore di Dio.
(Frierich W. Nietzsche)
-Di regola le grandi decisioni della vita umana hanno a che fare più con gli istinti che con la volontà cosciente e la ragionevolezza
-Io sono semplicemente convinto che qualche parte del Sè o dell'Anima dell'uomo non sia soggetta alle leggi dello spazio e del tempo
-La vostra visione diventerà chiara solo quando guarderete nel vostro cuore. Chi guarda all'esterno, sogna. Chi guarda all'interno, apre gli occhi
-Poiche' l'europeo non conosce il proprio inconscio, non capisce l'Oriente e vi proietta tutto cio' che teme e disprezza in se stesso (C.G.Jung )
Vorrei dire che si è Junghiani quando, per evitare la propria arbitrarietà o l’indulgere verso se stessi, si sceglie C.G. Jung come punto di riferimento per la propria riflessione interiore, trovando un senso positivo nel mettere in discussione sia le convinzioni che il proprio ordine mentale (Hayo Kaway)
-“Dicono che le donne sappiano condurre un uomo verso casa.Io non ho questo sentimento.” (Alessandro Magno)
-Ammiro chi resiste.Chi ha fatto del dolore carne,sudore,sangue.Ed ha dimostrato senza Troppe storie,che è possibile vivere,e vivere in piedi ,anche nei momenti peggiori
-“Solo le donne spartane partoriscono uomini veri” (Regina Gorgo -506 a.C)
-"Sono in moto. Sa cos'è una moto?" "Cazzate. Roba da finocchi. Gli uomini viaggiano a cavallo." (Luis Sepulveda)
-"Chi ama davvero ama il mondo intero, non un solo individuo in particolare" (Erich Fromm -l'Arte d'Amare)
-"NIUNA IMPRESA, PUR MINIMA CHE SIA, PUO’ AVERE COMINCIAMENTO E FINE SENZA QUESTE TRE COSE: SENZA SAPERE, SENZA POTERE, SENZA CON AMORE VOLERE" (Anonimo Fiorentino del XII secolo)
-E Alessandro andò da Diogene. Lo trovò sdraiato al sole. Diogene, sentendo tanta gente che veniva verso di lui, si sollevò un po' e guardò Alessandro. Questi lo salutò affettuosamente e gli chiese se avesse bisogno di qualcosa che potesse fare per lui. "Scostati dal sole" rispose il filosofo. (Plutarco)
Grazie mille fiore,sei gentile forse è solo un modo un pò tutto mio per esprimere 'ciò che passa'
buona continuazione xora..
besinos
Ammalata di un intimo malore Ha gli occhi grandi e neri. Reggere sogna fieri Interminati gli assalti d’amore.
Forse è vergine ancora,forse solo Pensò,pensa quel bene. Forse in deserte arene, tornata fiera,uccise il suo figliolo.
Eppure bella è così,fiore di spina, che,se il male si tace, toglie a te la tua pace col franco riso di buona bambina.
Ma se piange spettacolo ti tocca Di sconvolta natura, e se parla hai paura: dice cose confuse la sua bocca.
-Umberto Saba-
FLAMENCO SURREAL
[b]THE CURE - THE THREE SISTERS
-“Gli Dei sono diventati malattie” scrisse una volta C.G.Jung.Elaborando questa frase,Hillman si pone la questione più immediata per ogni psicologia:che cos’è la normalità psichica?A partire da quale soglia entriamo nel regno incontrollabile dell’anormalità?Con un’analisi stringente ed acutissima,Hillman ci mostrerà come la partita si giochi fra potenze che un tempo furono chiamate divine,prima di perdere ogni nome,e una struttura mentale,la nostra,che con esse è costretta ad avere a che fare,in ogni atto della vita,anche quando persegue,come l’intera civiltà occidentale,una “vana fuga dagli dei”.
/In IV di copertina,di Adriana Bottini in , James Hillman (LA VANA FUGA DAGLI DEI)
-“ O gente benpensante!”esclamai sorridendo “Passione!Ebrietà!Follia!Voi ve ne state tranquilli,impassibili, voi gente morale! Condannate l’ubriaco,inorridite del pazzo e passate oltre come fanno i preti per la vostra strada,ringraziando Dio con un animo fariseo che non v’ha fatto come uno di questi.Io mi sono ubriacato più di una volta,le mie passioni non sono mai state molto lontane dalla pazzia:eppure non mi pento né di questo né di quello; anzi,nei miei limiti ho potuto rendermi conto che tutti gli uomini straordinari,tutti quelli che hanno realizzato qualche cosa di grande,d’incredibile,sono stati in ogni tempo diffamati come pazzi e ubriachi. Ma anche nella vita comune è insopportabile sentir gridare dietro a ognuno che abbia osato un’azione appena appena libera,nobile,o in qualunque modo inattesa: quello è ubriaco,quello è “toccato”!Oh vergognatevi ,voi sobri,vergognatevi voi savi!”
Johann Wolfgang von Goethe (I Dolori del Giovane Werther)
-Ero imprigionato nel presente,come gli eroi,come Gli ubriachi;colpito da momentanea eclissi,il mio passato Non proiettava più davanti a me quell’ombra di se stesso Che chiamiamo futuro;ponendo lo scopo della mia Vita non più nella realizzazione dei sogni del passato, ma nella felicità dell’attimo presente,non vedevo più in là di questo.E così,per una contraddizione che era tale solo in apparenza,nel momento in cui assaporavo un picere eccezionale,in cui sentivo che la mia vita poteva essere felice e in cui,dunque,essa avrebbe dovuto acquistare maggior pregio,proprio in quel momento, sciolto dalle preoccupazioni che fino allora avevo potuto crearmi,io l’abbandonavo senza esitare all’eventualità di un incidente.
(Marcel Proust –All’ombra delle Fanciulle In Fiore-)
-Uno gli chiese: 'Leonida, sei venuto con così pochi uomini a combattere contro un'armata?'. ed egli rispose: 'Se pensate che è il numero quello che conta, allora neppure l'intera Grecia basterebbe, perché è poca cosa in confronto alla loro massa. Se invece conta il coraggio, allora anche questi pochi uomini sono sufficienti'. A un altro che gli faceva la stessa domanda rispose: 'Sono comunque molti, visto che li ho portati qui a morire'. Serse gli scrisse: 'Hai la possibilità di regnare su tutta la Grecia, se smetti di opporti agli dei e ti schieri con me'. Egli mandò questa risposta: 'Se tu sapessi che cosa è una condotta di vita onorevole, rinunceresti a desiderare i bani altrui: per me è preferibile morire per la Grecia piuttosto che regnare sui miei compatrioti'. Quando Serse gli mandò un'altra lettera, intimandogli di consegnare le armi, gli rispose: 'Vieni a prenderle'.
(Plutarco)
-"Sono in moto. Sa cos'è una moto?" "Cazzate. Roba da finocchi. Gli uomini viaggiano a cavallo."
(Luis Sepùlveda)
”Mi domando se si potrebbe mai avere il minimo sospetto dell’esistenza dell’anima se tutto scorresse liscio a livello dell’Io”
"In quel periodo avevo un cuore di pietra.Il sentimento più grande che riuscivo a nutrire per una donna non andava più in là di un'erezione."
Pedro Juan Gutièrrez (Malinconia dei Leoni)
Dongiovanni è un seduttore, Casanova un sedotto. Entrambi a vita. Non è che una delle innumerevoli distinzioni possibili tra i due personaggi, ma la più elementare, quindi la più evidente. E’ fondamentale, per poter parlare correttamente del libertino, superare questo primo equivoco ricorrente. Casanova – il libertino - non è Dongiovanni, Casanova non ha nulla a che vedere con Dongiovanni. Casanova ama - perdutamente, irrimediabilmente ama - tutte le donne con cui ha a che fare; Dongiovanni le usa, invece, senza amarle, anzi disprezzandole. Casanova vorrebbe sposarle tutte, tenersele tutte per sempre, se non fossero loro ad abbandonarlo; Dongiovanni deve sfuggirle tutte, dato che nessuna lo abbandonerebbe mai. Ma c’e naturalmente di più: Dongiovanni è mito, Casanova figura storica. Perciò, di Dongiovanni si scrive; di Casanova è Casanova stesso che scrive. L’avventura di Dongiovanni svetta quindi nella leggenda, quella di Casanova si impantana nei “memoires”. Dongiovanni trova la sua ragione di essere (anzi, la trovano gli altri per lui) nell’azione fantastica, Casanova invece nella cronaca dell’azione, che è l’inazione (non più azione, per lo meno) o, se si vuole, l’azione bisognosa di testimonianza. Ed è lui stesso a farsi da testimone, come quando si attribuisce da solo un inesistente titolo nobiliare. In entrambi i casi l’avventuriero desideroso d’investitura esprime a questo modo il suo ossequio all’autorità - meglio, la sua urgenza d’autorità - recitandosi da solo la parte dell’autorità, sia che si tratti di dare testimonianza delle proprie avventure, sia che si tratti di fregiarsi, come fa Casanova, del nome immaginario di Cavaliere di Seingalt. Dongiovanni, al contrario, è nemico dell’autorità e perfino delle buone maniere: non é un gentiluomo.
Dongiovanni e Casanova consumano entrambi i propri orgasmi nell’ansia quasi burocratica della registrazione contabile, della schedatura, dell’annotazione in margine all’esito dell’amplesso. Ma le loro matematiche divergono: Dongiovanni tiene un irriverente libro mastro, Casanova una cronaca rispettosa, impreziosita da iperboli di nostalgia. Casanova é un glossatore dei propri amori, Dongiovanni un archivista. E’ sintomatico l’uso che ciascuno fa dei numeri: a Dongiovanni interessa annotare quante donne ha avuto in un dato periodo e in un dato posto (“...ma in Ispagna son già milletré”), a Casanova invece quante volte é riuscito a soddisfare la stessa donna in un determinato arco di tempo. Non gli importa di essere stato con sette donne a Marsiglia, gli importa avere procurato sette orgasmi in una notte alla medesima donna a Marsiglia.
Ideologia e storia, al di la dei numeri, dividono irrimediabilmente questi due opposti (ed estremi) modelli di seduzione. Dongiovanni é un campione della Ragione, un profeta dell’illuminismo; Casanova un fantasma dell’ancien régime, un uomo rispettoso della norma e delle istituzioni, anche se scandaloso nel comportamento. Il libertino settecentesco, del resto, a differenza del “burlador” seicentesco, é servo fedele (e utile) dello stato. La sua rivoluzione va dall’alcova alla scrivania: Sade e Restif de la Bretonne lo confermano. Solo in rari patetici casi avventura si spinge fino ai Piombi o alla Bastiglia, ma senza danno per lo stato e con qualche voluttà letteraria per i protagonisti.
Per Dongiovanni l’avventura va oltre le galere umane: lui sfida Dio. Esemplare in tal senso, assai più della più spregiudicata fantasia erotica, è l’invenzione di Moliere sull’incontro del seduttore con il mendicante: Dongiovanni offre allo sventurato una moneta d’oro e gli chiede in cambio di bestemmiare. Quel povero disgraziato, lacero e tormentato dalla fame, pur non avendo avuto che maltrattamenti dalla sorte, rifiuta d’inveire contro Dio temendo di dannarsi l’anima. Dongiovanni, che l’anima se la gioca ogni giorno, lo deride. Ben altro uso fa della propria anima Casanova. “L’amore mi serba in vita solo per permettermi di morire ancora”, sospira abbandonandosi alle carezze della signora Foscarini di Corfù in una indimenticabile notte mediterranea. “Prendi l’anima mia e dammi la tua...”. Non è il linguaggio di un seduttore, ma di un sedotto. Si capisce perché le sue memorie siano inzuppate di lacrime. Mentre Dongiovanni esorta il prossimo alla bestemmia, Casanova insegue sogni alchemici e appassionate illusioni cabalistiche. I numeri di Casanova, diversamente da quelli di Dongiovanni, non sono illuminati dalla Ragione. Prodigiosi artifici, tuttavia, ne rischiarano l’ordine ugualmente, riuscendo a conferire loro una rilevante concretezza economica. In breve, la contabilità di Dongiovanni è proiettata verso i grandi fasti matematici del futuro: anticipa la statistica e altre scienze di matrice squisitamente positivista, su cui si fonderà tra qualche secolo la fortuna dei sociologi. Ma Casanova inventa con profitto il gioco del lotto. Sul quale si arricchiranno gli erari nazionali.
Similitudini apparenti non devono trarre in inganno al punto da creare confusione tra la vanagloria dongiovannesca e l’arguzia del gentiluomo casanoviano, anche quando parlano lo stesso linguaggio. Amarne una è far torto alle altre, tanto per il dongiovanni che per il libertino.
“E' tutto amore. Chi a una sola é fedele verso l’altre e crudele”. (Da Ponte per Don Giovanni di Mozart, Atto II scena I)
Così canta il Dongiovanni mozartiano in italiano, ma gli stessi versi potrebbero risuonare con eguale credibilità sulle labbra di Casanova, che tra l’altro fu fraterno compagnone del librettista Lorenzo Da Ponte, il quale si rifece al suo personaggio per molti dettagli. Anche in questo, però, nell’apparente adattabilità di tali versi ad entrambi, c’e una differenza insondabile. Ed é nella risposta che ciascuno ha dentro di sé, né si azzarderebbe mai a pronunciare perché sarebbe uno scoprirsi troppo. Si, é vero, amarne una é far torto alle altre per entrambi. Ma Casanova allora le ama tutte, Dongiovanni neanche una. E se nessuno dei due rimane “a una sola fedele”, le strade delle rispettive infedeltà sono diametralmente opposte. Casanova è infedele per eccesso di fedeltà: fedele a tutte, quindi infedele a ognuna. Dongiovanni è infedele tout-court, lucidamente, con la fredda razionalità del filosofo che si compiace della propria trasgressione. Se il risultato può apparire identico è solo per un errore di prospettiva, una mancata analisi di due diversi itinerari della seduzione.
C’é una sola analogia possibile tra i due personaggi. E’ dovuta all’unico argomento che in concreto li separa irrimediabilmente: la Ragione. Casanova e Dongiovanni, cioè, sono entrambi dei perdenti, ed entrambi in funzione della Ragione. Casanova perché la rifiuta nel momento in cui essa prevale storicamente al punto da avviarsi a diventare religione dello stato. Quindi, è in ritardo sulla storia. Dongiovanni perché la idolatra - e si danna - mentre ancora i roghi dell’Inquisizione ardono per l’Europa (e non dimentichiamo che é pure spagnolo). Quindi, é in anticipo sulla storia. Per entrambi, in conclusione, la Ragione diventa la Cagione: di mali diversissimi ma di proporzioni identiche. Ma se tutto questo non dovesse bastare a rendere un’idea dell’incolmabile abisso che separa il dongiovanni dal libertino si tenga conto di un’ultima diversità contingente: Dongiovanni può essere una donna, Casanova no. Mentre esiste un diffuso dongiovannismo femminile, non esiste libertinaggio d’altro segno che maschile. Difficile individuare il perché. Forse perché l’innamoramento libertino, diversamente dal dongiovannismo, esige una tale somma di devozione, sottomissione e fiducia incondizionata nella superiorità dell’altro sesso - una tale disponibilità, cioè, a farsi servo del partner - che, se vissuta dalla donna, rischia di tradursi in una malintesa tendenza monogamica, immalinconita da luoghi comuni sulla naturale passività delle virtù femminili. Non se ne può comunque fare una regola.
“Si é detto spesso che la donna può amare veramente una sola volta durante la sua esistenza. Io non credo che in generale sia cosi. Comunque, rimane fermo che la donna risente molto maggiormente il contenuto personale e individuale della vita, e che l’amore infelice lascia nella sua anima tracce molto più profonde che non nell’uomo. Un problema che fino a un certo punto si riallaccia a queste considerazioni è quello se la donna sia monogama e l’uomo poligamo, conforme a un’opinione ripetutamente espressa. In questo argomento è necessario soprattutto intendersi sul significato delle parole, e tra l’altro se la poligamia implichi l’amore per più persone dell’altro sesso contemporaneamente o l’una dopo l’altra. Se ci si riferisce alla prima accezione, si può senz’altro attribuire alla donna una tendenza più monogama, senza però fame un postulato troppo generale.” (Krafft-Ebing – Psycopathia sexualis – Manfredi editore -1966)
Appunto, senza fame una norma. Anche se:
“…la donna ama con tutta l’anima, e l’amore é per lei la vita stessa, mentre per l’uomo é solo il godimento della vita.”
Franco Cuomo (Elogio del Libertino)
FAITH NO MORE - Stripsearch
-“Gli Dei sono diventati malattie” scrisse una volta C.G.Jung.Elaborando questa frase,Hillman si pone la questione più immediata per ogni psicologia:che cos’è la normalità psichica?A partire da quale soglia entriamo nel regno incontrollabile dell’anormalità?Con un’analisi stringente ed acutissima,Hillman ci mostrerà come la partita si giochi fra potenze che un tempo furono chiamate divine,prima di perdere ogni nome,e una struttura mentale,la nostra,che con esse è costretta ad avere a che fare,in ogni atto della vita,anche quando persegue,come l’intera civiltà occidentale,una “vana fuga dagli dei”.
/In IV di copertina,di Adriana Bottini in , James Hillman (LA VANA FUGA DAGLI DEI)
-“ O gente benpensante!”esclamai sorridendo “Passione!Ebrietà!Follia!Voi ve ne state tranquilli,impassibili, voi gente morale! Condannate l’ubriaco,inorridite del pazzo e passate oltre come fanno i preti per la vostra strada,ringraziando Dio con un animo fariseo che non v’ha fatto come uno di questi.Io mi sono ubriacato più di una volta,le mie passioni non sono mai state molto lontane dalla pazzia:eppure non mi pento né di questo né di quello; anzi,nei miei limiti ho potuto rendermi conto che tutti gli uomini straordinari,tutti quelli che hanno realizzato qualche cosa di grande,d’incredibile,sono stati in ogni tempo diffamati come pazzi e ubriachi. Ma anche nella vita comune è insopportabile sentir gridare dietro a ognuno che abbia osato un’azione appena appena libera,nobile,o in qualunque modo inattesa: quello è ubriaco,quello è “toccato”!Oh vergognatevi ,voi sobri,vergognatevi voi savi!”
Johann Wolfgang von Goethe (I Dolori del Giovane Werther)
-Ero imprigionato nel presente,come gli eroi,come Gli ubriachi;colpito da momentanea eclissi,il mio passato Non proiettava più davanti a me quell’ombra di se stesso Che chiamiamo futuro;ponendo lo scopo della mia Vita non più nella realizzazione dei sogni del passato, ma nella felicità dell’attimo presente,non vedevo più in là di questo.E così,per una contraddizione che era tale solo in apparenza,nel momento in cui assaporavo un picere eccezionale,in cui sentivo che la mia vita poteva essere felice e in cui,dunque,essa avrebbe dovuto acquistare maggior pregio,proprio in quel momento, sciolto dalle preoccupazioni che fino allora avevo potuto crearmi,io l’abbandonavo senza esitare all’eventualità di un incidente.
(Marcel Proust –All’ombra delle Fanciulle In Fiore-)
-Uno gli chiese: 'Leonida, sei venuto con così pochi uomini a combattere contro un'armata?'. ed egli rispose: 'Se pensate che è il numero quello che conta, allora neppure l'intera Grecia basterebbe, perché è poca cosa in confronto alla loro massa. Se invece conta il coraggio, allora anche questi pochi uomini sono sufficienti'. A un altro che gli faceva la stessa domanda rispose: 'Sono comunque molti, visto che li ho portati qui a morire'. Serse gli scrisse: 'Hai la possibilità di regnare su tutta la Grecia, se smetti di opporti agli dei e ti schieri con me'. Egli mandò questa risposta: 'Se tu sapessi che cosa è una condotta di vita onorevole, rinunceresti a desiderare i bani altrui: per me è preferibile morire per la Grecia piuttosto che regnare sui miei compatrioti'. Quando Serse gli mandò un'altra lettera, intimandogli di consegnare le armi, gli rispose: 'Vieni a prenderle'.
(Plutarco)
-“Quando penso a New York ho una sensazione diversa.New York fa sentire anche al ricco che egli non conta nulla.New York è fredda,scintillante,crudele.Gli edifici ti dominano.C’è una specie di frenesia atomistica nell’attività che va avanti:quanto più furioso il passo,tanto più sminuito lo spirito.Un fermento continuo,
ma potrebbe benissimo avvenire in una provetta.
Nessuno ne sa lo scopo.Nesuno indirizza l’energia.Stupenda.Bizzarra.Sconcertante.Una terribile spinta reattiva,ma assolutamente priva di coordinazione.Quando penso a questa città,questa Manhattan di cui canta Whitman,una rabbia cieca,bianca,mi sfiora le budella.New York.Le prigioni bianche,i marciapiedi brulicanti di vermi,le file del pane,gli spacci d’oppio che si costruiscono come palazzi,gli ebrei che ci sono dentro,i lebbrosi,i sicari,e soprattutto l’ennui,la monotonia dei volti,strade,gambe,case,grattacieli,pasti,manifesti,mestieri,delitti,amori…Una intera città eretta sopra una vuota fossa di nullità.Senza significato.Assolutamente senza significato.E la Quarantaduesima Strada!La vetta del mondo,la chiamano.E il fondo allora dov’è?Se vai con la mano tesa,ti mettono cenere nel berretto.Ricchi o poveri, camminano con la testa buttata all’indietro e quasi si rompono l’osso del collo per levare lo sguardo sulle loro bellissime prigioni bianche.Vanno avanti come oche cieche e i fari spandono sui loro volti vuoti chiazze di estasi.”
Henry Miller (Tropico del Cancro)
-"Sono in moto. Sa cos'è una moto?" "Cazzate. Roba da finocchi. Gli uomini viaggiano a cavallo."
(Luis Sepùlveda)
”Mi domando se si potrebbe mai avere il minimo sospetto dell’esistenza dell’anima se tutto scorresse liscio a livello dell’Io”