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Carla
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Posted - 27 August 2016 :  14:50:15  Vedi Profilo Send Carla a Private Message  Rispondi quotando






Il Piccolo Principe

Per chi desidera rammentarsi della trama del libro ecco un riassunto a grandi linee del viaggio del Piccolo Principe e dei personaggi che incontra.

Secondo Saint-Exupéry Il Piccolo Principe è un libro per bambini che si rivolge agli adulti. I vari piani di lettura possibili rendono il libro piacevole per tutti e offrono temi di riflessione alle persone di qualsiasi età.

Il personaggio del pilota (che altri non è che l’autore stesso) è costretto ad un atterraggio di fortuna in pieno deserto del Sahara. Mentre cerca di riparare l’aereo, arriva un bambino (il Piccolo Principe) che gli chiede di disegnare una pecora. Il pilota viene così a sapere che il «Piccolo Principe» viene dall’asteroide B 612 dove si trovano tre vulcani e una rosa.

Prima di arrivare sulla Terra ha visitato altri pianeti e incontrato strani personaggi: un re, un vanitoso, un ubriacone, un lampionaio (il cui lavoro appunto è di accendere i lampioni), un geografo… Sulla Terra, ha già parlato con una volpe che gli insegnato che per conoscere si deve «addomesticare», il che rende le cose e le persone uniche. Sostiene poi che «L’essenziale non è visibile agli occhi».
Per ritrovare la sua rosa, il Piccolo Principe torna sul suo asteroide, ma prima di partire viene morso da un serpente velenoso. Il suo mondo è troppo lontano, per questo deve abbandonare la sua «corteccia». Il pilota, che è finalmente riuscito a riparare l’aereo, parte anche lui lasciando dietro di sé il deserto, non prima di aver espresso il desiderio di imbattersi nuovamente nel Piccolo Principe e chiedendo ai lettori di avvisarlo se lo incontriamo.

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Il re, grottesco monarca

Il Re – asteroide B 325
Nel libro il monarca che il Piccolo Principe incontra pretende di regnare su tutto esercitando un potere assoluto. Il suo unico «suddito» però è un topo che il re dice di sentire la notte. Il re pensa di esercitare il suo potere sul sole cui ordina di tramontare. Ma per non perdere la faccia questo strano re dà solo ordini “ragionevoli” (come «Ti ordino di sederti»). Un modo come un altro di soddisfare la sete di potere. Ma il Piccolo Principe non si lascia ingannare e capisce che questo re è solo uno strano personaggio.



Il vanitoso e il suo capello


Il vanitoso – asteroide B 326
Porta un cappello vistoso e al tempo stesso ridicolo. Il vanitoso crede di essere il più bello e intelligente del suo minuscolo pianeta. Il Piccolo Principe ricorda al vanitoso che è l’unico abitante del suo pianeta, ma lui vuole lo stesso essere ammirato, applaudito… Il Piccolo Principe rimane perplesso di fronte a tanta vanità: «I grandi sono davvero strani» pensa tra sé e sé.



L'ubriacone

L’ubriacone – asteroide B 327
Vive solo con le sue bottiglie e passa il tempo a bere per dimenticare che si vergogna di bere. Il Piccolo Principe capisce che quest’uomo è triste e vuole aiutarlo ma l’ubriacone si chiude nel silenzio e nella sua tristezza. Il Piccolo Principe rimane perplesso di fronte a questo adulto che non riesce a trovare una via d’uscita.


L'uomo d'affari
Non ha nemmeno il tempo di accendersi una sigaretta...

«Questa breve visita sprofonda il Piccolo Principe in una grande melanconia.»

L’uomo d’affari – asteroide B 328
È un signore grande e grosso sempre occupato che non ha nemmeno il tempo di accendersi una sigaretta. Passa il suo tempo a contare le stelle che dice di possedere. Scrive il numero delle stelle che ha contato su un foglio per depositarlo in banca. Il Piccolo Principe tenta di fargli capire sta sprecando il tempo e che «possedere» significa essere utile a ciò che si possiede. Il Piccolo Principe gli parla della sua rosa, che innaffia e protegge. L’uomo d’affari rimane di stucco. Il Piccolo Principe ancora una volta è deluso da un adulto.


Il Lampionaio



Il lampionaio – asteroide B 329
Il Piccolo Principe inizialmente apprezza questo personaggio. Il suo lavoro è utile: accendere il lampione quando tramonta il sole. Ma il pianeta in cui abita gira su sé stesso sempre più velocemente obbligandolo a riaccendere continuamente il lampione che si spegne invariabilmente. «Questo è il mio compito» dice il lampionaio al Piccolo Principe che rispetta, nonostante tutto, le dedizione di questo adulto.



«È l’unico che non mi sembra ridicolo. Forse perché di occupa di qualcosa altro a parte sé stesso.»

Il geografo – asteroide B 330
È una persona anziana che trascrive in grossi libri le informazioni degli esploratori che incontra. Il suo pianeta è vasto, ma non sa se ci sono fiumi o montagne in quanto «lui è una persona troppo importante per partire alla loro ricerca».  Il geografo appare come qualcuno che ha bisogno del racconto degli altri per conoscere le cose mentre per il Piccolo Principe è importante sforzarsi di conoscere le cose da soli. È il geografo che consiglia al Piccolo Principe di andare sulla Terra dicendogli che ha «buona reputazione».

«È un sapiente che non sa dove si trovano i mari, i fiumi, le città, le montagne e i deserti.»


(dal web)











La vita è un eterno
Restare in bilico sul tetto del mondo.
Ci sarà sempre chi cercherà di farti cadere...
Non importa, nonostante le ferite
Rialzati sempre e mantieni il tuo equilibrio!
Carla
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nanà
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Posted - 19 November 2016 :  15:25:37  Vedi Profilo Send nanà a Private Message  Rispondi quotando

Alcune favole di Leonardo da Vinci

Alcune favole di Leonardo da Vinci

Leonardo di ser Piero da Vinci si occupò di pittura, architettura e scultura;
fu disegnatore, trattatista, scenografo,
anatomista, musicista, progettista, inventore, scrittore, ingegnere e scienziato.
Leonardo da Vinci è considerato uno dei più grandi geni dell’umanità.
Tra la miriade dei suoi lavori, Leonardo ci ha lasciato anche diverse favole.
Il personaggio onnipresente di queste favole è sempre la natura, nei suoi elementi:
acqua, aria, fuoco, pietra, piante e animali.
L’uomo invece è quasi un intruso e, come scrisse Leonardo nel libro delle profezie,
l’uomo è il guastatore di ogni cosa creata.
ll termine “favola” deriva dal latino “fabula”, che significa parlare.
Ha un’origine popolare antichissima, giacché ha preceduto qualsiasi forma letteraria.
Il fine era quello di trasmettere, in forma orale, la tradizione, i principi e i valori della società.
Quindi non era destinata all’educazione dei bambini,
ma a dare un significato e a fornire risposte agli episodi della vita quotidiana.
Le favole sono in genere, storie in prosa o in versi molto brevi,
che raccontano le vicende che hanno quasi sempre come personaggi animali
(a volte anche persone o cose) pensanti e parlanti che rappresentano simbolicamente i vizi e le virtù degli individui,
il cui fine di educare a comportarsi secondo le più elementari regole suggerite della maggioranza delle persone.
Sono storie semplici e immediate, con un fine moralistico, che descrivono una situazione che si risolve rapidamente,
perché ciò che è importante non è la storia, ma la morale e l’insegnamento che il lettore deve ricavare dalla storia.
La morale serve ad ammonire e far riflettere chi legge.

Il ragno e l’uva – Il fico – Il granchio – Le fiamme e la caldaia

Il ragno e l’uva
Un ragno, dopo essere stato per molti giorni a osservare il movimento degli insetti,
si accorse che le mosche accorrevano specialmente verso un grappolo d’uva dagli acini grossi e dolcissimi.
– Ho capito disse fra sé.
Si arrampicò, dunque in cima alla vite e di lassù, con un filo sottile,
si calò fino al grappolo installandosi in una celletta nascosta fra gli acini.
Da quel nascondiglio incominciò ad assaltare, come un ladrone, le povere mosche che cercavano il cibo;
ne uccise molte, perché nessuna di loro sospettava la sua presenza. Ma intanto venne il tempo della vendemmia.
Il contadino arrivò nel campo colse anche quel grappolo, e lo buttò nella bigoncia,
dove fu subito pigiato insieme agli altri grappoli.
L’uva così fu il fatale tranello per il ragno ingannatore, che morì insieme alle mosche ingannate.

Il fico
C’era una volta un fico che non aveva frutti. Tutti gli passavano accanto, ma nessuno lo guardava.
A primavera spuntavano anche a lui le foglie, ma d’estate,
quando gli altri alberi si caricavano di frutti, sui suoi rami non compariva nulla.
Mi piacerebbe tanto esser lodato dagli uomini – sospirava il fico. –
Basterebbe che riuscissi a fruttificare come le altre piante.
Prova e riprova, finalmente, un’estate, si trovò pieno di frutti anche lui.
Il sole li fece crescere, li gonfiò, li riempì di dolce sapore.
Gli uomini se ne accorsero. Anzi, non avevano mai visto un fico così carico di frutti:
e subito fecero a gara a chi ne coglieva di più.
Si arrampicarono sul tronco, con i bastoni piegarono i rami più alti,
col loro peso ne stroncarono parecchi: tutti volevano assaggiare quei fichi deliziosi.
E il povero fico, ben presto, si ritrovò piegato e rotto.

Il granchio
Un granchio si accorse che molti pesciolini, anziché avventurarsi nel fiume,
preferivano aggirarsi prudenti intorno ad un masso.
L’acqua era limpida come l’aria, e i pesci nuotavano tranquilli godendosi l’ombra e il sole.
Il granchio attese la notte, e quando fu sicuro che nessuno lo avrebbe visto,
andò a nascondersi sotto il masso.
Da quel nascondiglio, come un orco dalla sua tana spiava i pesciolini,
e quando gli passavano vicino li acciuffava e li mangiava.
– Non è bello ciò che stai facendo, brontolò il masso.
Approfitti di me per uccidere questi poveri innocenti. Il granchio non ascoltò nemmeno.
Felice e contento seguitava a catturare i pesciolini trovandoli di un sapore prelibato.
Ma un giorno, all’improvviso, venne la piena. Il fiume si gonfiò, investì con grande forza il masso,
che rotolò nel letto del fiume, schiacciando il granchio che gli stava sotto.

Le fiamme e la caldaia
In mezzo alla tiepida cenere era rimasto un tizzo di carbone ancora acceso.
Con grande penuria e con molta parsimonia consumava le sue ultime energie,
nutrendosi del minimo indispensabile per non morire.
Ma giunse l’ora di mettere la minestra sul fuoco e perciò il focolare fu rifornito di nuova legna.
Uno zolfanello, con la sua piccola fiamma, resuscitò il tizzo che pareva ormai spento
e una lingua di fuoco guizzò fra la legna,
sopra alla quale era stata appesa la caldaia.
Rallegrandosi per i ceppi ben secchi che gli erano stati appoggiati sopra, il fuoco cominciò a innalzarsi,
cacciando via l’aria che sonnecchiava fra un legno e l’altro
e scherzando con la nuova legna e divertendosi a correre di sopra e di sotto,
come un tessitore di se stesso, si allargava sempre di più.
Cominciò quindi, a far spuntare le sue lingue fuori della legna,
aprendosi molte finestre, dalle quali sprizzava manciate di rutilanti faville:
le tenebre che invadevano la cucina si allontanarono e fuggirono; mentre, sempre più gioiose,
le fiamme crescevano scherzando con l’aria circostante e incominciavano a cantare con un soave e dolce crepitio.
Il fuoco, vedendosi ormai così cresciuto sopra alla legna, incominciò a mutare il suo animo,
di solito mansueto e tranquillo, in gonfia e antipatica superbia,
illudendosi di esser lui ad attirare su quei pochi legni il dono della fiamma.
Si mise a sbuffare, a riempire di scoppi e di sfavillamenti tutto il focolare,
drizzò le sue grandi fiamme verso l’alto,
deciso a partire per un volo sublime e andò a sbattere nel fondo nero della caldaia.







Mi sono stancata di scopare le foglie...UFFA....


Se fai qualcosa col cuore, non hai bisogno che qualcuno ti aiuti.
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nanà
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Posted - 19 November 2016 :  15:32:42  Vedi Profilo Send nanà a Private Message  Rispondi quotando

I gufi e la lepre – Il ragno e l’ape – Il morso della tarantola – Il calore del cuore – La Sirena


I gufi e la lepre
Appollaiati sul ramo, due gufi guardavano una lepre correre nel campo.
– Povera lepre, disse un gufo. Non ha nemmeno il coraggio di tornare nella sua tana.
– Perché? Domandò l’altro.
– Perché ha paura.
– Paura di entrare in casa sua?
– La lepre è fatta così, replicò il gufo che aveva parlato per primo.
Vive sempre nel terrore e ora che l’autunno cambia il colore delle foglie e le stacca dai rami,
essa non osa nemmeno guardarle; scappa di qua e di là, terrorizzata da questa pioggia di colori.
– Ma allora è vile!
– Certo. E a forza di correre finirà in qualche tagliola, o sotto il tiro dei cacciatori.

Il Mugnaio e l’asino
Un tale voleva dimostrare di essere già stato altre volte in questo mondo
e per avvalorare la sua affermazione citava il filosofo Pitagora;
ma un altro, interrompendolo di continuo, non gli lasciava finire il discorso.
Allora il primo disse all’altro:
– E a dimostrazione di esserci stato altre volte, mi ricordo che tu, nella vita precedente eri un mugnaio.
– Allora l’altro, sentendosi mordere da quelle parole, gli rispose:
– E’ vero. Hai ragione. Quello che ora tu mi dici,
mi fa ricordare che eri proprio tu quell’asino che portava la farina al mio mulino.

Il ragno e l’ape
Una mattina di primavera un’ape operaia andava girovagando da un fiore all’altro in cerca di polline.
All’improvviso, uscendo da una corolla, cascò nella rete di un ragno.
Nascosta dietro una foglia, il piccolo ragno si rallegrò ed accorse.
– Sei un traditore! – gli gridò l’ape. Tendi le tue trappole per uccidere chi lavora!
– Il ragno si avvicinò ancora di più, e l’ape, voltandosi,
cercò di colpirlo sfoderando dall’addome il lungo pungiglione.
Ma il ragno si scansò in tempo e le saltò addosso.
Ape, con che diritto osi giudicarmi? Le rispose tenendola stretta.
Tu sei come la frode: hai il miele in bocca e di dietro il veleno.

Il morso della tarantola
Un contadino stava vangando il suo campo, quando da una zolla scappò fuori una grossa tarantola.
– Che brutto ragno! Esclamò il contadino tirandosi indietro.
– Se mi tocchi, ti mordo, sibilò inferocita la tarantola.
E ti avverto che il mio morso è velenoso e ti farà morire tra dolori atroci.
Il contadino la guardò e capì subito che mentiva perché parlava troppo.
Fece un passo avanti e la pestò col piede scalzo dicendo:
– O vediamo un po’ se mi farai morire per davvero!
La tarantola, schiacciata, aveva fatto in tempo a morderlo,
ma il contadino rimase nel suo convincimento,
continuando a pensare che le minacce di quel ragno erano vane:
e il morso, difatti, non gli dette che un po’ di bruciore.

Il calore del cuore
Due giovani struzzi erano disperati. Ogni volta che si mettevano a covare le uova,
il peso del loro corpo le rompeva.
Un giorno decisero di andare a chiedere consiglio ai loro genitori che abitavano dall’altra parte del deserto.
Corsero per molti giorni e molte notti, e finalmente arrivarono al nido della vecchia madre.
– Madre dissero, siamo venuti a chiederti come possiamo fare per covare le uova.
Ogni volta che ci proviamo si rompono.
– La madre li ascoltò, poi rispose: Ci vuole un altro calore.
– E quale? Domandarono gli struzzi.
– Il calore del cuore. Voi dovete guardare le vostre uova con amore,
pensando alla creatura che ci dorme dentro;
lo sguardo e la pazienza lo risveglieranno.
Gli struzzi ripartirono e quando la femmina ebbe deposto un altro uovo,
si misero a guardarlo con amore, senza perderlo mai di vista.
Passarono così molti giorni; quando, ormai, erano allo stremo delle forze,
l’uovo incominciò a cigolare, s’incrinò,
si ruppe, e una piccola testa di struzzo fece capolino dal guscio.

La Sirena
Il vento era caduto, le vele si erano afflosciate sull’albero;
nella notte appena rischiarata dalla nuova luna la nave dondolava leggermente sullo specchio nero dell’acqua,
quando la sirena cantò. Parve ai marinai di sentire un fruscio come di una brezza leggera;
poi come una musica che salisse dal mare profondo;
poi come una voce dolcissima, mai udita prima;
e finalmente il canto li avvinse a uno a uno in un sonno senza risveglio.
La sirena, infatti, quando i marinai furono addormentati, montò sulla nave,
li toccò uno dopo l’altro con la sua mano micidiale,
e tutti, senza accorgersene, passarono, sognando, dal sonno alla morte.







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Carla
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Posted - 03 April 2017 :  20:14:38  Vedi Profilo Send Carla a Private Message  Rispondi quotando

Una leggenda spiega perché la fede si tiene al quarto dito…






Una leggenda cinese è riuscita a spiegarlo in un modo molto convincente: I pollici rappresentano i genitori. L’indice rappresentano i fratelli, sorelle e amici.
Il dito medio rappresenta te stesso. L’anulare (quarto dito) rappresenta il tuo coniuge. Il mignolo rappresenta i tuoi figli. Ora unisci le tue mani, palmo contro palmo, dopo, poi unisci un dito medio all’altro facendo in maniera che essi puntino verso te, come nell’immagine… Ora tenta di separare in maniera parallela i tuoi pollici (genitori) noterai che si separano perché i tuoi genitori non sono destinati a vivere con te sino alla tua morte, unisci le dita nuovamente.
Ora fai lo stesso con gli indicatori (fratelli, sorelle e amici) anche essi si separano perché loro se ne vanno ognuno alla ricerca del suo destino, unisci nuovamente le dita. Ora tenta di separare i mignoli (figli) anch’essi si separano perché i figli crescono e quando possono farcela da soli se ne vanno, unisci nuovamente le dita. Finalmente prova a separare le dita anulare (coniuge) e ti sorprenderai quando non riuscirai assolutamente separarle. Questo è dovuto al fatto che una coppia è destinata a stare assieme sino a l’ultimo giorno della loro vita, ed è per questo che la fede si usa nel quarto dito.






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nanà
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Posted - 03 April 2017 :  20:54:43  Vedi Profilo Send nanà a Private Message  Rispondi quotando


E' vero ho provato a farlo e non sono riuscita a staccarli come gli altri














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Carla
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Posted - 04 April 2017 :  20:39:03  Vedi Profilo Send Carla a Private Message  Rispondi quotando
Vero Nanà le dita non si staccano.. peccato pero' che i matrimoni si




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Carla
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Posted - 02 May 2017 :  17:40:27  Vedi Profilo Send Carla a Private Message  Rispondi quotando

La prima Stella Alpina

Una volta tanto tempo fa una montagna malata di solitudine piangeva in silenzio. Tutti la guardavano stupiti: gli abeti, i faggi, le querce, le pervinche e i rododendri. Nessuna pianta però poteva farci niente, poiché era legata alla terra dalle radici. Così neppure un fiore sarebbe potuto sbocciare tra le sue rocce. Se ne accorsero anche le stelle, quando una notte le nuvole erano volate via per giocare a rimpiattino tra i rami dei pini più alti. Una di loro ebbe pietà di quel pianto senza speranza e scese guizzando dal cielo. Scivolò tra le rocce e i crepacci della montagna, finché si posò stancamente sull'orlo di un precipizio. Brrr!!! Che freddo faceva! ...Che pazza era stata a lasciare la quiete tranquilla del cielo! Il gelo l'avrebbe certamente uccisa. Ma la montagna corse ai ripari, grata per quella prova di amicizia data col cuore. Avvolse la stella con le sue mani di roccia in una morbida peluria bianca. Quindi la strinse, legandola a sé con radici tenaci. E quando l'alba spuntò, era nata la prima stella alpina...

Leggenda della Val D'Aosta

(da girotondo.com)







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