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mononoke76
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Posted - 15 December 2013 : 13:05:24
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La principessa Peonia
Molti anni or sono, a Gamogun, nella provincia di Omi, c’era un castello chiamato Adzuchi-no-shiro. Era uno splendido e antico edificio, circondato da mura e da un fossato pieno di fiori di loto. Il signore feudale era un uomo molto ricco e valoroso, e si chiamava Naizen-no-jo. Non aveva figli maschi, ma aveva una bella figlia di diciotto anni che (non si sa bene perché) aveva il titolo di principessa. Per un lungo periodo in quelle terre aveva regnato la pace e la tranquillità; i suoi governanti erano in ottimi rapporti tra loro, e tutti erano felici. Stando così le cose, Naizen-no-jo pensò che fosse il momento buono per trovare un marito alla figlia, la principessa Aya, e qualche tempo dopo scelse il secondo figlio del signore di Ako, della provincia di Harima. Entrambi i padri furono soddisfatti, e non restava che concordare gli ultimi dettagli con i due ragazzi. Il figlio di Ako aveva visto la sposa e gli era piaciuta. La principessa Aya, a sua volta, aveva deciso di provare ad amarlo e, anche se non lo aveva mai visto, pensava a lui e ne parlava. Una sera la principessa, mentre stava passeggiando al chiaro di luna nello splendido giardino insieme alla sua dama di compagnia, attraversò il suo prato di peonie preferito e si diresse al laghetto in cui amava osservare il proprio riflesso nelle notti di luna piena, ascoltare le rane e guardare le lucciole. Mentre si avvicinava al laghetto, un piede le scivolò, e sarebbe caduta nell’acqua se un giovane non fosse apparso come per incanto e non l’avesse trattenuta. Non appena fu di nuovo saldamente in piedi, il giovane scomparve. La dama di compagnia l’aveva vista scivolare e aveva visto un luccichio, nient’altro. Ma la principessa Aya aveva visto molto di più: aveva visto il giovane più bello che potesse immaginare. «Ventun’anni», raccontò a O Sadayo San, l’ancella favorita, «dev’essere stato... un samurai o un nobile di altissimo rango. Aveva il vestito ricamato con le mie peonie preferite, e la spada era tempestata di pietre preziose. Ah, se si fosse trattenuto ancora qualche istante, in modo che potessi ringraziarlo per avermi salvato dall’acqua. Chi può essere? E come ha fatto a entrare nel giardino senza essere visto dalle guardie?» Così diceva la principessa all’ancella, raccomandandosi di non farne parola con nessuno, nel timore che il padre potesse venirlo a sapere, trovasse il giovane e lo facesse mettere a morte per punirlo dell’oltraggio. Dopo quella sera la principessa Aya si ammalò. Non riusciva più a mangiare né a dormire, e diventò sempre più pallida. Il giorno del matrimonio con il giovane figlio di Ako arrivò e passò senza che la cerimonia avesse luogo: la principessa era troppo malata. Da Kyoto erano stati fatti venire i migliori medici della capitale, ma nessuno di loro fu in grado di fare qualcosa, e la ragazza diventava ogni giorno più esile. Come estrema risorsa il padre, Naizen-no-jo, fece chiamare l’ancella che era in più stretta confidenza e amicizia con la figlia, O Sadayo, e le chiese se poteva fornire un motivo per la misteriosa malattia della principessa. Forse aveva un amante segreto? Oppure nutriva una particolare avversione per il promesso sposo? «Mio signore», disse O Sadayo, «non amo rivelare i segreti, ma in questo caso ritengo sia mio dovere farlo per il bene della figlia di vostra signoria. Circa tre settimane fa, in una notte di luna piena, stavamo passeggiando nel campo di peonie e ci stavamo dirigendo verso quel laghetto presso cui la principessa ama trattenersi. Lei inciampò ed era sul punto di cadere in acqua, quando è successa una cosa strana. Improvvisamente un bellissimo giovane samurai è apparso e l’ha sorretta, evitando così che cadesse in acqua. Io ho potuto vedere solo un luccichio, ma vostra figlia lo ha visto molto bene. Prima che potesse ringraziarlo, era scomparso. Nessuna di noi due riesce a capire come sia stato possibile per un uomo penetrare nel giardino della principessa, perché i cancelli del palazzo sono sorvegliati da ogni lato, e il giardino della principessa è il luogo più sorvegliato, tanto che sembra veramente incredibile che un uomo possa entrarvi. Mi è stato imposto di non dire nulla per paura dell’ira di vostra signoria, ma è dopo quella sera, mio signore, che la nostra beneamata principessa Aya si è ammalata. È malata d’amore. È perdutamente innamorata del giovane samurai che ha visto solo per quel breve istante. Davvero, mio signore, non aveva mai visto prima un uomo così bello in tutto il mondo, e se non riusciamo a trovarlo, ho paura che la principessa morirà». «Come può un uomo entrare nella mia proprietà?» si chiese Naizen-no-jo. «La gente afferma che volpi e tassi a volte assumono l’aspetto di uomini, ma anche così quegli esseri soprannaturali non potrebbero entrare nei terreni che circondano il mio castello, con tutti gli ingressi strettamente sorvegliati». Quella sera la povera principessa era più infelice che mai. Nella speranza di risollevarle un poco il morale, le ancelle mandarono a chiamare un famoso suonatore di biwa di nome Yashaskita Kengyo. Dal momento che la serata era calda, sedettero nell’engawa [portico], e mentre il musico stava eseguendo Dan-no-ura, la storia della grande battaglia navale, ecco apparire da dietro le peonie quel bellissimo giovane samurai. Questa volta tutti potevano vederlo, e vedevano anche le peonie ricamate sul suo abito. «È lui! È lui!» gridarono. A quel grido, il giovane scomparve immediatamente. La principessa era eccitatissima e sembrava più vivace di quanto non lo fosse state per giorni. Il vecchio Daimio fu molto sconcertato quando udì quello che era accaduto. La sera successiva, mentre due delle ancelle stavano suonando per la padrona – O Yae San il flauto e O Yakumo San il koto – la figura del giovane riapparve. Durante la giornata era stata fatta un’accurata ricerca negli immensi campi di peonie senza ottenere il minimo risultato. Non era stata trovata nemmeno un’impronta, e la cosa era veramente sconcertante. Si tenne consiglio, e il signore del palazzo decise di convocare un ufficiale veterano molto famoso e di grande forza, Maki Hiogo, perché catturasse il giovane se fosse ricomparso anche quella sera. Maki Hiogo accettò prontamente e, al momento stabilito, vestito di nero in modo da essere invisibile, si nascose tra le peonie. La musica sembrava incantare il giovane samurai. Era apparso sempre mentre si stava suonando della musica. Quindi O Yae e O Yakumo ripresero il loro concerto mentre tutti guardavano verso il tappeto di peonie. Tutte le donne stavano eseguendo un pezzo intitolato Sofuren, quando apparve la figura di un giovane samurai splendidamente vestito con abiti coperti da un ricamo fatto di peonie. Tutti lo guardavano e si meravigliavano che Maki Hiogo non uscisse dal suo nascondiglio per catturarlo. Ma il fatto è che Maki Hiogo era così stupefatto dal nobile aspetto del giovane che in un primo momento non osò toccarlo. Tornato in sé e pensando al suo dovere verso il signore, si avvicinò furtivamente al giovane e, afferrandolo alla vita, lo tenne ben stretto. Pochi secondi dopo Maki Hiogo avvertì una specie di vapore umido colargli sul volto, si sentì mancare a poco a poco e cadde a terra, immaginando di stringere ancora il giovane samurai che avrebbe dovuto catturare. Tutti avevano visto la zuffa, e alcune guardie accorsero sul posto. Non appena vi giunsero, Maki Hiogo riprese i sensi e gridò: «Venite, gente! L’ho preso! Venite a vedere!» Ma quando guardò cosa stringeva tra le braccia, scoprì che non era altro che una grossa peonia! Nel frattempo anche Naizen-no-jo era arrivato sul luogo in cui si trovava Maki Hiogo, e così pure la principessa Aya e le sue dame. Tutti furono sbalorditi e confusi, tranne il Daimio che disse: «È proprio come pensavo. Spiriti in forma di volpe o di tasso non riuscirebbero a eludere la sorveglianza delle guardie e a penetrare in questo giardino. È lo spirito della peonia che ha preso la forma di un principe». «Devi prenderlo come un segno di rispetto», disse rivolgendosi alla figlia, «e onorare grandemente la peonia e prenderti cura di quella afferrata da Maki Hiogo come prendi cura di te stessa». La principessa Aya portò il fiore con sé nella sua stanza, lo mise in un vaso pieno d’acqua e lo collocò accanto al cuscino. Aveva la sensazione di avere vicino il suo innamorato. Un giorno dopo l’altro la sua salute migliorò. Si prendeva cura personalmente della peonia e, strano a dirsi, invece di appassire il fiore sembrava acquistare sempre più energia. Infine la principessa guarì. La sua bellezza diventò come un raggio di sole, mentre la peonia continuava a essere in piena fioritura. Poiché ormai la principessa Aya era in perfetta salute, suo padre non poteva rimandare ulteriormente le nozze. Perciò qualche giorno dopo il signore di Ako arrivò a palazzo con la famiglia, e anche il suo secondo figlio si sposò. Non appena la cerimonia ebbe termine, la peonia fu trovata ancora nel vaso, ma morta e avvizzita. Dopo allora la gente del villaggio, anziché parlare di Aya Hime ossia Principessa Aya, parlò di Botan Hime ossia Principessa Peonia.
La verafollia e' fare finta di essere felici,fare finta che il modo in cui ti vanno le cose sia il modo in cui devono andare per il resto della tua vita,tutti i desideri,le speranze,tutte le gioie,le emozioni e le passioni che la vita ti ha tolto sono li' davanti a te,puoi riprenderti tutto!! Mr.Beaver |
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mononoke76
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Posted - 15 December 2013 : 13:14:54
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IL FLAUTO DEL LAGO
Molti anni fa un giovane samurai, stava viaggiando dal territorio di Sewa, che oggi fa parte della prefettura Yamagata, per ordine del signore del luogo, recando una lettera alla città di Shimizu. Camminava a passi spediti senza mai concedersi una sosta. Era già in viaggio da alcuni giorni e quindi, da quel buon viaggiatore che era, non molto dopo arrivò vicino alla sua meta. Distava solo poche ore di cammino dalla città, quando giunse in un luogo molto grazioso sul fiume Mogami. In quel punto la corrente si era allargata a formare laghetti e paludi. Il giovane decise di fermarsi lì a riposare un po’. Tirò fuori il suo spuntino e, appena finito di mangiare, estrasse il flauto dalla cintola e si dilettò per qualche momento con una dolce melodia. Credeva di essere completamente solo, con l’unica compagnia degli uccelli acquatici. Nelle vicinanze crescevano alcuni salici che facevano pendere sull’acqua i loro lunghi rami flessuosi come scure cortine verdi. Non appena il samurai si fu riposato, ripose il flauto e voleva alzarsi per riprendere il cammino.
Ma quando alzò lo sguardo, vide in piedi non lontano da lui una bella ragazza. Doveva essersi avvicinata a passi molto leggeri. La ragazza sorrise dolcemente e disse: «Mio buon signore, ti prego, suona ancora un po’. È bellissimo!» L’uomo si spaventò, non riusciva a spiegarsi cosa ci stesse a fare una ragazza in quel posto deserto. «E tu da dove vieni? Che ci fai in questo posto solitario?» «Abito qui vicino. Passeggiavo nel mio giardino e ho sentito la tua musica deliziosa. Ti prego, suona ancora un po’ per me!» Il giovane adesso osservava con maggior piacere quell’apparizione. Era una ragazza graziosa e slanciata, con la pelle bianca e fine e lunghe chiome fluenti. Ma lo colpì il fatto che i suoi occhi erano quasi rossi. E subito dopo restò sbalordito: la ragazza non stava sulla riva, ma nell’acqua, o meglio, sull’acqua! Non poteva essere una creatura umana! Indietreggiò e si voltò per abbandonare al più presto possibile quel luogo diventato improvvisamente sinistro. Ma la ragazza lo pregò di nuovo: «Per favore suona di nuovo per me. Poche volte ho udito melodie così dolci». Il samurai si mise sulla difensiva e disse: «Sono in viaggio per ordine del mio signore e mi sono già fermato molto a riposare, adesso devo affrettarmi. Non posso più suonare per te». La creatura lo prese delicatamente per la manica e replicò: «Hai ragione, mio signore, ma promettimi che al tuo ritorno verrai di nuovo qui e mi rallegrerai ancora una volta con il tuo flauto». Il giovane promise in fretta che avrebbe fatto ciò di cui lei lo pregava: avrebbe promesso qualsiasi cosa, pur di potersene andare di lì. «Allora ti aspetto, mio cavaliere, e mi raccomando, non deludermi!» Con queste parole la ragazza si voltò e subito scomparve silenziosamente tra i rami dei salici. Il samurai respirò di sollievo e si allontanò di fretta da quella spiaggia solitaria. Affrettando il passo raggiunse ben presto la città di Shimizu. Portò a termine il suo incarico e già il mattino seguente poté intraprendere la via del ritorno. Non aveva intenzione di mantenere la promessa che aveva fatto a quella strana ragazza. Prese quindi un’altra strada che lo avrebbe fatto passare a distanza da quel luogo. Affittò una barca insieme ad altri viaggiatori con l’intenzione di scendere per un tratto il fiume Mogami e di riprendere il cammino a piedi solo quando si fosse lasciato alle spalle quel luogo inquietante. Pensava che la ragazza fosse uno spirito delle acque, di quelli che vivono nei laghi e nelle paludi, e che certamente non avrebbe potuto lasciare il suo ambiente e arrivare fino al fiume. Inoltre non era solo: aveva un’intera barca piena di viaggiatori. Lo spirito non si sarebbe fatto vedere. La barca viaggiava tranquilla, il battelliere si dava molto da fare, e tra i viaggiatori regnava l’armonia. Il tempo era sereno, e nel primo mattino sull’acqua si godeva una piacevole frescura. Il samurai si ripromise di fare un giorno o l’altro un breve viaggio di piacere. La gente sulla barca conversava, e nessuno si accorse che la piccola imbarcazione procedeva sempre più lentamente. Il battelliere si sentiva terribilmente stanco, tanto che alla fine la barca non si mosse più e galleggiava mollemente sull’acqua, sempre allo stesso posto. Alla fine i passeggeri se ne accorsero, e uno di loro gridò: «Ehi, battelliere, perché non ti muovi? Facci proseguire, abbiamo fretta!» L’uomo si asciugò il sudore dalla fronte e mormorò preoccupato: «Miei cari compagni di viaggio, non ce la faccio più, la barca è come inchiodata». «Ma dobbiamo proseguire, non possiamo rimanere qui in mezzo all’acqua!» Il battelliere ci provò di nuovo con tutte le sue forze, ma la barca non volle muoversi. I passeggeri diventavano sempre più inquieti, si guardavano l’uno con l’altro, ma nessuno sapeva cosa fare. La barca se ne stava immobile in mezzo alla corrente, e sembrava che l’acqua mormorasse in modo strano. Allora il battelliere disse: «Forse gli spiriti dell’acqua vogliono un’offerta da noi. Vi prego, ciascuno getti in acqua la cosa più bella e preziosa che porta con sé. Forse così gli abitatori delle profondità ci permetteranno di proseguire». Così dicendo si tolse una bella giacca ricamata e la gettò nel fiume. Subito affondò. Tutti frugavano nelle proprie sacche. Il sacerdote che viaggiava con loro offrì un prezioso rotolo manoscritto, il contadino un sacco pieno di fagioli, il mercante aprì sospirando il portamonete e si separò da una moneta d’oro, una ragazza sfilò dai capelli lo spillone di tartaruga e lo fece scivolare nell’acqua, e infine una cantatrice gettò nel fiume il suo Shamisen. Ciascun dono affondò subito nell’acqua scura. Toccava ora al giovane samurai. Dopo una breve esitazione, estrasse dalla cintura il suo amato flauto. Pensieroso lo gettò nella corrente, ma non affondò come le altre offerte. Si sollevò in posizione verticale, restò immobile per un istante, poi cominciò a girare intorno alla barca. Allora i viaggiatori si allontanarono dal samurai e si raggrupparono a un angolo della barca: era lui, era per causa sua che gli spiriti delle acque non permettevano alla barca di proseguire il viaggio! Il giovane sapeva bene perché non potevano muoversi: aveva promesso alla creatura dell’acqua, alla ragazza sul lago, che al ritorno avrebbe suonato il flauto per lei e non aveva voluto mantenere la promessa. E adesso la ragazza era tornata per punirlo. Il suo potere si estendeva fino al centro del fiume. Spinse lo sguardo fino al punto in cui si trovava quel luogo in riva al lago e distinse nitidamente i vecchi salici con le loro foglie simili a un velo di tenue color verde. Il barcaiolo, che nel frattempo si era ripreso dallo spavento iniziale, si raccomandò dicendo: «Mio signore, come vedete gli spiriti delle acque hanno qualche affare in sospeso con voi. Di sicuro sapete molto bene ciò che desiderano. Devo pregarvi di lasciare la nostra barca, altrimenti non raggiungeremo mai la riva». Il samurai annuì brevemente, salì sul bordo della barca e saltò nell’acqua. I viaggiatori gridarono, prima di terrore, poi di meraviglia: infatti il giovane non affondò, anzi, l’acqua si raccolse intorno a lui, ed egli se ne stava in piedi sull’acqua. Senza una parola si voltò e si avviò in direzione delle paludi e dei laghetti, dove ben presto scomparve tra le cortine di salici e le piante acquatiche. E il suo flauto scivolò dietro di lui! Non appena scomparve alla vista, la barca ricominciò a muoversi. L’incantesimo era spezzato, e il battelliere poté nuovamente pilotare la sua imbarcazione. Il giovane samurai scomparve per sempre. I suoi compagni di viaggio furono le ultime persone che lo videro. Da allora nessuno ne seppe più nulla. Da quella volta tra le paludi e i laghetti del fiume Mogami si sente spesso una musica di flauto dolce e incantatrice. E soprattutto nelle notti di luna, quando bianche nebbie si stendono sulle acque, un delicato e finissimo intreccio di suoni sale misteriosamente verso il cielo notturno.
La verafollia e' fare finta di essere felici,fare finta che il modo in cui ti vanno le cose sia il modo in cui devono andare per il resto della tua vita,tutti i desideri,le speranze,tutte le gioie,le emozioni e le passioni che la vita ti ha tolto sono li' davanti a te,puoi riprenderti tutto!! Mr.Beaver |
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Carla
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Posted - 15 December 2013 : 16:14:45
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Vedo che ami in particolare i racconti dell'oriente sono molto belli
QUANDO PENSERAI CHE L'OSCURITA' ABBIA PRESO IL SOPRAVVENTO.. T'ACCORGERAI CHE SONO LI AD ILLUMINARE LE TUE NOTTI! LUNA 31 |
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mononoke76
Utente Medio
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Posted - 16 December 2013 : 09:49:36
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...e' vero Luna...li trovo romantici e affascinanti....
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mononoke76
Utente Medio
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Posted - 30 December 2013 : 23:15:01
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In una casetta dietro il cimitero del tempio di Sozanji viveva un vecchio di nome Takahama. Era molto amabile e piaceva a tutti i suoi vicini, anche se molti di essi lo consideravano un po’ pazzo. A quanto sembra la sua pazzia consisteva semplicemente nel fatto che non si era mai sposato e non aveva mai mostrato desiderio di restare in intimità con una donna.
Un giorno di estate si ammalò tanto gravemente, che mandò a chiamare la cognata e il figlio di lei. I due arrivarono e fecero tutto ciò che potevano per dargli sollievo nelle sue ultime ore. Mentre lo vegliavano, Takahama si addormentò.
Poco dopo una grande farfalla bianca volò dentro la stanza e si posò sul cuscino del vecchio. Il ragazzo cercò di cacciarla via, ma quella tornò tre volte, come se fosse riluttante ad abbandonare il malato. Alla fine il nipote di Takahama riuscì a farla uscire in giardino e a farle attraversare il cancello fino a farla entrare nel cimitero, dove si posò sulla tomba di una donna e misteriosamente scomparve. Osservando la tomba, il giovane trovò il nome “Akiko” scritto su di essa, insieme a un epitaffio che raccontava come Akiko era morta all’età di diciotto anni. Benché la tomba fosse ricoperta di muschio e sembrasse costruita decenni prima, il ragazzo notò che era circondata di fiori e che il piccolo serbatoio dell’acqua era stato riempito di recente.
Quando il giovane tornò alla casa, Takahama era ormai spirato. Si rivolse alla madre e le raccontò quello che aveva visto nel cimitero.
«Akiko?» mormorò la madre. «Quando tuo zio era giovane, fu fidanzato con Akiko. La ragazza morì di tubercolosi proprio il giorno prima delle nozze. Quando lasciò questo mondo, tuo zio decise che non si sarebbe mai sposato e che avrebbe vissuto per sempre vicino alla sua tomba. Per tutti questi anni ha mantenuto la sua promessa e ha conservato nel cuore tutti i dolci ricordi del suo unico amore. Tutti i giorni Takahama si recava nel cimitero, sia che l’aria fosse profumata dalla brezza dell’estate, sia che fosse appesantita dalla neve che cadeva d’inverno. Tutti i giorni pregava che lei fosse felice, bagnava la tomba con le sue lacrime e portava dei fiori. Adesso che Takahama stava morendo e non poteva più svolgere il suo compito amoroso, Akiko è venuta per lui. Quella farfalla bianca era la sua anima dolce e innamorata».
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Carla
Utente Master
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Posted - 31 December 2013 : 13:02:15
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quote: Originalmente inviata da mononoke76
In una casetta dietro il cimitero del tempio di Sozanji viveva un vecchio di nome Takahama. Era molto amabile e piaceva a tutti i suoi vicini, anche se molti di essi lo consideravano un po’ pazzo. A quanto sembra la sua pazzia consisteva semplicemente nel fatto che non si era mai sposato e non aveva mai mostrato desiderio di restare in intimità con una donna.
Un giorno di estate si ammalò tanto gravemente, che mandò a chiamare la cognata e il figlio di lei. I due arrivarono e fecero tutto ciò che potevano per dargli sollievo nelle sue ultime ore. Mentre lo vegliavano, Takahama si addormentò.
Poco dopo una grande farfalla bianca volò dentro la stanza e si posò sul cuscino del vecchio. Il ragazzo cercò di cacciarla via, ma quella tornò tre volte, come se fosse riluttante ad abbandonare il malato. Alla fine il nipote di Takahama riuscì a farla uscire in giardino e a farle attraversare il cancello fino a farla entrare nel cimitero, dove si posò sulla tomba di una donna e misteriosamente scomparve. Osservando la tomba, il giovane trovò il nome “Akiko” scritto su di essa, insieme a un epitaffio che raccontava come Akiko era morta all’età di diciotto anni. Benché la tomba fosse ricoperta di muschio e sembrasse costruita decenni prima, il ragazzo notò che era circondata di fiori e che il piccolo serbatoio dell’acqua era stato riempito di recente.
Quando il giovane tornò alla casa, Takahama era ormai spirato. Si rivolse alla madre e le raccontò quello che aveva visto nel cimitero.
«Akiko?» mormorò la madre. «Quando tuo zio era giovane, fu fidanzato con Akiko. La ragazza morì di tubercolosi proprio il giorno prima delle nozze. Quando lasciò questo mondo, tuo zio decise che non si sarebbe mai sposato e che avrebbe vissuto per sempre vicino alla sua tomba. Per tutti questi anni ha mantenuto la sua promessa e ha conservato nel cuore tutti i dolci ricordi del suo unico amore. Tutti i giorni Takahama si recava nel cimitero, sia che l’aria fosse profumata dalla brezza dell’estate, sia che fosse appesantita dalla neve che cadeva d’inverno. Tutti i giorni pregava che lei fosse felice, bagnava la tomba con le sue lacrime e portava dei fiori. Adesso che Takahama stava morendo e non poteva più svolgere il suo compito amoroso, Akiko è venuta per lui. Quella farfalla bianca era la sua anima dolce e innamorata».
La verafollia e' fare finta di essere felici,fare finta che il modo in cui ti vanno le cose sia il modo in cui devono andare per il resto della tua vita,tutti i desideri,le speranze,tutte le gioie,le emozioni e le passioni che la vita ti ha tolto sono li' davanti a te,puoi riprenderti tutto!! Mr.Beaver
Una storia di vero Amore, veramente bella non credo che Akiko si sarebbe arrabbiata se Takahama, si fosse innamorato di nuovo, il primo amore restava sempre unico, ma chi si ama (ed uno dei due purtroppo se ne và.....) vuole il bene dell'altro e non la solitudine
PS: stupenda anche l'immagine
QUANDO PENSERAI CHE L'OSCURITA' ABBIA PRESO IL SOPRAVVENTO.. T'ACCORGERAI CHE SONO LI AD ILLUMINARE LE TUE NOTTI! LUNA 31 |
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mononoke76
Utente Medio
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Posted - 02 January 2014 : 22:23:17
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...fa molto romanticismo il fatto che un Amore sia per sempre davvero per tutta la vita ed oltre..ma concordo con te..condannare alla solitudine chi si ama mette un po' di tristezza...
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