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Carla
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Posted - 17 April 2013 :  11:55:25  Vedi Profilo Send Carla a Private Message  Rispondi quotando
TRIANGOLO DELLE BERMUDA






TRIANGOLO DELLE BERMUDA

Il 5 dicembre del 1945 cinque Avengers, aerei bombardieri, si alzavano in volo dalla base di Fort Lauderdale, in Florida, per un normale giro di perlustrazione e controllo sull'Atlantico. La flotta 19 era comandata dal responsabile Charles Taylor. Gli altri quattro piloti erano reclute in allenamento.
Si accingevano a compiere quello che in gergo è detto "volo di routine", ossia un'attività del tutto sicura, utile soprattutto a far maturare qualche ora di volo in più senza istruttore al fianco.
Attorno alle 2,15 gli aerei si trovavano già in pieno oceano, seguendo la rotta standard, il tempo era caldo e il cielo limpido.
Alle 3,45 la torre di controllo riceve un messaggio da Taylor: «Siamo in emergenza.
Crediamo di esserci persi. Non si vede più terra... ripeto... non riusciamo più a scorgere la terra».
«Qual’ è la vostra posizione?»
«Non siamo certi della posizione. Non sappiamo dove ci troviamo. Ripeto, ci siamo persi».
«Puntate verso ovest», suggeriscono dalla torre.
«Non sappiamo quale sia la direzione ovest. Tutto sembra fuori posto... strano. Non siamo più sicuri di niente. Persino l'oceano non sembra quello che dovrebbe essere».
Alla torre di controllo cresce lo sconcerto. Quand'anche una tempesta magnetica avesse messo fuori uso gli strumenti, i piloti avrebbero comunque potuto orientarsi osservando il Sole basso nel cielo a occidente. A questo punto il contatto radio peggiora e i messaggi si riducono a brevi frasi. Tra gli altri, si registra la conversazione spasmodica fra due piloti. Uno grida che tutta la sua strumentazione di bordo è andata in tilt. Alle 4 in punto Taylor decide di passare il comando a un altro pilota. Ma anche lui alle 4,25 dichiara: «Non sappiamo dove ci troviamo».
La situazione, frattanto, si fa drammatica. Se gli aerei non dovessero rientrare o toccare terra entro le successive quattro ore, la mancanza di carburante li costringerebbe ad ammarare. Alle 6,27 parte una missione di soccorso. In volo si alza un gigantesco Martin Mariner, con a bordo un equipaggio di tredici persone. L'aereo si mette sulle tracce degli Avengers, seguendo l'ultima rotta segnalata. Dopo ventitré minuti il cielo verso oriente viene improvvisamente illuminato da un lampo color arancio brillante. Da quel momento dei velivoli, Mariner compreso, non si ha più alcuna notizia. Sono come svaniti nel nulla. Proprio come è accaduto a navi e altri aerei in quella stessa area, poi tristemente nota come "Triangolo del diavolo" o "Triangolo delle Bermuda". Quello che accadde agli aerei scomparsi non riteniamo sia un mistero. Nel corso del pomeriggio il tempo si era fatto brutto e le navi in mare avevano segnalato «forti venti e mare in tempesta». La squadriglia 19 e il Mariner, finito il carburante, erano stati costretti a scendere in mare inabissandosi. Il vero mistero, dunque, era un altro: perché era accaduto? Perché i piloti avevano perso la tramontana e ogni elementare senso di orientamento? Anche se la strumentazione di bordo aveva smesso di funzionare e anche se la visibilità era scesa a poche decine di metri, persino un pilota alle prime armi si sarebbe portato al di sopra dello strato di nubi procedendo con piena tranquillità. Ma ciò che suona ancora più strano è il fatto che un simile evento avrebbe dovuto mettere sul chi vive le autorità militari, avvertendo che qualcosa di veramente pericoloso incombeva su quella striscia di mare fra la Florida e le Bahamas, una folta catena di isole a poco meno di 100 km dalla costa. Invece non avvenne nulla, non squillò nessun campanello d'allarme. Venne proposta la solita soluzione: l'incidente era stato provocato dalla somma di alcuni elementi negativi: cattivo tempo, interferenze elettriche nelle bussole di riferimento, inesperienza dei piloti, il fatto che il loro comandante, Charles Taylor, era stato soltanto da poco assegnato alla base e non conosceva i luoghi. Spiegazioni analoghe saranno poi utilizzate nei vent'anni a venire per spiegare alcune tragedie simili: la scomparsa nel 1947 di una superfortezza volante, quella di un Tudor IV nel gennaio del 1948, di un DC3 nel dicembre dello stesso anno, un altro Tudor IV nei 1949, un Globeinaster nel 1950, uno York inglese da trasporto nel 1952, un Super Constellation della Marina nel 1954, un altro Martin nel 1956, un aereo cisterna dell'Air Force nel 1962, due Stratotankers nel 1963, un magazzino volante nel 1965, un cargo civile nel 1966, un altro cargo nel 1967 e un altro ancora nel 1973... per un numero di dispersi superiore alle 200 unità. Cosa abbastanza singolare, il primo a rendersi conto della straordinarietà di tutti questi fatti messi insieme non fu un militare, ma un giornalista, Vincent Gaddis. Nel febbraio del 1964 il suo articolo intitolato “Morte nel Triangolo delle Bermuda” compare sulle pagine della rivista «Argosy», battezzando il mistero col nome che oggi è a tutti ben noto. Un anno dopo, in un libro completamente dedicato al problema, dal titolo “Triangolo maledetto e altri misteri del mare”, Gaddis riprende il pezzo inserendolo nel capitolo “Il Triangolo della morte”. Viene elencato un gran numero di navi che sono scomparse in questa fascia di oceano, a partire dalla Rosalie, svanita nel nulla nel 1840, per arrivare allo yacht Connemara IV nel 1956. Nella chiusa del capitolo, Gaddis entra a pie pari nel regno della fantascienza e si butta sulla speculazione di un «continuom spazio-temporale che avvolge il nostro mondo, compenetrandolo completamente», suggerendo che forse le navi e gli aerei sono spariti penetrando in una sorta di buco cosmico che introduce alla quarta dimensione. Qualche tempo dopo la pubblicazione del libro, Gaddis riceve una lettera da parte di un certo Gerald Hawkes, il quale gli racconta una sua esperienza nel Triangolo delle Bermuda consumatasi nell'aprile del 1952. Durante un volo dall'aeroporto attuale Kennedy, a Gran Bermuda, all'improvviso l'aereo era precipitato per oltre 60 m. Non si era trattato di un vuoto d'aria, bensì l'impressione era stata quella di scendere come a bordo di un ascensore. Poi il piccolo aereo aveva ripreso quota. «Era stato come se un gigante si fosse divertito ad afferrare l'aereo e a farlo scendere e salire come un giocattolo” mentre le ali sembravano sbattere, proprio come quelle di un uccello. Il capitano, visibilmente sconcertato, aveva rivelato ai passeggeri di non riuscire più a scorgere Gran Bermuda e che l'operatore radio stava da qualche momento tentando inutilmente di mettersi in contatto sia con la Florida che con Gran Bermuda. Finalmente, dopo un'ora, il velivolo era entrato in comunicazione con una nave che, fungendo da punto di riferimento, l'aveva guidato fino a destinazione. Scesi dall'aereo, tutti avevano potuto notare la limpidezza del cielo notturno, una splendida serata senza vento. La lettera di Hawkes finiva con una osservazione affascinante: «Forse l'aereo era stato inghiottito in un luogo dove tempo e spazio non esistevano». Ora, sappiamo tutti che l'ingresso di un aereo in un vuoto d'aria, con un repentino mutamento delle condizioni della pressione, può provocare una improvvisa precipitazione per mancanza di sostegno e che violente turbolenze d'aria inducono nelle ali fenomeni vibrazionali così forti da dare l'impressione che sbattano come quelle di un uccello; ma ciò che in questo caso più di ogni altro fatto resta un mistero è il totale blackout radio. E’ la stessa singolare anomalia che stupisce coloro che si avvicinano allo studio degli UFO, i cosiddetti dischi volanti, a proposito dei quali sono state proposte infinite ipotesi sin dal loro apparire, vale a dire da quando nel giugno del 1947 il pilota civile Kenneth Arnold affermò di aver osservato nove '"piatti volanti" mentre si trovava in quota sul Monte Rainier, nello stato di Washington. Alcuni ufologi sostengono che la superficie della Terra non è uniforme come pare, bensì punteggiata da strani "vortici", mulinelli energetici, dove gravità e magnetismo planetario sono inspiegabilmente meno consistenti. Si tratterebbe, in definitiva, di una specie di finestre, punti di luoghi particolari del pianeta, che ipotetici extraterrestri potrebbero sfruttare come zone di prelievo per esemplari di esseri umani destinati allo studio sistematico sul loro lontano pianeta di provenienza... Per Ivan T. Sanderson, amico di Gaddis e noto studioso di fenomeni stravaganti, questa ipotesi è davvero un po' troppo spinta nel regno della fantasia. Da buon scienziato rigoroso, Sanderson ha affrontato il problema disegnando una cartina del mondo su cui evidenziare le aree teatro di scomparse inspiegabili. Ha così scoperto, per esempio, l'esistenza di un altro "Triangolo del diavolo" a sud dell'isola giapponese di Honshu, dove navi e aerei spariscono con regolarità. Dall'altro capo del mondo, un giornalista locale lo ha informato in merito a una strana esperienza personale da lui vissuta durante un volo verso Guani, nell'oceano Pacifico. Con il suo vecchio aereo da diporto era riuscito a coprire in un'ora e in totale assenza di venti un numero di chilometri pari quasi al doppio di quelli consentiti mediamente e, guarda caso, stava proprio sorvolando un'area "pericolosa" nella quale da anni si registravano sparizioni improvvise. Riportando queste zone critiche sulla carta del mondo, Sanderson si è accorto che presentano una superficie a losanga e che queste losanghe sembrano abbracciare il pianeta secondo una configurazione chiara, disposta su due strisce ad anello, rispettivamente collocate a 30° nord e 40° sud rispetto alla linea equatoriale. In questa fascia Sanderson ha contato almeno 72 zone singolari. Il vulcanologo George Rome sostiene che i fenomeni tellurici scaturiscono tutti a un preciso livello al di sotto della crosta terrestre, mentre la direzione e il verso della loro attività sarebbe determinata da movimenti di rotazione registrati attorno al nucleo centrale del pianeta. Ebbene, la collocazione grafica di questi nuclei sismici operata da Rouse, corrisponde in modo pressoché perfetto alle losanghe individuate da Sanderson. Forte di questa annotazione e come sempre animato da uno spirito indagatore prettamente scientifico, Sanderson è così giunto alla conclusione che giustificare le enigmatiche sparizioni con ipotesi fantasiose non funziona, nel momento in cui le discontinuità della superficie terrestre messe in risalto dalla ricerca sua e da quella di Rouse - i mulinelli energetici di cui si è detto - potrebbero benissimo costituire una causa prima scientificamente accettabile. La teoria proposta da Sanderson è comparsa in un suo libro del 1970 intitolalo “UFO: visitatori dal cosmo”. Tre anni dopo è toccato alla giornalista Adi-Kent Thomas Jeffrey raccogliere in un lungo elenco, pubblicato da una piccola casa editrice della Pennsylvania, tutta la casistica collegata al Triangolo delle Bermuda. Ma, purtroppo per lei, la giovane cronista non ha avuto fortuna nella scelta del tempo, poiché pochi mesi dopo usciva il grande successo di un altro noto autore. Parliamo di Charles Berlitz, pronipote del fondatore della celeberrima scuola di lingue, il quale pubblicava per i tipi di una grande casa editrice come la Doubleday, un rapporto dettagliato e al tempo stesso avvincente di ciò che era accaduto e stava accadendo nel famigerato Triangolo della morte. Il successo fu pieno e completo e in un attimo il libro era balzato in vetta a tutte le classifiche di vendita. Erano passati vent'anni dalla scomparsa della squadriglia 19 e dieci da quando Vincent Gaddis aveva inventato la formula "Triangolo delle Bermuda". Berlitz è stato però il primo autore a riuscire ad imporre il fenomeno all'attenzione del mondo. Uno dei molteplici motivi del successo lo si deve al fatto che Berlitz non ha esitato a lanciarsi in speculazioni fantasiose che hanno come protagonisti alieni, vuoti temporali, UFO, carri degli dèi e altro ancora. Fra le ipotesi più straordinarie, Berlitz mette in pista anche quella legata al pioniere della ufologia, il professor Morris K. Jessup, morto in circostanze per lo meno misteriose, dopo aver approfondito troppo un argomento tabù, conosciuto agli addetti al lavori come "Esperimento Filadelfia". Si tratta di un esperimento scientifico che si mormora abbia avuto luogo nel 1943 a Filadelfia, nel corso di alcuni test attivati dalla Marina militare americana al fine di mettere a punto un dispositivo in grado di circondare una nave con un potente campo magnetico. Stando ai testimoni sentiti da Jessup, ad un certo momento una strana luce verdastra aveva investito la nave, i cui contorni si erano fatti via via incerti e tremolanti, poi la grande massa era sparita, ma solo per ricomparire nel porto di Norfolk, in Virginia, a oltre 450 km di distanza. Molti componenti l'equipaggio morirono; altri impazzirono. Stando a quanto affermava Jessup, non appena si era gettato anima e corpo in questa ricerca, era stato contattato da agenti della Marina militare, i quali gli avevano proposto di investigare con loro su progetti analoghi, ma lui aveva rifiutato. Nel 1959 Morris venne trovato morto nell'abitacolo della sua automobile, ucciso dai gas di scarico. Secondo Berlitz, il professore era stato indulto al silenzio, per non correre il rischio che spifferasse tutto ciò che già era venuto a conoscere sull'Esperimento Filadelfia. Ma, vi chiederete, che cosa c'entra tutto questo con il tema del Triangolo delle Bermude? Semplice: nell'esperimento si tentava di realizzare un vortice magnetico del tutto simile a quelli ipotizzati da Sanderson, un mulinello in grado di far compiere all'oggetto (in questo caso una nave) un salto spazio-temporale e tele trasportarlo a centinaia di chilometri di distanza. In modo alquanto strano, questa immaginazione teorica ebbe il potere di mandare gli scettici su tutte le furie. Come in un'esplosione improvvisa, incominciarono a uscire libri, articoli e programmi televisivi animati dall'unico scopo di smontare il caso Bermuda. In tutti, la strategia adottata era quella del buon senso comune, quella stessa messa in atto sin dal 1945 dalle autorità militari e politiche: le sparizioni misteriose erano dovute, molto semplicemente, a cause naturali e, in modo particolare, a tempeste improvvise. Di certo non si può negare che per alcuni eventi questa sia davvero la soluzione migliore; ma se solo ci prendiamo la briga di dare una scorsa agli elenchi di navi e aerei spariti nel nulla, considerando che nella maggior parte dei casi non si è ritrovato il corpo delle vittime e neppure un rottame, ebbene, a questo punto, mettersi in sospetto è il minimo che una mente razionale deve fare. Ci chiediamo: ma non esiste un'ipotesi capace di conciliare il necessario buon senso comune con qualche guizzo intuitivo in grado di rendere ragione di tutta questa allarmante fenomenologia? Chi potrebbe aiutarci meglio di coloro che, chissà come e perché, sono riusciti a sfuggire alla maledizione del Triangolo? Proviamo. Nel novembre del 1964 il pilota di un volo charter, Chuck Wakely, stava facendo ritorno da Nassau a Miami, in Florida, volando a una quota di circa 2500 m. Ad un tratto aveva notato un globo luminoso danzare attorno alle ali, ma non ci aveva fatto caso, ritenendolo un abbaglio. Di colpo, il globo si era fatto sempre più grosso e la sua ingombrante presenza aveva mandato in tilt l'apparecchiatura automatica di bordo, tanto da costringerlo a ricorrere ai comandi manuali. Poi il globo era diventato così brillante da abbagliarlo. Per fortuna, la luminosità si era quasi subito affievolita e la funzionalità degli strumenti di pilotaggio si era riattivata. In un chiaro pomeriggio del 1966 il capitano Don Henry stava tranquillamente guidando il suo rimorchiatore da Puerto Rico a Fort Lauderdale, quando era stato chiamato sul ponte dalla voce concitata di un marinaio. La bussola di bordo era come impazzita e ruotava al contrario. D'un tratto era scesa una strana penombra e l'orizzonte era scomparso. «Sembrava che l'acqua fosse ovunque, in tutte le direzioni». La corrente elettrica era venuta meno, anche se il generatore aveva continuato a funzionare. Quello di emergenza era bloccato. Il rimorchiatore venne inghiottito da una coltre di nebbia, spessa e scura. Dopo qualche momento di terrore, i motori avevano ripreso da soli a funzionare e l'imbarcazione si era ritrovata miracolosamente fuori da quella atmosfera irreale e minacciosa. La spessa nebbia era concentrata in un unico banco, dove anche il mare era più agitato. Tutto attorno a questa "isola'' il clima era buono e le acque calmissime. Per quel che ne sapeva, il capitano Henry testimoniò che la bussola impazzita si comportava come quando gli capitava di risalire il fiume San Lorenzo a Kingston, dove i massicci depositi ferrosi alteravano completamente il comportamento dell'ago magnetico. Come sappiamo, il nostro pianeta (anche se nessuno è in grado di dire perché) è un gigantesco magnete, con le linee di forza che lo percorrono secondo traiettorie imprevedibili ma certe. Sono queste le vie che uccelli e animali percorrono quando l'istinto li spinge a '"tornare a casa"; sono sempre queste le energie che sollecitano la bacchetta del rabdomante a flettersi e vibrare. Ma esistono luoghi sulla Terra dove anche gli uccelli migratori sono sconcertati e perdono l'orientamento, perché succede qualcosa di anomalo, come, per esempio, la creazione dei misteriosi mulinelli o vortici energetici magnetici di cui si è detto. Nel 1930 in un trafiletto comparso sul «Marine Observer» si segnalava la presenza di una forte alterazione magnetica nei pressi del vulcano Tambura, a Sumbawa, a causa della quale le bussole di bordo impazzivano impedendo ai naviganti di seguire le rotte prestabilite. Nel 1932 il capitano Scutt della Australia, nelle vicinanze di Freemantle, ebbe modo di constatare uno sconvolgimento magnetico tanto forte da alterare di 12° la linea di rotta della nave. Ma il collezionista principe di queste notizie è il ricercatore William Corliss, autore di due libri interessanti. Dobbiamo proprio a Corliss lo spunto per la ricerca che ci ha condotto al caso del dottor Laurier di Ottawa, il quale mentre nel 1974 stava monitorando gli spostamenti delle grandi banchise ghiacciate del nord del Canada, si era imbattuto in una zona di anomalia magnetica lunga la bellezza di 60 km, fenomeno che egli valutò scaturire da qualche misteriosa energia posta circa 25 km sotto la superficie. Secondo Laurier questo genere di eventi nasce dallo scontro sotto la crosta di placche tettoniche che collidono: quelle stesse manifestazioni geologiche che provocano i terremoti. Il nodo centrale che emerge da tutto quanto si è fin qui detto, è che in realtà il nostro pianeta non si comporta affatto come una normale calamità, caratterizzata da un campo simmetrico e preciso, ma la sua superficie è come costellala da "buchi", vuoti e anomalie. Come già si è detto, gli scienziati non hanno ancora capito come mai la Terra possegga un campo magnetico, anche se è prevalente l'ipotesi che ciò sia dovuto al suo nucleo centrale magmatico ferroso. Questo continuo movimento produce scivolamenti e slittamenti nel campo magnetico planetario e fenomeni di esplosione di attività magnetica, in tutto comparabile a quella, ben più gigantesca, tipica del Sole. Se queste attività sono in qualche modo da collegarsi alle zone di tensione della crosta terrestre e quindi ai terremoti, diventa plausibile immaginare abbiano collocazioni preferenziali, proprio come accade per le aree sismiche. Ma quali effetti potrebbe generare un "terremoto" di improvvisa attività magnetica? Per esempio, un comportamento anomalo della bussola; perché sarebbe come se dal centro della Terra risalisse una meteora dal potente nucleo magnetico. Turbolenze violente sulle acque del mare, perché agirebbero le stesse forze di perturbazione tipiche delle maree lunari, solo che, in questo caso, il fenomeno sarebbe del tutto irregolare, sopraggiungendo da ogni direzione. Nel vortice magnetico venutosi a creare, nuvolaglia e nebbia tenderebbero a concentrarsi, dando origine a un banco spesso e fitto, impenetrabile. Le strumentazioni elettroniche verrebbero certamente messe in crisi, se non completamente fuori uso... Questa grande quantità di dati e considerazioni spiega perché le cosiddette ipotesi semplicistiche - quelle che invocano cause naturali e etichettano il caso Bermuda come mera invenzione giornalistica - non siano soltanto superficiali, ma deleterie. Esse, infatti, scoraggiano ulteriori indagini su quello che potrebbe essere uno dei più affascinanti rebus scientifici del nostro tempo. Con i tanti satelliti artificiali che gravitano tutt'attorno alla Terra, solo volendo, oggi saremmo in grado di osservare le esplosioni di attività magnetica con la stessa puntuale precisione con cui vengono segnalati terremoti e movimenti della superficie. Potremmo valutarne intensità e frequenza al punto da poterle prevedere. Il risultato non sarebbe solo quello di dare soluzione a un pur grande mistero, ma anche di evitare che in futuro si verifichino tante altre tragedie come quella della sparizione della squadriglia 19.




Che fine hanno fatto tutte quelle navi, imbarcazioni, aerei e le migliaia di persone scomparse in questo Famoso (Triangolo di mare).
Come mai i pochissimi sopravvissuti, non ricordano nulla o parlano di spazi temporali, o restano scioccati senza sapere descrivere ciò che è successo


Con tutta la tencnologia che esiste al giorno d'oggi, questo (Triangolo delle Bermuda) ancora non sà dare risposte, ed ancora questi strani fenomeni e sparizioni avvengono a tutt'oggi!




Ascolta con la mente
Guarda con gli occhi del cuore
Parla con la voce dell'Amore

****LUNA****

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Carla
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Posted - 17 April 2013 :  12:07:03  Vedi Profilo Send Carla a Private Message  Rispondi quotando
Il fantasma con le catene






Il fantasma con le catene

Solitamente quando pensiamo ai fantasmi, ed ai rumori che fanno, ci viene in mente subito il rumore delle catene strisciate, e il “Buh” per far scappare le vittime, questa strana fantasia, probabilmente deriva dalla prima testimonianza, del primo secolo, fatta dal filosofo Athenodorus di Atene vittima del fantasma con le catene, che poi venne riportata su una lettera dal filosofo romano Plinio “Il Giovane”.

Plinio raccontò che ad Atene vi era una grande e bellissima casa che si diceva era infestata, infatti molte persone raccontarono che di notte si sentivano udire al suo interno urla e stridii di catene. Alcuni di loro giurarono di aver visto un vecchio uomo con la barba lunga e sporca, e i capelli arruffati, le sue gambe sottili erano legate a pensanti catene, che trascinava in giro emettendo urla di dolore, inoltre il povero fantasma aveva i polsi legati da ceppi e di tanto il tanto alzava le braccia al cielo in muto grido di impotenza.
Molte persone che avevano voglia di un po’ di brivido, o erano scettici, andarono a visitare la casa di notte, e confermarono anch’essi la presenza del fantasma, alcune di queste persone in seguito furono colpite da gravi malattie, o morirono per cause sconosciute, ovviamente chi ci credeva non volle mai acquistare quella casa, cosi a poco a poco cadde in rovina.
Sfortunato fu Athenodorus che purtroppo aveva un urgente bisogno di un tetto sulla testa, e non disponeva di una grande quantità di denaro, quindi quella casa, cosi maestosa era proprio fatta per lui e per le sue esigenze, ovviamente ignorava la storia del fantasma, o meglio non gliene importava.
La prima notte nell’abitazione, il filoso passò la notte sveglio a studiare, ad un certo punto si udirono il suono delle catene strisciate, che si facevano a poco a poco più vicine, ed ecco che apparve la figura del fantasma, che si fermò proprio dinanzi a lui, ma che Athenodorus intento a studiare non lo degnò di uno sguardo. Il fantasma ancora più infuriato, tirò le sue catene e le percosse violentemente sul pavimento, cosi da farsi notare dal filosofo. Finalmente Athenodorus si accorse della presenza, cosi il fantasma iniziò a correre, il filosofo lo seguì, fino a quando lo spettro non si fermo nel giardino esterno, indicò un punto preciso nel terreno e scomparve. Il filosofo per niente preso dal panico, segnò il punto con delle pietre e andò a dormire tranquillo.
Il giorno successivo, secondo il racconto di Plinio, egli andò dal magistrato locale e riferì quanto accaduto, si dispose pertanto di scavare nel giardino della casa e proprio nel punto indicato dal fantasma venne rinvenuto uno scheletro umano, con delle catene arrugginite ancora ben salde alle ossa. Ai resti venne data degna sepoltura e la casa venne purificata con dei rituali religiosi, da allora l’infestazione e le maledizioni lasciarono per sempre quelle mura.





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Posted - 17 April 2013 :  16:43:20  Vedi Profilo Send n/a a Private Message  Rispondi quotando
Decisamente intriganti ed interessanti le storie che hai riportato

ma una domanda sul un passaggio che ho letto riguardo i cerchi nel grano: (sono tutti falsi)

secondo voi è tutta opera dell'uomo o c'è dell'altro?



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Carla
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Posted - 17 April 2013 :  17:22:00  Vedi Profilo Send Carla a Private Message  Rispondi quotando
quote:
Originalmente inviata da Straluna

Decisamente intriganti ed interessanti le storie che hai riportato

ma una domanda sul un passaggio che ho letto riguardo i cerchi nel grano: (sono tutti falsi)

secondo voi è tutta opera dell'uomo o c'è dell'altro?





Grazie StralunaNon credo siano tutti opera dell'uomo, certo gli ultimi apparsi forse si, dato che a molti piace studiare per poi emulare gli avvenimenti strani, ma i primi trovati non credo proprio difatti da questo articolo:
"cerchi nel grano" ("Crop Circles") sono di forma rotonda o ellittica, con un diametro che varia dai 45 centimetri ai 200 metri, con una dimensione media di 50 metri; sono di una precisione assoluta, con una straordinaria fantasia di varianti nel disegno.
Molto particolare è anche il modo in cui i cerchi vengono tracciati: le piante di grano vengono piegate delicatamente, tutte nella stessa direzione e mai spezzate. Continuano infatti a crescere tranquillamente, raggiungendo così sdraiate, la piena maturazione. Scienziati statunitensi hanno scoperto nelle piante prelevate dai cerchi notevoli alterazioni fisiche e genetiche, spiegabili solo con l'irradiazione di microonde a noi sconosciute.

Confermano che sono troppo precisi e con alterazioni di origine sconosciuta.




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Carla
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Posted - 17 April 2013 :  17:40:59  Vedi Profilo Send Carla a Private Message  Rispondi quotando






I GEMELLI IDENTICI

Una mente sola per due corpi


All'età di sei anni Jim Lewis seppe che in giro per il mondo aveva un fratello gemello identico a lui. La mamma, una ragazza madre, li aveva dati in adozione subito dopo il parto, nell'agosto del 1939. Jim era stato adottato da una coppia di nome Lewis a Lima, nell'Ohio; il fratello, dalla famiglia Springer di Dayton, sempre nell'Ohio. Singolarmente, tutti e due erano stati chiamati Jim dai genitori adottivi. Nel 1979, all'età di trentanove anni, Jim aveva deciso di mettersi sulle tracce del fratello gemello. Il tribunale dei minori che si era occupato del caso aveva collaborato in modo decisivo e così dopo sole sei
settimane Jim Lewis bussava alla porta di casa di Jim Springer a Dayton.
Nel momento in cui si erano stretti la mano si erano sentiti così uniti e vicini che sembrava non fossero mai stati divisi. E quando presero a raccontarsi le loro vite venne fuori una serie di coincidenze a dir poco strabilianti. Tanto per incominciare, avevano gli stessi problemi di salute. Ambedue si mangiavano le unghie con accanimento e soffrivano di insonnia. Tutti e due per un certo periodo a diciotto anni avevano incominciato a soffrire di emicrania, fastidio che li aveva lasciati nello stesso periodo. Ambedue avevano problemi di cuore e di emorroidi. Avevano lo stesso peso, ma avevano messo su qualche chilo di troppo nello stesso anno, per poi riuscire a smaltirli nello stesso periodo. Tutto questo sembra indicare che la programmazione genetica è qualcosa di assai più preciso e complicato di quanto si immagini. Ma la sommatoria delle coincidenze andava ben oltre gli aspetti genetici. Tutti e due si erano sposati con donne di nome Linda, erano separati, e risposati in seconde nozze con compagne di nome Betty. Avevano chiamato i figli James Allan e avevano un cane di nome Toy. Ambedue avevano avuto esperienze lavorative come assistente dello sceriffo, benzinaio e addetto in un locale McDonald. Tutti e due trascorrevano le vacanze estive sulla stessa spiaggia della Florida; fumavano la stessa marca di sigarette e avevano attrezzato la cantina per eseguire lavori di riparazione e costruzione di piccoli mobili... I due erano affascinati l'uno dall'altro, non soltanto a causa di tutte quelle incredibili identità, ma anche perché l'affinità si sviluppava pure sul piano mentale. Quando uno iniziava a dire qualcosa l'altro finiva la frase con le stesse parole che avrebbe usato il primo. Il loro ritrovarsi divenne oggetto di grande interesse presso i mass media e i due fratelli erano comparsi come ospiti d'onore a molti popolari show. Uno psicologo del Minnesota, di nome Tom Bouchard, venne così coinvolto dalla loro storia da riuscire a persuadere l'università a stanziare fondi per una ricerca scientifica sul mistero dei fratelli gemelli. La prima operazione era stata quella di mettersi alla caccia di coppie di gemelli che il destino aveva separato in tenera età e che da allora non si erano mai più incontrati. Nel primo anno di ricerca Bouchard e il suo team riuscirono a scovare trentaquattro coppie di gemelli. E anche in questi casi vennero fuori le coincidenze più incredibili, tali da non poter essere in alcun modo spiegate a livello scientifico. Due gemelle inglesi, incontratesi quando ormai erano donne sulla trentina, si erano sposate nello stesso giorno a un'ora di distanza l'una dall'altra. Altre due, avevano tenuto un diario per un solo anno, il 1962, e lo avevano chiuso nello stesso giorno. Tutte e due da piccole suonavano il piano, ma avevano smesso nello stesso momento; andavano ambedue pazze per la bigiotteria. Al pari di questa, tutte le altre ricerche successive sui gemelli separati hanno sempre rivelato coincidenze impressionanti. I gemelli identici, come si sa, sono quelli che nascono dalla scissione dello stesso ovulo. I loro geni sono pertanto identici, il che significa possedere occhi, orecchie, labbra e persino impronte digitali perfettamente eguali. Il termine scientifico per indicarli è monozigoti, o MZ per brevità; mentre quelli nati da due ovuli differenti sono detti dizigoti, o DZ. L'alto grado di complementarietà e identificazione si riscontra soprattutto presso il primo gruppo, dove le somiglianze sono a volte indistinguibili. Per esempio, due coppie formate da gemelli divisi avevano figli maschi che si chiamavano rispettivamente Richard Andrew e Andrew Richard. Ambedue usavano lo stesso profumo, lasciavano la porta della camera da letto socchiusa, collezionavano giocattoli di pezza e avevano gatti che si chiamavano Tigre. Il test di intelligenza rivelò valori assolutamente identici. Barbara Herbert e Daphne Doodship erano le sorelle gemelle di una ragazza madre di origine finlandese. Alla nascita erano state adottate da due diverse famiglie. Le due madri adottive erano morte in modo prematuro quando loro erano ancora piccole. Tutte e due all'età di quindici anni erano cadute dalle scale e si erano rotte un'anca, avevano incontrato l'uomo che sarebbe diventato il loro marito a una festa da ballo quando avevano diciassette anni e si erano sposate a venti. Ambedue avevano avuto degli aborti e per tutte e due la sequenza naturale dei figli sarebbe stata di due maschi seguiti da una femmina. Il quadro sanitario era identico. Un soffio al cuore e la tiroide un po' ingrossata. Tutte e due leggevano la stessa rivista femminile ed amavano la stessa scrittrice di romanzi rosa. La prima volta in cui si erano ritrovate si erano presentate all'appuntamento con la stessa tinta dei capelli, un colore castano chiaro con dei riflessi ramati, erano vestite con un abito color crema, una giacca di velluto scura e una sottoveste bianca.
Nel 1979 Jeanette Hamilton e Irene Read scoprirono contemporaneamente di avere una sorella gemella e contemporaneamente si misero alla ricerca l'una dell'altra. Ritrovatesi, scoprirono che tutte e due soffrivano di claustrofobia e di timor panico per l'acqua, tanto che quando erano in spiaggia erano solite sedersi voltando le spalle al mare. Ad ambedue non piaceva la montagna, soffrivano di un dolore reumatico che pativa il tempo umido nello stesso punto di una gamba; da giovani avevano guidato gruppi di scout e per un certo periodo avevano lavorato per la stessa ditta di cosmetici. Un'altra coppia di gemelli identici, questa volta di sesso maschile, studiata da Bouchard era vissuta in ambienti così diversi da non presentare neppure un punto in comune. Oscar Stohr e Jack Yufe erano nati a Trinidad nel 1933. Immediatamente i genitori si erano separati e ciascuno se n'era andato per la propria strada prendendosi un bambino. Oscar era approdato in Germania ed era diventato un affiliato al movimento filo nazista; mentre Jack era stato allevato con un'educazione ebreo ortodossa. Si incontrarono per la prima volta nel 1979 all'aeroporto, per scoprire che ambedue portavano un paio di occhiali dalle lenti squadrate, una canottiera blu e basette identiche. Una comparazione più dettagliata evidenziò molte altre coincidenze significative nel loro modo di vivere. Ambedue erano soliti tirare l'acqua del gabinetto prima e dopo l’uso, portavano delle fasce elasticizzate ai polsi e amavano pranzare da soli al ristorante per poter leggere il giornale indisturbati. La cadenza del loro modo di parlare era identica, anche se uno parlava solo tedesco e l'altro inglese. Avevano la stessa andatura e lo stesso modo di stare seduti; lo stesso senso dello humour: per esempio, starnutire apposta con grande fragore mentre erano in ascensore con altre persone, per ridere sotto i baffi alle diverse reazioni. Ovviamente è molto difficile, per non dire impossibile, riuscire a spiegare queste "coincidenze" senza pensare immediatamente a una qualche forma di telepatia - che è una sorta di collegamento invisibile fra i due gemelli - capace di funzionare alla perfezione anche a grande distanza. Non per niente, Jung, a cui dobbiamo l'invenzione del neologismo "'sincronicità" per significare una "coincidenza significativa'', accettava volentieri l'ipotesi telepatica, tanto è vero che nelle sue molte biografie aneddoti di questo tipo vengono fuori numerosi. Eppure anche la più potente forma di telepatia non riesce a dare ragione di come due sorelle lontane possano incontrare il rispettivo marito nello stesso giorno e in circostanze simili oppure lavorino a chilometri di distanza per la stessa casa di cosmetici. In questi casi, anche le coincidenze significative sembra debbano lasciare il passo a qualcosa di ancora più forte, come, per esempio, l'idea di "destino individuale" o ciò che il professor Joad ebbe una volta a definire come «l'impenetrabile singolarità del tempo». Ammesso che certe persone abbiano veramente la capacità di prevedere il futuro, sia in stato di veglia che di sonno, ciò significa che in qualche modo a noi ignoto tutto è già "programmato", come un film che già è stato girato. Se, dunque, la vita di un uomo è qualcosa di programmato, allora a maggior ragione quella di due fratelli gemelli identici - specie se monozigoti - potrebbe benissimo seguire tracce di coincidenze esistenziali...
Molti altri casi analoghi hanno dimostrato l'esistenza certa della telepatia. Nel 1980 due gemelle identiche si presentarono presso il tribunale di New York. Il loro comportamento era uno spettacolo straordinario, che non mancò di suscitare un grande interesse nei mass media. Facevano gli stessi gesti nello stesso istante, portavano la mano alla bocca contemporaneamente e così via. Le due sorelle Chaplin, Preda e Creta, erano venute a trovarsi in dibattimento per un motivo davvero strano: una storia che le accomunava con un certo Ken Iveson, un camionista vicino di casa che avevano perseguitato per oltre quindici anni. Le due avevano uno strano modo di mostrargli il loro amore, continuando a ingiuriarlo e a picchiarlo con le borsette. Quando la faccenda aveva superato ogni limite, l'uomo non ce l'aveva più fatta e si era rivolto al tribunale per ottenere giustizia. La pubblicità sollevata dal caso rinfocolò l'attenzione sulle ricerche sui gemelli. L'ossessione che le due donne mostravano nei confronti del signor Iveson venne riconosciuta come una erotomania, una condizione nella quale il paziente si abbandona a sentimenti di melanconia e tristezza a causa di un'affezione amorosa. Esami clinici rivelarono che le gemelle erano subnormali, anche se questa deficienza si era manifestata soltanto negli ultimi tempi. A scuola erano lente, ma non somare, e gli insegnanti le descrivevano come attente, compite e tranquille. Per il giudice che ebbe a sentenziare, tutto questo era colpa della madre adottiva. «È evidente che la madre non ha mai consentito loro di vivere come due entità separate e distinte». Si vestivano sempre allo stesso modo e non avevano amici. Nei gemelli, soprattutto in quelli monozigoti, è fortissimo l'impulso detto dell'immagine speculare". (Il che significa che se uno è mancino, l'altro è destro; se uno pettina i capelli verso sinistra, l'altro lo fa verso destra e via dicendo). Se uno dei due porta un bracciale al polso sinistro, l'altro lo porta al destro. Ad un certo punto della vita le due gemelle Chaplin avevano deciso di lasciare la casa dove erano cresciute, senza che né la madre né, tanto meno, loro stesse, sapessero perché. A trentasette anni erano ancora nubili e senza lavoro. Vivevano nella stanza di un residence. Preparavano da mangiare insieme, tenendo tutte e due il manico della pentola, vestite da casa nello stesso modo. Se, per caso, gli abiti identici che indossavano avevano però bottoni di diverso colore, li distribuivano in modo tale che anche quel particolare fosse identico per tutti e due i vestiti. Nel caso di due paia di guanti diversi, li spaiavano per indossarne alla fine un paio identico; se le saponette che il residence forniva non erano uguali, le spezzavano in due. Ad un giornalista che le intervistava dissero che loro due avevano una sola testa, perché erano una persona sola. Una sapeva dire esattamente che cosa stava passando nella mente dell'altra. Il loro "comportamento simultaneo" dimostrava l'esistenza di una forte componente telepatica. A volte litigavano. Dopo essersi colpite con le identiche borsette, si tenevano il broncio per ore. Ma, al di là di tutto questo, ciò che emergeva su ogni cosa era il fatto che vivevano escludendo il mondo esterno, rintanate in un loro universo intimo e privato dove esistevano solo loro due.
Due gemelle californiane, Grace e Virginia Kennedy, avevano messo a punto un linguaggio segreto che consentiva loro di capirsi al volo. Avevano incominciato a usarlo da piccolissime, sin da quando avevano meno di due anni. Nel J977, all'età di sette anni, un logopedista di San Diego si era interessato ai loro linguaggio segreto, scoprendo che in parte consisteva di parole completamente inventate come, per esempio, "nunukid" e "pulana" - e in parte in una mistura di parole in tedesco e inglese storpiate (i genitori provenivano infatti da questi paesi). Fra loro si chiamavano Poto e Cabenga e quando parlavano la loro lingua occulta lo facevano con straordinaria fluidità. Ovviamente la vita le costringeva a parlare l'inglese, ma non fecero mai a meno dell'idioma di loro invenzione, che rifiutarono sempre di spiegare, forse anche perché non erano in grado di farlo.
Uno dei casi più singolari in cui sono coinvolti due gemelli identici è questo: Michael e John, conosciuti molto semplicemente come "i gemelli", erano cresciuti in istituti governativi sin da quando avevano sette anni (nel 1947). Erano stati diagnosticati autistici, psicotici e gravemente ritardati. Tuttavia possedevano un'abilità eccezionale: la capacità di dire all'istante in quale giorno della settimana cadeva una determinata data, sia nel passato che nel futuro. Se, per esempio, qualcuno chiedeva loro che giorno era stato, che so, il 2 giugno del 55 d.C., in un attimo arrivava la risposta: «mercoledì» e non c'era tema che sbagliassero. Erano, secondo Sachs, come due oggetti animati esattamente identici, stessa faccia, stesso comportamento, stessa personalità, stesso cervello malato. Portavano occhiali così spessi da non lasciare quasi scorgere gli occhi. Riuscivano a ripetere a memoria, dopo averli ascoltati una sola volta, elenchi di numeri incredibili, a volte fino a trecento. Non erano però dei ''calcolatori prodigio", capaci, come a volte capita di trovare, di moltiplicare mentalmente grandi numeri fra loro o di estrarre la radice quadrata da numeri di venti cifre. Tuttavia, un giorno davanti a una scatola di fiammiferi improvvisamente rovesciatasi, ambedue simultaneamente avevano bisbigliato «111», numero che, naturalmente, si era rivelato corretto. Un giorno Sachs li aveva trovati seduti in un angolo, il viso illuminato da un sorriso di soddisfazione, intenti a trascrivere numeri di sei cifre. Sachs ne aveva annotati alcuni e una volta a casa, consultato un libro di tavole matematiche, aveva scoperto trattarsi tutti di numeri primi, vale a dire quei numeri che non possono essere divisi per nessun altro numero se non per uno e per se stessi. Ora, la cosa incredibile consiste nel fatto che per poter riconoscere un numero primo come tale, l'unico modo per farlo è provare a dividerlo per tutti i numeri inferiori che lo precedono, mettendo in atto un processo matematico lunghissimo nel caso di numeri a molte cifre. Dunque i due gemelli riuscivano a riconoscere i numeri primi senza sforzo apparente. Il giorno dopo Sachs era nuovamente andato a trovarli e si era seduto nella loro cameretta. All'improvviso aveva interrotto i loro giochi e aveva mostrato un numero primo formato da otto cifre (ovviamente preso dal testo di matematica consultato). Dopo un brevissimo istante di attenzione, i due gemelli avevano sorriso all'unisono, quindi in men che non si dica gli avevano sciorinato davanti agli occhi un numero di nove cifre. Sachs allora era passato al contrattacco con un altro da dieci. Di nuovo, lasciato trascorrere un momento di esitazione, John gliene aveva proposto uno da venti cifre, che Sachs non aveva potuto controllare, dal momento che il suo testo arrivava solo fino a numeri primi composti da dieci cifre, ma era sicuro che non si sbagliavano. Un'ora dopo erano ancora intenti a scoprire numeri primi da venti cifre. Che cosa era successo nella testa dei gemelli nei brevissimi istanti in cui erano rimasti perplessi quando Sachs aveva mostrato loro il numero primo di otto cifre? L'unica cosa che si può immaginare è che si siano sforzati di vedere, vale a dire di osservarlo sotto qualche forma, diciamo così simmetrica, in fine di verificare se avesse le proprietà del numero primo. Alcune persone dicono di visualizzare i numeri in modi singolari. Il 9 o il 16, per esempio, lo vedono come una serie di punti disposti nel primo caso a tre per tre su tre linee parallele e nel secondo a quattro per quattro su quattro linee. Forse i gemelli riuscivano a compiere questa operazione istantanea su vasta scala. Questo ci offre un importante spunto di riflessione. Sappiamo che i due emisferi del nostro cervello presiedono a funzioni differenti. Il sinistro può essere definito scientifico, il destro artistico. Il primo concerne la logica e il linguaggio, il secondo l'intuizione e l'interiorità. Il sinistro vede il mondo con un occhio ristretto, una visione che potremmo definire "del verme"; il destro allargato, nel tipo di visione che possiamo definire "dell'uccello". Nella nostra attuale civiltà è la visione del sinistro a prevalere. È qui che risiede il mio senso di identità, così che quando uso la parola "io", so per certo che a parlare è il lobo sinistro. Nella maggior parte degli uomini le potenzialità del lobo destro - come, per esempio, la capacità di distinguere le forme - è limitata, soverchiata da quella del lobo sinistro. Nel caso dei gemelli in questione è invece chiaro il contrario: l’attività della parte sinistra è limitata, mentre le potenzialità della destra si sono sviluppate in ragione di centinaia di volte rispetto al resto di noi. Una delle lezioni che sicuramente lo studio dei gemelli identici ci impartisce, sta nel riconoscere che la continua, instancabile attività del lobo sinistro tipica della nostra civiltà, ha quasi totalmente bloccato la manifestazione dei poteri, chiamiamoli "naturali" della parte destra e la capacità di osservare il mondo con l'occhio di "un uccello", ossia con un telescopio invece che col microscopio, come siamo soliti fare. E casi eccezionali come quello ricordato dei gemelli Jim - in cui le stesse cose accadute a uno sono accadute anche all'altro, pur non essendosi mai incontrati e pur trovandosi a chilometri di distanza - sembrano ricordarci l'esistenza di leggi e codici preposti a sovrintendere agli accadimenti della vita di cui né scienziati né filosofi hanno anche solo lontanamente immaginato o previsto l'esistenza.





Ho sempre sentito parlare di un legame particolare tra i gemelli,questi casi però hanno veramente dello straodinario, vite separate che coicidono perfettamente in tutti i particolari ed avvenimenti!!!




Ascolta con la mente
Guarda con gli occhi del cuore
Parla con la voce dell'Amore

****LUNA****

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Carla
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Posted - 17 April 2013 :  17:48:03  Vedi Profilo Send Carla a Private Message  Rispondi quotando
Il caso Massimo Castagnini




Nel 1992 il figlio della Sig.ra Carla Castagnini di Modena, Massimo, passa per così dire - a miglior vita – dopo un incidente stradale. Nel 1993, un anno dopo, in occasione dell’anniversario, gli amici che suonavano con Lui in un complesso musicale, organizzano una festa per ricordarlo. In questa occasione la madre effettua alcuni scatti fotografici riprendendo i compagni di Massimo nelle loro performance. Ad un certo punto la macchina fotografica automatica si inceppa, il rullino non va più avanti! La macchina viene successivamente portata in un normale laboratorio fotografico nella quale si provvede ad estrarre il rullino in camera oscura. Sviluppate le poche fotografie effettuate quella sera, con grande sorpresa la madre ed alcuni amici di famiglia, notano come l’ultima fotografia nel negativo, corrispondente alla copia su carta fotografica, è stranamente affetta da una serie di strie luminose e mostra al centro un’immagine un po’ sfuocata e semitrasparente di una sagoma umana, che viene attribuita immediatamente a Massimo (figlio defunto di Carla)! Nel 1999, quando conobbi il caso e la Sig.ra Carla Castagnini che mi aveva richiesto una consulenza su quella fotografia, effettuai alcune misurazioni di accertamento sulla stessa di carattere spettrocromatografico e densitometrico che peraltro non evidenziò nessun tipo di contraffazione accidentale o voluta, e iniziai un’indagine di tipo antropometrico analizzando il volto di quella fotografia e comparandola con una reale fotografia di Massimo. A quell’epoca le misurazioni che avevo ricavato dai rapporti distanziometrici dei due volti a confronto su 12 punti antropometrici, in modo manuale, mi avevano convinto sulla reale possibilità che si trattasse dello stesso individuo. Più tardi, un paio d’anni dopo, essendo entrato in possesso di una tecnologia molto più sofisticata (utilizzata anche dalle forze dell’ordine statunitensi), ho trovato la conferma delle misurazioni che avevo effettuato e soprattutto, dell’identità delle due immagini riconosciute entrambe appartenenti a Massimo Castagnini.
(Daniele Gullà- notizia presa dal web)




Esiste allora effettivamente una specie di porta-ove la anime restano in contatto col mondo (dei vivi) , Questa prova come tantissime altre, sembra ne diano conferma.



Ascolta con la mente
Guarda con gli occhi del cuore
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****LUNA****

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Posted - 17 April 2013 :  18:09:19  Vedi Profilo Send n/a a Private Message  Rispondi quotando
quote:
Originalmente inviata da LUNA31

quote:
Originalmente inviata da Straluna

Decisamente intriganti ed interessanti le storie che hai riportato

ma una domanda sul un passaggio che ho letto riguardo i cerchi nel grano: (sono tutti falsi)

secondo voi è tutta opera dell'uomo o c'è dell'altro?





Grazie StralunaNon credo siano tutti opera dell'uomo, certo gli ultimi apparsi forse si, dato che a molti piace studiare per poi emulare gli avvenimenti strani, ma i primi trovati non credo proprio difatti da questo articolo:
"cerchi nel grano" ("Crop Circles") sono di forma rotonda o ellittica, con un diametro che varia dai 45 centimetri ai 200 metri, con una dimensione media di 50 metri; sono di una precisione assoluta, con una straordinaria fantasia di varianti nel disegno.
Molto particolare è anche il modo in cui i cerchi vengono tracciati: le piante di grano vengono piegate delicatamente, tutte nella stessa direzione e mai spezzate. Continuano infatti a crescere tranquillamente, raggiungendo così sdraiate, la piena maturazione. Scienziati statunitensi hanno scoperto nelle piante prelevate dai cerchi notevoli alterazioni fisiche e genetiche, spiegabili solo con l'irradiazione di microonde a noi sconosciute.

Confermano che sono troppo precisi e con alterazioni di origine sconosciuta.





guarda in questo video Doug Bower all'opera di un cerchio..
anche se si è dichiarato l'autore insieme ad un compagno di molti cerchi nei grani, non penso che li abbia creati tutti lui



dopo passo a leggere le nuove storie postate


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