E’ il 23 maggio 1992 quando sull’autostrada A29 all’altezza dello svincolo di Capaci esplodono 5 quintali di tritolo: perdono la vita Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e i tre agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro. Si tratta di un attentato di una violenza inaudita che in Italia, e forse nel mondo, non ha precedenti; un attentato che riesce perfettamente nel suo intento: fare fuori il giudice Giovanni Falcone. La Strage di Capaci rappresenta una delle pagine più nere della storia italiana, ma anche una delle più misteriose: nonostante le condanne definitive in Cassazione, sono infatti molti i dubbi sui reali mandanti dell’attentato.
Nel 2002 sono stati riconosciuti colpevoli della strage 24 imputati; nel 2008, invece, la Cassazione ha condannato 12 persone in quanto mandanti: si trattava Salvatore Montalto, Giuseppe Farinella e Salvatore Buscemi, Giuseppe Madonia, Giuseppe Montalto, Carlo Greco, Pietro Aglieri, Benedetto Santapaola, Mariano Agate, Benedetto Spera, Antonino Giuffrè e Stefano Ganci. Questa è, in estrema sintesi, la storia processuale dell’attentato, ma forse sotto c’è molto di più. Ed è roba che scotta. L’indagine sulla strage di Capaci e su quella di via D’Amelio, nella quale perse la vita il giudice Paolo Borsellino, ha infatti portato ad indagare sui servizi segreti e a chiedere che venisse tolto il segreto di Stato da alcuni fascicoli. Come ipotizzato dalla Procura di Caltanissetta ci potrebbero essere stati funzionari della sicurezza che avrebbero partecipato o collaborato alle stragi. Una collusione tra Stato e Mafia che è ancora tutta da dimostrare, ma che, stando anche alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, non sembra essere poi così impossibile.
Falcone era un personaggio decisamente scomodo, uno che non aveva timore di denunciare e di indagare i sottili e raffinati equilibri tra mafia, politica e imprenditoria. Era sempre in prima linea contro la criminalità organizzata siciliana e fece della lotta al malaffare la sua missione di vita: nel suo lavoro mise tutta la passione di chi a Palermo c’era nato e di chi voleva vedere Palermo e la Sicilia guarite dal cancro della mafia. “La mafia non è affatto invincibile. È un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha avuto un inizio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine”- diceva. Gli uomini passano ma le idee restano e quelle di Falcone continuano a riecheggiare nella sua terra come una dolce melodia di speranza.
Ricordo ancora quel giorno. Quando sentii la notizia alla radio ero in auto e dovetti fermarmi al lato della strada per la forte emozione che mi colpì. Io sono tra coloro che non dimenticheranno mai.
" ... Alla fine di questa giornata rimane ciò che è rimasto di ieri e ciò che rimarrà di domani; l'ansia insaziabile e molteplice dell'essere sempre la stessa persona e un'altra." (F. Pessoa)