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Oriana
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Posted - 25 January 2011 : 20:57:49
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quote: Originalmente inviata da grysu
Quanto dolore, disperazione in queste lettere!!!!! Come possono ancora succedere cose simili?????
Come si può spezzare in modo irreparabile, la vita di una donna.....di una FIGLIA?????
Purtroppo troppe donne....troppe FIGLIE hanno vissuto, vivono, situazioni identiche!!!!!
Speriamo che con il parlarne, ed evidenziare il problema, allontani sempre di più il verbo VIVRANNO questo problema!!!!!!!
Nel mio piccolo è proprio quello che sto facendo : parlarne. So che è poco, ma voglio tenere vigile l'attenzione di tutti su questo terribile argomento.
E nel frattempo mi incazzo! Proprio oggi ho visto l'intervista alla mamma di Emiliana (vedi primo post). L'ultima novità è che all'omicida è stata riconosciuta la semi-infermità mentale ( tanto per cambiare) e quindi la pena è stata ridotta di molto. I suoi due complici sono fuori e neppure indagati. Il giudice è una donna. Una donna come noi. Come un'altra giudice che su di un altro terribile omicidio (donna uccisa a coltellate e finita con un'ascia) tanti anni fa ha dato le stesse attenuanti, tant'è che l'omicida ha fatto solo 7 anni ( 7 ANNI !!!!!) ed ora è libero di passare sotto il naso ai familiari della vittima e ridere loro in faccia.
Non vi è più una giustizia se neppure le donne hanno pietà delle donne.
Riporto però la frase di una di queste mamme: " A noi non importa niente della vendetta, chiediamo solo giustizia. E non ci importa niente che si vada a indagare in casa dei politici, ma che vengano condannati con una giusta pena gli assassini. Perchè fino ad oggi sono solo le famiglie a pagare un ergastolo di sofferenza!"
Quant'è vero! Quanto si danno da fare per scoprire le magagne dei politici e quanto poco fanno per noi che non siamo nessuno! Nessun Annozero, nè Ballarò, nè Ultima parola nè....
(Scusate la polemica... ma oggi ci sta)
El dormir es como un puente que va del hoy al mañana. Por debajo, como un sueño, pasa el agua, pasa el alma.
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n/a
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Posted - 25 January 2011 : 21:04:01
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vendetta ma quale giustizia, se ai codardi gli infliggi le stesse punizioni vedi come si ritraggono, non c'è pietà, non c'è aula di tribunale che può giudicare e quantizzare il dolore...vendetta!
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Oriana
Utente Master
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Posted - 26 January 2011 : 06:48:31
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Ela, mi verrebbe da risponderti che sono completamente d'accordo con te. La rabbia è tanta!
El dormir es como un puente que va del hoy al mañana. Por debajo, como un sueño, pasa el agua, pasa el alma.
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n/a
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Posted - 26 January 2011 : 09:09:48
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CONOSCO I PASSI di Nadia Somma
Dedicato alle donne vittime di violenza e ad E. operatrice di un centro antiviolenza che mi insegnò molto sul dolore e la paura e sulla capacità di ascoltare ed accogliere.
Aiuto le donne a scappare, lo faccio da vent’anni. Aiuto le donne a scappare dall’inferno della violenza. I sacchi dell’immondizia adoperati come valigie dove, in fretta, in fretta, stipano alla rinfusa i pochi indumenti che riescono ad afferrare dai cassetti quando in piena notte con la volante sotto casa sono portate via dalla polizia, insieme ai loro bambini, in un riparo occasionale: alberghi, bed and breakfast. Sacchi di immondizia dove, spesso, ci sono anche vestitini, piccole maglie, pannolini, i documenti, le chiavi, un peluche, un automobilina, qualche foto, una bambola. Le fughe organizzate di nascosto, i fogli con le denunce, i referti del pronto soccorso, i lividi, così neri e gonfi che non avrei immaginato di vedere, le mani fasciate, le bende sugli occhi, i tagli sulla fronte, i lividi sul collo, i capelli strappati, le ustioni. Le aule del tribunale, le caserme e gli uffici disadorni dei carabinieri e della polizia.
Le parole prive di emozione con cui raccontano gli insulti, i pugni, le botte, i calci, le mani addosso, le mani tra le gambe, le denigrazioni continue, le umiliazioni: “puttana, troia, mignotta, scrofa, vacca, pazza, pezza di merda, striscia, t’ammazzo, t’uccido, ti brucio, ti strozzo, ti amo, ti amo ancora, perdonami, perdonami ancora e ancora e ancora, ancora una volta”.
Sedute nelle sale d’attesa del pronto soccorso, in attesa della radiografia, dei referti, del ricovero o sui lettini ginecologici: immobili e con gli occhi sgranati e fissi al soffitto, a cercare si sentire se c’è ancora il tracciato del battito cardiaco del feto, quando i colpi con furia cieca sono arrivati sulla schiena, sulla pancia; su quegli stessi lettini per una visita che accerti uno stupro.
Con le valigie e i bambini in braccio che aspettano un treno in stazione, o con le valigie in mano mentre scendono da un treno. All’aeroporto per mettere distanza tra loro e la violenza. Sedute sulla poltrona davanti a me: silenziose, in lacrime, adirate, offese, spaventate, determinate, realiste, illuse, in bilico tra la libertà e la cronaca di una morte annunciata. In bilico tra la decisione di tornare sui loro passi o andare via, in bilico tra la paura e la speranza che qualcosa cambierà. Incerte mentre si guardano intorno nella casa rifugio che le ospiterà, e anche improvvisamente allegre, ottimiste, piene di speranze e di progetti. Ricordo le loro risate i loro pianti e i loro silenzi. Italiane, inglesi, americane, rumene, russe, marocchine, tunisine, algerine, croate, bulgare, indiane, cingalesi, malgascie, cubane.
Di ogni parte del mondo. Sposate, fidanzate, prostituite, barattate per aver perso al gioco, pedinate, rinchiuse in casa, buttate fuori casa. Perché in vent’anni ne ho incontrate tante. Ne incontrerò ancora, non sono stanca. Sono stata una di loro, una donna in fuga, conosco i passi, i silenzi e le urla improvvisa dell’anima, l’angoscia e la speranza, la paura e il coraggio. Conosco il deserto che sembra infinito, e quella sensazione di essere di vetro. Trasparente come se ti potessero leggere dentro i segni della violenza anche quando non sono visibili sul corpo, fragile come se potessi andare in pezzi da un momento all’altro, con pensieri che come schegge di vetro esploso, potrebbero schizzare portandoti via, portandoti altrove la mente per sempre, purchè sia lontano, lontano da quel deserto. Frangibili come fossero di vetro eppure, eppure irriducibili. Eppure forti.
Assetate d’amore, di rispetto, di riguardo, di riconoscimento, ricongiungimento. E’ tuo marito, è tuo padre, è il migliore amico, è il tuo amante, è il tuo ex, è il tuo compagno di scuola, è tuo fratello, è il tuo datore di lavoro, è il tuo capo, è il tuo collega, è uno sconosciuto, è il tuo uomo. Ora basta! Non sono stanca, conosco i loro passi.
Non vivo più in quel deserto e conosco i passi che portano via.
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gr
Utente Master
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Posted - 26 January 2011 : 13:57:15
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quote: Originalmente inviata da Oriana
Come un'altra giudice che su di un altro terribile omicidio (donna uccisa a coltellate e finita con un'ascia) tanti anni fa ha dato le stesse attenuanti, tant'è che l'omicida ha fatto solo 7 anni ( 7 ANNI !!!!!) ed ora è libero di passare sotto il naso ai familiari della vittima e ridere loro in faccia.
El dormir es como un puente que va del hoy al mañana. Por debajo, como un sueño, pasa el agua, pasa el alma.
Vedi Oriana.....come Ti ho già detto.....io sarò anche estremista.....ma come possiamo affidarci alla giustizia, quando l'assassino di una figlia passa e sorride davanti ai genitori dopo solo 7 anni?????? Già gli anni in cui uno deve essere rinchiuso dopo aver fatto una cosa simile....dovrebbero essere eterni.....poi pure la beffa di soli 7 anni??????
Eh no....io rimango della mia idea!!!!!!! Visto che non c'è giustizia.....è meglio farsela da soli!!!
Meglio vivere con un rimorso, che annegare in un rimpianto. Grysu
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Oriana
Utente Master
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Posted - 26 January 2011 : 20:51:35
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quote: Originalmente inviata da Straluna
CONOSCO I PASSI di Nadia Somma
Dedicato alle donne vittime di violenza e ad E. operatrice di un centro antiviolenza che mi insegnò molto sul dolore e la paura e sulla capacità di ascoltare ed accogliere.
Aiuto le donne a scappare, lo faccio da vent’anni. Aiuto le donne a scappare dall’inferno della violenza. I sacchi dell’immondizia adoperati come valigie dove, in fretta, in fretta, stipano alla rinfusa i pochi indumenti che riescono ad afferrare dai cassetti quando in piena notte con la volante sotto casa sono portate via dalla polizia, insieme ai loro bambini, in un riparo occasionale: alberghi, bed and breakfast. Sacchi di immondizia dove, spesso, ci sono anche vestitini, piccole maglie, pannolini, i documenti, le chiavi, un peluche, un automobilina, qualche foto, una bambola. Le fughe organizzate di nascosto, i fogli con le denunce, i referti del pronto soccorso, i lividi, così neri e gonfi che non avrei immaginato di vedere, le mani fasciate, le bende sugli occhi, i tagli sulla fronte, i lividi sul collo, i capelli strappati, le ustioni. Le aule del tribunale, le caserme e gli uffici disadorni dei carabinieri e della polizia.
Le parole prive di emozione con cui raccontano gli insulti, i pugni, le botte, i calci, le mani addosso, le mani tra le gambe, le denigrazioni continue, le umiliazioni: “puttana, troia, mignotta, scrofa, vacca, pazza, pezza di merda, striscia, t’ammazzo, t’uccido, ti brucio, ti strozzo, ti amo, ti amo ancora, perdonami, perdonami ancora e ancora e ancora, ancora una volta”.
Sedute nelle sale d’attesa del pronto soccorso, in attesa della radiografia, dei referti, del ricovero o sui lettini ginecologici: immobili e con gli occhi sgranati e fissi al soffitto, a cercare si sentire se c’è ancora il tracciato del battito cardiaco del feto, quando i colpi con furia cieca sono arrivati sulla schiena, sulla pancia; su quegli stessi lettini per una visita che accerti uno stupro.
Con le valigie e i bambini in braccio che aspettano un treno in stazione, o con le valigie in mano mentre scendono da un treno. All’aeroporto per mettere distanza tra loro e la violenza. Sedute sulla poltrona davanti a me: silenziose, in lacrime, adirate, offese, spaventate, determinate, realiste, illuse, in bilico tra la libertà e la cronaca di una morte annunciata. In bilico tra la decisione di tornare sui loro passi o andare via, in bilico tra la paura e la speranza che qualcosa cambierà. Incerte mentre si guardano intorno nella casa rifugio che le ospiterà, e anche improvvisamente allegre, ottimiste, piene di speranze e di progetti. Ricordo le loro risate i loro pianti e i loro silenzi. Italiane, inglesi, americane, rumene, russe, marocchine, tunisine, algerine, croate, bulgare, indiane, cingalesi, malgascie, cubane.
Di ogni parte del mondo. Sposate, fidanzate, prostituite, barattate per aver perso al gioco, pedinate, rinchiuse in casa, buttate fuori casa. Perché in vent’anni ne ho incontrate tante. Ne incontrerò ancora, non sono stanca. Sono stata una di loro, una donna in fuga, conosco i passi, i silenzi e le urla improvvisa dell’anima, l’angoscia e la speranza, la paura e il coraggio. Conosco il deserto che sembra infinito, e quella sensazione di essere di vetro. Trasparente come se ti potessero leggere dentro i segni della violenza anche quando non sono visibili sul corpo, fragile come se potessi andare in pezzi da un momento all’altro, con pensieri che come schegge di vetro esploso, potrebbero schizzare portandoti via, portandoti altrove la mente per sempre, purchè sia lontano, lontano da quel deserto. Frangibili come fossero di vetro eppure, eppure irriducibili. Eppure forti.
Assetate d’amore, di rispetto, di riguardo, di riconoscimento, ricongiungimento. E’ tuo marito, è tuo padre, è il migliore amico, è il tuo amante, è il tuo ex, è il tuo compagno di scuola, è tuo fratello, è il tuo datore di lavoro, è il tuo capo, è il tuo collega, è uno sconosciuto, è il tuo uomo. Ora basta! Non sono stanca, conosco i loro passi.
Non vivo più in quel deserto e conosco i passi che portano via.
Queste denunce mi coinvolgono tanto... troppo
Alcuni anni fa ho dato una mano, come volontaria, al telefono rosa. Poi , forse Jo si ricorderà, sempre alcuni anni fa insieme aprimmo un sito web dedicato alla violenza sulle donne, si chiamava Perlerosa. Ebbene... in ambo i casi ho fallito. Lo confesso amaramente. Ho fallito perchè non riuscivo a sostenere il dolore di quelle donne che si rivolgevano a me, che mi raccontavano il loro terrore, che cercavano aiuto e io non potevo far altro che consigliare loro di rivolgersi alle istituzioni o alle organizzazioni per la tutela delle donne. Ma ciò che sembra semplice non lo è. Ci sono situazioni terribili, inenarrabili... di fronte alle quali ci si sente impotenti. Spesso avrei voluto prendere l'auto e andare a combattere il "mostro" al posto loro. Con una rabbia in corpo che non potete capire... Poi... spesso, troppo spesso, queste denunce restavano anonime perchè loro stesse avevano paura di esporsi. E così finiva che andavo a letto e non dormivo più. Pensavo a loro, ad ognuna di loro, alla loro paura, alla loro disgraziata vita, alla sottomissione in cui vivevano ma che non bastava per farle fare quel balzo in più per tentare di uscirne... capivo che non potevo dare loro un pò del mio coraggio e che quindi ero inutile, un'inutile donna piena d parole...
Ho abbandonato il fronte perchè mi stavo distruggendo anche io nel non poterle aiutare tutte. Per non riuscire a smantellare una mentalità, soprattutto viva in certe aree, che fà sì che una donna si ritenga ancora (lei stessa) un possesso maschile. Ho abbandonato perchè vivevo le loro storie sulla mia pelle non riuscendo a trovare il giusto distacco che mi consentisse di non soffrirne troppo. Ma resto in trincea. Continuo a raccontare le loro storie perchè sono una di loro.
Sono indiscutibilmente di parte.
Quoto gli ultimi commenti. Dobbiamo essere noi a combattere per noi stesse, dobbiamo essere noi a farci giustizia o, meglio ancora, a imparare a vendere cara la nostra pelle. Dobbiamo imparare a riconoscere il pericolo e a difenderci, con tutte le armi che abbiamo e che ci vengono offerte.
Resta la dolorosa impotenza di non poter riuscire ad aiutare quelle donne che non hanno la forza di aiutarsi e soccombono sotto la loro debolezza. Questa cosa in certi momrnti mi ha logorata. Ho perso tanti nomi nel silenzio, nomi che non ho mai dimenticato.
El dormir es como un puente que va del hoy al mañana. Por debajo, como un sueño, pasa el agua, pasa el alma.
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n.n
cancellato
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Posted - 26 January 2011 : 21:16:18
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Le riconosci subito, occhiali scuri, testa bassa e sguardo fuggente. Un tremito leggero ma continuo con me mani stratte sulle gambe, come prese da un gelo che non può lasciarle. Sole in quell'angolo con la loro dignità calpestata e immerse nel terrore del loro domani attendono. Poi sono di fronte, gli occhiali, con un gesto di coraggio incredibile, cadono, rivelando che c'è peggio al peggio. Spesso nemmeno una lacrima solo gelo dentro e fuori. Come puoi iniziare a chiedere e entrare di forza in quel che è stato della sua vita già sapendo che non porterà a quasi nulla, che non puoi cancellare le bruciature sulle loro ali e rifarle volare libere. Hanno perso ogni cosa ma mai la dignità possono guardarti negli occhi a testa alta ormai , per loro, la vita conta poco c'è stato chi gliela ha rubata spesso per avergli donato il cuore.
Non è una poesia ......
L'essenziale è invisibile agli occhi....
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