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Posted - 17 October 2008 : 23:33:01
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NUOVA LUCE SULLE PIETRE DI ICA
Le pietre di Ica sono tra i reperti archeologici più controversi degli ultimi 40 anni. La comunità scientifica le ritiene un falso deliberato. Prima di esaminare la questione è bene riassumere il loro percorso storico secondo quanto comunicato dal loro principale studioso il dottor Javier Cabrera Darquea. Le Pietre di Ica sono Andesiti carbonizzate risalenti al Mesozoico. Le pietre sarebbero state rinvenute nel deserto di Ocucaje, nei pressi di Ica (Perù) nel 1960, quando il Rio Ica, a causa di alcuni smottamenti, inondò il deserto dissotterrando gli strati più profondi e portando alla luce il loro giacimento. Va detto che nessuno è però mai riuscito ad individuare tale giacimento, di cui è a conoscenza, se realmente esistente, il solo Cabrera. Le pietre presentano enigmatiche incisioni, non inseribili in nessun contesto culturale noto, mostrando una flora ed una fauna parzialmente sconosciuta in Sud-America, indici di un'epoca primitiva che supera di gran lunga i confini riconosciuti della storia dell'umanità. Le incisioni forniscono elementi assolutamente "fuori posto" rispetto alla presunta datazione delle pietre: mappe di territori ignoti; configurazioni stellari anomale; strumenti ottici, quali telescopi e lenti; un'ampia serie di animali preistorici estinti e relativi cicli biologici; velivoli meccanici; ma soprattutto la rappresentazione di avanzate operazioni chirurgiche, tra cui interventi a cuore aperto e trapianti di cervello.
Prima degli Incas
Un complesso mosaico di incisioni che, se si rivelasse autentico, potrebbe sconvolgere l'intera storia dell'umanità. Non fu il solo Cabrera ad interessarsi alle pietre di Ica. I fratelli Carlos e Pablo Soldi raccolsero un numero considerevole di reperti. Nel dicembre 1966 apparve un articolo nel supplemento scientifico del quotidiano di Lima, "El Commercio", i cui autori erano l'allora Rettore del Politecnico di Lima, Santiago Agurto Calvo e l'archeologo Alejandro Pezzia dell'Istituto Nazionale Peruviano di Archeologia, che avevano trovato pietre simili in tombe preincaiche nell'agosto dello stesso anno. Era certamente una conferma che pietre di quel tipo erano già conosciute ai popoli preispanici. Il ritrovamento di Carlo e Pezzia, ancora scevro da preconcetti scientifici, fu ripetuto dallo stesso Calvo a "Max Uhle Hugel" , una zona archeologica protetta. Calvo raccolse oltre cento pietre e le fece analizzare in laboratorio presso l'Istituto di Mineralogia del Politecnico del Perù, ottenendo il primo risultato di un certo rilievo: le pietre, in base allo stato di ossidazione che ricopriva le superfici incise, sarebbero state "vecchie" di almeno 12.000 anni. Una datazione rivoluzionaria, in quanto 12.000 anni fa non esisteva alcuna civiltà in grado di riprodurre gli strumenti tecnologici presenti sulle pietre di Ica.
Una ulteriore conferma giunse dall'archeologo A. Pezzia: egli rinvenne in un'ennesima tomba pre-incaica una pietra incisa simile alle Pietre di Ica. Anche Cabrera richiese alla Compagnia di Ingegneria Mineraria Mauricio Hochshild analisi sui suoi reperti che, tramite il dottor Eric Wolf, fornirono un risultato identico a quelli di Calvo e Pezzia: le pietre risalivano a 12.000 anni fa. Ma molti specialisti rifiutarono questa datazione, generando una spaccatura che dura ancora oggi. A complicare le cose sono poi intervenuti i campesinos che, realizzando falsi da vendere ai turisti, contribuirono ad inquinare l'intera questione.
Al di sopra di ogni sospetto
Alcune pietre sono tuttora esposte al Museo Nazionale dell'Aviazione Peruviana, a Lima, il cui ex direttore, il colonnello Omar Chioino fece riportare su carta da esperti cartografi dell'aviazione i motivi incisi sulle sessanta pietre del museo. Alcuni disegni erano incredibilmente simili alle figure incise nel deserto di Nazca. "Solo chi è pratico di procedimenti di rilevamento topografico può comprendere che tipo di modello sia necessario per riportare in misure gigantesche un disegno originale in piccola scala, con assoluto rispetto delle proporzioni. I primi devono aver posseduto strumenti e sussidi di cui non sappiamo nulla (…) Inoltre escludo la possibilità di una contraffazione" ha affermato il Colonnello Chioino. Contraffazione di cui in passato è stato accusato lo stesso dottor Cabrera, ma Chioino smentisce: "il dottor Cabrera è stato sotto la sorveglianza del Servizio d'Informazione negli anni settanta e per un lungo periodo di tempo.
Non è emerso nulla che lo potesse incastrare. La sua serietà è oggi al di sopra di ogni sospetto". Roger Ravinez, archeologo e membro dell'Istituto Nazionale di Cultura del Perù, accanito avversario del medico peruviano, ritiene le pietre delle falsificazioni, in quanto le incisioni non sono collegabili stlisticamente con i rinvenimenti archeologici di Tiahuanaco, Mochica, Nazca o Paracas. Ha tuttavia dovuto ammettere che ritiene autentica una di queste pietre, quella scoperta dallo stimato archeologo Max Uhle in una tomba preincaica. Anche su questa pietra un animale preistorico, un dinosauro, faceva bella mostra di sé.
Un enigma archeologico
Nella collezione di Cabrera, che negli anni ha costituito un museo personale, vi sono alcune enormi pietre che in base a quanto afferma lo studioso peruviano, provengono da un deposito sotterraneo dove sono ancora presenti migliaia di altri reperti. Cabrera afferma di essersi rivolto al governo per far sì che si prendessero le necessarie cautele per sbarrare e controllare militarmente il giacimento a lui noto, per evitare atti di sabotaggio e depredazioni da parte di tombaroli. Solo a queste condizioni avrebbe rivelato l'esatta ubicazione del deposito. Ma le condizioni non si sono mai verificate. Nella diatriba tra vero e falso si inserì nel 1974 il ricercatore francese Francis Mazière, famoso per il pionieristico lavoro svolto sulla cultura polinesiana dell'isola di Pasqua. Dopo un accurato lavoro di reperimento e studio. Mazière definì le pietre come "l'enigma archeologico più sconcertante del sud-America", escludendo la possibilità di falsificazioni.
Uomini e dinosauri
Un ennesimo interrogativo è legato al numero delle pietre e alle conoscenze che un eventuale falsario avrebbe dovuto possedere. Vi dovrebbero essere almeno 11.000 pietre, opera di un nutrito gruppo di falsari, i quali avrebbero dovuto possedere conoscenze geologiche, anatomiche, naturalistiche approfondite, per non dire specializzate, che non possono essere proprie di due pur abili campesinos, Basilio Uchuya e Irma Gutierrez, i principali realizzatori di falsi. In effetti le pietre da loro realizzate sono del tutto simili a quelle di Cabrera. Queste osservazioni sono state alla base delle accuse mosse dagli archeologi a Cabrera, in quanto unica mente della "truffa delle pietre di Ica". In realtà, come già detto, ammettendo che non tutte le pietre siano originali, parte di queste potrebbe davvero esserlo, come lo è quella scoperta da Pezzia in cui è raffigurato un dinosauro. Se alcune delle pietre sono originali, diviene di fondamentale importanza capire il significato delle incisioni. Su centinaia di esse si nota la presenza dell'uomo insieme ai grandi rettili.
Pur risultando difficile inserire tale anomalia in un contesto riconosciuto, Cabrera è assolutamente convinto di quanto afferma. Su una delle sue pietre è perfettamente riprodotto il ciclo vitale di uno stegosauro, su un'altra quella di un triceratopo ed altre con animali acquatici, oramai estinti. Le pietre di Cabrera non sono l'unico indizio della contemporanea esistenza di uomini ed animali preistorici. Ad Acambaro, presso la Sierra Madre messicana, sono state ritrovate delle statuine di argilla a tutto tondo che raffiguravano uomini, stranamente abbigliati, insieme ad animali preistorici. Le figure di Acambaro hanno subito la stessa sorte delle pietre di Ica. Rimangono un mistero e l'archeologia si rifiuta di considerarle (ne riparleremo).
Impronte di piedi umani fossilizzate, anche dotate di calzature, sono state trovate dai geologi, nelle vicinanze di Carson City nel Kentucky, in uno strato di rocce di 110 milioni di anni. Altre sono state portate alla luce dalla nota paleoantropologa Mary Leakey a Laetoli, in Tanzania, dove coesistono tracce di uomini e dinosauri, mentre proprio a Ocucaje, il Dottor Jimenez del Oso ha scoperto resti umani accanto a quelli di animali preistorici.
L'Uomo Gliptolitico
L'uomo raffigurato nelle pietre di Ica è una razza di piccola statura, con testa sproporzionata rispetto al corpo, occhi grandi e mento schiacciato. Cabrera lo chiama Gliptolitico e ipotizza che diede vita alle leggende di gnomi e folletti. Le Pietre di Ica potrebbero essere la sua testimonianza principale che permetterebbe di poter disegnare un quadro della sua società e del suo sapere. Sorprendenti appaiono le incisioni di operazioni al cuore e al cervello che l'Homo Gliptolitico pratica su alcuni individui. Tali incisioni sono di incredibile precisione, mostrando apparecchi collegati a pompe di alimentazione cardiaca e strumenti chirurgici. Inoltre gli uomini che operano sono vestiti con un cappello di foglie. L'accostamento è pertinente, in quanto la foglia nelle antiche culture pre-colombiane era il simbolo della vita. La cosa può sembrare sorprendente, ma è risaputo che per quanto riguarda la chirurgia i popoli incas e pre-incas erano molto più evoluti di quanto si pensa oggi. Essi conoscevano il forcipe, i narcotici a base di cocaina e la presa venosa (strumento chirurgico), il cui inserimento presuppone la conoscenza della circolazione sanguigna.
Lo storico della medicina R. L. Moodie sostiene che essi hanno eseguito amputazioni, incisioni, trapanazioni di cranii, tagli cesarei, trapianti ossei, causticazioni ed altri interventi non chiaramente definibili (cfr HERA n°7/8 pagg.28). Questo sapere difficilmente si accorda con l'immagine di una civiltà basata solo su conoscenze animiche. Soltanto una tradizione scientifica evolutasi nei secoli può concepire la conoscenza di pratiche così complesse. E il tutto appare ancora più incredibile se si pensa che la trapanazione del cranio, ad esempio veniva effettuata, senza dubbio, su persone viventi, dato che i pazienti sopravvivevano all'intervento. Come l'uomo Inca o Paracas, ma anche quello dell'età della pietra sia riuscito a sviluppare questa tecnica resta un mistero. Le pietre di Ica, se autentiche, potrebbero contenere la risposta?
Una risposta deludente
Il ricercatore spagnolo,Vicente Parìs, ha ottenuto una pietra dal professor Cabrera facendola analizzare a Barcellona da José Antonio Lamich del gruppo di ricerca Hipergea. Le analisi purtroppo hanno dato esito negativo, rilevando segni di carta abrasiva e lavorazione recente. Cabrera stesso da anni ha ammesso che parte della sua collezione viene dal campesino Basilio Uchuya, uno dei principali falsificatori delle pietre e colui che realizza molti dei souvenir reperibili nelle bancarelle di Ica. Lo stesso Vicente Parìs ha visionato la tecnica di fabbricazione di Uchuya e della collega Irma Gutierrez che gli hanno dimostrato come si realizza una pietra incisa e bitumata.
Ma se si tratta di falsi, come è stato possibile per due persone incidere una mole tanto grande di conoscenze scientifiche, dato che i contadini del posto non possiedono una cultura in grado di giustificarle. Parìs ha parlato con il direttore del Museo Regionale di Ica che gli ha confermato che spesso gli artigiani del posto si recano al museo per ispirarsi ai disegni originali dei pezzi esposti. Alcuni di questi presentano uno stile tipico delle Pietre di Ica. Basta questo per derimere il mistero? Probabilmente no, dato che, come detto, alcune pietre simili sono state trovate in tombe pre-inca, ma pare certo che Cabrera, acquisendo alcuni esemplari da Uchuya, ha conseguenzialmente inquinato la sua collezione. Alcune veloci analisi al microscopio elettronico realizzate in Italia hanno invece dato esito favorevole (ne parleremo nel prossimo numero di HERA). A questo va aggiunto che nell'ultimo viaggio in Perù nell'agosto 2000, il giornalista e ricercatore Roberto Giacobbo (cfr HERA n°2) ha ricevuto da Cabrera una pietra che il medico peruviano ritiene autentica.
Giacobbo ci ha comunicato che la farà analizzare. Un dato che permetterà di trovare proprio in Italia, grazie a Giacobbo e la trasmissione Stargate, Linea di Confine, una soluzione forse definitiva.
Le figure di argilla
Cabrera ha oggi aggiunto un nuovo tassello all'enigma. L'apparizione di una serie di figurine di argilla a tutto tondo, alte sino ad un metro, i cui temi generali sono gli stessi delle pietre di Ica: fauna estinta, operazioni chirurgiche ed anche scene erotiche. Anche Basilio Uchuya aveva venduto in precedenza statue simili. La domanda è: da dove provengono? È da escludersi che Cabrera si sia fatto nuovamente raggirare da Uchuya per cui è possibile che entrambi abbiano acquisito le statue dalla medesima fonte. Un falsario o un deposito con reperti autentici? La ceramica, a differenza della pietra, può essere datata e a Madrid sono in corso esami su campioni prelevati da queste statue. Presto avremo una soluzione. Intanto oggi a 40 anni di distanza, come giustamente afferma Parìs, "non è più prioritario sapere se le migliaia di pietre di Ica sono dei falsi, ma quante tra queste migliaia siano autentiche".
di Adriano Forgione Fonte: www.heramagazine.net(http://www.angelsofmars.it/civilta'%20misteriose/ica.htm)
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